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Operazione "Pedestal": Navi britanniche affondate e danneggiate


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Dal mio libro

 

"LA BATTAGLIA AERONAVALE DI MEZZO AGOSTO

 

Il contrasto delle forze italo-tedesche all’operazione britannica « Pedestal »

(10-15 Agosto 1942)"

 

consegnato da tempo all'Ufficio Storico della Marina ma non ancora passato alla stampa, motivazione "Mancanza di Fondi", ma io ritengo per non aver capito, per i suggerimenti di taluni presunti esperti nel campo della Storia Navale, quale importanza rivestisse la Pedestal nella Storia della Marina italiana, sotto forma di straordinari successi che furono consegueti nel corso della Battaglia !

 

Ricordo che proprio oggi, 3 agosto di settantaquattro anni fa (1942), ebbe inizio l' "Operazione Pedestal", con la partenza da Clyde (Scozia sud-occidentale) del convoglio WS.21/S diretto a Malta, con una scorta che ha rappresentato la più grande Armata  Navale di ogni tempo per scortare un singolo convoglio di rifornimento. Grazie a Supermarina, che non impiego le navi di superficie, il convoglio britannico riusci a passare nei due terzi (cinque navi mercantili su quattordici), e una vittoria tattica delle forze aeronavali italiane tedesche fu vanificata da quella errara decisione, dovuta alla paura di dover affrontare un nemico superiore in potenza (assolutamnente inesistente) ma soprattutto per non perdere altre navi dopo l'affondamento dell'incrociatore pesante TRENTO, a cui sia aggiunse il siluramento della moderna corazzata LITTORIO, nel corso della precedente Battaglia di mezzo giugno".

 

Ritengo pertanto sia importante far conoscere quale furono effettivamente le perdite riportate dalla Royal Navy e dalla Regia Marina nel corso dell'operazione Pedestal. Riferimento Annesso n. 3, pag. 698-701 del mio dattiloscritto.

 

Francesco Mattesini

 

Roma, 3 agosto 2016.

 

 

 

NAVI BRITANNICHE  E DELL’ASSE AFFONDATE E DANNEGGIATE DURANTE L’OPERAZIONE “PEDESTAL”

 

 

1°) MARINA BRITANNICA

 

 

11 agosto 1942

 

Portaerei Eagle, 22.600 t – affondata dal sommergibile tedesco U 73 a nord di Algeri, lat. 38°05’N, long. 03°02’ E

 

 

12 agosto 1942

 

Cacciatorpediniere Wolverine, 1.120 t – danneggiato nello speronamento del sommergibile italiano Dagabur a sud delle Isole Baleari, lat. 37°18’N, long. 01°55’E

 

Motonave Deucalion, 7.516 tsl, bombardata e danneggiato da aerei tedeschi Ju. 88 del II./KG.77 a sud della Sardegna, lat. 37°56’N, long. 08°40’E

 

Portaerei Victorious, 23.000 t, lievemente danneggiata da aerei italiani Re. 2001 della Sezione Speciale a sud della Sardegna

 

Cacciatorpediniere Ithuriel, 1.360 t, danneggiato nello speronamento del sommergibile italiano Cobalto a nord dell’Isole Galite, lat. 37°50’N, long. 09°20’E

 

Corazzata Rodney, 33.900 t, lievemente danneggiata a nordovest dell’Isola dei Cani da bomba di aerei italiani Ju. 87 del 102° Gruppo Tuffatori

 

Cacciatorpediniere Foresight, 1.350 t, affondato da aerosiluranti italiani S. 79 del 132° Gruppo, lat. 37°40’N, long. 10°00’E

 

Nave portaerei Indomitable, 23.000 t, bombardata e danneggiata da aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3, lat. 37°40’N, long. 10°00’E

 

Incrociatore Nigeria, 8.000 t, silurato e danneggiato dal sommergibile italiano Axum nel Canale del Banco Skerki, lat. 37°40’N, long. 10°06’E

 

Incrociatore Cairo, 4.200 t, silurato e affondato dal sommergibile italiano Axum nel Canale del Banco Skerki, lat.37°40’N, long. 10°06’E

 

 

Petroliere Ohio, 9.514 tsl,  silurata e danneggiata dal sommergibile italiano Axum nel Canale del Banco di Skerki, lat. 37°40’N, long. 10°06’E

 

Motonave Empire Hope, 12.688 tsl, bombardata e affondata da aerei tedeschi Ju. 88 nel Canale del Banco Skerki,

 

Motonave Brisbane Star, 12.791 tsl, silurata e danneggiata da aerosiluranti tedeschi He. 111 della 6/KG.26 a 20 miglia a Nord dell’Isola Zembra

 

Piroscafo Clan Ferguson, 7.347 tsl, silurata e immobilizzata da aerosiluranti tedeschi He. 111 della 6/KG.26 a 20 miglia a Nord dell’Isola Zembra

 

Incrociatore Kenya, 8.000 t, silurato e danneggiato dal sommergibile italiano Alagi a nord di Tunisi, lat. 37°34’N, long. 10°35’E

 

Motonave Deucalion, 7.516 tsl, silurata e affondata da aerosiluranti tedeschi He. 111 della 6/KG.26, a 5 miglia dall’Isola dei Cani

 

Piroscafo Santa Elisa (U.S.), 8.379 tsl, bombardata e danneggiata da aerei tedeschi Ju. 88 presso Isola dei Cani

 

Piroscafo Clan Ferguson, 7.347 tsl, silurato e affondato dal sommergibile italiano Bronzo a 20 miglia a nordest Isola Zembra

 

 

 

 

13 agosto

 

Incrociatore Manchester, 9.400 t, silurato e affondato dalle motosiluranti italiane MS 16 e MS 22, presso Kelibia, lat. 36°50’N, long. 11°10’E

 

Motonave Glenorchy, 8.982 tsl, silurata e affondata dalla motosilurante italiana MS 31 a 5 miglia a nord di Punta Kelibia

 

Motonave Wairangi, 12.436 tsl, silurata e affondata dal Mas 552 (italiano) a sudovest Isola Pantelleria, lat. 36°34’N, long. 11°15’E

 

Piroscafo Santa Elisa (U.S.), 8.379 tsl, silurata e immobilizzata dal Mas 557 (italiano) a sudovest Isola Pantelleria, lat. 36°48’N, long. 11°23’E.

 

Piroscafo Almeria Lykes (U.S.), 7.773 tsl, silurato e affondato dal Mas 554 (italiano) a sudovest di Pantelleriaa, lat. 36°40’N, long. 11°35’E

 

Motonave Rochester Castle, 7.795 tsl, silurata e danneggiata dal Mas 564 (italiano) a sudovest di Pantelleria, lat. 36°28’N, long. 11°47’N

 

Piroscafo (U.S.) Santa Elisa, 8.379 tsl, bombardata e affondata da aerei tedeschi Ju. 88 del KGr.806 a sudovest di Pantelleria. Era stato silurato e immobilizzato dal Mas 577 (italiano) e si trovava in stato di affondamento.

 

Motonave Waimarama, 12.843 tsl, bombardata e affondata da aerei tedeschi Ju. 88 del II./LG.1 a sud di Pantelleria, lat. 36°25’N, long. 12°00’E

 

Piroscafo Melbourne Star, 12.806 tsl, lievemente danneggiato da incendio per esplosione del piroscafo Waimarama a sud di Pantelleria.

 

Petroliera Ohio, 9.514 tsl, bombardata e danneggiata da aerei italiani Ju. 87 del 102° Gruppo Tuffatori, a sudest di Pantelleria

 

Petroliera Ohio, 9.514 tsl, bombardata e danneggiata da aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 e da Ju. 88, a sudest di Pantelleria

 

Motonave Rochester Castle, 7.795 tsl, bombardata e danneggiata da aerei tedeschi Ju. 88 a sudest di Pantelleria

 

Motonave Dorset, 10.624, bombardata ed immobilizzata da aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 a ovest di Malta

 

Motonave Dorset, 10.624 tsl, bombardata e affondata da aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 a ovest di Malta, lat. 36°25’N, long. 12°00’E

 

 

14 agosto

 

Petroliera Ohio, 9.514 tsl, bombardata e danneggiata da aerei italiani Ju. 87 del 102° Gruppo Tuffatori a ovest di Malta

 

Incrociatore Kenya, 8.000 t, bombardato e danneggiato da aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.3 a sudovest dell’Isola Galite

 

Cacciatorpediniere Penn, 1.540 t, danneggiato per collisione con la petroliera Ohio a ovest di Malta

 

 

 

15 agosto

 

Petroliera Ohio, 9.514 tsl, affondata nel porto della Valletta, dopo aver ultimato lo scarico del combustibile

 

 

 

2°) MARINA ITALIANA E TEDESCA

 

 

a) NAVI AFFONDATE

 

12 agosto

 

Sommergibile Dagabur speronato dal cacciatorpediniere britannico Wolverine, a sud delle Isole Baleari

 

Sommergibile Cobalto speronato dal cacciatorpediniere britannico Ithuriel, a nordest dell’Isola Galite

 

b) NAVI DANNEGGIATE GRAVEMENTE

 

13 agosto

 

Incrociatore Bolzano silurato dal sommergibile britannico Unbroken, presso l’Isola Panarea

 

Incrociatore Muzio Attendolo silurato dal sommergibile britannico Unbroken, presso l’Isola Panarea

 

Motosilurante tedesca S 58 cannoneggiata e colpita da un cacciator-pediniere britannico presso Capo Bon

Edited by Luiz
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Dear Franco,

 

Thank you very much for your list. One comment though: I am not sure if Bronzo sank Clan Ferguson on 12 August. I think it is quite possible she sank Empire Hope as the description seems to match (13,000 ton tanker). How certain are you that she sank Clan Ferguson?

 

All the best,

 

Platon

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 Grazie Platon.

 

Riguardo all'EMPIRE HOPE l'Ufficio Storico della Marina Militare aveva assegnato al sommergibile BRONZO il suo affondamento, e lo stesso ha fatto ROHWER. Ma Peter Smith in  "L’ultimo convoglio per Malta 1942", Milano, 1972, aveva descritto con dati particolarmente interessanti e convincenti che  si trattava del CLAN FERGUSON, e lo ha ribadito in "Pedestal. The convoy that saved Malta", Manchester, 2002.

 

Per questo io ho sempre ritenuto che il BRONZO avesse dato il colpo di grazia al CLAN FERGUSON.

 

Ecco come ho descritto l'avvenimento nel mio dattiloscritto:

 

" Quando anche l’incrociatore Kenya fu colpito da un siluro il contrammiraglio Burrough trasmise allo Charybdis [incrociatore] di raggiungerlo al più presto possibile, essendo divenuto il suo appoggio molto urgente per la Forza X. Pertanto il capitano di vascello Voelker, volendo guadagnare cammino, invece di passare da Capo Bon lungo la costa della Tunisia, con rotta sud, decise di raggiungere il convoglio puntando ad est per poi transitare a sud di Pantelleria.

          Durante la rotta, alle 22.05 le tre unità britanniche furono individuate dal sommergibile italiano Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) che però non riuscì a raggiungere una posizione di lancio favorevole per attaccarle. Il sommergibile diresse allora verso gli incendi delle navi che ardevano in lontananza. Il comandante Buldrini avvistò il cacciatorpediniere Ledbury, che passava nella zona assieme alla danneggiata cisterna Ohio, e poi diresse verso il relitto del piroscafo Clan Ferguson, che era ancora a galla a 5 miglia per 270° dall’Isola dei Cani, e alle 23.46 lo attaccò con lanci successivi di tre siluri, l’ultimo dei quali arrivò a segnò facendo incendiare la nave, che affondò capovolgendosi un’ora dopo, quando si verificò il completo distacco della prora. Gli altri due siluri, come accertò Supermarina, avevano deviato dalla rotta per difetto di angolazione".[1]


[1] P. Smith, L’ultimo convoglio per Malta 1942, cit., p. 205.

* Supermarina, nella valutazione dei successi da assegnare ai sommergibili che avevano attaccato nel pomeriggio e la sera del 12 agosto – esame fatto dopo il rientro a Gibilterra delle navi britanniche danneggiate e sulle dichiarazioni delle perdite dichiarate dall’Ammiragliato – escluse che l’Emo avesse colpito un incrociatore da 7.000 tonnellate, e ritenne di dover assegnare l’affondamento del Cairo giustamente all’Axum e quello dell’affondamento del piroscafo Clan Ferguson all’Alagi, mentre invece il successo era da attribuire alla Luftwaffe [aerosiluranti He.111 della 6./KG.26], anche se poi il Bronzo dette a quella nave mercantile il colpo di grazia. Ritenne inoltre, sbagliando nettamente la valutazione, che il siluramento dell’incrociatore Nigeria, realizzato dall’Axum, fosse da attribuire agli aerosiluranti italiani. Supermarina non seppe invece accertare a quale piroscafo misto di circa 10.000 tonnellate (probabile tipo “President”) il Bronzo avesse dato il colpo di grazia, e al cui siluramento aveva assistito da lontano l’Axum, notando la violenta esplosione che era seguita al momento in cui  il Clan Ferguson era stato colpito.

 

La violenta esplosione conferma che si trattava del CLAN FERGUSON, come ho scritto:

 

"Il Clan Ferguson (capitano Arthur Roberts Cossar), con un carico di 7.000 tonnellate di rifornimenti militari, incluse 2.000 tonnellate di benzina e 1.500 tonnellate di alto esplosivo, era stato preso di mira da tre He. 111. Alle 21.03 fu colpito sul fianco destro, all’altezza della stiva numero 4, da un siluro sganciato dal primo velivolo che, secondo lo storico britannico Ian Cameron, era il medesimo He. 111 che poco prima aveva colpito con un primo siluro anche il Brisbane Star.[1] Il carico nella stiva numero 4 del Clan Ferguson, costituito da benzina in fusti, prese fuoco e il piroscafo, che trasportava nella stiva numero 5 anche un carico di 150 tonnellate di munizioni, esplose alle 21.10, sette minuti dopo essere stato colpito.

In preda in preda alle fiamme che si estesero da un capo all’altro, il Clan Ferguson fu abbandonato dall’equipaggio, il quale riuscì fortunatamente a prendere posto su imbarcazioni di salvataggio, prontamente calate in mare. Ciononostante, sugli ottantacinque uomini che si trovavano a bordo del piroscafo, vi furono trentadue morti: dieci della Marina mercantile, venti passeggeri della Royal Navy destinati a Malta, e due cannonieri. I cinquantatre superstiti del Clann Ferguson, inclusi il capitano di corvetta H.H. Meiklejohn e il tenente di vascello H. Grimston,  furono poi salvati l’indomani, come vedremo, da mezzi navali Mas italiani, i MAS 548 e 560, e da un idrovolante tedesco Do. 24 della 6a Squadriglia del 6° Gruppo Soccorso di Siracusa. Meiklejohn, raccolto dal velivolo tedesco, arrivò alla fine della guerra avendo trascorso la prigionia in Germania".

[1] I. Cameron, Red Duster White Ensign. The Story of the Malta Convoys, cit., p. 185.

* Il Deucalion era al suo secondo viaggio sulla rotta di Malta, avendovi partecipato con il convoglio dell’operazione “Substance” del luglio 1941. Rientrando isolato a Gibilterra, il 27 agosto, passando a sud della Sardegna, era stato  attaccato da un velivolo italiano S. 79 della 280a Squadriglia Aerosiluranti, e colpito da un siluro che però per fortuna della nave non era esploso.

 

 

 Salutoni

 

Franco

Edited by Giuseppe Garufi
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Per ricordare come si svolse la Battaglia di Mezzo Agosto, in Inghilterra nota come Operation Pedestal, né riporto un breve sunto, anche per approfittare del fatto che tra pochi giorni, tra il 10 e il 15 agosto, è l’anniversario di quell'importante avvenimento, del quale in qualche modo, non facendolo la Marina, si deve dare in Italia un certo contributo:

 

 

 

LA BATTAGLIA DI MEZZO AGOSTO 1942

 

IL CONTRASTO DELLE FORZE AERONAVALI ITALIANE E TEDESCHE ALL’OPERAZIONE BRITANNICA “PEDESTAL”

 

74° Anniversario

 

 

             Mentre nel mese di luglio si stava combattendo la battaglia di Malta, che si concluse con un nuovo smacco per le forze aeree dell’Asse e con un indubbio il successo difensivo della R.A.F., a Londra si stava preparando una grande operazione navale, denominata “Pedestal” (Piedistallo), pianificata all’Ammiragliato britannico per portare all’isola affamata i rifornimenti per farla sopravvivere, e per continuare ad esercitare il suo compito di arbitro sulle rotte italiane con la Libia. Ma, questa pianificazione comportava anche molti enigmi.

         Infatti, dopo il fallimento in giugno delle operazioni Harpoon e Vigorous, conclusesi con la perdita di sei navi mercantili, sulle diciassette avviate da Malta dalla Gran Bretagna, passando per lo Stretto di Gibilterra, e dai porti del Mediterraneo orientale,  e l’arrivo a Malta di due soli piroscafi, negli ambienti britannici di Londra e del Medio oriente vi fu molto scetticismo sulle possibilità di resistenza dell’isola, e sulla convenienza di effettuare un altro tentativo di rifornimento, che avrebbe comportato un grande spiegamento di mezzi, e perdite rilevanti, come aveva dimostrato l’esperienza dei precedenti convogli. Inoltre, a differenza di quanto era stato pianificato nel mese di giugno con le operazioni “Harpoon” e “Vigorous”, doveva essere percorsa una sola rotta: quella del Mediterraneo occidentale, dal momento che ad oriente tutte le basi aeree della Cirenaica e dell’Egitto, fino ad El Alamein, erano cadute in mano delle forze dell’Asse.

             Winston Churchill, che per temperamento e determinazione non era secondo a nessuno, si mostrò deciso di non abbandonare al suo destino l’isola fortezza assediata, e scrivendo al Primo Lord del Mare, ammiraglio Dudley Pound, sostenne: “Il destino di Malta è in gioco e devo poter assicurare il Governo che la Marina non l’abbandonerà mai”. L’ammiraglio Pound e il signor Albert Victor Alexander, Primo Lord dell’Ammiragliato, condivisero il punto di vista del Primo Ministro nei riguardi di un eventuale abbandono di Malta, considerata  una perdita disastrosa per l’Impero britannico e fatale alla difesa della Valle del Nilo. Pertanto, nel corso del mese di luglio, l’Ammiragliato britannico, riunendo forze navali sottratte ai più svariati scacchieri di guerra, come l’Artico e l’Oceano Indiano, pianificò la “Pedestal”, organizzando a Greenock (Clyde) un convoglio veloce, costituito da tredici grosse e veloci navi da trasporto e da una petroliera (Ohio), a cui furono assegnati, riuniti nella Forza F, comandata dal vice ammiraglio sudafricano Edward Neville Syfret, due gruppi di scorta.

             Il primo gruppo, denominato Forza Z e destinato ad accompagnare il convoglio fino al canale di Sicilia, fu costituito con le corazzate Nelson (nave di bandiera del vice ammiraglio Syfret) e Rodney, le navi portaerei Victorious (nave di bandiera del contrammiraglio Lumley Lyster), Indomitable (nave di bandiera del contrammiraglio Dennis William Boyd) ed Eagle, gli incrociatori leggeri Sirius, Phoebe e Charybdis e dodici cacciatorpediniere. Il secondo gruppo, la Forza X destinata ad accompagnare il convoglio fino agli approcci di Malta per poi tornare indietro a Gibilterra, disponeva degli incrociatori leggeri della 10a Divisione Nigeria (contrammiraglio Harold Burrough), Kenya e Mancester, del piccolo e vecchio incrociatore contraereo Cairo – il vincitore della battaglia di Pantelleria – e di altri dodici cacciatorpediniere. Vi era poi un gruppo di rifornimento in mare, costituito da due petroliere e da quattro corvette di scorta, cui furono aggregati, quali navi di salvataggio, due grossi rimorchiatori. Per la scorta aerea e l’eventuale intervento offensivo erano disponibili sulle tre navi portaerei 72 velivoli da caccia (47 Sea Hurricane, 16 Fulmar, 9 Martlet) e 28 aerosiluranti Albacore, impiegati anche per la la vigilanza antisom.

             Dal momento che il Comando della R.A.F. di Malta aveva chiesto di reintegrare le perdite di velivoli da caccia, quantificate in 17 velivoli alla settimana, all’ultimo momento della pianificazione della “Pedestal”, fu deciso di inviare sulle tre basi dell’isola, in due spedizioni successive, altri 60 Spitfire tramite la portaerei Furious, che inizialmente fu aggregata al movimento del convoglio verso levante, fino all’altezza di Algeri, accompagnata da sei cacciatorpediniere su otto disponibili per la sua scorta. Furono poi mobilitate anche le forze navali di Malta, costituite da quattro dragamine di squadra e da sette motolance, e vennero inviati in agguato nove sommergibili  presso le principali basi nemiche, in particolare a nord della Sicilia e a levante di Pantelleria per ostacolare l’eventuale intervento di navi di superficie italiane. Con l’operazione “ascendano” fu poi programmato di riportare a Gibilterra i due piroscafi arrivati a Malta a metà giugno, accompagnati da due cacciatorpediniere che erano stati riparati a La Valletta dopo i danni per mine riportati nel corso dell’operazione ”Harpoon”.

             Infine, dopo che la R.A.F. aveva inviato a Malta notevoli rinforzi dall’Inghilterra e dal Medio Oriente, portando il quantitativo di velivoli sulle tre basi dell’isola al numero di circa 280 – inclusi più di 200 caccia tra Spitfire e Beaufighter, ed il resto aerosiluranti,  bombardieri  e  ricognitori – allo scopo di creare una diversione nel Mediterraneo orientale, fu pianificata l’operazione “MG. 3”. Il suo  scopo come scrisse il Comandante della Mediterranean Fleet, ammiraglio Henry Harwood, era quello di impedire “che il nemico potesse impiegare tutto il peso delle sue forze navali ed aeree contro il convoglio proveniente da Gibilterra”. L’operazione “MG. 3”, pertanto, consistette nel far partire dai porti del Mar del Levante un convoglio fittizio di quattro piroscafi, scortato dai cinque incrociatori Cleopatra (contrammiraglio Philip Vian), Dido, Arethusa  Euryalus e Coventry e quindici unità di scorta. Una volta localizzato dai ricognitori dell’Asse, il convoglio doveva disperdersi e rientrare alle basi dopo aver raggiunto, la sera dell’11 agosto, una zona situata a nord di Alessandria. Infine, prevedendo il possibile intervento degli incrociatori e dei cacciatorpediniere italiani dell’8a Divisione Navale, per contrastarne la minaccia, furono inviati in agguato tre sommergibili della 1a  Flottiglia, di base ad Haifa, due a sudovest di Creta e uno davanti a Navarrino, nella cui rada si trovavano dislocate le unità italiane dell’ammiraglio Raffaele de Courten, comprendenti tre incrociatori (Garibaldi, Abruzzi, Aosta) e cinque cacciatorpediniere. Uno di questi sommergibili, il Thorn, fu affondato durante il trasferimento, il 7 agosto a sud di Creta, dalla torpediniera italiana Pegaso (tenente di vascello Mario de Petris). E ciò praticamente rasppresento la prima perdita britannica dell'operazione Pedestal.

             Nella notte tra il 9 e il 10 agosto, dopo che le tre portaerei della Forza F, a cui si aggiunse temporaneamente per compiti addestrativi anche la vecchia Argus, avevano svolto, nel corso della navigazione in Atlantico, un ciclo di esercitazioni ritenuto necessario per permettere agli aerei imbarcati di affinare le tattiche di combattimento (operazione Berserk), il convoglio ed il suo poderoso nucleo di scorta – il maggiore che fosse stato impiegato nella seconda guerra mondiale per proteggere un solo convoglio di rifornimento – superarono lo stretto di Gibilterra ed entrarono nel Mediterraneo, per poi proseguire con rotta est. Il movimento, che comportò anche l’entrata a Gibilterra della portaerei Indomitable e il rifornimento in detta base di alcune navi scorta che non era stato possibile rifornire in Atlantico, fu subito percepito dagli agenti dell’Asse ubicati sulle coste meridionali della Spagna e in quelle del Marocco spagnolo, e nella giornata del 10 agosto, durante una riunione tenutasi a Roma, presso il Comando Supremo  presenti alti ufficiali della Marina, dell’Aeronautica italiana e dell’O.B.S. (il comando tedesco del feldmaresciallo Albert Kesselring), fu pianificata l’azione di contrasto delle forze aeronavali dell’Asse.

             Tuttavia, forse non rendendosi conto di quale importanza rivestiva un intervento di tutte le forze navali per far fallire l’operazione britannica, fu escluso l’impiego delle quattro corazzate efficienti presenti a Taranto (Vittorio Veneto, Andrea Doria, Duilio e Giulio Cesare), motivandolo per deficienza di nafta e sostenendo che l’intervento di quelle navi da battaglia avrebbe comportato di consumare l’intera quantità di combustibile della scorta intangibile destinato da Supermarina all’applicazione della Di. Na. n. 7 [Direttiva Navale n. 7); ossia all’”Azione a massa aeronavale” pianificata dagli ufficiali del Comando Supremo, di Supermarina e di Superaereo per intervenire contro la flotta britannica, e che era proprio l’occasione che si stava presentando in quel momento, perché nella Di. Na. 7 era previsto il contrasto ad ogni iniziativa nemica verso il Mediterraneo centrale.

             Fu disposto di attuare un ampio schieramento di ventidue sommergibili (due tedeschi) tra le Baleari e Malta, l’impiego di dodici motosiluranti (sei tedesche) e di una dozzina di Mas nel Canale di Sicilia, e l’attuazione, con il cacciatorpediniere Malocello, di uno sbarramento temporaneo di mine (S.6) presso Capo Bon, in acque territoriali francesi. Dovendo poi decidere sull'eventuale intervento di sei incrociatori della 3a e 7a Divisione Navale (Gorizia, Bolzano, Trieste – Eugenio di Savoia, Montecuccoli e Attendolo) e undici cacciatorpediniere a sud di Pantelleria, quando il convoglio britannico sarebbe stato abbandonato dalla sua potente scorta di copertura, il Sottosegretario di Stato e Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Arturo Riccardi mise bene in chiaro: “Naturalmente il movimento degli incrociatori è legato alla disponibilità di aerei da caccia”. Questi, avrebbero dovuto assicurare sul cielo delle navi una scorta continua con turni di otto velivoli alla volta, per fronteggiare, rispetto all’azione di giugno (che aveva comportato per azione aerea la perdita dell’incrociatore Trento, silurato da velivoli Beaufort e poi dal sommergibile britannico Umbra, e il siluramento della corazzata Littorio, sempre ad opera di velivoli Beaufort e colpita anche da una bomba sganciata da bombardieri B. 24 statunitensi), un maggior numero di aerei presenti a Malta.

             Dal momento le aviazioni dell’Asse stavano preparandosi ad intervenire in forze contro il convoglio britannico, rinforzando i reparti da bombardamento e di aerosiluranti dislocati in Sicilia e in Sardegna, avendo a disposizione soltanto cinque gruppi da caccia di aerei moderni (tre italiani e due tedeschi) per scortare una massa di circa 400 velivoli offensivi, i Comandi dell’Asse dovettero prendere un’estrema decisione. Il II Fliegerkorps, non volendo essere assente sul cielo della battaglia, assegnando gran parte dei suoi cinquanta caccia disponibili in Sicilia alla scorta alle navi, sostenne di non essere in grado di farlo; ed anche Superaereo, pur riconoscendo le necessità della Marina si mostro molto restio ad accontentarla, almeno in parte, e si ripromise di cedere alla scorta delle navi tutti quei velivoli meno competitivi (Cr. 42, Mc. 200, Re. 2000, Cr. 25) di cui si poteva fare a meno per scortare le sue imponenti formazioni offensive, che includevano ben novanta aerosiluranti.

             Dopo molte discussioni, proseguite nelle giornate dell’11 e del 12 agosto, tra il maresciallo Ugo Cavallero, l’ammiraglio Riccardi, e il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica generale Rino Corso Fougier, il Capo del Comando Supremo riuscì a convincere Fougier ad assegnare, per il giorno 13 in cui era previsto l’intervento navale, un appoggio aereo sostanzioso che prevedeva l’impiego di turni di scorta di sei velivoli, per un periodo di quindici ore di luce diurna. In tal modo, prevedendo che ogni caccia effettuasse almeno due missioni nella stessa giornata, si riduceva da 60 a 45 il numero dei velivoli necessari per scortare le navi.   

             Gli attacchi contro il convoglio, iniziati nelle prime ore dell’11 agosto da parte del sommergibile italiano Uarsciek (tenente di vascello Gaetano Arezzo della Targia), che lancio i siluri contro una portaerei che fu ritenuto essere la Furious senza riuscire a colpirla, furono poi continuati nelle prime ore del pomeriggio – proprio mentre la Furious (capitano di vascello Tom Oliver Bulteel), trovandosi a nord di Algeri, stava lanciando i suoi trentasette Spitfire diretti a Malta – dall’U 73. Questo sommergibile tedesco, comandato dal tenente di vascello Helmut Rosembaum, approfittando del fatto che undici dei ventiquattro cacciatorpediniere della Forza F avevano abbandonato le assegnate posizioni di scorta del convoglio per rifornirsi alle petroliere Browne Ranger e Dingledale, alle 13.00 superò abilmente il ridotto schermo difensivo ed attaccò, nei quartieri poppieri di sinistra la portaerei Eagle, (capitano di vascello Lochlan Donald MacKintosh) colpendola nell’intervallo di dieci secondi con quattro siluri lanciati da una distanza di soli 400 metri. La portaerei affondò nello spazio di otto minuti, e la perdita con la nave di sedici velivoli da caccia  Hurricane privò la Forza F del 20% della sua forza aerea di protezione, che durante tutta la mattinata era stata intensamente impegnata contro i velivoli Ju. 88 tedeschi della 2a Squadriglia del 122° Gruppo Ricognizione Strategica (2.(F)/122), impegnati da Elmas a mantenere il contatto con la formazione navale britannica.

             I rilevamenti dei ricognitori tedeschi, i soli impiegati nel corso dell’11 agosto dal momento che l’intervento di quelli italiani (i Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica dell’Aeronautica Sardegna) era stato previsto per la giornata del 12, servirono al Comando operativo del II. Fliegerkorps (Apollo 1a) per fornire precisi dettagli fotografici ai reparti offensivi. L’azione, a cui parteciparono ventotto bombardieri Ju. 88 degli stormi KG. 54 e del KG. 77 e tre aerosiluranti He. 111 della 6a  Squadriglia del 26° Stormo Bombardamento (6/KG.26), si sviluppò poco dopo il tramonto del sole. Ciò permise alla maggior parte dei velivoli tedeschi di eludere l’intervento dei caccia delle portaerei, che riuscirono ad abbattere soltanto uno Ju. 88 del gruppo da combattimento KGr. 806. Un altro velivolo di questo gruppo del KG.54 fu distrutto, mentre attaccava in picchiata, dall’intenso fuoco contraereo delle navi, che non riportarono alcun danno.

             Quasi contemporaneamente, allo scopo di menomare il potenziale aereo offensivo dell’Asse concentrato sugli aeroporti della Sardegna, al tramonto dell’11 agosto una formazione di nove caccia a lungo raggio Beaufighter del 248° Squadron della R.A.F., decollati da Malta al comando del tenente colonnello Thomas Geoffrey Pike, effettuò a volo radente una micidiale azione di mitragliamento contro gli aerei parcheggiati ad Elmas e Decimomannu. Furono colpiti e incendiati parecchi velivoli arrivati dal continente, e che non erano stati ancora decentrati perché si trovavano in fase di rifornimento. Cinque aerosiluranti S. 79 andarono completamente distrutti, ed altri quattordici rimasero più o meno danneggiati; e ciò ridusse sensibilmente l’efficienza della massa offensiva italiana, che doveva entrare in azione l’indomani, assieme ai loro moderni caccia di scorta Mc. 202, tre dei quali erano stati colpiti.

             Mentre il convoglio proseguiva la sua rotta verso levante, per poi trascorrere  una navigazione notturna alquanto tranquilla, il cacciatorpediniere Wolverine (capitano di corvetta Peter William Gretton) – una delle navi di scorta della portaerei Furious che stava rientrando a Gibilterra per imbarcare altri Spitfire destinati a Malta – transitando nelle prime ore del 12 agosto a sud delle isole Baleari localizzò in superficie il sommergibile italiano Dagabur (tenente di vascello Renato Pecori), e lo speronò affondandolo con l’intero equipaggio. Un altro sommergibile italiano, il Giada (tenente di vascello Gaspare Cavallina), trovandosi spostato più a levante, fu attaccato e danneggiato al mattino da due idrovolanti Sunderland del 202° Squadron della R.A.F., uno dei quali (TK7C) fu abbattuto. Avendo riportato molti feriti gravi, il Giada, prima di rientrare alla Maddalena, fu costretto a raggiungere il porto spagnolo di Valencia per sbarcarvi gli uomini più menomati.

             Sempre al mattino del 12, dopo le prime segnalazioni giunte dai ricognitori Ju. 88 tedeschi della 2.(F)/122 – che decollando dalla Sardegna (Elmas) erano stati rinforzati nelle loro missioni esplorative da dieci velivoli Ju. 88 del gruppo da combattimento KGr.606 – la Forza F fu attaccata da una formazione di diciannove bombardieri del 1° e 2° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (I. e II./LG.1) che, provenienti dalla Sicilia, furono scortati da una squadriglia di caccia Bf. 109 del I./JG.77 decollati da Elmas. Gli Ju. 88 dei due gruppi, che appartenevano al X Fliegerkorps (trasferiti dalla Grecia in Sicilia) ed erano rispettivamente comandati nella missione dai capitani Joachim Helbig e von Karl-Heinz Schomann (quest'ultimo in sostituzione del maggiore Gerhard Kollewe destinato a comandare temporaneamente in Sicilia lo Stormo LG.1), furono però intercettati a 16 miglia dal convoglio da sedici caccia decollati su allarme radar dalle portaerei Victorious e Indomitable, e sebbene fossero riusciti a passare sganciando le bombe in picchiata, non ottennero alcun risultato e persero ben cinque dei diciassette velivoli attaccanti.

             Gli altri due Ju. 88, del II./LG.1, essendo stati costretti per guasti meccanici a dirigere verso la Sardegna per cercare di atterrare ad Elmas, giunti nella zona del Golfo di Cagliari ed aggrediti, per mancato riconoscimento, da due caccia italiani G. 50 del 24° Gruppo, pilotati dal sergente maggiore Renato Mazzotti e dal sergente Enrico Canepa, sottufficiali assai giovani e di recente esperienza di guerra, furono entrambi abbattuti dopo essere stati anche inquadrati dal tiro dalle batterie contraeree. 

             Mentre la Forza F stava transitando a sud della Sardegna, con i caccia delle portaerei che erano continuamente impegnati nell’attaccare i ricognitori tedeschi e italiani, in particolare i più facili bersagli costituiti dai Cant. Z. 1007 bis del 51° Gruppo Ricognizione Strategica, tre dei quali furono abbattuti, tra le 12.00 e le 13.30 si sviluppò da parte dell’Asse il più grande attacco aereo in massa di tutta la guerra combattuta nel Mediterraneo. Vi parteciparono, con decollo dalle basi della Sardegna ben 116 velivoli italiani, inclusi 42 aerosiluranti, e provenienti dalla Sicilia, 37 bombardieri Ju. 88 del KG.54 e KG.77, scortati da ventuno caccia Bf. 109 del I./JG.77. Ma a dispetto del gran numero di aerei impiegati, e della perdita di quattro aerei italiani abbattuti dai caccia delle portaerei, l’azione offensiva, che vide anche impegnati 8 tuffatori Cr. 42, 10 bombardieri S. 84 armati con motobombe FFF, 2 cacciabombardieri Re. 2001, e 1 velivolo S. 79 radiocomandato fornito di una bomba da 1000 chili, risultò un vero fallimento.

             Anche perché i 42 aerosiluranti dei gruppi 89°, 105°, 109°, 130° e del 2° e 3° Nucleo Addestramento, che attaccarono il convoglio su ambo i lati, lanciarono da troppo lontano, mentre l’S. 79 radiocomandato deviò dalla sua rotta a causa di un guasto all’apparato di guida, andando poi a cadere in Algeria. Ne risultò che soltanto due speciali bombe perforanti da 630 chili, sganciate a volo radente dai Re. 2001 (tenenti pilota Riccardo Vaccari e Guido Robone), raggiunsero il bersaglio, costituito dalla  Victorious (capitano di vascello Henry Cecil Bovell). Ma a causa della bassa quota di sganciò, di soli 20 metri, vi fu un ritardo all’attivazione della spoletta, e le bombe scivolarono sul ponte di volo corazzato per poi una deflagrare e l’altra esplodere in mare, procurando alla nave portaerei soltanto lievi danni e l’uccisione di sei uomini dell’equipaggio, inclusi quattro ufficiali.

             Anche l’azione degli Ju. 88, che per ultimi attaccarono le navi in picchiata, fu deludente dal momento che i bombardieri tedeschi, per merito probabilmente del velivolo del comandante del II./KG.77 maggiore Heinrich Paepcke, che sostenne di aver colpito una nave di 10.000 tonnellate, riuscirono a danneggiare il solo piroscafo Deucalion (capitano Arthur Roberts Cossar), che poi proseguì la navigazione, unicamente protetto dal piccolo cacciatorpediniere di scorta Bramham.

             Dopo questa serie di attacchi, superati senza troppi danni, la Forza F passò a circa 20 miglia a nord dell’isola Galite e trascorse il resto del pomeriggio ad evitare con successo attacchi di sommergibili italiani, affondando il Cobalto (tenente di vascello Raffaele Amicarelli), con il cacciatorpediniere Ithuriel (capitano di corvetta David Hugh Maitland-Makgill-Crichton) che lo speronò per poi recuperarne l’equipaggio. Quasi contemporaneamente, fu fronteggiata un’incursione di otto tuffatori Cr. 42 italiani scortati da caccia Re. 2001, uno dei quali fu abbattuto dagli intercettori delle portaerei britanniche, che successivamente distrussero anche un ricognitore S. 79 dell’Aeronautica della Sicilia, i cui reparti offensivi iniziarono gli attacchi alle 18.35.

             Vi parteciparono 14 aerosiluranti S. 79 del 132° Gruppo (capitano Ugo Rivoli) e 8 Ju. 87 del 102° Gruppo Bombardamento a Tuffo (capitano Antonio Cumbat), scortati da 28 caccia Mc. 202 del 51° Stormo (tenente  colonnello Aldo Remondino). Ad essi si aggiunsero decollando da Trapani 20 Ju. 87 tedeschi del 1° Gruppo del 3° Stormo Stuka (I./St.G.3) fatti arrivare in Sicilia dalla Libia al comando del capitano Martin Mussdorf, che furono scortati da soli 4 caccia Bf. 109 del II./JG.53 (capitano Gerhard Michalski).

             L’attacco, coordinato, si svolse a 120 miglia a ovest della Sicilia, e sebbene fosse stato nuovamente contrastato dai caccia della Victorious e della Indomitable, il cui lavoro – considerato “magnifico” dal comandante delle portaerei contrammiraglio Lumley Lyster – non poté questa volta impedire il verificarsi di gravi danni. Gli Ju. 87 italiani, due dei quali furono abbattuti, riuscirono a colpire la corazzata Rodney (capitano di vascello James William Rivett-Carnac) con una bomba da 500 chili, che però (com’è scritto nel diario della nave) esplose fuori bordo dopo essere slittata su una torre protetta dei cannoni principali da 409 mm.

             Subito dopo attaccarono gli Ju. 87 tedeschi, che concentrarono la loro azione sulla Indomitable (capitano di vascello Thomas Hope Troubridge), colpendola con tre bombe e mettendone fuori uso il ponte di volo, mentre altre due bombe cadute vicino allo scafo causarono alla nave falle e infiltrazioni di acqua di mare. I danni furono rilevanti, tanto che l’Indomitable s’incendiò e assunse uno sbandamento a dritta, ma essendo ben costruita il suo comandante, dopo venti minuti, segnalò al comandante della Forza F che la portaerei era in grado di raggiungere la velocità di 28 nodi.

             Infine sopraggiunsero gli aerosiluranti S. 79, uno dei quali, della 278a Squadriglia, riuscì a colpire il cacciatorpediniere Foresight  (capitano di corvetta Robert August Fell), il quale, dopo un lungo tentativo di rimorchio, l’indomani dovette essere affondato dal cacciatorpediniere Tartar (capitano di fregata St. John Reginald Joseph Tyrwhitt).     

             Questa serie di successi non doveva restare isolata, perché circa un’ora più tardi, quando il vice ammiraglio Syfret aveva anticipato l’inversione di rotta della Forza Z, per portare al più presto la danneggiata Indomitable lontana dagli aeroporti dell’Asse, il convoglio e il suo gruppo di scorta, la Forza X, entrarono nel Canale del Banco Skerki, in cui erano concentrati ben cinque sommergibili italiani. Gli attacchi da essi portati, in quella zona di mare situata a nord di Biserta, ebbero per i britannici conseguenze inimmaginabili.

             L’Axum (tenente di vascello Renato Ferrini) attaccò intorno alle ore 20.00, nel momento in cui il convoglio stava mutando la sua formazione da quattro a due colonne per manovrare in acque ristrette, e con un brillante lancio di quattro siluri di prora riuscì a colpire gli incrociatori Nigeria e Cairo e la petroliera Ohio. Il Nigeria (capitano di vascello Stuart Henry Paton), fortemente sbandato, dovette invertire la rotta scortato da quattro cacciatorpediniere, mentre il contrammiraglio Burrough fu costretto a trasferire il suo comando della Forza X sul cacciatorpediniere Aschanti (capitano di vascello Richard George Onslow) nave comando della 6a Flottiglia della Home Fleet, assegnata alla Forza X.  Il Cairo (capitano di corvetta Cecil Hardy), colpito da due siluri, fu affondato dal cacciatorpediniere Pathfinder (capitano di fregata Gibbs), mentre la Ohio (capitano Dudeley William Mason), rimasta inizialmente immobilizzata, proseguì la rotta per Malta arretrata dal convoglio.

             Il fatto che la metà della scorta della Forza X, inizialmente costituita, dopo la perdita del Foresight, da undici cacciatorpediniere, fosse stata subito impegnata in soccorso delle navi danneggiate e il fatto che i due incrociatori colpiti si fossero trovati a capofila delle due colonne del convoglio, ebbe quale conseguenza uno sbandamento delle navi mercantili. Esse si trovarono scarsamente protette proprio nel momento in cui, tra le 20.30 e le 21.30, il II Fliegerkorps portava a compimento un micidiale attacco crepuscolare. Vi parteciparono trenta bombardieri Ju. 88 del KG.54 e del KG.77 e sette aerosiluranti He. 111 della squadriglia 6./KG.26, quest’ultima comandata dal capitano Karl Barth. L’attacco fu anche agevolato dal fatto che sei caccia a lungo raggio Beufighter del 248° Squadron della R.A.F., provenienti da Malta per assumere la scorta del convoglio, non poterono rintracciare al buio i velivoli attaccanti.

             Il piroscafo Empire Hope (capitano Gwilym Williams) fu colpito da una bomba e dovette essere affondato, mentre il Clan Ferguson (capitano Arthur Roberts Cossar), raggiunto da un siluro, esplose rimanendo poi a galla come un relitto al quale più tardi il sommergibile italiano Bronzo (tenente di vascello Cesare Buldrini) dette il colpo di grazia. Altri due aerosiluranti rintracciarono e affondarono il danneggiato piroscafo Deucalion (capitano Ramsay Brown), che scortato dal cacciatorpediniere Bramham seguiva il convoglio costeggiando la costa della Tunisia, mentre il piroscafo Brisbane Star (capitano Frederick Neville Riley), anch’esso colpito da un siluro sganciato da un He. 111 della 6./KG.26, fu in grado di continuare isolato la navigazione. 

             Infine, in mezzo a questa mischia, si fece largo il sommergibile italiano Alagi (tenente di vascello Sergio Puccini). Alle 21.05 esso colpì con un siluro l’estrema prora dell’incrociatore Kenya (capitano di vascello Alfred Spalding Russell), che tuttavia poté proseguire la navigazione con il convoglio, essendo in grado di mantenere una velocità di 25 nodi.

             Dopo questo nuovo infortunio, i piroscafi inglesi si trovarono ampiamente disseminati in tutte le direzioni. E ciò avveniva proprio quando, avvicinandosi a Capo Bon, con la scorta ridotta ai due incrociatori della 10a Divisione Manchester e Kenia e sei cacciatorpediniere – poi rafforzata al mattino del 13 agosto con l’incrociatore Charybdis  e altri due cacciatorpediniere ( Eskimo e Somali) staccatisi dalla Forza Z – il convoglio stava per iniziare la navigazione notturna in una zona insidiata dai mas e dalle motosiluranti italiane e tedesche, in agguato tra la costa della Tunisia e l’isola di Pantelleria. Ne seguì una serie di arditi e micidiali attacchi, con principali e vittoriose protagoniste le unità insidiose italiane.

             Dopo l’attacco, senza successo, di due motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia, una delle quali, la S 58 (sottotenente di vascello Siegrfried Wuppermann) restò colpita da una granata, arrivarono al lancio, alle 01.00 del 13 agosto, le motosiluranti italiane della 2a Flottiglia MS 16 (capitano di corvetta Giorgio Manuti) e MS 22 (tenente di vascello Franco Mezzadra. Uno dei siluri, probabilmente lanciato dalla MS 22, colpì il Manchester (capitano di vascello Harold Drew), l’unico incrociatore  della formazione britannica ancora indenne, il quale, rimasto immobilizzato presso Kelibia, con il timone e le caldaie inutilizzabili, dovette essere affondato.

              Alle 01.47, la MS 31 (tenente di vascello Antonio Calvani) affondò con due siluri il piroscafo Glenorchy (capitano G. Leslie). Successivamente, dopo altre azioni non confortate dal successo condotte da motosiluranti tedesche, in una serie di attacchi, che proseguirono fino all’alba contro i mercantili isolati, i Mas della 18a e 20a Squadriglia colpirono quattro piroscafi.

             Furono affondati dai Mas 557 (guardiamarina Battista Cafiero) e 552 (sottotenente di vascello Rolando Parasso) il piroscafo statunitense  Santa Elisa (capitano Theodore Thompson) e  il  britannico Wairangi (capitano Henry Robert Gordon), mentre il Mas 554 (sottotenente di vascello Marco Calcagno)  immobilizzò il piroscafo statunitense Almerya Likes (capitano William Henderson) riducendolo in un relitto immobilizzato ed in fiamme, e che poi al mattino ricevette il colpo di grazia dalle bombe sganciate da uno Ju. 88 della 3a Squadriglia del KGr.806  (KG.54) con pilota il tenente Wolfgang Schulte. Invece, il piroscafo britannico Rochester Castle (capitano Richard Wren), pur colpito da un siluro lanciato dal Mas 564 (nocchiere 2a classe Giuseppe Iofrate), poté proseguire nella sua navigazione a tredici nodi, raggiungendo poco dopo la testa del convoglio. 

             Quando alle prime luci dell’alba il contrammiraglio Burrought poté fare il conto di quante navi gli rimanevano, egli constatò con rammarico  che il grosso del convoglio era ridotto a due incrociatori (uno dei quali, il Kenya, con falla di siluro), sette cacciatorpediniere e cinque navi mercantili. A questo punto, mentre le navi britanniche cominciavano ad essere attaccate dagli aerei tedeschi e italiani di base in Sicilia, avrebbe dovuto verificarsi l’intervento dei sei incrociatori e degli undici cacciatorpediniere italiani, che la sera del 12 agosto si erano riuniti nel basso Tirreno, presso Ustica, provenienti da Messina, Napoli e Spezia. Ma il temuto attacco navale, che avrebbe certamente avuto effetti disastrosi per le navi britanniche, non si verificò in quanto le unità italiane della 3a e 7a Divisione Navale, che erano al comando dell’ammiraglio Angelo Parona, avevano avuto l’ordine di rientrare alle basi quando già si trovavano all’altezza di Trapani.

             Era infatti accaduto che, sulla base di un avvistamento di un ricognitore Cant. Z. 506 della 146a Squadriglia della Ricognizione Marittima (pilota maresciallo Angelo Franco – osservatore tenente di vascello Oscar Ferrara), che la sera del 12 agosto aveva segnalato presso l’isola dei Cani tre grandi navi che stavano seguendo il convoglio (erano l’incrociatore Charybdis e i cacciatorpediniere Eskimo e Somali) a Supermarina vi fu il sospetto vi fosse almeno di una corazzata, destinata a sostenere il transito delle altre navi nel Canale di Sicilia. All’idea di trovare l’indomani una nave da battaglia nelle acque di Pantelleria, si aggiunse il bluff della R.A.F , realizzato con tre velivoli da ricognizione Wellington del 69° Squadron (maggiore Adrian Warburton) dotati di radar di scoperta navale AI MKN), che nell’oscurità tenevano sotto osservazione le divisioni navali italiane, Essi, contraddistinti con lettere O (Orange), Y (Yorker), e Z (Zebra), con piloti e capi equipaggio il sergente maggiore V.S. Lister, il  tenente R.S. Le Musurier e il sergente maggiore V.S. Lister,  simularono falsi attacchi con bombe, per poi scambiare con il loro Comando di Malta messaggi fittizi, intercettati dagli italiani, da cui si deduceva si sarebbe svolto un massiccio attacco notturno con aerosiluranti.

             Ve ne era abbastanza per il sempre timoroso ammiraglio Riccardi – che in ogni sua decisione poteva contare sull’appoggio, ai vertici di Supermarina, dell’ammiraglio Vito Sansonetti – per premere al Comando Supremo per la sospensione della missione; e dal momento che il generale Cavallero era altrettanto preoccupato, al Capo del Comando Supremo non fu difficile, verso la mezzanotte, convincere per telefono un mortificato Mussolini ad autorizzare la ritirata delle navi. La decisione di aver deciso di sospendere l’azione fu motivata da Cavallero, presso il Duce, con il fatto che l’ammiraglio Riccardi la riteneva “troppo pericolosa per la Marina”, e che occorreva  non far correre alle navi “un rischio non pagato da un rendimento corrispondente”.

             A Mussolini la ritirata delle navi dovette costare parecchio, e indubbiamente la autorizzò con molto rimpianto perché, come annotò nel suo diario il Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, ciò significò far mancare nella battaglia “il cannone della Marina”. In tal modo fu impedito di trasformare un brillante successo tattico dei sommergibili, delle unità insidiose e degli aerei dell’Asse in una vittoria strategica, forse decisiva per le sorti di Malta.

             Purtroppo, come se il fato avesse voluto punire la scarsa energia dimostrata in quell’occasione dai capi militari italiani, in particolare da quelli della Marina che persero un’occasione di successo irrepetibile, le divisioni navali dell’ammiraglio Parona, trovandosi sulla rotta del rientro a Messina, alle 08.08 furono attaccate dal sommergibile britannico Umbroken (tenente di vascello Alastair Mars). Questo, ripetendo quanto l’Axum aveva fatto contro il convoglio dodici ore prima, silurò simultaneamente al largo di Lipari gli incrociatori Muzio Attendolo (capitano di vascello Mario Schiavuta), che ebbe asportata l’intera prora, e Bolzano (capitano di vascello Mario Mezzadra), che in fiamme fu portato in secca a Panarea dal cacciatorpediniere Geniere. Sebbene si fossero entrambe salvate, le due navi non poterono ultimare i lavori di riparazione e rimasero per sempre fuori combattimento.  

             Venuto a mancare l’intervento delle navi di superficie italiane, fu soprattutto l’attività della Luftwaffe che procurò al convoglio britannico nuovi danni, affondando nel corso della giornata del 13 agosto il piroscafo Waimarama (capitano Robert Strasenburgh Pearce) con il bombardiere Ju. 88 del maggiore Gerhard Kollewe che aveva ripreso il comando del Gruppo II./LG.1, e il piroscafo Dorset (capitano Jack Tuckett), che fu colpito in due occasioni, al mattino e nel pomeriggio, dai tuffatori Ju. 87 del I./St.G.3, sempre guidati dal capitano Martin Mussdorf.

             Fallirono invece con forti perdite, determinate dalla reazione degli Spitfire di Malta che avevano assunto fin dal mattino la scorta a ombrello delle navi, gli attacchi portati dagli aerosiluranti e dai bombardieri in picchiata dell’Aeronautica della Sicilia; attacchi che furono continuati in mare, dopo l’arrivo alla Valletta dei quattro superstiti piroscafi del convoglio, anche nella giornata del 14 contro la petroliera Ohio, rimastra arretrata e faticosamente trascinata da tre cacciatorpediniere, a cui si aggiunsero i mezzi di soccorso di Malta.

               Altri attacchi aerei italiani e tedeschi furono portati nella giornata del 14 contro la Forza X che, lungo le coste dell'Algeria, stava dirigendo per rientrare a Gibilterra, e nell'occasione l'incrociatore Kenya riportò altri danni allo scafo per una bomba caduta vicino sgacciata da uno Ju. 88 del II./KG.77.

             Sebbene nell'ultimo attacco la Ohio fosse stata colpita dalle bombe, una delle quali, da 500 chili, sganciata da un Ju. 87 italiano del 102° Gruppo B. a T. e caduta vicino allo scafo, aprì un grosso squarcio a poppa – aumentando nelle cisterne gli allagamenti causati dal siluro del sommergibile Axum – l’appesantita petroliera, sostenuta sui fianchi e trainata tenacemente dai cacciatorpediniere Penn, Ledbury e Bramham, il mattino del 15 riuscì faticosamente a raggiungere il porto della Valletta. Qui, dopo aver scaricato il suo prezioso carico di 11.000 t di benzina avio, che era ritenuta indispensabile per permettere alle forze aeree dell’isola di continuare a svolgere la loro preziosa attività difensiva ed offensiva, la  Ohio, spezzandosi in due tronconi, affondò in modo irrecuperabile, portando a dieci il numero delle navi mercantili perdute sulle originali quattordici del convoglio WS.21/S. E poiché si trattava di grosse navi e veloci navi da carico queste perdite, per tonnellaggio complessivo, furono superiori a quelle subite nel corso della guerra da un qualsiasi convoglio britannico.  

 

  ***

 

             Quella che è passata alla Storia come la battaglia di “Mezzo Agosto” rappresentò una vittoria delle forze aeronavali dell’Asse, che fu resa possibile, sotto l’aspetto strettamente militare, dall’ampiezza e dalla ripartizione delle forze impiegate e dall’acume tattico con cui esse furono distribuite nel piano d’impiego. Purtroppo non raggiunse il meritato trionfo a causa dell’inopportuno ritiro degli incrociatori delle due divisioni navali italiane.

             Particolarmente lusinghieri furono i risultati conseguiti nella battaglia dalla Kriegsmarine, con l’affondamento della portaerei Eagle; dai mezzi subacquei e insidiosi della Regia Marina, che eliminarono  due incrociatori (Cairo e Manchester) e quattro piroscafi, e danneggiarono altri due incrociatori (Nigeria e Kenia), una petroliera e due piroscafi; e dalla Luftwaffe che, impiegando complessivamente 650 aerei, affondò cinque piroscafi e danneggiò gravemente la portaerei Indomitable.  Risultati di minore entità ottenne invece la Regia Aeronautica, poiché a dispetto dei 628 velivoli impiegati nella battaglia, fu affondato il solo cacciatorpediniere Foresight, a cui si aggiunse il grave danneggiamento della  petroliera Ohio – già colpita dal sommergibile Axum e dai velivoli della Luftwaffe – e il lieve danneggiamento della portaerei Victorious, (per la sfortunata mancata  esplosione delle due bombe da 630 chili che l'avevano colpita sul ponte di volo), e della corazzata Rodney (poiché la bomba da 500 chili che colpì una torre di grosso calibro slottando sulla spessa corazza esplose in mare a 30 metri di distanza dalla nave).

             Alle perdite navali subite dai britannici si aggiunsero 36 velivoli, 29 dei quali appartenenti alle portaerei e 6 alla R.A.F. di Malta, mentre da parte dell’Asse andarono perduti 50 velivoli (32 italiani e 18 tedeschi), cui si aggiunse quella di 2 sommergibili italiani Dagabur e Cobalto e il danneggiamento degli incrociatori Attendolo e Bolzano che, come detto, rimasero per sempre immobilizzati.

             Se le forze dell’Asse ottennero una notevole vittoria tattica, dal punto di vista strategico, invece, l’operazione “Pedestal” fu un indubbio successo britannico, poiché l’arrivo a Malta di 47.000 tonnellate di carico, di cui 32.000  di rifornimenti e 15.000 tonnellate di combustibile, permise all’isola di incrementare le scorte fino all’inverso del 1942 e di disporre della benzina necessaria per riprendere le micidiali azioni aeree offensive contro il traffico dell’Asse diretto in Libia, proprio nel momento in cui si decideva la battaglia di El Alamein.   

             Occorre però dire che le forti perdite subite dai britannici, costituirono il fattore di maggiore pressione nel convincere gli Alleati a ritenere che un nuovo tentativo di avvicinarsi al Canale di Sicilia sarebbe stato pagato in modo ancora più severo. Di ciò furono particolarmente convinti gli statunitensi che, nel pianificare l’invasione del Nord Africa Francese (operazione “Torch”), poi attuata nel novembre del 1942, si opposero fermamente alle richieste dei loro colleghi britannici di sbarcare a Biserta. Limitando le operazioni anfibie ad Orano ed Algeri, per tenersi il più lontano possibile fuori dal raggio d’azione dei mezzi aeronavali dell’Asse, gli anglo-americani concessero a italiani e tedeschi di potersi impossessare rapidamente della Tunisia e di conseguire con ciò l’indubbio successo strategico di ritardare la perdita dell’Africa al maggio del 1943.[1]

 

Francesco Mattesini

 

5 Agosto 2016

 

 

 

 

 

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                [1]  Per saperne di più: Francesco Mattesini, Operation Pedestal. La battaglia aeronavale di mezzo agosto, in Internet, Quaderni SISM 2014; Francesco Mattesini,  La battaglia aeronavale di mezzo agosto, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 1986 (611 pagine). La seconda edizione, particolarmente riveduta e ampliata (757 pagine), è stata consegnata all’Ufficio Storico della Marina Militare, ma non ancora stampata, e neppure programmata per la stampa, nonostante il prossimo anno sia il 75° anniversario dell’Operazione Pedestal, e in Gran Bretagna e a Malta si stanno preparando molti festeggiamenti, integrati da numerose pubblicazioni. E in Italia ? Spero che nell’ambito della Marina, essendo suo interesse, qualcuno si muova.

 

 

 

Edited by Giuseppe Garufi
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Dear Franco,

 

I have read Peter C. Smith's Pedestal's book (the 1970 edition). I have not read his later edition so I cannot comment on it. The 1970 edition does not have a very convincing argument that Clan Ferguson was Bronzo's target. I have not located the report of HMS Penn who supposedly torpedoed the wreck of Empire Hope and it might have more information. I am inclined to believe Bronzo's victim was Empire Hope after reading the report of her Master Captain C. William and the report of the Second Officer of Clan Ferguson, Mr. A.H. Black.

This was a very confused night and it is difficult to reconcile all events. Clan Ferguson is reported to have blown up at 2020/12 and Empire Hope was still afloat and torpedoed by HMS Penn at 2300/12. Supposedly, she sank at that time but I do not think that the destroyer lingered too long to observe the sinking and she may have still been afloat when Bronzo arrived.

These are just some thoughts.

 

All the best,

 

Platon

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Caro Platon,

 

può darsi che tu abbia ragione, e in questo caso io ne sarei soddisfatto poiché il tonnellaggio dell'EMPIRE HOPE da assegnare al BRONZO e superiore a quello del CLAN FERGUSON. Ma come ripeto vi é molta incertezza e per quanto mi riguarda devo continuare a dare ragione a Peter Smith, che sull'argomento deve aver fatto un approfondito studio.

 

Riporto la mia ricostruzione su come fu colpito l'MPORE HOPE:

 

"Alle 20.35 due grosse bombe caddero presso lo scafo del Rochester Castle (capitano Richard Wren) che imbarcò acqua nella sala macchine. Poco dopo l’Empire Hope (capitano Gwilym Williams) fu particolarmente inquadrato dagli Ju. 88. Una bomba, caduta vicino, aprì un forte squarcio sul fianco del piroscafo, che fu costretto a fermarsi con le macchine fuori uso. Rimasto immobile bersaglio, alle 20.50 il medesimo Empire Hope, nave modernissima essendo stata varata il 27 marzo 1941, fu colpito in pieno da due bombe,  una delle quali esplose nella stiva numero 4 dove si trovava un carico di munizioni e benzina avio, generando un forte incendio. Apparendo condannato, il piroscafo, trasportante 14.000 tonnellate di carico militare, dovette essere colpito con il siluro dal cacciatorpediniere Penn, dopo che ne aveva recuperò l’equipaggio di novantaquattro uomini, inclusi ventidue cannonieri, in un inferno di fuoco. Tuttavia nell’allontanarsi il comandante del Penn, capitano di corvetta James Hamilton Swain, constatò che l’Empire Hope era ancora a galla. Anche il cacciatorpediniere Ashanti fu preso di mira, e una bomba cadutagli vicino causò, per un ritorno di fiamma, un incendio nella sala caldaie, che fu rapidamente domato."

 

Riguardo alla nave silurata e affondata dal sommergibile BRONZO, le sue caratteristiche apprezzate dal tenente di vascello Cesare Buldrini sono le seguenti:

 

"La nave colpita é un grosso piroscafo misto, con un cannone a prora e uno a poppa, prora assai slanciata, due passeggiate al centro e due a poppa. La poppa non ha forma stellata, ma all'incirca é come quella del CONTE dI SAVOIA, un pò più arcuata in basso verso il centro della nave. Ha un solo fumaiolo, ed é dipinta di colore chiaro. Non ha mimetizzazione. E' stracarica di materiali. Dietro il piroscafo si vedono dei lumicini azzurri che si allontanano tutti nella stessa direzione. Ritengo trattarsi delle barche dei naufraghi che dirigono verso qualche unità nemica giunta in loro soccorso."

 

Io ritengo, con quasi assoluta certezza, che fossero i naufraghi del CLAN FERGUSON, dal momento che l'equipaggio dell'EMPIRE HOPE, 94 uomini, fu interamente recuperato dal cacciatorpediniere PENN.

 

Ricordo anche che nel rapporto del BRONZO é scritto che nell'avvicinarsi alla nave in fiamme, "si vede movimento di gente nei pressi dell'incendio che molto probabilmente sta cercando di arginare il fuoco".

 

E l'equipaggio del CLAN FERGUSON era ancora a bordo, per poi allontanarsi con le scialuppe di salvataggio.

 

Salutoni

 

Franco

Edited by Giuseppe Garufi
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  • 2 years later...
  • 1 year later...

The sinking of Dagabur by HMS Wolverine, Cdr P W Gretton RN, is believed to be the first occasion when a submarine was first detected and duly sunk using RDF (Radar) before any visual sighting.

The set used was Type 271 and involved cross fixes from 3 ships before Wolverine duly rammed and sank her quarry with no survivors.

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Nel mio ultimo libro sulla Battaglia Aeronavale di Mezzo Agosto, sull'affondamento del DAGABUR ho scritto quanto segue, che poi é un aggiornamento alla prima edizione stampata nel 1986. Quindi, almeno per le mie moltissime pubblicazioni, quanto io ho scritto é sempre riferito alle informazioni che provengono da fonti straniere, come é riportato nelle note a fondo pagina:

 

Mentre si mettevano a punto (da parte italiana) i descritti dettagli di impiego, la Forza F aveva proseguito la sua navigazione, affrontando una navigazione notturna alquanto tranquilla. Lo stesso non poté dirsi per il gruppo navale della portaerei Furious che, conclusa l’operazione “Bellows”, stava rientrando a Gibilterra.

                Erano esattamente le ore 00.54 del 12 agosto.  I cinque cacciatorpediniere britannici Keppel, Malcolm, Venomous, Wolverine e Wrestler, diretti a Gibilterra scortando la portaerei Furious, stavano procedendo nella notte scura e senza luna zigzagando alla velocità di ventuno nodi quando, nel momento di effettuare un’accostata a sinistra il radar modello 271 del Wolverine (capitano di corvetta P.W. Gretton) ottenne un contatto per 265° a una distanza di 4.500 metri.[1] Dato l’allarme a bordo del cacciatorpediniere vennero armate le mitragliere pesanti e preparate le bombe di profondità, dopo di che il comandante Gretton diresse verso il rilevamento a velocità sostenuta, identificando alla distanza di 700 metri la torretta di un sommergibile navigante in superficie.

                Evitando di aprire il fuoco per non mettere in allarme quell’unità, indubbiamente nemica, Gretton ordinò alla sala macchine di spingere le macchine alla massima forza, mentre il personale, preavvisato dal suono delle sirene, si portava  all’ordine “Ai posti di collisione”.[2] A ventisette nodi il Wolverine diresse verso il centro del bersaglio e la sua prua tagliente urtò violentemente il sommergibile proprio all’altezza della torretta.

                Si trattava dell’italiano Dagabur (tenente di vascello Renato Pecori), una moderna unità di 700 tonnellate appartenente al 7° Grupson di Cagliari, a bordo del quale, probabilmente, si accorsero della minaccia quando ormai era troppo tardi per abbozzare un qualsiasi tentativo di scampo o di reazione con le armi di bordo. Il sommergibile, che procedeva ad una distanza stimata dal comandante Gretton in dieci nodi, nell’urto ebbe il fianco squarciato e si rovesciò affondando istantaneamente in posizione lat. 37°18’N, long. 01°55’E, in una zona che si trova tra l’Isola Minorca e la costa dell’Algeria.

Dal Wolverine, che subito dopo lo speronamento aveva arrestato le macchine in seguito ai danni riportati alla prua, furono udite due esplosioni in profondità, attribuite a scoppi di siluri sull’unità affondata. Il comandante del cacciatorpediniere segnalò l’accaduto al Malcolm (capitano di fregata  A.B. Russel), che si trovava in vicinanza, e da quest’ultima nave vennero udite delle grida provenienti dall’acqua, ma nessuno riuscì ad avvistare naufraghi nella fitta oscurità notturna. Del Dagabur, infatti, non vi furono superstiti.

       I danni riportati dal Wolverine furono assai gravi, dal momento, che oltre all’accartocciamento della prua che determinò l’allagamento di compartimenti interni per una profondità di circa diciassette metri, nell’urto si verificò la rottura di una conduttura ausiliaria nella sala macchine, e il vapore fuoriuscito costrinse il personale ad evacuare quel locale ove, come riferì il comandante Gretton, si era verificata “una situazione veramente spaventosa”. Per far rientrare gli uomini nella sala macchina surriscaldata fu necessario chiudere il flusso del vapore, dopo di che, non avendo subito danni alle caldaie, il Wolverine poté rimettersi in movimento con la macchina di sinistra a velocità compresa fra i sei e gli undici nodi.[3]

          Il Malcolm rimase ad aiutarlo fino alla sera del giorni successivo, quando fu inviato ad assolvere un altro compito, mentre il danneggiato Wolverine venne raggiunto ed assistito dalle corvette Burdock (capitano di corvetta E.H. Lynes) e Armeria (tenente di vascello M. Todd) uscite appositamente da Gibilterra. Il cacciatorpediniere entrò in porto a mezzogiorno del 13 agosto, con un giorno di ritardo rispetto alla Furious che, avendo proseguito nella sua rotta con le altre tre unità di scorta  Keppel, Venomous, Wrestler, e protetta dall’alto con compiti antisom dai suoi velivoli Albacore, era giunta a destinazione la sera del 12, verso le 19.00.

                In seguito a questa notizia, Supermarina nel successivo apprezzamento della situazione delle ore 24.00 fece la seguente valutazione:[4]

                Non risulta ancora chiaro se la portaerei che, assieme ad un piroscafo [il rimorchiatore Jaunty] e cinque unità di scorta, è stata avvistata alle 19.55 sulla via del ritorno a Gibilterra, sia l’EAGLE (colpita da sommergibile germanico in mattinata): ovvero se l’EAGLE sia affondata, e la portaerei suddetta sia altra nave danneggiata da attacchi aerei. Alle 19.25 sono stati intercettati segnali diretti a Gibilterra e Londra relativi a danni subiti.

          Il fatto che la Furious venisse immessa in bacino a Gibilterrra il mattino del 12, fece supporre che la portaerei fosse rimasta danneggiata dai siluri lanciati dal sommergibile Uarsciek, ma tale ipotesi venne poi scartata allorquando trentasei ore dopo quella nave riprese il mare, come vedremo, per la nuova missione di lancio di caccia Spitfire destinati a Malta, l’operazione “Baritone”.


[1] Il radar Type 271 era un apparato di costruzione moderna, entrato in servizio nel 1941, con valvola a magnetron e banda S di circa 20 cm, aveva una portata di scoperta che raggiungeva i 18 km.  Era solitamente sistemato sopra la plancia delle unità navali.

[2] Il 7 marzo 1941 il binomio Gretton–Wolverine aveva affondato ad ovest delle Isole britanniche il sommergibile tedesco U 47 comandato dal famoso tenente di vascello Günther Prien, a cui sono aggi accreditati, nel corso di dieci missioni, i seguenti successi: l’affondamento della corazzata britannica Royal Oak di 29.150 tonn. e di 30 navi mercantili per 162.769 tsl, e il danneggiamento di altre otto navi mercantili per 62.751 tsl.

[3] P. Smith, L’Ultimo convoglio per Malta 1942, cit., p. 106-108.

[4] AUSMM, Scontri navali e operazioni di guerra, b. 62.

 

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