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La verità su Punta Stilo su un documento ufficiale dell'Ammiragliato Britannico


Francesco Mattesini
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Grazie Platon,

 

e una documentazione a dir poco "Formidable" perché, trattandosi di messaggio giornalieri e di rapporti di quei giorni, porta sulla conoscenza delle operazioni britanniche a Punta Stilo una visione dei fatti che poi serve a confermare quanto fu scritto nelle varie Relazioni.

 

Occorrerà del tempo per consultare il tutto, e ancor più per inserirle nel mosaico.

 

Di nuovo un immenso ringraziamento

 

Franco

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Caro Platon

ho dato uno sguardo ai documenti che mi hai mandato, e quello che ha attirato la mia attenzione é una lettera dell'Addetto Mavale britannico a Istambul, in cui avrebbe ricevuto la notiozia confidenziale che la CAVOUR a Punta Stilo sarebbe stata inquadrata con danni, in particolare da scheggie, ben dieci volte.

 

Se questo fosse dimostrato potrebbe significare che dopo il colpo sulla CESARE anche la CAVOUR, come dimostrano sulle fotografie scattate nell'occasione le salve che la stavano inquadrando, sarebbe stata messa praticamente nelle condizioni di poter più continuare a combattere, e questo giustifichebbe la rapida ritirata delle navi italiane. Nello stesso tempo dimostrerebbe che siano noi che abbiamo nascosto tutti i nostri danni.

 

Sarebbe da approfondire, ma dove ? Esiste ancora la sua relazione in Archivio, io non lo ricordo! Dovrò fare un salto all'Ufficio Storico Marina.

 

Comunque é un lavoro interessante quello che potrò fare con i tuoi documenti.

 

Cordialmente

 

Franco

Edited by Francesco Mattesini
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Ritengo fondamentale questo messaggio, Most Immediate, inviato all'Ammiragliato dall'ammiraglio Cunningham alle ore 09.50 del 10 luglio, 1940, quindi all'indomani mattina dalla battaglia già conclusa:

 

682. In case of Mendacious Italian report, there were no casualties or damage in yesterdays action.  0950/10

Edited by Francesco Mattesini
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Dai Documenti gentilmente inviatimi da Platon Alexiades.

        

            Alle 10.59 e alle 11.07 del 6 luglio il Comando in Capo della Mediterranean Fleet trasmise in due parti all’Ammiragliato e agli altri Comandi in Capo del Mediterraneo e del Medio Oriente, compresa la Forza H, il seguente messaggio “importante”:

 

         659. Following  operation in intended.  

         1a) Mediterranean Fleet less H.M.S. RAMILLIES and 3rd C.S. leave Alexandria P.M. 7th July for Central Mediterranean. Object in to cover passage of fast and slow convoys from Malta to Alexandria with evacuees and fleet stores bat opportunity may also occur to inflict damage on enemy.

         2a) Fleet will reach position of cover East of Capo Passero P.M. 9th July, detaching destroyers to Malta which with H.M.S JERVIS and H.M.S. DIAMOND will sail P.M. 9th July escorting convoy.

         Fleet maintains covering position in central Mediterranean until 0800 11July and then retires to Alexandria covering convoy.

         Following are expected times of arrival Alexandria 1st B.B. end H.M.S. EAGLE early P.M. 13th July. H.M.S. WARSPITE P.M. 15th July. 7a C.S. A.M. 14th July. Fast convoy P.M. 13th July.

         On arrival 1st B.S. 4 destroyers fuel and proceed whit H.M.S. RAMILLIES and 3rd C.S. to cover arrival of slow convoy expected Alexandria A.M. 15th July.

 

Traduzione libera:

 

659. A seguito dell'operazione prevista.

         La Mediterranean Fleet meno la RAMILLIES e la 3a Divisione Incrociatori lasceranno Alessandria nel pomeriggio del 7 luglio per il Mediterraneo centrale. Obiettivo quello di coprire il passaggio dei convogli veloce e lento da Malta a Alessandria con personale sfollato e merci della flotta che potrebbero subire danni per gli attacchi del nemico.

          La flotta raggiungerà la posizione di copertura a est di Capo Passero il pomeriggio del 9 luglio, inviando cacciatorpediniere a Malta, che con il JERVIS e il DIAMOND navigheranno nel pomeriggio del 9  luglio di scorta ai convogli.
         La Flotta manterrà la posizione di copertura nel Mediterraneo centrale fino a 0800 dell’11 e poi dirigerà per Alessandria sempre a copertura del convoglio.
         Di seguito sono riportati i tempi di arrivo ad Alessandria. 1 ° Squadron da Battaglia e la portaerei EAGLE il pomeriggio del 13 luglio. La corazzata. WARSPITE il pomeriggio del 15 luglio. La 7a  Divisione il mattino del 14 luglio. ll convoglio veloce il pomeriggio del 13 luglio.

         All’arrivo del 1° Squadron da Battaglia riforniti di combustibile quattro cacciatorpediniere procederanno con la corazzata RAMILLIES e la 3a Divisione Incrociatori per copertura al convoglio lento il cui arrivò è previsto ad Alessandria il mattino del 15 luglio.

 

         Se questo messaggio fosse stato decifrato, come ha scritto il Comandante De Monte, saremmo venuti a conoscenza di quale erano le intenzioni britanniche e la posizione in cui essa si sarebbe trovata il pomeriggio del 9 luglio a est di Capo Passero, nonché di tutti I movimenti successivi per rientrare ad Alessandria.

 

Francesco Mattesini.

Edited by Francesco Mattesini
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Punta Stilo - 9 luglio 1940 - Carta (inglese) canta

di Enrico Cernuschi

 

Marinai d’Italia -  Agosto/Settembre 2014

       

        Ha scritto l’Autore:

 

        Dalle 16.23 fino alle 17.08 ebbe quindi luogo la fase più straordinaria dell’azione, condotta dai quattro cacciatorpediniere (Lanciere,Carabiniere, Corazziere e Ascari) della 12ª Squadriglia del capitano di vascello Carmine d’Arienzo. Quelle unità sottili procedettero di conserva con l’intera squadra britannica, navigando in direzione sud, entrando e uscendo dalle cortine fumogene una dozzina di volte sparando, complessivamente, 400 colpi da 120 e lanciando, alle 16.45, gli ultimi tre siluri. La reazione delle unità britanni che, dalle navi da battaglia fino ai caccia, non ebbe risultati.

 

        Poiché i cacciatorpediniere della 12a Squadriglia, essendo di scorta all’incrociatore POLA nave ammiraglia della 2a Squadra dell’ammiraglio Riccardo Paladini, questi nel suo rapporto di missione (N. 514/SRP del 25 luglio 1940) ha scritto:

 

        XII^ Squadriglia LANCIERE.

        E’ andata all’attacco partendo da una posizione leggermente più arretrata della XI^ Squadriglia. Ha subito diretto anch’essa a stringere il berta del nemico. Sul principio dell’attacco ha avuto difficoltà forti nella misurazione dei dati sia a causa dell’atmosfera annebbiata sia a causa delle forti rollate.

        Alle 16223 il Comando Squadriglia apprezza che il grosso nemico accosti con la prua sui Ct. attaccanti e si trovi a 19000 metri con Rb. 300°. Il LANCIERE manovra per farsi scadere sul beta ed intanto la distanza scende a metri 15000. In quella fase del combattimento i Ct. sono attaccati da un idrovolante [sunderland] mentre gli incrociatori di due gruppi li prendono sotto il fuoco.

        Alle 1630 a metri 14000 con beta 30° dalle corazzate il Comando Squadriglia che sta per dare l’ordine di lanciare, apprezza un’inversione di rotta del nemico e rinuncia per il momento al lancio. Lanciano invece un attimo prima: il CORAZIERE 3 siluri sul gruppo che ritiene essere delle navi da battaglia, e l’ASCARI un siluro su un gruppo di incrociatori.

        In fase dfi allontanamento  il LANCIERE ha invece lanciato tre siluri su un’altra formazione di naviglio leggero.

        Durante l’allontanamento, e per circa 30 minuti, la Squadriglia è stata sottoposta a intenso tiro dei 120 e 152 nemici che non hanno tuttavia prodotto danni. I nostri Ct. hanno a loro volta sparato complessivamente 347 colpi. Data l’atmosfera fosca non si hanno dati sull’efficienza del tiro.

 

        Lancio di sette siluri (su 24 nei tubi di lancio) dalla distanza di 14.000 metri da parte di tre cacciatorpediniere su quattro. Dove sta lo “Straordinario” qualcuno dovrebbe dirmelo e documentarmi. Sui quattordici cacciatorpediniere italiani andati all’attacco, con risultati di iniziativa e di abilità scadenti, come mise bene in risalto nel suo rapporto l’ammiraglio Campioni, soltanto il Freccia e il Saetta che scortavano le corazzate CESARE e CAVOUR, dopo aver steso una cortina di nebbia per la loro copertura, partirono all’attacco per poi lanciare i siluri da una distanza di 8.500 metri. Infine, un proietto da 152 sparato dall'incrociatore ORION, la nave dell'ammiraglio Tovey, colpì all'estrema prua il cacciatorpediniere ALFIERI per poi esplodere in mare senza causare gravi danni.

 

        Se l’Autore dell’articolo ha consultato la relazione della 12a Squadriglia e quella dell'ammiraglio Paladini allora è evidente che non sa interpretare correttamente quello che legge. Davvero un bel servizio per i Marinai d’Italia!

 

Francesco Mattesini

 

Edited by Francesco Mattesini
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.. più che sui fatti appare evidente la difficoltà ad interpretare dati tecnici ..  invece di nuovi apporti alla discussione vi prego  pertanto scusare  la provocazione, ma propio a livello di provocazione  sintetizzerei quanto segue:

 

Punta Stilo, una battaglia insignificante come combattimento navale, una verifica strategica fondamentale, una lezione che come italiani sembra non abbiamo ancora imparato

 

Cominciamo dalla geografia: Punta Stilo non è agli antipodi, parliamo di acque italiane, quindi di una “battaglia”, una sfida nelle nostre acque, dove la difesa (non parliamo di offesa ..)  avrebbe dovuto essere combinata, e più efficace che in altre acque del mediterraneo

 

Gli inglesi, che avevano a disposizione  - senza traditori di sorta  ma solo per l’ influenza e la conoscenza diretta sulle nostre industrie  - tutti gli elementi necessari, valutandone i rischi , approfittarono per  una puntata per verificare la potenzialità e la tenuta del nostro “sistema navale” e della difesa integrale.

 

La puntata confermò le loro supposizioni

 

La Royal Navy diede priorità ad altre operazioni ed altri teatri operativi

 

La guerra navale in mediterraneo fu una sorta di “guerriglia” navale che logorò la regia Marina, soprattutto per la sua inferiorità tecnica e le difficoltà di rimpiazzi, dai costumi ai mezzi

 

I nostri mezzi ed i nostri armamenti erano, purtroppo, inadeguati ed inefficienti, e poco poté il valore dei nostri marinai (ed in questo contesto persino poco contò l’ insipienza di alcuni comandi o la condotta della guerra) 

 

Gli inglesi, insieme agli statunitensi, con l’ esperienza acquisita, poterono scegliere quando e come rientrare in forze nel mediterraneo

 

la cronaca puntuale degli avvenimenti, la tattica dello scontro è ininfluente:  al di là della “vittoria” (quale, se in effetti non c’ è stato scontro ma solo schermaglia) il successo strategico, che è quello che conta, fu inglese.

 

Ripeto e sottolineo: si tratta di estremizzazioni provocatorie, anche se riflettenti  —  perché non cominciamo, dopo tanti anni, a lavorare su concetti, strategie e risultati ?   Sul tema “ … cosa sarebbe successo se … esiste una vastissima bibliografia, purtroppo straniera, ma persino con qualche traduzione ..

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Il maresciallo Badoglio, nella preparazione dell'operazione T.C.M, invio di un convoglio a Bengasi con rifornimenti per il maresciallo Graziani, aveva detto che se gli inglesi intervenivano erano praticamente i benvenuti perché "gliele molliamo".

 

Le cose, come sappiamo furono differenti, e ce le mollarono loro.

 

Sono ancora perplesso, dopo tanti anni, se é da ammirare il coraggio o rimanere increduli per l'incoscenza con cui l'ammiraglio Cunningham organizzo la sua operazione MF. 5 per andare a prelevare due convogli a Malta.

 

Sapendo che la flotta italiana era forte, ma non includeva timore alla Mediterraneanm Fleet, vi era da tenere in conto il gran numero di sommergibili italiani in mare, ma soprattutto i 500 bombardieri che intervennero contro la sua flotta nel corso dell'operrazione. Il tutto, avendo una portaerei l'Eagle soltanto diciannove arei, dei quali soltanto due decrepiti velivoli da caccia "Gladiator" per contrastare gli attacchi in massa dell'Aeronautica italiana. E lo fecero tanto bene da abbattere due velivoli, un S. 79 e un S. 81.

 

Se qualche grossa nave, oltre l'incrociatore GLOUCESTER colpito dagli S. 79 dell'Egeo, fosse stata gravemente danneggiata, se non affondata, forse l'episodio di Punta Stilo avrebbe preso un'altra piega.

 

Ma l'Aeronautica fillì il suo colmpito sia nel bombardamento e sia nel servizio di ricognizione, e questa fu la fortuna di Cunningham. La sua audiacia fu premiata.

 

Francesco Mattesini

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L’attacco dei cacciatorpediniere italiani avvenne nel seguente ordine Alle 16.06 attaccarono le quattro unità della la 9a Squadriglia (Alfieri), alle 16.18 le due unità della 7a (Freccia), alle 16.20 le quattro unità dell’11a (Artigliere), alle 16.22 le quattro unità della 12a Squadriglia (Lanciere), che poi alle 16.45 effettuò un nuovo lancio di siluri in ritirata, mentre le due unità della 14a Squadriglia (Vivaldi), non portarono a termine l’attacco iniziato alle 16.28.

 

I cacciatorpediniere italiani non spinsero a fondo le loro azioni, lanciando ventuno siluri da notevole distanza, sotto il contrattacco degli incrociatori della 7a Divisione e dei cacciatorpediniere britannici, che manovravano a tutta velocità di prora alla Warspite e alle altre due corazzate. Il Nubian schivò due siluri passati di poppa, probabilmente lanciati alle 16.22 dalle unità della 12a Squadriglia che era guidata dal Lanciere. Nell’atmosfera fosca della battaglia che influiva sull’efficienza del tiro, i cacciatorpediniere della 2a Squadra (Squadriglie 9a, 11a e 12a) aprirono anche il fuoco con i cannoni da 120 mm, spararono 437 proietti.

 

E’ scritto in uno Studio della Intelligence Division dell’Ammiragliato:

 

 Un certo numero di cacciatorpediniere nemici, dopo essere passato lungo il lato dritto del grosso della flotta italiana, stava tentando in una maniera poco coraggiosa di attaccare con i siluri: Dopo aver lanciato a grande distanza, essi accostarono verso ponente facendo fumo. Data questa prudente tattica seguita dal nemico, le nostre Squadriglie potettero solo saltuariamente impegnare i loro bersagli quando essi apparivano attraverso il fumo.

 

Alle 16.41, non vedendo più le unità italiane scomparse nel fumo, gli incrociatori britannici della 7a Divisione cessarono il fuoco, e l’azione terminò con l’arrivo di alcune salve sparate da una nave nemica non individuata, mentre le squadriglie dei cacciatorpediniere furono mandate a ricongiungersi con gli incrociatori della 7a Divisione. Pertanto, è scritto nello Studio dell’Ammiragliato:

 

 “La principale caratteristica di questa sconnessa azione fu l’unanime decisione del nemico di evitare il contatto ravvicinato e in questo caso, esso ebbe un evidente successo”.

 

Francesco Mattesini

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Sito BETASOM – 11° GRUPPO SOMMERGIBILI ATLANTICI

 

Ha scritto Francesco Di Domenico.

 

         Lo storico americano Vincent P. O'Hara è un buon conoscitore della storia navale italiana: ha appena pubblicato quattro studi a più mani sull’autorevole annuario “Warship” della Conway, dal 2006 al 2009. I primi due, insieme a Enrico Cernuschi, dedicati al progetto italiano della "Flotta di evasione" del 1936 e alla storia delle portaerei italiane, e gli ultimi due, insieme a Erminio Bagnasco e Enrico Cernuschi, dedicati alla storia di MAS, motosiluranti e motocannoniere italiane. Tutti saggi tra l'altro di notevole interesse storico, anche perché alieni dal ripetere le molte banalità che sono state scritte su questi argomenti.
         Bene, è uscito da poco un libro di questo autore sulla guerra nel Mediterraneo, dal titolo "Struggle for the Middle Sea", Naval Institute Press, 2009, che contiene un interessante capitolo sulla battaglia di Punta Stilo, che gli inglesi chiamano Battle of Calabria.
         Traduco testualmente dal capitolo intitolato "Il mito del senso di superiorità" (pagg. 44-45):

 

         "Gli italiani avevano un buon piano. Spinta dall'aggressività di Cunningham, il quale ben sapeva che il suo Primo Ministro lo aveva già accusato di esser troppo prudente, la Mediterranean Fleet si cacciò in una trappola. Tuttavia, quando le morse della trappola non scattarono, l'Ammiraglio Campioni non esitò a impegnar battaglia. In realtà, considerando che l'equilibrio delle forze gli era sfavorevole - le tre navi da battaglia britanniche, meglio protette, potevano sparare 93 mila libbre di proiettili al minuto, in confronto al totale italiano di 46 mila libbre - e considerando la politica dell'Ammiraglio Cavagnari che imponeva di ridurre al minimo i rischi, Campioni non avrebbe mai dovuto impegnar battaglia con Cunningham. Tuttavia, l'Ammiraglio italiano ritenne che l'occasione valesse la scommessa, e manovrò per collocarsi in una posizione favorevole. Poi, quando un colpo a segno a grandissima distanza (quello sulla CESARE ndr) alterò un equilibrio già a lui sfavorevole in partenza, Campioni si ritirò, tenendo abilmente a bada le superiori forze da battaglia nemiche. Se tutti i rapporti britannici che parlano di siluri che mancano di poco, o perfino passano sotto le loro navi, sono corretti, la Royal Navy fu fortunata a non subire perdite durante questa fase della battaglia.
        Nell'insieme, i risultati della battaglia furono incoraggianti per la Marina italiana, anche se il successivo bombardamento da parte di aerei amici fu frustrante. (...)
       Tuttavia, nel suo rapporto all'Ammiragliato scritto nel gennaio 1941 l'Ammiraglio Cunningham dichiarò che l'azione aveva "messo in essere, ritengo, una certa misura di superiorità morale". Queste esatte parole compaiono in gran parte dei resoconti inglesi dell'azione. In realtà Cunningham, che era politicamente astuto, si stava crogiolando, nel fare questa rivendicazione, nell'alone della sua indiscutibile vittoria a Taranto. I suoi commenti subito dopo la battaglia ne riflettono il reale impatto. Osservò che il colpo messo a segno dalla WARSPITE "potrebbe forse essere descritto come un colpo fortunato" e che " l'azione ha dimostrato quanto difficile sia colpire da lunga distanza con l'artiglieria, e pertanto la necessità di stringere le distanze, quando questo è possibile, per ottenere risultati decisivi".
       Espresse la sua preoccupazione all'Ammiraglio Pound circa i pericoli impliciti nel portare le sue vecchie navi da battaglia così in profondità in acque nemiche: "Avevo il cuore in gola per il timore che la ROYAL SOVEREIGN fosse colpita" ma ritenne necessario aggiungere che "Non creda che io sia scoraggiato. Non lo sono affatto".

 

 

        Su quanti scritto da O’Hara, che lodò a suo tempo il mio articolo sulla Prima Battaglia della Sirte, sollevando le contrarietà di Enrico Cernuschi (si può leggere in Internet), faccio le seguenti osservazioni.

 

         “la Mediterranean Fleet si cacciò in una trappola

 

         In realtà l’ammiraglio Cunningham, nel suo piano operativo (F.Mattesini, La Battaglia di Punta Stilo, Allegato 4, p. 144-148), aveva già fissato di sfruttare ogni situazione che potesse portarlo al combattimento con la Flotta italiana, e quando questa fu segnalata dal sommergibile PHOENIX e poi da un idrovolante Sunderland di Malta, non esito ad andarle incontro, aggirandola da nord e tagliandoli la rotta per Taranto, costrinse l’ammiraglio Campioni ad andare al combattimento (vedere il mio articolo). Fu campioni che, ragionevolmente, non potendosi più ritirare, si andò a mettere nella trappola tesagli da Cunningham!

 

         “considerando che l'equilibrio delle forze gli era sfavorevole - le tre navi da battaglia britanniche, meglio protette, potevano sparare 93 mila libbre di proiettili al minuto, in confronto al totale italiano di 46 mila libbre - e considerando la politica dell'Ammiraglio Cavagnari che imponeva di ridurre al minimo i rischi, Campioni non avrebbe mai dovuto impegnar battaglia con Cunningham”.

 

         Il piano di battaglia italiano, preparato nelle esercitazioni d’anteguerra, prevedeva che le due corazzate al momento disponibili (CESARE e CAVOUR), più debolmente armate di quelle britanniche ma nello stesso tempo più veloci di almeno 4 nodi, avessero in testa la fila dei sei incrociatori pesanti e sui fianchi otto incrociatori leggeri. Si riteneva che il tiro concentrato e molto più veloce del gruppo corazzate – incrociatori pesanti avrebbe costituito un complesso di fuoco molto superiore, se non per calibro, al numero dei cannoni delle corazzate nemiche. Gli incrociatori avversari dovevano essere impegnati dagli incrociatori leggeri italiani, e se le condizioni d’ingaggio non fossero state quelle sperate si poteva interrompere il combattimento per ritirarsi a a grande velocità.

         Ma tutto ciò fu vanificato, all’avvistamento aereo della Mediterranean Fleet, dalla manovra a un tempo (180°) per nord effettuata dall’ammiraglio Campioni che, avendo la prora a sud perché da quella parte era atteso l’eventuale arrivo del nemico, portò, dopo due ore di veloce navigazione (25 nodi), la flotta italiana ad avere corazzate in testa e incrociatori (con navi comando in ultima fila) che si affannavano per cercare di riguadagnare le loro posizioni.

         Probabilmente Campioni poteva evitare di effettuare la manovra ad un tempo e di correre a tutta velocità verso nord, ma doveva farlo solo dopo aver ricostituito il suo schieramento ideale.

         Ma dobbiamo anche metterci nei panni dello stesso Campioni, che non voleva farsi tagliare la rotta per Taranto. Dobbiamo anche dire che l’avvistamento dell’aereo che aveva avvistato la flotta britannica, aveva segnalato soltanto due corazzate, e ciò poneva la flotta italiana in considerevole superiorità potenziale.

 

l'Ammiraglio Campioni non esitò a impegnar battaglia”.

 

         In realtà ci fu costretto, come detto sopra, poiché l’ordine di attacco eventuale doveva essere impartito da Supermarina (Cavagnari) che, avendo deciso di non impegnare la flotta se non alle condizioni di essere in superiorità potenziale, non fece nulla per ordinare all’ammiraglio Campioni di non impegnarsi. Ormai la situazione, con il nemico alle spalle e anche per salvare la faccia di fronte al Duce e alla Nazione, non concedeva altra possibilità se non quella del combattimento presso le proprie coste.

 

         “Nell'insieme, i risultati della battaglia furono incoraggianti per la Marina italiana, anche se il successivo bombardamento da parte di aerei amici fu frustrante. (...)

 

         Secondo mé, e l’ho più volte riportato, tutti i guai per la Regia Marina cominciarono da Punta Stilo, perché tutti gli ufficiali superiori, nonostante il bombardamento ottimale della stampa e degli elogi dei superiori, compresero che a combattere con la flotta britannica, con 400 anni di Storia ad alto livello, non sarebbe stato facile, ne conveniente. E da questo momento si rafforzo in Supermarina, ma anche nei Comando delle Squadre Navali, il convincimento che a una eventuale battaglia saremmo arrivati quando il potenziale navale, con l’entrata in servizio di quattro corazzate in addestramento, lo avrebbe permesso.

         La notte di Taranto dell’11 novembre, con il siluramento e temporaneo affondamento della Littorio, Duilio  e Cavour (mai rientrata in servizio), cui seguì il disastro di Matapan del 28 marzo 1941, avrebbe tolto anche quest’ultima illusione, e reso i Capi della Regia Marina sempre più cauti, anche quando le condizioni in mare apparivano favorevoli.

 

         “Se tutti i rapporti britannici che parlano di siluri che mancano di poco, o perfino passano sotto le loro navi, sono corretti, la Royal Navy fu fortunata a non subire perdite durante questa fase della battaglia”.

 

         In realtà, soltanto il cacciatorpediniere TARTAR vide arrivare pericolosi due siluri, e li schivò di poppa con la manovra.

 

         “Osservò che il colpo messo a segno dalla WARSPITE "potrebbe forse essere descritto come un colpo fortunato"

 

         In realtà la frase è la seguente:  “Il colpo della WARSPITE che investì una Nave da Battaglia nemica a 26.000 yards di distanza può forse essere ritenuto fortunato; dato, però, che il suo effetto tattico fu quello di indurre il nemico ad accostare in fuori e ad interrompere l’azione, per questo motivo, può anche essere considerato come colpo disgraziato; ma, strategicamente, è probabile che questo colpo ebbe un importante successo”.

 

         Cunningham ... Espresse la sua preoccupazione all'Ammiraglio Pound circa i pericoli impliciti nel portare le sue vecchie navi da battaglia così in profondità in acque nemiche: "Avevo il cuore in gola per il timore che la ROYAL SOVEREIGN fosse colpita" ma ritenne necessario aggiungere che "Non creda che io sia scoraggiato. Non lo sono affatto".

 

         E’tutto vero. Facciò notare che la preoccupazione per la Royal Sovereign finì nel mese di agosto 1940, quando la nave uscì dal Mediterraneo passando il Canale di Suez. La sua navigazione attraverso il Mar Rosso fu tenuta costentamente sotto osservazione da parte dei crittografi di Maristat, senza però poter far nulla.

 

         Tuttavia, nel suo rapporto all'Ammiragliato scritto nel gennaio 1941 l'Ammiraglio Cunningham dichiarò che l'azione aveva "messo in essere, ritengo, una certa misura di superiorità morale". Queste esatte parole compaiono in gran parte dei resoconti inglesi dell'azione. In realtà Cunningham, che era politicamente astuto, si stava crogiolando, nel fare questa rivendicazione, nell'alone della sua indiscutibile vittoria a Taranto. I suoi commenti subito dopo la battaglia ne riflettono il reale impatto.

 

         E’ vero, il Rapporto definitivo fu scritto da Cunningham nel gennaio del 1941, quando già si era verificato per gli italiani il disastro di Taranto con tutte le sue immediate conseguenze, e fu spedito ai Lords dell’Ammiragliato il 29 del mese. Tuttavia, l’arrivo in Sicilia del X Fliegerkorps, il cui primo impegno fu quello di mettere fuori combattimento la portaerei Illustrius, affondando poi l’indomani l’incrociatore Southampton e danneggiando il Gloucester, aveva già fatto abbassare le penne al Comandante della Mediterranean Fleet, che, avendo ora preclusa la permanenza delle sue navi nel Mediterraneo Centrale, il suo primo pensiero era quello di dover fronteggiare i guai che gli stavano procurando i tedeschi.

         Non credo che quando scrisse la Relazione su Punta Stilo Cunningham fosse molto felice.

 

Francesco Mattesini

Edited by Francesco Mattesini
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Credo che una considerazione debba fare premio su ogni altra.. La nostra Marina Militare sta in questi mesi confermando sul campo nel Mediterraneo, insieme alla Guardia Costiera e alla Guardia di Finanza, il suo valore, la sua professionalità, il suo essere una componente tra le più valide di un paese che pure conosce tante luci ed ombre come il nostro.

Non sarà forse "una di quelle cose che tutto il mondo ci invidia", frase vanagloriosa e velleitaria che mi fa sorridere ogni volta che la sento pronunciare, al pari dell'altra "abbiamo la Costituzione più bella del mondo"; ma quello che constato ogni giorno è che  la Marina fa onore al paese e merita tutto il nostro rispetto. Come merita ed ottiene  il rispetto delle altre forze navali impegnate nella comune opera umanitaria.

 

Proprio per questo sono convinto che la Marina non abbia davvero alcun bisogno  di cercare chi  riscriva la storia per esaltarla. Chi ha letto il bellissimo, classico "1984" di Orwell si ricorda  che il mestiere del protagonista Winston Smith era appunto quello di addetto  al Ministero della Verità con il compito di riscrivere la storia adattandola ai desideri del regime dittatoriale (stalinista) al potere nel suo paese.

 

L'Italia non è un regime dittatoriale, e proprio per questo non ha alcun bisogno di  questo tipo di vocazioni. La Marina non ne ha alcun bisogno, e comunque non ne trae alcun reale giovamento. La Rivista H del maggio 1938 era la rivista Hitler, l'anticamera delle leggi razziali emanate a luglio appena due mesi dopo la visita di Hitler a Roma. Nessuna riscrittura autocelebrativa o agiografica  per quanto abile e sofisticata può cambiare la realtà delle cose.

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Tengo a precisare che quello che scrivo in sede Storica si riferisce alla Battaglia di Punta Stilo che viene manipolata, e lo faccio per arrivare ad una "Verità"a cui tengo molto, e quindi non riguarda la Marina di Oggi, a cui va tutto il mio affetto.

 

Franco

Edited by Francesco Mattesini
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          Il mio pensiero riguardo alla Battaglia di Punta Stilo, senza offendere alcuno in ambienti marittimi, è stato chiaramente espresso nel mio libro sull’episodio, stampato in due edizioni dall’Ufficio Storico della Marina Militare dopo un attento controllo da parte di “qualificati” ufficiali, può essere chiaramente desunto e compreso dalle mie Conclusioni, di cui riporto quanto è scritto nell’ultima parte (pagine 124-125).

         Se quanto è stato accolto e molto apprezzato negli ultimi ventisei anni, scrivendo oggi le stesse cose, e difendendo il mio onesto e sincero comportamento, senza fare sconti ad alcuno (italiani o inglesi),  é difficile comprendere come oggi ci possa essere una certa diffidenza su quanto ho riportato, a meno che, come ho sentito da alcune voci, non si voglia fare una revisione di quella Battaglia, che faccia piacere a qualcuno, perché la voce ricoprrente, in questo momento di impegno delle Forze Armate, sembra essere: scrivere soltanto delle nostre Vittorie!

 

 

CONCLUSIONI

 

         “Per concludere, lo scontro navale di Punta Stilo, denunciando in modo allarmante una inaspettata carenza operativa nella collaborazione aeronavale italiana, rappresentò per la Regia Marina il primo duro impatto con la Royal Navy.  L’episodio si svolse nei primissimi giorni della guerra, quando ancora nessuna esperienza aveva permesso alla Regia Marina di controllare la validità delle esercitazioni e degli studi del tempo di pace. Esso costituì la prima di tali esperienze, che in complesso fu ritenuta soddisfacente mentre in realtà denunciava grosse lacune, particolarmente riguardo alla precisione del tiro (mai risolta), alle modalità dei collegamenti, allo scarso affiatamento tra le due Squadre navali italiane, che praticamente operavano insieme per la prima volta, e alla mancanza di coordinamento tra i reparti della Marina e quelli dell’Aeronautica.

         Quest’ultima mostrò di non possedere reparti sufficientemente addestrati per agire sul mare, in appoggio alla flotta. Ottenne limitati risultati il servizio esplorativo della Ricognizione Marittima che, non essendo stato predisposto nel modo più opportuno, non riuscì a localizzare la flotta britannica nelle ore antimeridiane del 9 luglio. In conseguenza venne a mancare l’appoggio preventivo dei reparti da bombardamento per menomare il nemico prima del combattimento navale, e quando poi i bombardieri intervennero, si dimostrarono del tutto inefficaci negli attacchi da alta quota e insufficientemente addestrati al riconoscimento delle navi.

         L’episodio portò alla consapevolezza, che occorreva studiare nuove norme per l’impiego degli aerei in appoggio alla flotta, norme che comprendessero un più adeguato sistema di riconoscimento, e portò all’adozione immediata di istruzioni che escludevano tassativamente l’intervento dei velivoli nella fase del combattimento navale, per evitare il ripetersi di pericolosi errori come quelli del 9 luglio 1940. Fu inoltre provveduto a migliorare i collegamenti tra navi ed aerei; a rinforzare gli organici della Ricognizione Marittima con velivoli Cant. Z. 506 ceduti dai reparti del Bombardamento Marittimo dell’Aeronautica, dimostratisi inadatti per l’impiego offensivo, e a fissare norme per la scorta aerea con velivoli da caccia. Tuttavia apparve anche necessario, come propose l’ammiraglio Campioni subito dopo la battaglia, disporre di una nave portaerei per sostenere l’impiego della flotta lontano dalle coste, ove l’aviazione da caccia non poteva operare.

         Essendo apparso chiaro che il bombardamento in quota con sistemi di puntamento piuttosto approssimativi e con ordigni di caduta di peso ed efficacia modesti contro bersagli difficilmente identificabili come nemici (proprio a causa della quota di volo), non poteva costituire una minaccia per navi fortemente protette e manovriere, fu prese finalmente la decisione di ricorrere al bombardamento in picchiata e all’impiego degli aerosiluranti, dei quali esisteva una sola squadriglia che si stava addestrando a Gorizia. Tutti questi provvedimenti portarono indubbiamente a dei sostanziali miglioramenti di carattere tecnico-operativo, che però non raggiunsero mai l’efficacia e la modernità di quelli del nemico, anche a causa della povertà del potenziale tecnico-industriale dell’Italia.

         In conclusione, Punta Stilo fece comprendere ai supremi responsabili della Marina che le loro navi non erano ancora pronte ad affrontare quelle britanniche in una battaglia di grosse dimensioni e dagli esiti, se non decisivi, strategicamente condizionanti. Ciò rese ancora più cauto Supermarina e il Comando Supremo nella pianificazione delle operazioni offensive, anche quelle che apparivano di natura favorevole. e per diminuire il divario tecnico-tattico nei confronti del nemico, nella tarda estate del 1940 fu data attuazione ad un intenso programma di esercitazioni di manovra e di tiro, necessarie per aumentare l’addestramento bellico della flotta in vista di futuri cimenti.

         Purtroppo, complici il disastro di Taranto dell’11 novembre, che privò la flotta di tre corazzate per un lungo periodo e mise in luce ancora più gravi carenze addestrative ed organizzative, e quello successivo di Capo Matapan, del 28 marzo 1941, Punta Stilo rappresenta nella Storia l’unico scontro combattuto tra corazzate italiane e britanniche”.

 

Francesco Mattesini

 

25 Settembre 2016

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Ecco  qualcosa che può far riflettere:

 

S U P E R M A R I N A

 

N. 563 delle ore 10/7/ 1940 ore 0600                                                                                                                                                                         A STAMAGE

 

NOTIZIE SULLA SITUAZIONE ALLE ORE 0600 DEL 10 LUGLIO 1940

(Da comunicare alla Stampa)

 

         … (omissis)

 

         Nel tardo pomeriggio del giorno 9, nonostante le avverse condizioni di visibilità [sic] che hanno impedito nelle ore antimeridiane efficaci ricognizioni aeree, la nostra flotta riusciva ad entrare in contatto balistico col nemico che rinunciando [sic], dopo una breve vivace azione di fuoco, ai suoi obiettivi, si allontanava perdendo il contatto [sic].

CAVAGNARI

 

 

 

          Alle ore 16.35 del 13 luglio, il Reparto Informazioni Marina trasmise a Superaereo la seguente decrittazione (ritardata) trasmessa dal vice ammiraglio Pridham-Willell, alle ore 1252 del 12 luglio:

 

         “428 – Comando in Capo Flotta Mediterraneo comunica: Ammiraglio Comandante la Squadra da Battaglia [Gruppo C] per conoscenza C.T. DECOY. I bombardieri del Dodecaneso sono (da temere) più SE … dei Sommergibili. Vi chiedo di mantenervi nel mezzo. Vi è pericolo di Sommergibili sulla linea supposta 200° (un gruppo indecifrabile) Gaudo uno dei quali mi è stato segnalato da (gruppo indecifrabile) 33°58’ Nord 23° … Est – 1252/12/7.

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