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Dear Franco,

 

Quote: "Mi dispiace dell’animosità che stai dimostrando su questa discussione sull’URGE"

 

I do not wish to leave this thread on a note of "animosity" as you write. I have no animosity to Jean-Pierre, to you or anyone else concerned. We can have lively discussions and this has to be encouraged. I only observed that we were repeating ourselves and this led to nowhere. I wish JP well and would have liked to help him identify the four submarines he found at Ras Hilal and the three or four he found at Tabarka but beyond U 205, I am not much help. Perhaps we can concentrate in finding out the identity of other wrecks he may have located in both places.

You may have found me obstinate in my belief that HMS URGE was not at Ras Hilal on 29 April but this was not due to animosity. It was due for having read the British documents concerning her movements  during her last days and those of other British submarines. Apparently I am alone in this thread for having done so. You can dismiss them as irrelevant and that is your choice and I have no problem with that.  We each have different ways to get to the truth and I do not claim that mine is better than yours. I wish HMS URGE's wreck could be found at Ras Hilal as this would bring closure to the families of those concerned. But permit me to at least doubt it.

You will still find me active in other threads.

 

Best wishes,

 

Platon

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Caro Platon.

 

Ti ringrazio per la precisazione che non vi è in te alcuna animosità nei nostri confronti .

 

Ritengo anche che tu abbia ragione a mantenere le tue idee sulla questione dell’URGE, come io, naturalmente, continuo a mantenere le mie.

 

Può darsi che un giorno, trovando nuovi documenti, soprattutto da parte italiana e tedesca che ci diano nuovi elementi, potremo venirne a capo.

 

Per ora, stante la situazione drammatica in Libia, di un’immersione di subacquei sullo scafo del sommergibile a Ras el Hilal è da considerare impossibile. Speriamo nel dopo.

 

Amichevolmente

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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Caro Francesco,

 

Sono in debito con te: devo portarti alla prima occasione il libro di Platon, una copia che mi ha fatto avere per te, a dimostrazione del fatto che non vi e' alcuna animosità nei tuoi confronti (ne' verso Jean-Pierre). Solo una discussione accalorata, ma non certo una flame, se gli amministratori del forum mi passano questa invasione di campo. Ti devo portare anche i due volumoni del Lloyd's. Lunedì ti chiamo.

 

FDD

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Poiché nel sito Wersailors Platon Alexiades continua ad insistere sulla sua versione sull’affondamento del sommergibile britannico Urge, dove per una platea a lui favorevole  può portare acqua al suo molino a scapito del mio, sono stato costretto a reagire, elaborando il seguente nuovo testo, che spero finalmente sia quello definitivo. Il punto focale della discussione è molto semplice, ed è sempre lo stesso che ho ripetutamente chiesto. Un sommergibile britannico, e non un grosso pesce, era a Ras el Hilal e, se non era l’Urge, l’amico Platon, consultando tutte le testimonianze che espongo, dovrebbe dirci di chi si trattava ?

Questa mia medesima ricostruzione sarà postata anche nel sito uboat.net.

 

Francesco Mattesini

 

Urge, 540 tons (29 aprile 1942)

 

Il sommergibile Urge (capitano di corvetta Edward Philip Tomkinson) lasciò il porto della Valletta (Malta) all’alba de 27 aprile 1942 per trasferirsi ad Alessandria, percorrendo all’inizio della navigazione il canale di Nord Est di Malta, con rotta 071° da Forte St. Elmo, per poi spingersi al largo. Alla velocità di spostamento di 90 miglia al giorno, doveva arrivare ad Alessandria il 6 maggio. Dell’avvenuta partenza dell’Urge il vice ammiraglio Wilbraham Ford, Comandante della Marina a Malta, informò il Comando della Flotta del Mediterraneo (Mediterranean Fleet) con messaggio delle ore 12.25 del medesimo giorno 27. 

 

La rotta che l’Urge doveva inizialmente seguire con rotta sud-est passava attraverso le seguenti coordinate: lat. 36°00'N, long. 14°53'E e lat. 35°51'N, long. 15°15'E.

 

Il capitano di vascello George Simpson, Comandante della 10a Flottiglia Sommergibili di Malta, alle 22.40 del 26 aprile aveva comunicato al Comandante della 1a Flottiglia di Alessandria che l’Urge doveva raggiungere circa alle ore 07.00 del 30 aprile la posizione di lat. 34°55’N, long. 20°05’E, a nord delle coste occidentali della Cirenaica, mantenendosi immerso durante il giorno, il più lontano possibile dalla costa per non farsi avvistare dagli aerei dell’Asse e della RAF, che avrebbero attaccato qualsiasi sommergibile individuato.

 

Seguendo rotta diretta Malta – Alessandria doveva transitare a circa 60-70 miglia da Capo Ras el Hilal la punta più settentrionale della Cirenaica.

 

Dal punto segnalato dal comandante Simpson il sommergibile doveva passare alle dipendenze della 1a Squadriglia, il cui Comando alle 11.21 del 27 aprile ordinò all’Urge di procedere attraverso le coordinate lat. 34°53’N, long. 20°28’E e lat. 32°12’N, long. 29°06’E, posizione quest’ultima ormai vicino ad Alessandria, e quindi dirigere per il porto.

 

La Sezione Storica dell’Ammiragliato (Historical Section Admiralty) britannico è propensa a credere che l’HMS Urge  sia affondato il giorno 28 su una mina. In quel periodo, tra il 20 e il 28 aprile, le motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia (tenente di vascello Friedrich Kemnade) svolsero fuori del porto di Malta sei operazioni per posare sbarramenti minati (da MT 13 a MT 18). In base alla rotta che l’Urge doveva percorrere si è ritenuto che fosse andato a finire nelle mine dello sbarramento MT 13, posato la notte del 19-20 aprile da sette motosiluranti a 10 miglia ad ovest della Valletta. La mancanza sull’isola di dragamine, quasi tutti affondati dalla Luftwaffe, e l’intensità degli attacchi aerei che i velivoli da bombardamento tedeschi del II Fliegerkorps, svolgevano contro gli obiettivi navali, non permisero di aprire in tempo delle rotte sicure e il sommergibile, che non era dotato di un’adeguata apparecchiatura per segnalare la presenza di mine (Mine Detctor Unit), si trovò ad attraversare i nuovi sbarramenti in un canale parzialmente dragato.

 

Questa logica versione, non provata da alcun indizio dell’affondamento del sommergibile, che procedeva in quella zona minata vicino alla costa in superficie, sotto forma di esplosione, rottami,  chiazze di nafta lasciate alla superficie del mare, ed eventuali superstiti, può essere messa in dubbio soprattutto considerando un altro avvenimento che si verificò il 29 aprile.

 

Tra le ore 05.40 e le ore 14.00 di quel giorno, come risulta nel Diario della 5a Squadra Aerea (Libia), sette aerei italiani Cr 42 della 153a Squadriglia del 3° Gruppo Caccia Terrestre, al comando interinale del tenente pilota Massimino Mancini, decollando dall’aeroporto di Martuba (Bengasi) effettuarono la scorta a un convoglio di sei piccole unità navali al largo di Ras el Hilal. Esso era costituito dal piccolo motoveliero requisito San Giusto, di 243 tsl, partito alle 08.15 del 27 aprile da Navarino e diretto a Derna, e da cinque motozattere tedesche, partite da Bengasi il giorno 28 in due formazioni e dirette anch’esse a Derna in due piccoli gruppi.

 

Secondo gli Avvisi di Supermarina n. 5112 e 5137, consegnati a mano il 29 aprile al Comando della Marina Germanica in Italia (che si trovava negli stessi locali del Ministero della Regia Marina) a firma dell’ammiraglio d’armata Arturo Riccardi, Sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Marina, il primo gruppo di motozattere, che aveva preso il mare Bengasi alle 10.00 del 28 aprile, comprendeva la MFP 150, 154 e 156, che navigando alla velocità di 9 nodi, dovevano arrivare a Derna presumibilmente all’alba del 29. Il secondo gruppo, salpato alle ore 20.00, comprendeva la MFP 152 e F 158.  

 

Il motoveliero e le cinque motozattere tedesche, nella loro rotta verso est, si riunirono in modo da formare il cosiddetto “convoglio San Giusto”. L'appuntamento tra il motoveliero che arrivava da Nord e le motozattere da ovest non poteva essere che la punta più settentrionale della Cirenaica, ossia Ras el Hilal. I britannici sapevano che quello era un punto focale di transito del traffico costiero, ed evidentemente informati della missione del San Gusto in quella zona mandarono l'Urge. Occorre però dire che i tempi di percorrenza non furono rispettati poiché il previsto arrivo a Derna delle prime tre motozattere, previsto per l'alba del 30 aprile, si verificò invece alle 13.00. Evidentemente le tre motozattere F 150, F 154 e F 156 erano state trattenute per un ricongiungimento generale dell'ultima ora con il San Giusto e le due motozattere F 152 e F 158, che dovevano darsi una migliore  protezione navale, seppure modesta, ed avere in comune la medesima scorta aerea di Cr. 42.

 

Le missioni dei Cr. 42 della 153a Squadriglia ebbero inizio all’alba del 29 aprile e si svolsero con condizioni atmosferiche mediocri per un forte vento di Ghibli e con gli aerei decollati da Martuba ad intervalli regolari l’uno dopo l’altro in modo da prolungare la scorta antisom al convoglio fino al pomeriggio. Il primo aereo arrivò sul convoglio prima che il sommergibile britannico (perche indubbiamente era britannico) iniziasse il suo attacco. Il secondo aereo, pilotato dal sergente Marzoli, alle 08.10 avvistò e poi attaccò in picchiata con sgancio di due bombe, a 5 km a nord-est di Ras el Hilal, un sommergibile in superficie che stava cannoneggiando le motozattere e il motoveliero San Giusto, che, secondo quanto scritto dall’ammiraglio Aldo Cocchia in “La difesa del traffico con l’Africa Settentrionale”, vol. II, riportò soltanto danni di poco conto. Le due bombe da 50 chili tipo “T” sganciate dal Cr. 42 caddero, secondo quanto dichiarato al rientro dal pilota, a circa 30 metri dallo scafo del sommergibile che si apprestava ad immergersi, “con esito apparentemente negativo”.

 

Successivamente mentre il “convoglio San Giusto” si stava spostando con rotta est da Capo Ras el Hilal lungo la costa della Cirenaica, si verificarono da parte dei restanti cinque Cr. 42 attacchi “contro un sommergibile immerso”, com’è specificato nella Relazione del tenente Mancini, con sgancio di altre dodici bombe da 50 chili. E’ da ritenere che il sommergibile fosse rimasto nella zona trovandosi in difficoltà di manovra a causa dei danni riportati dal primo attacco.

 

A questo punto è lecito chiedersi, ma davvero si ritiene che i piloti dei Cr. 42 italiani fossero dei visionari, e abbiano attaccato, com’è stato insinuato, qualche grosso pesce, com’era accaduto il precedente 14 aprile per la torpediniera Pegaso che, su segnalazione di un idrovolante Cant. Z. 506, poi rettificata, aveva sganciato bombe di profondità su un presunto sommergibile (ritenuto erroneamente l’Upholder affondato quello stesso giorno da aerei tedeschi Bf 110 e Do 17 del III./ZG.26), mentre in realtà si trattava di un gruppo di poveri delfini! Evidentemente dall’alto i piloti distinsero bene la sagoma del sommergibile sott’acqua a quota evidentemente non profonda, come risulta dalle carte nautiche.

 

 Dopo questi attacchi al largo di Ras el Hilal, in cui si possono citare tutte le ipotesi possibili, la verità è che del sommergibile che si trovava a Ras el Hilal si persero le tracce.

 

Poiché l’Urge nel suo spostamento (calcolato giornalmente dalla Historical Section Admiralty in circa 220 miglia, con navigazione diurna occulta e in superficie di notte, non doveva trovarsi a passare a quel giorno all’altezza di Ras el Hilal, la sua perdita ha posto molti dubbi; primo fra tutti quello che, per raggiungere la zona di Ras el Hilal, avrebbe dovuto deviare dalla sua rotta diretta verso Alessandria di ben 150 miglia e di navigare a tutta forza in superficie sia di giorno che di notte. Era questa una possibilità che era esclusa perché il comandante Tomkinson non era autorizzato a farlo, a meno che vi fosse stato un più che valido motivo.

 

E in effetti il motivo c’era poiché ho scoperto che il San Giorgio trasportava un importante carico ritenuto prezioso per il fronte del Nord Africa, in quel momento fermo davanti alla piazzaforte di Tobruk, e costituito da mine tedesche. Evidentemente, forse per probabile informazione dell'organizzazione crittografica Ultra trasmessa da Londra a un comando britannico (Malta o Alessandria), il sommergibile aveva ricevuto l’ordine di portarsi a tutta velocità a Ras el Hilal, punto focale del traffico tra Bengasi e Derna, per intercettare e affondare il San Giusto che trasportava quell’importante carico di mine, da portare, lungo le coste della Cirenaica, al porto avanzato di Derna per poi essere smistate sulla linea del fronte terrestre.

 

Ciò risulta, inequivocabilmente, dal Verbale della Riunione tenutasi, a iniziare dalle ore 12.45 del 1° maggio 1942 a Roma, presso il Comando Supremo delle Forze Armate italiane (vedi Archivio Ufficio Storico dell’Esercito). A queste riunioni giornaliere che si svolgevamo a Palazzo Vidoni presso il Generale Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, partecipavano il Feldmaresciallo Albert Kesselring, Comandante Superiore del Sud (OBS), i Capi e i Sottocapi delle tre Forze Armate italiane, il Comandante della Marina tedesca in Italia, ammiraglio Eberhard Weichold, il rappresentante dell’OBS presso il Comando Supremo, generale d’aviazione Gustav Wenninger.

 

Consultando altri verbali delle Riunioni, appare che la maggiore preoccupazione dal punto di vista navale era quella della protezione dei convogli con la Libia diretti a Bengasi; ma si pone particolarmente l’interesse per la navigazione di un motoveliero, di scarsa importanza per discussioni ad alto livello, se non fosse perché portava il carico di mine tedesche imbarcate a Navarino e da sbarcare a Derna. Vi si riscontra quanto il carico del San Giusto fosse importante, e quanto il suo arrivo a Derna fosse atteso con preoccupazione; specialmente dai rappresentanti tedeschi dopo aver appreso dell’attacco di un sommergibile il mattino del giorno 29 aprile al San Giusto a Ras el Hilal, comunicato l’indomani dall’ammiraglio Riccardi, nella riunione delle ore 13.00 al Comando Supremo. E poi la soddisfazione espressa dallo stesso Capo di Stato Maggiore della Marina quando il giorno 1° maggio poté annunciare, nella riunione iniziata alle 12.45, che “Il motoveliero San Giusto era arrivato a Derna con le mine”, alle 16.30 del 30 aprile.

 

Tuttavia la notizia non trovò soddisfatto il generale Wenninger, che fece notare a Riccardi come la torpediniera che doveva andare a proteggere il convoglio non lo aveva trovato. Quindi anche una torpediniera del Comando Marina Libia (Marilibia) avrebbe dovuto trovarsi nella zona proprio per aumentare la protezione del San Giusto. Tutto questo dimostra non soltanto l’importanza assegnata a quella piccola nave dai tedeschi e dagli italiani, ma porta a far presumere che distruggerla fosse interesse dei britannici, che in quel periodo, con l’Ultra, decrittavano regolarmente tutte le notizie sul traffico dell’Asse con la Libia.

 

Purtroppo i Diari della 153a Squadriglia e del 3° Gruppo Caccia riferiti al primo semestre 1942 sono andati perduti per gli avvenimenti di guerra in Africa Settentrionale. Gli unici documenti che rimangono sono: il rapporto, piuttosto sintetico e lacunoso, scritta dal tenente Mancini e riportata nelle “Relazioni Operative  della 5a  Squadra Aerea (Modello Mc. 2)” della Libia; e il Diario della 5a Squadra Aerea.

 

Esistono altri vari scritti su quell’azione che logicamente non possono essere smentiti, in particolare il Diario di Supermarina, il Diario Storico del Comando Supremo; i Verbali giornalieri delle riunioni tenutesi al Comando Supremo, le decine di fonogrammi che furono consegnati agli Enti interessati e che si possono rintracciare negli Uffici Storici delle tre Forze Armate italiane. Inoltre, ne hanno scritto gli ammiragli Aldo Cocchia e Vitaliano Rauber nei loro libri dell’Ufficio Storico della Marina Militare, “La difesa del traffico per l’Africa Settentrionale” e “La lotta antisommergibile”. Invece non esiste il rapporto sull’attacco al San Giusto e nessuna notizia da parte tedesca, in particolare del Diario della 2a Flottiglia da sbarco (2. Landungsflottille), da cui dipendevano le motozattere, e dal Diario Trasporti Nord’Africa (KTB Seetransportstelle Nordafrika), che cita solo una fonte italiana: ossia una comunicazione arrivata la sera del 29 aprile dal comandante Manfredi di Supermarina, secondo cui si segnalava a che un sommergibile aveva presumibilmente attaccato il convoglio “San Giusto”.

 

Pertanto, e non importa dove, se più vicino o lontano dalla costa a causa di possibili errori di posizione trasmessi dall’aereo che aveva attaccato a 5 km da Ras el Hilal, vi era un sommergibile che cannoneggiava il San Giusto, e questo, in base alle informazioni disponibili, non poteva essere che l’Urge. E poiché nella zona non esistevano sbarramenti minati, la causa della sua perdita, anche se avvenuta lontano da Ras el Hilal, non può essere che conseguente a quella dell’attacco degli aerei italiani.

 

Io stesso, fin dal 1975, ho confermato, dopo ricerche effettuate negli Archivi degli Uffici Storici delle Forze Armate italiane (Esercito, Marina e Aeronautica), che la causa della perdita dell’Urge era da assegnare ai Cr. 42 della 153° Squadriglia Caccia del tenente Mancini. Ciò avvenne in un lavoro statistico sulle perdite navali degli Alleati nel Mediterraneo nella seconda guerra mondiale compilato, su esplicita richiesta, per il Direttore dell’Ufficio Storico della Marina Militare Ammiraglio Gino Galuppini. Notizia di affondamento poi riportata in una cartina a p. 175 del mio libro “La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945)”,  stampato nel 1980, e di cui e coautore per la parte politica il defunto professor Alberto Santoni, mio grandissimo fraterno amico.

 

Proprio per l'importanza del San Giusto é spiegabile l'evidente motivo di assegnarli una continua scorta aerea antisommergibili, che normalmente non avevano i piccoli motovelieri di scarsa importanza. La massima velocità di spostamento in superficie anche di giorno, disposta dal Comandante dell’Urge capitano di corvetta Tomkinson, era pertanto giustificata, essendo quel sommergibile britannico l'unico a poter sperare di concludere con successo l’intercettazione del San Giusto.

 

Si è sostenuto da parte di Platon Alexiades che il sommergibile, partendo da Malta all’alba del 27 ottobre, anche navigando in teoria alla massima velocità sostenibile, non poteva trovarsi alle 08.00 del 29 a Ras el Hilal, non essendo in grado di mantenere fino a quella località della Cirenaica una velocità di superficie di 10 nodi, se non per poche ore, poiché la velocità massima sostenuta dal battelli del tipo “U” era, secondo Alexiades, di soli 7 nodi. Inoltre, gli ordini ricevuti dal Comando della 10a Flottiglia di Malta, che non risulta dai documenti fossero stati cambiati mandando l’Urge a Ras el Hilal, imponevano al sommergibile di risparmiare il combustibile, navigando fino ad Alessandria a una velocità stimata di 90 miglia al giorno, mentre invece ad Alessandria ne avrebbe trovata a tonnellate.  E ciò contrasta con la valutazione dell’Historical Section Admiralty che riporta la possibile velocità di spostamento giornaliera del sommergibile in 220 miglia.

 

Quindi, quanto scritto da Alexiades (che ha anche specificato come in base agli ordini ricevuti l’Urge, alle ore 07.00 del 30 aprile, doveva passare in lat. 34° 55'N, long. 20°05'E, ossia 23 ore dopo che si era verificato l’attacco dei Cr. 42) non è convincente. La distanza tra Malta e Bengasi è di 360 miglia. La distanza tra Malta e Tobruk è di 535 miglia. Quindi Ras el Hilal è a una distanza da Malta di circa 420 miglia. La velocità massima di percorrenza di un sommergibile del tipo “U” della prima serie (secondo Lenton & Colledg, “Warships of World War II”, p. 157), e di circa 11 miglia e mezzo all’ora in superficie, ( 9 miglia all’ora quella sostenibile a velocità di resistenza.

 

Poiché l’Urge partì da Malta all’alba del 27 aprile 1942, e arrivò a Ras el Hilal attaccando il motoveliero San Giusto alle 08.10 del 29, significa che, navigando alla massima velocità sostenibile di 9 nodi riportata da Lenton, aveva la possibilità di percorrere la distanza da Malta in 50 ore con una percorrenza di 450 miglia, che è molto al di là di Capo Ras el Hilal, e quindi di disporre di tutto il tempo che occorreva per trovarsi alle 08.00 del 29 aprile all’appuntamento con il “convoglio San Giusto”. Sarebbe anche bastato per intercettare il motoveliero che la velocità media di crociera fosse stata di 8 ½ nodi, corrispondente a una distanza di 425 miglia.

 

Pertanto i conti fatti a suo tempo dall’Ufficio Storico della Marina Militare, sulle informazioni ricevute dalla Historical Section Admiraly, erano esatti e non devono essere più messi in discussione. La Sezione Storico dell’Ammiragliato, che tra i suoi tracciatori non si può assolutamente accusare di possedere personale incompetente, aveva stimato, come detto, che l’Urge poteva percorrere giornalmente una distanza di circa 220 miglia (e non 90 miglia come sostenuto da Alexiades), con navigazione diurna occulta e in immersione durante la notte. Pertanto il sommergibile, percorrendo in due giorni e due ore una distanza di almeno 450 miglia, doveva trovarsi a passare all’ora del primo attacco aereo proprio all’altezza di Ras el Hilal.

 

L’ammiraglio Vitaliano Rauber, a pag. 188 del libro “La Lotta antisommergibile”, ha scritto che essendo partito da Malta il 27 aprile l’Urge “avrebbe potuto trovarsi il mattino del 29 all’altezza di Ras-El-Hilal”.  Che l’Urge, all’occorrenza, potesse spostarsi in due giorni di 450 miglia è anche riportato da A.S. Evans in “Beneath The Waves. A History of HM Submarine Losses 1904-1971”, scrivendo: “Io ritengo che i conti sulla velocità di spostamento dell’Urge, particolarmente in superficie, che all’epoca erano stati fatti siano accettabili”.

 

Non credo a questo punto che si possa rimettere di nuovo tutto in discussione perché non fa comodo.

 

 Il sommergibile britannico più vicino al “convoglio San Giusto”, il Thorn (capitano di corvetta Robert Galliano Norfolk), che operava nella Sirte presso Bengasi, era a circa 200 miglia più a ponente del capoluogo della Cirenaica, e anche se fosse stato avvertito non poteva arrivare in tempo per intercettare il San Giusto prima che raggiungesse Derna. Ricordo, infine, che le intercettazioni e decrittazioni Ultra non erano diramate al di fuori di Enti preposti, ed é evidente che anche lo spostamento dell’Urge doveva restare segreto, per non divulgarne la fonte. Quindi per non far scoprire la missione, le informazioni Ultra non sono riportate nei Diari Storici o altro documento britannico, neppure quando si sapeva che una nave italiana o tedesca trasportava prigionieri britannici, e di conseguenza spesso era affondata da sommergibili e aerei  degli Alleati.

 

 E’ vero che alla partenza da Malta all’Urge era stato dato un programma di navigazione per Alessandria ben definito. Ricordo però che all’occorrenza, per un motivo importante, gli ordini operativi si possono cambiare e, in effetti, e possibile che questo dovette accadere per l’Urge non appena, il giorno 28, si ebbe da parte britannica conoscenza della missione del motoveliero San Giusto. A meno che non si voglia mettere sotto accusa il comandante Tomkinson, di avere autonomamente deciso di cambiare rotta per Ras el Hilal navigando alla massima forza in superficie di notte e di giorno. E questo non era da aspettarselo da un sommergibilista esperto e famoso come il capitano di corvetta Tomkinson. E folle pensare che egli sarebbe andato di sua iniziativa a cercarsi un obiettivo di attacco a 60-70 miglia dalla sua zona di transito di Ras el Hilal, quando sapeva che di giorno gli era impedito di navigare in superficie se non per ordine specifico ricevuto, e che inoltre aveva l’ordine di risparmiare nafta.

 

La risposta a questo dubbio ce la fornisce Alexiades, scrivendomi:

 

“Perche Tomkinson avrebbe scelto di rischiare il suo sottomarino e andare a Ras El Hilal, un ancoraggio di solito frequentato da piccoli natanti? I sommergibili  alleati avevano l'ordine di solito rigorosi per seguire le loro rotte assegnate altrimenti potevano facilmente essere scambiati per nemici e avevano più da temere dai bombardieri della RAF più che dagli aerei dell’Asse, che avevano dimostrato di essere in gran parte inefficaci nella lotta contro i sommergibili. … Aveva Tomkinson deciso di disobbedire ai suoi ordini, la zona di Bengasi avrebbe avuto più senso di quella di Ras El Hilal e il sommergibile avrebbe potuto essere lì in quel momento, ma ancora una volta questo è improbabile.”

 

Faccio rispettosamente notare che se l’Urge fosse andato ad operare nella più lontana zona di Bengasi, dirigendo a sud avrebbe percorso molte più miglia da quelle necessarie per portarsi a Ras el Hilal, e probabilmente sarebbe rimasto a corto di nafta, e forse anche di armi, da limitarne la permanenza in zona.

 

Ed è questo il punto. Se per le ragioni sopra esposte l’Urge non doveva deviare di rotta per Ras el Hilal, correndo il rischio di essere attaccato in superficie da aerei amici e nemici, come si è venuto a trovare in quella zona, che non era una località importante dal punto di vista portuale ma un modesto punto di approdo per piccoli natanti, essendo privo anche di banchine per lo scarico. La posizione era invece importante quale punto di passaggio del traffico, per di più costituito dalle motozattere tedesche e motovelieri italiani, che in quel periodo seguivano rotta lungo costa da Bengasi a Derna e viceversa.

 

Nel verbale di una riunione giornaliera sulla questione del traffico navale con la Libia, tenutasi a Supermarina il 30 aprile, è riportato:

 

“Il giorno 15 maggio sarà ultimata la banchina del porto di Ras Hilal. Consente l’approdo di unità di piccolo tonnellaggio. Esame delle difese della base e ordini per il piazzamento di alcuni pezzi d’artiglieria antisom”.

 

Ciò dimostra che prima di allora non vi era a Ras el Hilal nessun approdo per il naviglio, ma soltanto una rada di fortuna.

 

Comunque si ponga la questione, un sommergibile c’era indubbiamente a Ras el Hilal e questo non si può negare. Se non era l’Urge, deviato di rotta all’ultimo momento, di chi si trattava? A questa mia insistente domanda l’amico Platon Alexiades non è stato in grado di rispondere, tranne dubitare che si trattasse di un sommergibile, sostenendo che l’attacco in definitiva era stato frutto di fantasia o di attacco a qualche grosso pesce. Come se le cannonate sparate dall’Urge non contassero. Questa non è Storia.

 

Platon Alexiades è dell’idea che invece che all’Urge l’ordine di attaccare il San Giusto doveva essere trasmesso al sommergibile britannico Proteus (capitano di corvetta Philip Stewart Francis) che in quegli ultimi giorni di aprile si trovava in agguato vicino a Navarino (alle 12.00 del 27 aprile era in lat. 36°23’N, long. 17°54’E a meno di 200 miglia da Ras el Hilal), da dove alle ore 08.15 del 27 aprile il motoveliero partì per Derna. E’ una domanda giusta e merita un’altrettanta logica risposta.

 

Il traffico in partenza da Navarino era fortemente protetto fino al largo da navi di superficie e da aerei, e gli accessi al porto resi pericolosi da numerosi sbarramenti minati. Un attacco in pieno giorno il 27 aprile al motoveliero in allontanamento verso sud si sarebbe dovuto svolgere in superficie e nessun comandante di sommergibile britannico, in quelle condizioni, sarebbe stato tanto pazzo da provarci. Inoltre, per non fallire il colpo si doveva conoscere l’esatta rotta che il San Giusto avrebbe seguito e questo non era facile per la piccola sagoma che il motoveliero presentava, anche in condizioni meteorologiche e di visibilità normali. Invece, sul punto focale di Ras el Hilal, assolutamente privo di sbarramenti minati e con una protezione navale e aerea modesta, le condizioni per l’attacco dell’Urge in superficie con il cannone erano ideali. Non dimentichiamo che il sommergibile diretto ad Alessandria doveva passare con rotta diretta a 60-70 miglia a nord di Capo Ras el Hilal, la punta estrema settentrionale della Cirenaica, e per il sommergibile britannico Thorn  che si trovava a 200 miglia a ponente di Bengasi, non era possibile arrivare in tempo. E’ quindi naturale che soltanto l’Urge, spostandosi all’ordine alla massima forza, si dovesse trovare nel punto giusto al momento giusto.

 

Vi è poi un altro ipotetico motivo che poteva impedire di trasmettere al Proteus l’ordine di intercettare il San Giusto, ossia la possibilità che i britannici fossero stati informati della partenza del motoveliero da Navarino quando era ormai troppo tardi. A questo punto, per il suo carico di mine importantissimo per le operazioni terrestri in Cirenaica, non restava altro da fare che tentare di intercettarlo a Ras el Hilal.

Platon Alexiades, nel tentativo di smontare le mie tesi e dar credito alle sue, ha messo in campo anche un altro sommergibile della 10a Flottiglia, il P 31 (tenente di vascello John Bertram de Betham Kershaw) che era partito da Malta per Alessandria ventiquattrore prima dell’Urge, e che quindi, seguendo la stessa rotta, si sarebbe dovuto trovare avvantaggiato nel raggiungere Capo Ras el Hilal, non ancora superato, prima di raggiungere la destinazione il 5 maggio. Per rispondere a questo quesito occorrerebbe sapere dove si trovava esattamente il P 31, e se conveniva dirottarlo a Ras el Hilal essendo in vantaggio di navigazione rispetto all’Urge. Ed inoltre quali erano, sempre rispetto all’Urge, le sue condizioni di navigazione, le possibilità di combattere e la sua autonomia. Ricordo che i bombardamenti del II Fliegerkorps sulla Valletta avevano causato un’infinità di danni alle navi di superficie e ai sommergibili, costringendo gli uni e gli altri ad abbandonare la loro base.

 

Nel corso degli anni si è negato da parte britannica, a volte in modo alquanto dibattuto, che la perdita dell’Urge si sia verificata in seguito all’azione di velivoli Cr 42, a cui assistette il personale di cinque motozattere tedesche del “convoglio San Giusto”, che a loro volta sembra abbiano avuto una reazione a fuoco contro il sommergibile con le loro mitragliere.

 

Poiché, come detto, le due bombe da 50 chili modello T (torpedine) sganciate dal Cr. 42 del sergente Marzoli caddero a una trentina di metri dal sommergibile, l’attacco fu considerato di esito dubbio, anche se parecchie fonti, compresi Diari Storici italiani, accennano al probabile affondamento dell’unità subacquea. Occorre dire però che le bombe, anche se di solo 50 chili (il mod. T pesava in realtà 58 chili), sganciate in picchiata hanno una certa inclinazione, e se fossero esplose più vicine allo scafo del sommergibile avrebbero causato danni gravissimi, come dimostrano gli attacchi dei velivoli britannici ai sommergibili dell’Asse, affondati anche se le bombe non colpivano in pieno il bersaglio.

 

Dalla relazione del tenente Mancini sappiamo poi che i sette Cr. 42 della 153a Squadriglia sganciarono un totale di dodici bombe, il che ci porta a stabilire che almeno sei velivoli effettuarono l’attacco sempre “contro un sommergibile immerso”. Evidentemente, anche se non vi fosse stato colpo in pieno, le concussioni delle esplosioni delle bombe in prossimità dello scafo di un sommergibile potevano aver causato ugualmente gravi danni, com’è dimostrato ampiamente in altri episodi. Non sappiamo cosa successe a bordo del sommergibile che nel corso del primo attacco dei Cr. 42 si dovette immergere alla massima velocità, con gli uomini del cannone da 3 pollici (76 mm) situato a prua che si precipitavano sulla torretta per scendere con l’unica botola disponibili nella sottostante camera di manovra, generando confusione. Pertanto, sebbene il danno potesse apparire limitato, non possiamo escludere che un portello aperto, un’improvvisa avaria alle macchine, ai timoni, alle batterie, o l’apertura di pericolosissime falle con conseguenti allagamenti interni, potessero generare un stato di crisi fatale all'Urge. Un danno del genere può aver anche indotto il sommergibile a dirigere verso la costa, per poggiarsi in bassi fondali per le riparazioni di emergenza, dove però rimase per sempre. Pensate a quante volte questo tipo di attacco improvviso si è ripetuto durante la guerra, e spesso ha portato alla perdita del sommergibile in immersione o al suo grave danneggiamento in superficie.

 

Come ha riferito Platon Alexiades nei forum Aidmen, uboat.net e Wersailors, alle 22.27 del 2 maggio il sommergibile Porpoise alle 20.50 segnalò di aver avvistato in superficie un U-boote il lat. 33°56’N, long. 23°04’E, e lo segnalò ad Alessandria al Comando della 1a Flottiglia, che a sua volta lo trasmise all’Urge, perché si supponeva che sarebbe transitato in quella zona prima dell’alba del 3 maggio. Il sommergibile incontrato dal Porpoise non era tedesco ma l’italiano Nereide (capitano di corvetta Pasquale Terra) che, salpato da Lero il giorno precedente, a sua volta avvistò l’unità subacquea britannica. I due sommergibili s’immersero rapidamente perdendo la possibilità di effettuare un attacco. Alla comunicazione di Alessandria l’Urge non dette il ricevuto, ne poteva farlo se era già affondato.

 

Mi chiedo, perché quando si tratta di attacchi di aerei britannici a un sommergibile dell’Asse si ha sempre la sicurezza di averlo affondato, anche se il fatto non convince, mentre invece quando si tratta dell’attacco di un aereo o di una nave italiana ad un sommergibile britannico non rientrato alla base si tende sempre a minimizzarlo, assegnandole la fine, in mancanza di prove definitive, alle solite comode mine, in generale tedesche ?

 

Con l’Urge si perse l’intero equipaggio di trentadue uomini, inclusi quattro ufficiali, e undici passeggeri, tra cui il corrispondente Bernard Gray, che il sommergibile doveva portare ad Alessandria. Nella sua notevole attività di guerra contro navi italiane, l’Urge aveva colpito con un siluro la corazzata Vittorio Veneto, il 14 dicembre 1941 a sud dello Stretto di Messina, e affondato a nord di Messina l’incrociatore italiano Giovanni dalle Bande Nere, il 1° aprile 1942.

 

Altra parte importante di questa storia è che dopo una serie di ricerche, durate anni da parte del ricercatore belga Jean-Pierre Misson, con ripresa d’immagini Laser a colori a Marsa el Hilal, le possibilità che il relitto di un sommergibile scoperto in quella zona sia quello dell’Urge. Esso si troverebbe a 700 metri a levante dal relitto di un altro sommergibile, il germanico U 205 (sottotenente di vascello Friedrich Bürgel) effettivamente affondato in quella zona il 17 febbraio 1943, dopo essere stato costretto ad emergere e catturato dal cacciatorpediniere britannico Paladin (capitano di corvetta Lawrence St George Rich) e poi rimorchiato con scarso successo dalla corvetta Gloxinia (tenente di vascello Archibald Ferguson Harkness). Le prove laser fornite da Misson, sono ancora in valutazione, e c’è molto scetticismo, in particolare da Platon Alexiades che, per nulla convinto, ritiene le fotografie sonar di Misson sfocate e che pertanto potrebbe essere qualsiasi altra cosa, “una barca a vela o un sottomarino ma non l’Urge”, e aggiunge che evidentemente le fotografie sonar hanno capacità di cui egli non é a conoscenza. Da parte mia, lo dico onestamente, di quelle immagini, non essendo un esperto, ci capisco altrettanto poco.

 

Invece, secondo Misson il relitto del possibile Urge, scoperto nell’agosto 2012, è stato riconosciuto il 2 aprile 2015, studiando le immagini, da un ex ufficiale di Marina in Riserva (Peter D. Hulme), per quello di un sommergibile britannico tipo “U”.

 

Il relitto dell’Urge si troverebbe alla profondità di 40-50 metri  nelle coordinate di lat. 32°54’43,3”N, long. 22°11’32,7”E, ossia approssimativamente nella stessa zona ove il mattino del 29 aprile 1942 si era iniziato l’attacco del primo velivolo Cr. 42 della 153a Squadriglia del 3° Gruppo Caccia Terrestre, a 5 km a nord-est di Ras el Hilal che è una distanza accettabile, anche per un eventuale errore di posizione riferito dal pilota dall’aereo.   

 

Da due carte inviatemi dal Signor Misson, che conosco personalmente, risulta che la distanza dalla costa del presunto relitto del sommergibile Urge sia di 3.000 metri dal villaggio di Ras el Hilal, e a 5.330 metri da Capo Ras el Hilal. 

 

Ritengo a questo punto che, dovendo il “convoglio San Giusto” dirigere logicamente a oriente di Capo Ras el Hilal, ci possano essere buone possibilità che il sommergibili sia stato attaccato in modo fatale all’incirca, proprio nel punto in cui Misson a scoperto il relitto. Non sappiamo come il sommergibile abbia potuto manovrare sotto gli altri cinque attacchi, ma consultando le due cartine, si può ipotizzare che possa averlo fatto dirigendo in qualsiasi direzione, anche verso la costa.

 

Se l’Urge é affondato lontano da Ras el Hilal lo è stato, evidentemente, per le avarie che aveva riportato e che non gli hanno permesso di venire in superficie.

 

Ritengo che posizione di affondamento del presunto sommergibile tipo “U” sia da prendere in considerazione, ma sempre con prudenza. La visita al relitto, e una profondità 40-50 metri non é un impedimento per sommozzatori esperti, farebbe finire nel modo più logico questa discussione, ma in questo momento la situazione in Libia non lo permette.

 

Non credo alla tesi di un affondamento del sommergibile nel tratto Cirenaica – Alessandria, che è un argomento ipotetico per giustificare il mancato arrivo ad Alessandria dell’Urge. Non vi erano, ad oriente di Tobruk, sbarramenti minati lungo le coste libico-egiziane, poiché le motosiluranti e le unità di superficie italiane cominciarono a posarli a difesa del porto di Marsa Matruh, dopo che il fronte terrestre dell’Asse si era arrestato al El Alamein il 30 giugno 1942.

 

Riepilogando, non è peregrino sostenere che l’Urge doveva trovarsi a Ras el Hilal per intercettare il motoveliero San Giusto, con il suo importante carico di mine. Era l’unico sommergibile britannico che, passando a nord della Cirenaica, era in grado di farlo. E’ dimostrato che qualsiasi sommergibile del tipo “U”, andando alla massima velocità di resistenza, di 9 nodi o anche poco meno, era in grado di percorrere in due giorni e 2 ore  la distanza che separava Malta da Ras el Hilal, che è di circa 420 miglia. In 50 ore poteva percorrere una distanza di 450 miglia. Questo era il calcolo (220 miglia di navigazione al giorno), fatto dalle Historical Section Admiralty e confermato dall’Ufficio Storico della Marina Militare.

 

Non si possono accusare di essersi sbagliati a riconoscere il sommergibile i piloti dei velivoli da caccia Cr. 42; né possiamo dubitare che, nel trasmettere la notizia dell’attacco, anche da parte del motoveliero e delle cinque motozattere tedesche, a Ras el Hilal non vi fosse nessun sommergibile, che le stava cannoneggiando. E neppure si può accusare di superficialità gli alti Comandi italiani e tedeschi che riportarono la notizia dell’attacco. Se mancano i Diari, andati perduti per cause belliche, non è certamente colpa da addebitare a qualcuno. Non vi è alcuna prova che l’Urge sia finito su mine, in qualsiasi parte della rotta Malta Alessandria. Che sia affondato a sud di Malta è solo una supposizione non provata. Quindi, fino a prova contraria anche se il relitto scoperto da Misson non è dell’Urge, resta soltanto come elemento da prendere in considerazione il suo affondamento causato dai danni riportati nell’attacco dei velivoli italiani Cr. 42 della 153a Squadriglia Caccia.

 

Purtroppo per il motoveliero San Giusto che era sfuggito grazie agli aerei Cr. 42 all’attacco dell’Urge, nei giorni seguenti non ebbe una sorte benigna. La zona di Ras el Hilal rientrava nella zona di agguato dei sommergibili della 1a Flottiglia di Alessandria ed era spesso percorsa dai battelli che andavano ad operare presso il porto di Bengasi. Verso le ore 17.00 del 14 maggio 1942, esattamente 15 giorni dopo l’affondamento dell’Urge, il sommergibile Turbulent (capitano di corvetta John Wallace Linton), in rotta per il Golfo della Sirte,  prima di essere attaccato da aerei italiani, incendio con il cannone a 10 miglia a levante di Apollonia (ad ovest di Ras el Hilal) il motoveliero San Giusto, partito da Bengasi e diretto a Derna, con un importante carico di 200 tonnellate di benzina in lattine. Sui 12 uomini dell’equipaggio del motoveliero, che affondò rapidamente, vi fu un solo morto. Questa volta il colpo mortale, mancato il precedente 29 aprile dai britannici contro il San Giusto, era riuscito.

 

Francesco Mattesini

 

Roma, 8 giugno 2015

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Caro Platon,

 

stamane sono tornato all’Ufficio Storico della Marina Militare assieme ad Augusto De Toro, ed ho continuato le ricerche per conoscere quale era l’effettivo carico di mine tedesche del SAN GIUSTO, riguardo al numero e al tipo, ma per quanto abbia cercato nei fondi consultati non ho trovato nulla.

 

Tuttavia è saltato fuori un documento del Comando Marina Germanica in Italia, firmato dall’ammiraglio Weichold, consegnato a mano al capitano di fregata Del Grande per Supermarina (Segreto n. 2411/42 del 30 aprile 1942).

 

Come leggerai di seguito esso é di particolare importanza per dimostrare che un sommergibile britannico si trovava a Ras el Hilal, che aveva sparato su motozattere alla fonda, e che era stato poi attaccato subito dopo l’emersione con bombe da un aereo italiano e costretto all’immersione. Non vi è scritto probabilmente si trattava di  un sommergibile ma che era un sommergibile

 

Spero che stavolta tu non mi dica che era tutto frutto di fantasia. Non c’è dubbio che fosse l’URGE che, che aveva superato indenne le mine tedesche di Malta, e che è perduto in conseguenza dei danni riportati dagli attacchi aerei italiani. A Ras el Hilal o altrove.

 

Dato che molti leggeranno il messaggio, insistere a negare non mi sembra più il caso! Mi aspetto che mi darai ragione.

 

         “In seguito al foglio di cui in riferimento [2181/42 del 22.4.42 non trovato], il Comando Marina Germanica informa che la sera [errato erano le 08.10] del 29 aprile 3 bettoline semoventi, alla fonda presso Ras el Hilal, sono state attaccate da un sommergibile nemico. Subito dopo l’emersione, il sommergibile è stato attaccato con bombe da un apparecchio da caccia italiano e costretto ad immergersi.

 

         Questo caso e l’attacco contro il motoveliero “S. Giusto” provano ancora una volta la giustezza e le probabilità di successo dell’impiego di insidie per sommergibili sul tratto orientale fra Bengasi e Derna.

F/to WEICHOLD

 

Il fatto che le bettoline (motozattere) si trovassero alla fonda a Ras el Hilal, mentre invece erano attese per l’indomani mattina 30 a Derna, dimostra che quelle piccole unità era state trattenute per quello che Supermarina, in una sua correzione della parola “insidia”, a considerato una  “trappola” per sommergibili. Non sappiamo come l’’URGE fosse stato avvertito. Forse i tedeschi avevano trasmesso qualcosa in chiaro che, intercettato, inducesse un loro sommergibile ad andare a investigare e attaccare quelle motozattere e, naturalmente, il motoveliero “San Giusto”, ritenuto importante. Altrimenti non si spiega perché l’URGE, a cominciare dalla partenza il mattino 27 aprile, fosse andato a Ras el Hilal mattino del 29 navigando al massimo della velocità.

 

Cercherò ancora di conoscere quale era il carico del SAN GIUSTO.

 

Cordialmente

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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JEAN-PIERRE MISSON mi ha scritto quanto segue:

 

  
JEAN-PIERRE MISSON    Submarine , Marsa el Hilal , April 29 ,1942 .    martedì 22:11    9 KB      

 

For information only ,
With compliments addressed to Mr Mattesini  for :

http://www.aidmen.it/topic/91-sommergibili-u-205-urge-argonauta-2°/page-6
 
This Post ought to be translated  :  It copies a german report  of the attack by an enemy submarine , of a convoy of german Landing Crafts at Marsa el Hilal , on April 29 , 1942.
It confirms the submarine was subsequently attacked by an italian aircraft .

 

The german report is addressed to the italian Naval Authorities and was found at  Ufficio Storico della Marina , Rome .

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Platon Alexiades non si da per vinto, come può essere visto nel FORUM di uboat:net: Re: HMS URGE

 

Ho dato questa risposta:

 

 

Caro Platon,

 

fornisci sempre le tue informazioni e le tue tesi e non c’é verso di farti cambiare idea. Io l’ho fatto più volte con te, quando mi sono reso conto che la posizione era indifendibile.

 

Non mi interessa se l’ULTRA non ha intercettato nulla; non mi interessano quali fossero le posizioni dei sommergibili britannici in mare; mi interessa invece dover confermare che a Ras el Hilal vi era un sommergibile britannico, e che la Historical Section Admiraly Sezione Storica e l’Ufficio Storico della Marina Militare a suo tempo hanno concordato nel dire che il sommergibile UIRGE era in grado di navigare per 220 miglia al giorno.

 

Percorrere le 420 miglia che separano Malta da Ras el Hilal era quindi più che possibile in 52 ore navigando anche a meno di 9 nodi, che secondo Lenton e la velocità di resistenza dei sommergibili del tipo “U”; e non  interessa se nell’ordine di operazione l’URGE avrebbe dovuto, alla partenza da Malta, fare soltanto 90 miglia al giorno, perché evidentemente, e tu non lo vuoi capire, il suo programma di trasferimento ad Alessandria, che lo portava a passare a 60-70 miglia da Ras el Hilal, era stato cambiato. Da chi: dal Comando della 1a o 10a Flottiglia Sommergibili ?

 

Se poi dovremmo dire che il comandante Tomkinson è stato un irresponsabile a cambiare autonomamente rotta, io non ti seguo su questa strada.

 

Quello che è importante è che un sommergibile britannico si trovava alle ore 08.10 del 29 aprile a Ras el Hilal, che ha bombardato con il suo cannone il motoveliero SAN GIUSTO e le motozattere tedesche alla fonda, che stato costretto ad immergersi per l’attacco del primo caccia Cr. 42, che è stato poi bombardato ancora in immersione da altri cinque Cr. 42, e che dopo queste azioni aeree è sparito.

 


Dammi tu una spiegazione sul fatto innegabile che un sommergibile britannico si trovava a Ras el Hilal, e che su questo sommergibile non si sa nulla.

 

E’ questo che per me è importante, come lo anno capito in tanti!

 

Cordialmente

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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Mio nuovo intervento a nuova contestazione, con i medesimi argomenti, di Platon Alexiades, in FORUM uboat.net.

 

Caro Platon,

 

ritengo che tu non abbia letto bene la lettera di Weichold, del 30 aprile 1942 che supera ogni altra informazione ricevuta in precedenza, e dove erano espressi dubbi perché ancora le relazioni non erano arrivate a Roma. Quindi quanto riferito dal comandante Dadone non ha alcun valore, perché i suoi dubbi sono superati dal reale attacco del sommergibile, riferito senza alcun dubbio dalla lettera di Weichold.

 

Riporto nuovamente il contenuto della lettera, affinché per chi legge non vi sia alcun dubbio che un sommergibile britannico aveva cannoneggiato il SAN GIUSTO e le motozattere tedesche:

 

In seguito al foglio di cui in riferimento [2181/42 del 22.4.42 non trovato], il Comando Marina Germanica informa che la sera [errato erano le 08.10] del 29 aprile 3 bettoline semoventi, alla fonda presso Ras el Hilal, sono state attaccate da un sommergibile nemico. Subito dopo l’emersione, il sommergibile è stato attaccato con bombe da un apparecchio da caccia italiano e costretto ad immergersi.

 

         Questo caso e l’attacco contro il motoveliero “S. Giusto” provano ancora una volta la giustezza e le probabilità di successo dell’impiego di insidie per sommergibili sul tratto orientale fra Bengasi e Derna.

 

F/to WEICHOLD

 

Vi è poi il rapporto del tenente Mancini sul Mod. C. 2 della 5a  Squadra Aerea che riporta inequivocabilmente che sei aerei Cr. 42 avevano attaccato con dodici bombe un sommergibile, a dimostrazione che questo era stato visto mentre attaccava con il cannone ed anche individuato in immersione. Fatti anche questi incontestabili.

 

Come vedi è differente dal caso dell’attacco di un idrovolante Cant. Z. 501 a un sommergibile, vero o presunto, presso Bengasi il 1° maggio. In quella zona non dimenticarlo operava il sommergibile  THORN, e quindi, ad ogni caso, era inutile che ci andasse l’URGE

 

Cordiali saluti

 

Francesco

Edited by Francesco Mattesini
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