Francesco Mattesini Posted August 3, 2016 Report Share Posted August 3, 2016 (edited) Il presente articolo, modificato togliendo i riferimenti alla numerazione dei Documenti, fa parte della mia lunga Relazione introduttiva a “Corrispondenza e Direttive Tecnico-Operative di Supermarina”, Volume 3° (4 tomi), consegnato per la Stampa all’Ufficio Storico della Marina Militare. Sono riportati due soli documenti (n. 234 e n. 235) per dare al lettore un’idea dell’importanza del lavoro che ho compilato. Francesco Mattesini IL CONVEGNO DI GARMISCH E LA PIANIFICAZIONE PER IL BLOCCO DI MALTA E PER L’OPERAZIONE “C.3” Gennaio – Maggio 1941 Dopo aver completato la Direttiva Navale n. 7 (Di. Na. N. 7), la cui nuova edizione fu diramata il 1° Gennaio 1942, inserendovi gli aggiornamenti determinati dalla necessità di usufruire dell’appoggio degli aerei tedeschi e lo schema di operazioni che la flotta italiana avrebbe dovuto applicare per contrastare il nemico anche nel Mediterraneo centro orientale , l’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo, per la Regia Marina, e il generale Umberto Cappa, per la Regia Aeronautica, ricevettero dal generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, l’ordine di preparare un nuovo studio per un intervento aeronavale che evitasse anche a piccoli carichi di rifornimento di arrivare a destinazione a Malta forzando il blocco. Lo studio, dal titolo “Controllo del traffico marittimo da e per Malta”, una questione già discussa fin dal 10 gennaio tra Supermarina e Superaereo e che era stata anche affrontata dall’O.B.S., doveva esaminare e stabilire quale migliore collaborazione si poteva ottenere in tale campo tra Marina e Aeronautica. Di questo importante documento i due ufficiali presentarono a Cavallero una relazione definitiva il 3 marzo 1942, proponendo alcune misure per aumentare la vigilanza, mediante un più razionale impiego dei mezzi di sorveglianza e degli sbarramenti minati; motivo per il quale, in gennaio, erano state diramate da Supermarina due direttive navali: una nuova edizione della Di. Na. 2, riguardante i nuovi compiti assegnati alla Ricognizione Marittima; e la nuova Di. Na. 8, che concerneva un aggiornamento dello sbarramento del Canale di Sicilia, da esercitare con l’impiego delle unità sottili di superficie e subacquee, come i Mas, le motosiluranti e i sommergibili. Tali proposte furono subito accolte dagli Alti Comandi i quali dettero le necessarie disposizioni perché trovassero al più presto concreta applicazione. Ma, per svolgere con maggiore efficacia il blocco di Malta, le potenze dell’Asse avrebbero dovuto assicurarsi il pieno controllo del Canale di Sicilia, occupando la Tunisia che nei riguardi della guerra che si combatteva nel Mediterraneo era ritenuta di grande importanza. Con la Tunisia, pensavano i Comandi italiani, si poteva rendere inoffensiva Gibilterra, affamare Malta interrompendo in maniera efficace il traffico britannico sulle rotte occidentali, creare una linea di rifornimento per mare e per terra con la Libia di assoluta sicurezza. Per ottenere il permesso di libero transito attraverso la Tunisia, Hitler, che non desiderava un’occupazione militare di quel territorio in favore dell’Italia, si era detto favorevole a un ravvicinamento con la Francia, facendo delle concessioni, ma trovò fiera opposizione in Mussolini che vedeva con sospetto un qualunque accordo con il governo di Vichy, perché il Duce non intendeva rinunciare alle proprie rivendicazioni territoriali, in particolare riguardo alla Tunisia, ma anche alla Corsica e forse anche a Nizza. Le discussioni sull’importante argomento si prolungarono nel tempo ma non si arrivò ad una minima intesa, perché il Governo del maresciallo Petain, inizialmente propenso ad un accordo su questo problema, cambiò a poco a poco parere in seguito alle difficoltà incontrate dai tedeschi nella campagna di Russia e alla crescente influenza degli Stati Uniti d’America. Per impossessarsi della Tunisia, gli italiani, oltre ad elaborare piani di sbarco per realizzare quella che era chiamata Esigenza C. 2, studiata dagli Stati Maggiori delle Forze Armate, proposero allora a Berlino di esercitare misure coercitive contro la Francia; ma non ebbero in questo tentativo l’appoggio tedesco, in quanto il Führer era sempre propenso a fare della Francia un possibile alleato. Venuto in tal modo a mancare l’unica possibilità di esercitare un blocco del Canale di Sicilia veramente efficace, a partire dal gennaio del 1942 la Regia Marina, nuovamente e pressantemente sollecitata da quella germanica, adeguandosi a quanto stabilito nella Di. Na. 8, si vide costretta ad intensificare gli sforzi per rendere quel tratto di mare il più pericolosamente insidiato al nemico, adottando le seguenti misure: 1°) il rafforzamento degli sbarramenti minati a sud di Malta e nella zona a sud ovest di Marittimo, per creare un corridoio di sicurezza sulle rotte italiane con il nord Africa; 2°) il mantenimento dei sommergibili in agguato nel Mediterraneo occidentale e centrale e nelle acque del Canale di Sicilia, con compito prevalentemente di scoperta navale soprattutto in zone scarsamente sorvegliate dalla propria ricognizione aerea; 3°) l’inviò in agguato di Mas in tutte le notti di bel tempo tra Capo Bon e Pantelleria; 4°) il mantenimento in mare nella zona dell’isola La Galite, con compito di vigilanza, di motovelieri camuffati e dotati di potenti apparati radio; 5°) l’invio a Cagliari della 7^ Divisione Navale (due incrociatori e due cacciatorpediniere) per intercettare le forze navali provenienti da Gibilterra. Questi erano i problemi da superare, quando in un convegno ad alto livello – il secondo della guerra dopo quello di Merano della metà di febbraio 1941 – tenutosi a Garmisch il 14 e il 15 gennaio 1942 tra i rappresentanti delle due Marine dell’Asse, ammiragli Erich Raeder e Arturo Riccardi, che erano accompagnati dai loro più stretti collaboratori, le due delegazioni si trovarono in “piena concordanza sulla situazione strategica”, sul “rifornimento e ristabilimento” della situazione in Libia, sulla necessità di neutralizzare Malta con l’offesa aerea, nonché con gli sbarramenti minati e l’insidia dei mezzi insidiosi da realizzare intorno all’isola e nel Canale di Sicilia. Al termine delle discussioni, il 19 gennaio, Supermarina compilò un promemoria, dall’oggetto “Relazione sommaria”, portato all’attenzione del Duce, in cui era comunemente riconosciuta la necessità di predisporre l’invasione di Malta, secondo le direttive fissate dal generale Cavallero, e condivise anche dal feldmaresciallo Kesselring, “nel caso si fossero verificate in futuro circostanze favorevoli all’operazione”, che era già in studio da parte dello Stato Maggiore dell’Esercito fin dall’aprile del 1941. Per realizzare l’operazione, il 6 gennaio Cavallero ordinò all’ammiraglio Riccardi di “accelerare i preparativi e gli studi in corso i cura della Marina”, e l’ndomani esaminò con lo stesso Riccardi e con il generale Favagrossa “la preparazione dei mezzi” e la possibilità di “impostare subito il programma” che, sempre il 7 gennaio, fu discusso al Comando Supremo in una riunione di carattere tecnico. Per realizzare l’operazione anfibia, da parte italiana fu richiesto al Grande ammiraglio Raeder la fornitura di motori occorrenti alle motozattere di progettazione tedesca, in costruzione in Italia per le due Marine dell’Asse, e che servivano per l’impiego come mezzi da sbarco, di cui vi era nel Mediterraneo una quasi assoluta mancanza. Passando ad altri argomenti, e non facendosi ormai più illusioni per una partecipazione alla guerra della Spagna a fianco delle potenze dell’Asse e per ottenere dalla Francia il passaggio delle armi e dei rifornimenti italiani diretti in Libia attraverso la Tunisia, e ritenendo poi – come si espresse Raeder – che gli statunitensi, mantenendosi sulla difensiva nel Pacifico, avrebbero finito per concentrare i loro sforzi in Atlantico e nel Mediterraneo, nel convegno di Garmisch si determinò la comune decisione di migliorare la difesa del traffico tra l’Italia e l’Africa settentrionale, al momento ridotto alla rotta per Tripoli. Dall’ammiraglio Riccardi fu poi avanzata la richiesta di maggiori forniture tedesche di nafta alla Regia Marina, i cui depositi si stavano letteralmente prosciugando, limitando una maggiore attività della flotta e, soprattutto, del suo addestramento, assieme a quello del naviglio sottile, in particolare a detrimento delle esercitazioni di tiro e di lancio siluri, elementi importantissimi negli attacchi notturni, in cui il nemico si stava mostrando un vero maestro. Riguardo all’operazione C. 3, nella terza decade di gennaio, e dopo il convegno di Garmisch, erano proseguite a Roma le discussioni di carattere tecnico nell’ambiente di un Comitato misto di studio istituito appositamente presso il generale Ugo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, e di cui facevano parte il generale Antonio Gandin, il capitano di vascello Massimo Girosi e il generale dell’Aeronautica Umberto Cappa. Si discusse dell’approntamento della Forza Navale Speciale destinata alla C. 3 – per il cui Comando Supermarina aveva proposta l’ammiraglio Vittorio Tur – e dell’addestramento delle truppe che dovevano partecipare all’operazione. Con un approfondito studio, elaborato dallo Stato Maggiore dell’Esercito (Superesercito), e consegnato dal Capo di Stato Maggiore, generale Mario Roatta, a Cavallero il 19 gennaio, erano considerate tutte le difficoltà che si presentavano per lo sbarco a Malta, ad iniziare dal difficile aspetto oleografico di Malta, dalla sua organizzazione difensiva (circa 265 cannoni e 150 aerei), paragonata simile ad un istrice, alle zone adatte al lancio di paracadutisti, truppe aviotrasportate e da sbarco, ai lineamenti operativi da realizzare nell’avanzata terrestre, che portava ad incunearsi in un sistema difensivo considerato simile ad “un aculeo”. Erano tutti elementi che, escludendo di realizzare uno sbarco di sorpresa, portavano a doverlo preparate con un’intensa attività aerea che portasse a ridurre per quanto possibile le possibilità di reazione del nemico. La preparazione degli aviosbarchi all’interno dell’isola e lo sbarco in più punti di costa doveva essere appoggiato anche con il bombardamento dal mare dei principali obiettivi, e con l’eventuale concorso di cortine nebbiogene. L’obiettivo, che negli intendimenti avrebbe dovuto portare al crollo della difesa nemica, era quello di attaccare da due lati, da nord e da sud, la Victoria Line, una forte linea di difesa che divideva in due l’isola di Malta, che doveva essere espugnata con sfondamento centrale in corrispondenza di Musta . Considerate le difficoltà da affrontare per realizzare l’invasione di Malta, e ritenendo che per addestrare le truppe occorrevano almeno cinque mesi, il momento dell’operazione, da realizzare nel periodo più favorevole, dalla primavera inoltrata al termine dell’estate, doveva essere stabilito in relazione alla situazione strategica, generale e locale, e alla dislocazione della flotta britannica. L’occasione favorevole poteva presentarsi improvvisamente, ragion per cui vi era la necessità, una volta approntati i mezzi necessari e addestrati i reparti, di mantenere in tensione il dispositivo d’attacco, pronto a scattare ad ogni momento. Lo studio di Superesercito prevedeva fossero necessarie e sufficienti per l’espugnazione integrale di Malta, due o tre divisioni paracadutisti (una delle quali tedesca da richiedere all’O.K.W.), una divisione d’assalto sbarco, due divisioni aviotrasportate, quattro battaglione Camicie Nere da sbarco. In più una certa aliquota di artiglieria di medio calibro e reparti di carri, da sbarcare via mare in un secondo tempo. Altre due divisioni ordinarie dovevano essere tenute pronte in Sicilia, per rispondere ad eventuali necessità di rinforzi. Tuttavia, considerando che al momento molte di queste forze non esistevano e considerando quelle al momento disponibili, fu ritenuto dovessero essere in linea di massima: la divisione paracadutisti Folgore, la divisione aviotrasportata La Spezia, le divisioni di fanteria Livorno e Superga, e aggregati alla Forza Navale Speciale, il battaglione San Marco, nonché quattro battaglioni di Camicie Nere e reparti di paracadutisti della Marina. I paracadutisti, in tutto 13.000, dovevano scendere a terra con l’impiego di 500 velivoli da trasporto italiani S. 82 (oppure di 1.150 velivoli tedeschi Ju. 52) che avrebbero dovuto effettuare i lanci in due riprese. I velivoli avrebbero poi trasportato sugli aeroporti dell’isola conquistati dai paracadutisti, le truppe aviotrasportate, che non dovevano lanciarsi. Per quanto riguardava i mezzi da sbarco, era calcolato che ne servivano 300. Il Comando Supremo aveva già disposto la costruzione di due tipi di mezzi speciali, simili a quelli che i tedeschi avevano realizzato per l’invasione dell’Inghilterra nel 1940. Nello studio di Superesercito, che e poi quello su cui poi sarebbe stata impostata tutta l’operazione “C.3”, erano ritenute necessarie 120 motozattere, da circa 120 tonnellate e capaci di trasportare 225 uomini (oppure, in alternativa, 70 uomini, 3 carri armati o cannoni, e 16 cavalli) ed altrettante motolancie, sulle 20-25 tonnellate, in grado di portare 20 uomini, e da impiegare nel primo scaglione da sbarco, Gli altri mezzi necessari sarebbero stati trovati tra il naviglio ausiliario e mercantile. Infine vari piroscafi avrebbero trasportato le altre truppe, gli automezzi, i cannoni e il grosso dei carri armati.[1] Si faceva però notare che l’invasione di Malta poteva avvenire, nelle condizioni descritte, soltanto nel caso non fosse stato necessario di realizzare contemporaneamente l’Esigenza “C.2” (sbarco in Corsica), perché l’incompatibilità tra le due operazioni era d’altronde già intrinseca nell’insufficienza dei mezzi aerei e navali. Per evitare che ciò avvenisse, e volendo mantenere attuabile con pochissimo preavviso la “C.2”, sarebbe stato necessario ricorrere ad altre grandi unità, e procedendo alla trasformazione e all’addestramento in unità di assalto-sbarco della Divisione Legnano e della Friuli. Infine, si raccomandava che per l’Esigenza dovesse essere costituito un Comando unico. Il generale Cavallero, che il 18 gennaio aveva ricevuto da Mussolini una delibera per pianificare l’Esigenza “C.3”, con una lettera per il generale Roatta, considerato l’ufficiale più intelligente dell’Esercito italiano, riconosceva allo studio di Superesercito il valore di un utile documento di base per la definizione del progetto definitivo. In esso venivano accolte molte proposte avanzate dal Comando Supremo, come quello di trasformare in divisioni d’assalto sbarco le divisioni Friuli e Cremona, e di completare la Folgore e la divisione La Spezia. E il documento specificava che la “C.3” doveva essere preparata da quel momento con il criterio di “poterla effettuare quanto più presto possibile, qualora venisse ordinato”. Ma, nello stesso tempo si escludeva tassativamente che l’Esigenza “C.2” potesse realizzarsi contemporaneamente a quella contro Malta; ragion per cui, veniva disposto che le truppe e i mezzi già destinati alla “C.2” fossero considerati, se necessario, anche disponibili per la “C.3”. Veniva poi dato mandato agli Stati Maggiori competenti di provvedere con la maggiore sollecitudine all’approntamento dei mezzi speciali aerei e navali necessari per l’impresa contro Malta e, infine, si raccomandava di metterne immediatamente in atto la preparazione dell’aviosbarco. Nelle settimane seguenti, essendo stato constatato che per sbarcare a Malta i tanti reparti destinati all’operazione C. 3 le sole motozattere e i vari natanti non sarebbero bastati, ed erano quindi necessari altri mezzi di vario tipo che occorreva urgentemente reperire tra il naviglio disponibile o costruire nei cantieri italiani, al Comando Supremo, si cominciò ad esaminare l’opportunità di schierare, come suggerito nel piano dell’Esercito, accanto alla Folgore anche una divisione di paracadutisti germanica. Ma per farlo occorreva convincere l’O.K.W. e Hitler, che non vedevano di buon occhio la loro partecipazione ad una simile operazione, perché ricordavano con terrore le perdite subite dai paracadutisti della 7^ Divisione e dagli aerei da trasporto dell’XI Fliegerkorps della Luftwaffe nel precedente mese di maggio a Creta, sebbene la conquista dell’isola fosse allora riuscita perfettamente; ma anche, e soprattutto, per lo scetticismo e la diffidenza esistente nei confronti degli Alti Comandi delle Regie Forze Armate, elementi segnalati dagli ufficiali tedeschi di collegamento a Roma. Gli italiani erano considerati, non a torto come l’esperienza insegnava, sempre pronti a improvvisare piani ma poi lenti e incerti sulle decisioni da prendere per realizzarli concretamente, perché mancava loro sempre qualcosa, anche a titolo di giustificazione dei loro fallimenti: come, armi, aerei, mezzi da trasporto, scorte di ogni genere, benzina, nafta, canotti ecc… Erano questi i motivi ricorrenti che generavano fastidio e irritazione, soprattutto a Berlino, ove le richiese di aiuto degli italiani si sovrapponevano le une alle altre. Ragion per cui nel Quartier Generale del Führer, dubitando delle vere intenzioni dell’alleato, si continuò a cullarsi nell’illusione che l’offensiva aerea del II Fliegerkorps contro Malta sarebbe bastata ad annullare la resistenza dell’isola; e con ciò, purtroppo, si sottovalutava la forza del nemico, anche dal punto della tenacia e del morale, e si dimenticava quanto aveva dovuto penare il X Fliegerkorps, tra il gennaio e il maggio del 1941, per cercare di tenere Malta “neutralizzata”, senza però riuscire a raggiungere quell’obiettivo. Tuttavia, Hitler sembrò cambiare idea verso la metà di febbraio. Accusato, forse ingiustamente, di non attribuire soverchia importanza alla Marina, della quale, secondo quanto riferito nel dopoguerra da alcuni suoi feroci critici, considerava le navi da battaglia come “dei guerrieri mediovali in corazza”, dopo il successo del forzamento della Manica da parte degli incrociatori da battaglia Scharnhorst e Gneisenau e dell’incroatore Prinz Eugen, che sfuggendo al controllo britannico il 12 febbraio arrivarono a Kiel provenienti da Brest, lo resero entusiasta di quell’impresa. Di ciò approfitto il Grande ammiraglio Raeder che l’indomani 13, ricevuto da Hitler il 13, descrisse i più svariati argomenti della guerra sul mare, ricordando che le vittorie giapponesi nell’Oceano Indiano e l’eventuale conquista di Ceylon, minacciando Bassora e quindi i giacimenti petroliferi del Medio Oriente, avrebbero portato a gravi conseguenze per l’Impero britannico. Quindi, passando al Mediterraneo, il Capo della Kriegsmarine disse: “La situazione in questo mare è definitivamente favorevole nel momento attuale” tanto che esisteva la “possibilità di lanciare un attacco contro l’Egitto e il Canale di Suez”; obiettivo che, nelle condizioni strategiche sopra descritte, poteva anche portare a prendere contatto con i giapponesi. E Raeder aggiunse, facendo presa su Hitler: “La vittoria nel Mediterraneo dipende da due fattori: il potere marittimo e la cooperazione aero-navale-terrestre”, in cui le tre Armi, ognuno per la parte che le competeva, dovevano cooperare “per assicurare il successo” sul nemico, la cui “base di gran lunga più importante del Mediterraneo” era costituita dalla “ fortezza insulare di Malta…”. Essa non costituiva “l’obiettivo finale del Mediterraneo, ma il più importante e il più urgente degli obiettivi”. Elencando le statistiche dei successi del II Fliegerkorps, che avevano fatto diminuire considerevolmente le perdite in mare del naviglio dell’Asse, il Grande ammiraglio concluse sostenendo fermamente: “Malta, e soltanto Malta era la chiave di volta della potenza nemica nel Mediterraneo, e che pertanto urgeva annullarla definitivamente con l’occupazione”. Hitler, convenendo con Raeder sulla necessità di quell’occupazione, si riservò di riflettervi e, promise che nel frattempo il blocco di Malta sarebbe stato rafforzato. Probabilmente il Führer sperava di poter conquistare l’isola con i soli attacchi aerei e, se ciò non fosse avvenuto, si riprometteva di passare alla sua eventuale conquista soltanto come ultimo rimedio, ma soltanto se la situazione vantaggiosa lo avesse permesso. *** Nel frattempo a Roma, sotto l’energica direzione di Cavallero continuavano gli studi per la conquista di Malta, impegnandovi sempre più seriamente gli Stati Maggiori delle tre Forze Armate del Regno,. Ad essi, il 21 febbraio, il Capo di Stato Maggiore Generale inviò le direttive per realizzare, ogni ente per propria competenza, l’Esigenza “C.3”. Sembra che fin da questa data dovessero iniziare i cinque mesi previsti per l’inizio dell’operazione, che quindi doveva realizzarsi a partire dalla fine di luglio, oppure il 1° agosto come annotò Cavallero nel suo Diario. Con l’autorizzazione concessa da Mussolini a metà febbraio, Cavallero chiese anche il consiglio, nella stesura dei piani, agli ufficiali tedeschi, ed anche agli ufficiali giapponesi, che nella guerra in Estremo Oriente avevano acquisito grande esperienza nelle operazioni di sbarco. L’occasione fu offerta il 20 febbraio, durante la riunione della Commissione Militare del Patto Tripartito, e fu poi discussa l’indomani con la partecipazione da parte italiana degli ammiragli Vittorio Tur e Bruno Brivonesi, del generale Gandin, del capitano di vascello Girosi e dell tenente colonnello Marzoli, e da parte giapponese del’ammiraglio Abe, del capitano di vascello Mitunobu, del colonnello Shinizu e del tenente colonnello Gondo. Gli ufficiali nipponici, elencando compiaciuti i loro successi conseguiti nel Pacifico, furono prodighi di consigli e di raccomandazioni sul modo di condurre l’operazione di sbarco, sulle forze da impegnarvi, che dovevano essere superiori a quelle del nemico, e da lanciare in massa, senza esitazione, sugli obiettivi prestabiliti, impiegando preferibilmente truppe alpine, fisicamente e moralmente più prestanti. E fu anche discusso attentamente il problema sull’appoggio navale ed aereo. Quindi la riunione terminò decidendo che gli italiani – l’Ufficio Operazioni del Comando Supremo, il generale Sogno e l’ammiraglio Tur – e gli ufficiali giapponesi avrebbero redatto, ciascuno separatamente, un progetto operativo sommario, dai quali confrontarsi ed impostare poi un programma d’azione e di esercitazioni, da presentare per il 2 marzo. Dopo quelle prime discussioni con gli ufficiali nipponici, il 21 febbraio il generale Cavallero, con una lettera personale inviata ai Capi di Stato Maggiore delle tre Forze Armate, attirava l’attenzione sulla grande efficacia delle operazioni notturne realizzate dai giapponesi, soprattutto in quelle da sbarco, e disponeva che, conseguentemente, anche l’addestramento per l’Esigenza “C.3” venisse effettuato esclusivamente di notte. Impartiva inoltre norme tassative per la conservazione del segreto. Nel contempo si presentò, sotto il punto di vista militare ma anche politico, il problema del Comando unico, dal momento che la Sicilia rientrava nella zona di competenza del Gruppo Armate Sud, e quindi dipendeva da Umberto di Savoia, principe di Piemonte, che Cavallero avrebbe voluto tenere in disparte. A Comandare la “C.3” fu prescelto ai primi di marzo il generale Vecchiarelli, mentre il generale Sogno e l’ammiraglio Tur furono rispettivamente nominati comandante del Corpo d’Armata di Sbarco e della Forza Navale di Sbarco (Forza Navale Speciale). Nella continuazione delle discussioni sulla “C.3”, la configurazione di Malta, per le alte scogliere a strapiombo sul mare, le alture a ridosso delle spiagge, e la forte difesa costiera e arretrata (Linea “Victoria”) che le sorvegliava, rendevano difficile trovare zone di sbarco favorevoli, che furono individuate in sette punti di costa. Tra la fine di febbraio e poi nei giorni 5 e 6 marzo si svolsero al Comando Supremo diverse riunioni tra gli ufficiali italiani e quelli giapponesi per esaminare e discutere comparativamente i singoli progetti, che in alcuni punti erano in disaccordo nel definire il piano d’invasione di Malta e di Gozzo; soprattutto, nella scelta delle aree di sbarco principali e concomitanti, queste ultime da realizzare con carattere di finta, allo scopo di distrarre l’attenzione del nemico e indurlo a frazionare, nell’opera della difesa, le proprie forze. Soprattutto esisteva sostanziale differenza del concetto d’azione, praticamente comune a tutti i progetti, rispetto a quello adottato nel piano preliminare dallo Stato Maggiore dell’Esercito, del 19 gennaio. Superesercito intendeva attaccare subito a fondo la Victoria Line, puntando immediatamente a spezzare, con la sua conquista, la spina dorsale della difesa di Malta. Gli altri piani, evidentemente in seguito a concorde risultato di scambio di opinioni, si preoccupavano, come d’altronde era logico accadesse in ogni operazione di sbarco, di assicurare con priorità la disponibilità di una base , in una parte, come quella di Marsa Scirocco, ritenuta la meno difesa, in modo da garantirsi l’adeguata alimentazione di uomini e mezzi nelle successive operazioni. Le soluzioni presentate erano le seguenti: Generale Sogno: sbarco principale nella parte sud e sud-occidentale di Malta, dalle due parti di Marsa Scirocco, e azione concomitante nella Baia Maddalena, in corrispondenza dell’estremità orientale della Victoria Line. Ammiraglio Tur: lancio notturno di paracadutisti e sbarco contemporaneo dal mare nella parte più meridionale di Malta a cavallo di Marsa Scirocco, e sbarchi anch’essi contemporanei sulla sinistra dell’azione principale e nella parte settentrionale di Gozo. Ufficio Operazioni del Comando Supremo: sbarco principale in forze (due divisioni rinforzate con carri armati e reparti del Genio) a cavallo di Marsa Scirocco, con azioni concomitanti nella costa nord orientale di Malta in corrispondenza della Baia di San Paolo, e quindi a nord della Victoria Line, e sulla costa settentrionale dell’isola di Gozo. Ufficiali giapponesi: attacco principale, con lancio notturno di paracadutisti e contemporaneo sbarco dal mare nella zona sud occidentale di Malta, e azione concomitante ad oriente di Marsa Scirocco, e immediatamente a nord della Victoria Line, da realizzare da entrambi i lati, sulla costa orientale e su quella occidentale dell’isola. Per ogni piano, vi erano differenze, in parte notevoli, anche nella ripartizione delle forze da impiegare negli sbarchi (la Marina affermava di non poter trasportare più di 24.000 uomini con 32 cannoni e 30 carri armati mentre tutti i progetti superavano sensibilmente queste cifre) e nella durata prevista dell’operazione, che il Comando Supremo desiderava concludere nel più breve tempo possibile (in 48 ore), non potendosi fare assegnamento su una maggiore durata del dominio aeronavale nella zona dell’arcipelago maltese. I giapponesi, più realisticamente, considerando le difficoltà da superare per sopraffare la difesa nemica, non ponevano limiti di tempo. Infine, mentre nei progetti dell’ammiraglio Tur e del Comando Supremo era previsto lo sbarco a Gozo, contemporaneo a quello su Malta, i progetti del generale Sogno e quello dei giapponesi non lo prevedevano Per l’attacco dal cielo i giapponesi, come abbiamo visto, intendevano impiegare soltanto i paracadutisti (che dovevano sbarcare di notte), e non le truppe aviotrasportate, ed effettuare contemporaneamente, a mezzanotte, gli sbarchi navali “ad est e ad ovest della linea Vittoria per scardinarla”, mentre invece gli italiani protendevano per “un’azione principale a sud” di Malta da realizzare all’alba. L’ammiraglio Tur avrebbe voluto prendere Gozzo – trovando in questo l’appoggio del Comando Supremo che intendeva impiegare anche rocciatori alpini – concentrarvi l’artiglieria per battere la costa settentrionale di Malta allo scopo di impedire la reazione di quella nemica, e poi sbarcare parte delle truppe impiegate contro Gozzo nella Baia di San Paolo, contemporaneamente allo sbarco principale a sud di Malta. Il generale Sogno, invece, riteneva la conquista di Gozzo non conveniente, per non disperdere i mezzi che erano insufficienti. Complessivamente dovevano partecipare allo sbarco due divisioni di paracadutisti, una delle quali tedesca e due da sbarco, più il battaglione San Marco e i quattro delle Camicie Nere, oltre a servizi vari per un totale di trentadue battaglioni e sei gruppi d’artiglieria. L’ammiraglio Tur chiese che per l’operazione anfibia, fossero aggiunte alle due divisioni di fanteria Livorno e Superga, anche la Friuli e la Cremona, già addestrate in Toscana e pronte per gli sbarchi; ma il generale Vittorio Ambrosio, che il 19 gennaio aveva sostituto nella carica di Capo di Stato Maggiore il generale Mario Roatta – movimento determinato da sopraggiunte difficoltà di collaborazione con Cavallero, che nominò Roatta a comandare la 2a Armata già agli ordini di Ambrosio – obiettò che esse servivano per l’operazione C. 2, ossia per la conquista della Corsica, i cui piani i Comandi italiani, per ordine del Comando Supremo, stavano studiando e aggiornando da tempo. *** Fondamentale per la realizzazione della preparazione dell’Esigenza “C.3” si dimostrò poi l’abile diplomazia del feldmaresciallo Kesselring, anch’esso fermamente convinto, insieme all’ammiraglio Eberhard Weichold, Comandante della Marina Germanica in Italia e uomo di fiducia di Raeder, della necessità di prendere Malta. La sua iniziativa fu rivolta a convincere Hitler e Goring a dare il loro assenso all’impresa, con una partecipazione attiva di elementi tedeschi. Una partecipazione che però aveva ancora dei tentennamenti, anche perché il Führer, come ha scritto il capitano di vascello Kurt Assmann, pur essendo consapevole che l’organizzazione e il massimo sforzo nella “C.3” dovessero competere agli alleati mediterranei, considerati dai tedeschi superficiali e improvvisatori, dubitando sulle loro possibilità per portare a termine una siffatta impresa, “non voleva affidare agli italiani il compito di dirigere tale operazione, che riteneva molto difficile e su cui bisognava molto riflettere”. Ma mentre Cavallero desiderava, per non correre rischi, che l’attacco, previsto per l’estate del 1942, si svolgesse in modo da portare alla conquista di Malta, investendo l’isola dal mare e dal cielo con tutte le forze assegnate all’operazione C. 3, Kesselring, intendeva affrettare i tempi, sostenendo “che il blocco e il continuo bombardamento” erano “molto efficaci e sarebbe quindi facile prendere Malta, specialmente agendo da sud, ove non vi sono difese”. In una riunione del 17 marzo il feldmaresciallo propose al Capo del Comando Supremo di attuare l’operazione nel mese di maggio con un programma “minimo”, consistente in un azione tipo “colpo di mano” violento e improvviso da realizzare con poche truppe, sfruttando i mezzi a disposizioni da impiegare per il trasporto degli uomini e dei mezzi più volte al giorno. E ciò doveva avvenire, per disporre un appoggio di forze aeree sufficienti, prima del previsto trasferimento di reparti del II Fliegerkorps dalla Sicilia, allora quantificati in quattro gruppi, per partecipare alla ripresa offensiva sul fronte orientale e ad altri incarichi da svolgere in Francia. In effetti, l’eventuale successo di una simile iniziativa avrebbe avuto importanti e favorevolissime ripercussioni per la sorte della guerra che si combatteva nel Mediterraneo. Il colpo di mano contro Malta, se fosse riuscito, e qui però stava l’incognita, si sarebbe verificato proprio alla vigilia dell’offensiva italo-tedesca contro Tobruk, che i Comandi dell’Asse stavano pianificando per la tarda primavera, per infliggere all’8^ Armata britannica del generale Claude Auchinleck un colpo mortale che aprisse la strada per l’Egitto. La conquista dell’isola, in quel particolare momento, avrebbe quindi reso possibile di assicurare alla linea del fronte africano un interrotto flusso di rifornimenti, da parte della Regia Marina, che si sarebbe svolto nel Mediterraneo centrale, lontano dalle minacce aeronavali del nemico. Ma. la proposta di Kesselring, che anche nei giorni successivi insistette per realizzare quanto aveva proposto, restò lettera morta, non avendo avuto l’autorizzazione di Cavallero, per quanto quest’ultimo avesse subito incaricato l’Ufficio Operazioni del Comando Supremo di studiare attentamente un progetto di “colpo di mano”. In sostanza, riprendendo il concetto d’azione dei piani studiati precedentemente, ma con un corpo di spedizione contenuto nei limiti delle possibilità italiane, i collaboratori di Cavallero ritennero che avrebbero dovuto partecipare al piano di aviosbarco proposto da Kesselring una divisione paracadutisti, una divisione aviotrasportata, una divisione da sbarco, una divisione di fanteria, quattro battaglioni di Camicie Nere da sbarco, truppe di rinforzo con artiglieria, carri armati e servizi. Cavallero, esaminato il progetto del suo Ufficio Operazioni, e mostrandosi molto più realista di Kesselring e del generale Ambrosio, che riteneva fosse tutto pronto per il “colpo di mano”, si accorse subito che mancava quel minimo di mezzi che, anche in quella ipotesi di azione ridotta, era considerata indispensabile. Vi era in lui la consapevolezza che in quel momento l’ammiraglio Tur disponeva soltanto di una massa di mezzi raccogliticci, pescherecci e natanti di vario tipo più o meno adatti allo sbarco; era a conoscenza che le truppe, paracadutiste e da sbarco, non erano ancora addestrate al combattimento per lo speciale impiego, essendo appena iniziate le esercitazioni; che mancavano gli aerei da trasporto, e la divisione paracadutisti tedesca, con i propri velivoli, gli alianti, e i carri armati su cui si contava non erano ancora arrivati in Italia, anche perché ancora non se n’era neppure parlato con l’alleato; e mancava infine la nafta per la flotta, richiesta a Berlino, che scarseggiava anche per difficoltà di approvvigionamenti da parte della Romania. In queste tristi condizioni, come lo stesso Cavallero ebbe a dire in una riunione tenuta sempre il 17 marzo, di “colpo di mano” non si poteva neppure parlare, ed affermando che un eventuale fallimento dell’impresa avrebbe costituito “un vero disastro morale” per l’Italia, fece capire che, dopo le amare delusioni sofferte sui vari fronti agendo su iniziative improvvisate, questa volta era profondamente sentita la necessità di “marciare sul sicuro”.Saggiamente il Capo del Comando Supremo continuò a far lavorare gli Stati Maggiori affinché l’operazione C. 3” si svolgesse con le forze e nei tempi previsti, entro la fine di luglio. E di questi preparativi il 21 marzo ne informò Kesselring che andò ad incontrare nell’aeroporto di Ciampino. Il feldmaresciallo, che rientrava dal Quartier Generale del Führer, dove si era recato per riferire, portò la notizia che Hitler gli aveva promesso l’invio di due battaglioni paracadutisti, un reparto di carri armati leggeri e alianti da carico, e che l’offensiva aerea intensificata contro Malta, iniziata il giorno avanti, sarebbe durata per un periodo di circa dieci o quindici giorni. Ma è lo stesso Cavallero a farci conoscere meglio quali erano le difficoltà da affrontare per realizzare l’Esigenza C. 3. Mostrandosi favorevole al piano originale e contrario al “colpo di mano”, egli ha scritto nel suo diario, alla data del 21 marzo e prima del colloquio con Kesselring a Ciampino, quanto segue: "Presiedo una riunione per l’Esigenza C. 3. Il generale Gandin comunica che gli studi sono due: la grande operazione con tutti i mezzi, per la fine di luglio, oppure il colpo di mano. La grande operazione è stata studiata dal generale Sogno, dall’ammiraglio Tur e dai giapponesi. Tutti concordano sulle seguenti condizioni necessarie: padronanza aeronavale, contemporanea azione in Cirenaica, sviare l’attenzione nemica, massimo segreto, accurata preparazione dei mezzi, intenso addestramento notturno, intensa preparazione di uomini di lunga mano e blocco aeronavale." Invano Kesselring insistette, il 23 marzo, per realizzare il suo progetto, e nuovamente lo fece l’11 aprile attraverso il generale von Rintelen, che paventò per quanto tempo ancora sarebbe stata disponibile la Luftwaffe per sostenere con tutte le forze l’attacco a Malta. Cavallero, lamentando la mancanza di mezzi e la debolezza di uomini addestrati, e consapevole che parte tedesca non era stato espresso ancora neppure un semplice consenso all’impresa, si dimostrò irremovibile, sostenendo tra l’altro: con “cosa si sbarca? I nostri paracadutisti non sono pronti”. Tuttavia, due giorni più tardi all’incontro con von Rintelen, sempre per iniziativa di Cavallero cominciò a mettersi in moto l’ingranaggio della collaborazione tra italiani e tedeschi, dal momento che il 13 aprile veniva costituito nell’ambito del Comando Supremo l’Ufficio Operazioni “C.3”, composto di ufficiali italiani e tedeschi delle varie Armi. Loro compito assegnato era quello di assicurare il coordinamento dell’attività dei vari enti che dovevano partecipare agli studi dell’operazione, e a dare il massimo impulso possibile alla preparazione ed organizzazione dell’impresa, che fu nuovamente affrontata, sulla base del progetto operativo originale, sulle seguenti basi: l’impossibilità del lanciò notturno dei paracadutisti; la reale disponibilità dei mezzi nautici da impiegare nello sbarco; l’orientamento a realizzare la “C.3” nel mese di luglio, con caratteristiche intermedie fra quelle del “colpo di mano” e quella dell’operazione metodica. A Superesercito, Supermarina e Superaereo venivano inviate direttive intese a realizzare, ad iniziare dal 1° giugno, una nuova organizzazione della Esigenza “C.2”, dal momento che a quell’impresa eventuale da realizzare in Corsica il 23 aprile erano state sottratte forze e mezzi assegnati alla “C.3”, quantificabili in 30 motovelieri, 3 motocisterne, 1 posamine, il Reggimento San Marco su due battaglioni, un distaccamento spiaggia, un raggruppamento Camicie Nere. Ripianando quelle forze sottratte alla “C.2”, l’intenzione era quella di poter realizzare in caso di necessità entrambe le esigenze, Malta e Corsica, facendovi fronte, in qualsiasi momento e con dovizia di forze e di mezzi, anche se per motivi urgenti le due operazioni avessero dovuto svolgersi contemporaneamente. Francesco Mattesini Documento n. 234 COMANDO IN CAPO FORZA NAVALE SPECIALER.I. TARANTO Prot. N. 163/SRP Allegati N. 2 Bordo, li 15 Aprile 1942-XXSegreto Riservato Personale ARGOMENTO: Esigenza C. 3 ridotta. A MARISTAT – ROMA 1. – Questa operazione dovrebbe essere eseguita nel momento in cui l’isola venisse a trovarsi in condizioni assai precarie: a) per mancanza di viveri; b) per grande riduzione di efficienza per bombardamenti aerei – sia nei riguardi delle distruzioni di opere, difese attive e passive, sia nei riguardi del munizionamento a.a. non potuto ricostituire. c) per lo stato morale della popolazione e della truppa. 2. – Il numero di uomini, cannoni ecc. da trasportare dovrebbe essere in relazione alle attuali disponibilità di mezzi navali. Questi possono così elencarsi:- 30 M/v.- 3 M/c. – sulle quali potrebbero venire aggregate: “Sesia” e “Adige” qualora la prima giungesse in tempo dalla Grecia ed ultimasse rapidamente i lavori da eseguire.- 3 P/m. – tipo “Buccali” – ai quali potrebbe venire aggregato un tipo “Viesti”. 3. – Da quanto sopra appare evidente che non possediamo alcun mezzo moderno per l’operazione con ciò alludere alle MZ tipo tedesco ed alle ML tipo nostro. Le prime unità di questi tipi si potranno avere forse a fine maggio. Perciò è indispensabile richiedere alla Germania alcune MZ (20 almeno). Sia per poter portare qualche anticarro semovente, sia per sistemarvi scale pompieri – da dislivelli di m. 23 – che non si possono adattare sopra M/v. ai quali si distribuiranno invece scale leggere smontabili capaci di dislivello fino a m. 10 (L’impiego delle scale è indispensabile per quanto verrà detto più avanti). 4. – Qualora il caso C 3 ridotto si presentasse a fine maggio potremmo per quell’epoca aver anche cambiati molti motori ai M/v. attuali. L’operazione del cambio verrà effettuata gradualmente dopo la prova che si eseguirà in pochi giorni sul “Sesia”. Si tratta di sostituire gli attuali motori, vecchi e di tipi diversi, con altrettanti tipo unico Alfa Roneo da 115 cavalli. Si otterrà così una velocità pressoché uguale per tutti i M/v. raggiratisi sulle 8 miglia; mentre adesso alcuni fanno meno di 4 miglia e i motori dei più sono in cattive condizioni. In ogni modo i M/v. dovranno essere sempre rimorchiati a coppie alla velocità di miglia 11 da siluranti e rimorchiatori veloci fino al punto dal quale si recheranno isolati ad investire la costa. 5. – Con i mezzi sopra elencati e potendo ottenere 20 MZ dalla Germania si potrebbe trasportare: su- 10 MZ 30 anticarro semoventi- 10 MZ 2000 uomini e 10 scale da dislivelli di n. 23- 30 M/v. 6000 uomini e 60 scale da superare dislivelli da 7 a 10 m.- 3 P/m 1800 uomini e 9 scale da dislivelli di m. 23 - 4 M/C 32 pezzi da 75 T.M. trattori e carri L 39 oppure, con riduzione di cannoni aumento di uomini ed altre armi (batterie da 47 m/m). Se le 20 MZ cedibili dalla Germania si riducessero alla metà converrebbe adibirli tutti al trasporto di truppa e sistemare gli anticarro sulle M/C. In tal caso dovrebbero essere di un tonnellaggio non superiore alle 6 Tonn. e con altezza massima inferiore a m. 2,30). In base a quanto sopra, con la cessione da partte della Germania del minimo indispensabile di MZ – che sembrerebbero pronte in A.S. – si potrebbero trasportare come ondata di primo urto: uomini 8900 – 8 batterie da 75 T.M. o minor numero di queste sostituite da batterie da 47 m/m od altro tipo anticarro. 6. – La Marina – se vi fosse il tempo – potrebbe forze approntare altre unità, con ponte elevato 15 metri sul mare, adattandovi scale da pompiere della massima portata (m. 45). 7. – Dall’esame dei mezzi navali sopra elencati appare evidente che il loro impiego è tutto subordinato al presupposto di trovarsi nei punti di sbarco davanti ad una ben limitata reazione avversaria. 8. – Il concetto operativo – basato sulla necessità di non disperdere le poche forze e di prendere piede sopra l’isola in attesa di rinforzi provenienti via aerea e via marittima, sembrerebbe dover essere quello di eseguire lo sbarco reale a Sud Est e Sud Ovest di Malta, con finta di sbarco sulla costa di levante e ponente a Nord della linea “Victoria”. 9. – Lo sbarco dovrebbe avvenire un’ora avanti le prime luci dell’alba, in notte priva di luna, e dovrebbe essere contemporaneo a lancio di paracadutisti nelle zone immediatamente dietro ai punti di sbarco. Qualora i paracadutisti non potessero lanciarsi di notte, lo sbarco dovrebbe sempre avvenire nell’istante sopra stabilito ed i paracadutisti dovrebbero lanciarsi alle primissime luci dell’alba. Per ottenere ciò i loro apparecchi dovrebbero decollare di notte dai nostri aeroporti. L’azione delle truppe di sbarco e dei paracadutisti dovrebbe mirare a: 1°) Sconvolgere le difese marittime. 2°) Occupare le basi di S. Tommaso e Marsa Scala. 3°) Approntare campi e piste per la discesa delle divisioni aero-trasportate. 4°) Occupare al più presto con i primi rinforzi giunti via aerea e via mare Marsa Scirocco. Le azioni successive dopo gli arrivi di tutti i rinforzi dovrebbero mirare alla conquista della Valletta – alla distruzione delle forze mobili nemiche –alla occupazione della linea “Victoria” e del retro della isola. Si prospetta l’opportunità di occupare al più presto dopo il primo sbarco, l’isola di Gozo. 10. – I punti di sbarco che si ritengono idonei sono: ZONA SUD EST - Baia di Marsa Scala – da 250 m. a ponente di P. Zonkor fino a Salt Pons – costa alta da m. 0 a m. 7,50 – con spiaggia nella parte interna e possibilità di approdo a banchine con natanti di piccola pescagione per sbarco automezzi – carri armati . Sviluppo complessivo m. 1800 – Il personale che qui sbarca dovrà avere nelle imbarcazioni elementi di scale leggere per costituire scale mobili da m. 7,50. - Da Punta il Gzira fino a un punto a m. 500 a Sud Ovest di detta punta. Costa alta m. 7,50 con sviluppo complessivo di m. 700. Approdo per natanti trasportanti truppe leggere dotati di scale mobili da 7 a 10 m. - Baia S. Tommaso – Utilizzabile il fondo della baia al centro per circa 300 m.. Altezza della costa m. 7,50. Anche qui occorrono scalette come sopra. - Promontorio di Shirop il Ghajin – Nella parte Nord vi è piccola insenatura con costa alta da m. 16 a m. 23,50 con sviluppo di m. 250. Vi si può sbarcare con natanti muniti di scale speciali da pompieri da m. 25. Nel rimanente della punta (contorno) su di uno sviluppo di m. 350 si possono sbarcare uomini muniti di elementi di scale atte a far superare dislivelli fino a m. 7,50. - Costa fra Capo Tumbrell e P. Dalimara compreso il contorno della punta limitatamente al Sud. Costa alta m. 16 con sviluppo di m. 1500 circa, atta a sbarco di uomini muniti di scale da pompiere da m. 17 a m. 23. ZONA SUD OVEST - A Wied Zumber: nella parte Est, prima dell’entrata della valle, per m. 250 di sviluppo, con altezza della costa di m. 53 e nella parte Ovest per m. 125 con costa della medesima altezza. Per poter risalire di notte questo dislivello a picco occorre avere scale della massima lunghezza (m. 45) sistemandole su ponte di navi alto da 15 a 20 m. sul mare. Potrebbe darsi vi fosse un sentiero nelle rocce recante dal mare al pianoro. Occorrerebbero pratici per dare informazioni in merito e per guidare in tal caso la truppa allo sbarco. - Tra Tal Galwiga e Ras Baida. Altezza della costa da m. 23 a m. 30. Sviluppo di circa m. 3000 scalabili forse in alcune zone da racciatori, ma per la maggior parte delle truppe da sbarco sormontabili solo a mezzo di scale da m. 30, portate da unità navali tipo “Buccali”. - Tre tratti compresi tra Haja ia Sioda e Ghar Lapsi, rispettivamente di m. 100 – 125 – 130 di sviluppo. Altezza delle coste m. 23. Stesse considerazioni di cui sopra. Occorrono mezzi navali con scale da m. 25 circa. Come si vede le località prescelte ed uniche possibili non sono per una facile manovra di sbarco, date le condizioni geografiche. Ed il personale destinato all’impresa dovrà fare molte esercitazioni con i mezzi necessari in punti di costa che si assomiglino a quelli dove dovrà essere eseguita l’azione. N.B. – Qualora le postazioni di Torri Zurriak fossero seriamente menomate di efficienza si potrebbe approfittare dell’approdo di Wied – ove da fotografie risulterebbero ancorate in condizioni normali molte imbarcazioni. Ciò che farebbe supporre vi si trovasse o una scala o una strada per salire il dislivello di circa m. 30 conducente alla strada di Krendi. Necessiterebbero informazioni di pratici del luogo. Sarebbe anche interessante sapere se trattasi di motoscafi. Guastatori sbarcati a ponente potrebbero effettuare – aggirando l’opera da Nord – la sua distruzione. 11. – La successione delle varie operazioni dovrebbe essere: I.) Nei giorni precedenti l’azione, intensificazione dei bombardamenti nelle due zone prescelte per lo sbarco con particolare riferimento a difese attive e passive e bombardamenti saltuari sulle coste a nord della linea “Victoria” – bombardamenti con bombe ad alto potenziale dei forti di Benghaisa – S. Luciano – Dalimara – Wolseley – Sillah – S. Paolo – S. Tommaso – Zonkor – S. Leonardo (vedi zone costiere tratteggiate in bleu sulla carta allegata). II.) Nelle ore immediatamente precedente lo sbarco: a) continuare il bombardamento di cui sopra. b) bombardare il porto di La Valletta e gettarvi da aerei bombe incendiarie a nafta (se saranno pronte – ora allo studio) e torpedini per danneggiare o distruggere il naviglio da guerra che vi si trovasse all’ormeggio. c) Assicurare l’arrivo ai opunti prescelti per lo sbarco di uomini su mezzi speciali per, segnalazioni di questi punti alle unità che dovranno giungervi. III.) Nel momento dello sbarco (ora X) 1°) Caso in cui i paracadutisti scendano contemporaneamente allo sbarco. a) I bombardieri dovranno cessare il bombardamento sulle coste. Una parte di loro continuerà a volarvi sopra, mentre gli altri andranno a bombardare le zone d’interdizione n. 11 (vedi carta allegata) in unione ad altri apparecchi.Questa zona d’interdizione dovrebbe essere ben illuminata con bombe incendiarie – razzi illuminanti ed abbaglianti (questi ultimi allo studio). b) I paracadutisti dovranno discendere nelle zone loro assegnate (A.B.C.) per prendere gli aeroporti, prepararli per l’arrivo delle divisioni aviotrasportate e per prendere alle spalle le difese impegnate con le forze provenienti dal mare. c) le unità destinate ad investire la costa, favorite da cortine di nebbia, opportunamente distese, si avvicineranno con motore con silenziosa agli obiettivi assegnati, indicati – nei punti difficili per la loro identificazione – dai reparti in precedenza inviati.Nei punti ove il dislivello da superare è da 0 a 7 m. potranno essere preceduti da canotti di gomma (tipo medio) muniti di scaletta e trasportanti guastatori). d) A nord Mas simuleranno sbarchi a Baia Mellieha, S. Paolo, Ghain – Tufficha ed Il Projet; con discesa di cortine e con avvicinamento ed allontanamento dalla costa durante bombardamenti aerei di questa. e) Bombe abbaglianti (allo studio) dovrebbero essere gettate sulla line “Victoria” che dovrebbe venir anche bombardata. 2°) Caso in cui i paracadutisti scendono all’alba a) I bombardieri dovranno cessare il bombardamento delle coste. Una parte di, loro continuerà a volare a bassa quota, mentre gli altri andranno a bombardare il limite interno delle zone costiere assegnate come obiettivo, ed altri gruppi eseguiranno il bombardamento della zona di 1^ interdizione con le stesse modalità del caso precedente per il n. 11. b) All’arrivo dei paracadutisti tutti i bombardieri si porteranno nella zona d’interdizione n. 11. Per il rimanente dell’operazione tutto come nel caso precedente. 12. – I mezzi dovranno essere dislocati: 4 M/c. a Siracusa ) destinati allo sbarco nella costa Est24 M/v. “ “ ) 4 P/m. a Licata ) destinati allo sbarco nella costa Sud Ovest 6 M/v. “ “ ) Se vi saranno MZ dovranno suddividersi in ragione di:1/3 a Licata o Porto Empedocle2/3 a Siracusa o Augusta. Se vi saranno ML esse dovranno essere avviate a Siracusa. Quanto sopra in base al concetto di suddividere le truppe di sbarco in proporzione da 1 a 3 fra costa Sud Ovest e costa Sud Est in relazione al numero dei punti di sbarco, alle opere poste a difesa ed alle operazioni successive allo sbarco. Le ML non potranno essere impiegate altro che in particolari punti della zona Sud Est. Più esattamente: I P/m. saranno destinati nella zona di Haja-is-Soda e Ghar Lapsi I MZ (un terzo) A Tal Gawija – Ghar is Shaghfa e più a Sud Est – Ai P/m. saranno assegnati 6 M/V. di rimpiazzo. b) I 24 M/v. – le M/c. e ML saranno destinati nella zona da Marsa Scala a Dalimara, con i 2/3 dei MZ. 13. – Le ore del tramonto apparente e della fine ora crepuscolo a P. Scalambri e C. Passero (lat. = 36°40’ circa) e quella del principio del crepuscolo mattutino per le coste Sud di Malta (lat. = 35°45’ circa) sono dati da questa tabella: (Se l’operazione dovesse avvenire in maggio avremmo un vantaggio nella durata della notte) 1 Giugno 15 giugno lat. = 36°40’ Tramonto apparente 20.10 20.17 Fine crepuscolo 21.55 22.05 Lat. = 33°45’ Primo crepuscolo mattinale 3.55 3.49 Intervallo fra tramonto in lat. = 36°40’ e inizio crepuscoloIn lat. = 35°45’ 7.45 7.32 Intervallo fra fine crepuscolo in lat. = 36°40 e inizioCrepuscolo in lat = 35°45’ 6.00 5.44 14. – Dovendo la navigazione eseguirsi di notte – a partire dal punto della costa italiana più prossima agli obiettivi di Malta – ed essendo necessario sbarcare a Malta un ora avnti il primo crepuscolo mattutino, risulta, osservando le ore in cui al paragrafo precedente, che per coprire il più lungo percorso (mg. 81) relativo allo sbarco al Sud di Halfar sarebbe necessario sviluppare velocità di 16 nodi. Potrebbe forse essere indicato un tipo “Miraglia” che consentirebbe anche la sistemazione di scale di m. 45 atte a superare i m. 53 di dislivello potendo collocarle sulle parti più alte della nave. I percorsi affidati a P/m., M/v e MZ (per lo sbarco nell’altra oparte della costa Sud Ovest) risultano di 77 mg. P/m e MZ non possono camminare a più di 9-10 miglia. I M/v. devono essere rimorchiati da torpediniere ed il rimorchio può anche raggiungere la velocità di mg. 12. Comunque il complesso non potrà superare le mg. 10. Occorreranno quindi ore 7,45 per coprire il tragitto e sarà necessario che il convoglio parta dall’Italia (Capo Scalambri) un’ora prima del tramonto per giungere alla velocità di mg. 10 un’ora avanti delle primissime luci a Malta. I convogli che si recano a Sud Est – a meno di rotte speciali da seguire per i campi minati – basterà che partano al tramonto da Capo Passero. 15. – Le rotte dovrebbero essere quelle segnate nel grafico annesso. I convogli dovranno essere preceduti da dragamine veloci (tedeschi attualmente in Cirenaica). I motovelieri dovranno essere rimorchiati a coppie da siluranti. Le siluranti occorrenti sono 15. Se vi saranno ML esse potranno aiutare gli MZ meno veloci e forse il complesso ML ed MZ potrà marciare a 11 mg. I P/m. potranno essere rimorchiati da torpediniere. Le siluranti oltre che al rimorchio, saranno adibite alla scorta. Le M/c. dovranno giungere al punto di sbarco (Marsa Scala) dopo l’occupazione da parte delle truppe di sbarco. 16. – A Filfola due Mas molleranno nella notte dello sbarco e precisamente a mezzanotte, durante i bombardamenti aerei della costa Sud Ovest di Malta n. 6 canotti di gomma muniti di bussola ed armati da 6 uomini con altrettante “pagaie”. Un canotto rimarrà con presidio e fanale per indicare alle unità che devono prender terra la posizione degli scogli di Filfola e per dare l’esatto orientamento per l’atterraggio. Gli altri canotti da Filfola dirigeranno per riconoscere i punti assegnatio agli sbarchi e si apposteranno sotto le grotte in modo da non farsi vedere dalle eventuali sentinelle nemiche. In notte chiara useranno nebbiogeni durante l’avvicinamento. Sopra ogni canotto dovrà trovarsi ufficiale o sottufficiale atto al riconoscimento della costa –dotato di buon binocolo. I canotti per lì’ora stabilita faranno il segnale concordato in precedenza con le unità per indicare il punto di atterraggio (blu o rosso – o bianco – o verde). 17: - L’approdo ai punti di sbarco a Sud Est è più semplice e, d’altra parte, non convenendo inviarvi in anticipo canotti per le segnalazioni, temendo di farli riconoscere da sentinelle, data la conformità della costa diversa da quella Sud Ovest, sarà sufficiente che le siluranti pilotino M/v., MZ e ML fino ai punti precisi, dove devono lasciarli (mg. 2 circa dalla costa) perché procedano all’investimento. L’AMMIRAGLIO DI SQUADRA Comandante in Capo F/to Vittorio Tur Documento n. 235 S U P E R M A R I N A Prot. N. 10182 18 Aprile 1942-XXSegreto ARGOMENTO: Operazione C. 3. AL COMANDO SUPREMO Si trasmette, per conoscenza, copia del promemoria n. 37 in data 17 aprile 1942-XX di questo Supermarina, all’argomento: “Operazione C. 3”. IL CAPO DI STATO MAGGIORE F/to Arturo Riccardi __________________ S U P E R M A R I N A Segreto 17 Aprile 1942-XX PROMEMORIA N. 37 ARGOMENTO: Approntamento mezzi per esigenza C. 3. 1. – Alle date sottoindicate sono da considerarsi disponibili, per l’esigenzaC. 3, i seguenti mezzi attrezzati per lo sbarco: 15 MAGGIO 30 motovelieri 4 motocisterne 3 posamine tipo “Durazzo” 100 battelli di gomma 31 MAGGIO 3 MZ 4 ML 30 motovelieri 4 motocisterne 3 posamine tipo “Durazzo” 100 battelli di gomma 15 GIUGNO 10 MZ 21 ML 30 motovelieri 4 motocisterne 3 posamine tipo “Durazzo” 160 battelli di gomma 30 GIUGNO 21 MZ 45 ML 30 motovelieri 4 motocisterne 3 posamine tipo “Durazzo” 160 battelli di gomma 2. – Si fa riserva di precisare a quale data, in aumento ai mezzi soperadetti, potranno essere pronti 12 motoscafi tipo lagunare, che sono in stato di avanzata costruzione e di cui sarebbe possibile l’impiego nonché di altri motovelieri da requisire. 3. – Si fa riserva di comunicare quali piroscafi potrebbero essere impiegati per l’esigenza C. 3, non distogliendo quelli previsti per la C. 2, in relazione ai mezzi ed agli uomini da far affluire in un secondo tempo. Tali piroscafi dovranno comunque essere distolti dal traffico con l’A.S. Grecia e Albania e non possono quindi essere immobilizzati senza grave interruzione dei traffici stessi. 4. – Per l’esecuzione del colpo di mano” fino al 30 giugno (epoca in cui cominciano ad affluire in notevole misura le MZ e ML di nuova costruzione) è necessario impiegare anche le MZ tedesche attualmente in Libia. Per il loro tempestivo trasferimento, e per ripristinare la loro efficienza dopo la traversata sono da considerarsi indispensabili non meno di 20 giorni da quando potranno giungere i mezzi (motopescherecci e maone) che debbono sostituirle. 5. – Per l’esecuzione del dragaggio esplorativo e protettivo dei convogli è indispensabile l’impiego degli 8 dragamine tedeschi attualmente in Italia. Anche per tali mezzi è da considerare indispensabile un preavviso di 20 giorni per il loro trasferimento e per eventuali piccoli lavori dopo la traversata. 6. – In relazione a quanto sopra a cominciare dal 15 maggio il preavviso necessario per l’esecuzione della C. 3, come “colpo di mano”, dovrà essere: - di 15 giorni, per quanto si riferisce ai mezzi e personale della F.N.S. fino a quando viene mantenuta l’attuale dislocazione. (Può essere ridotto a 10 giorni, assumendo una dislocazione più conveniente). - di 20 giorni per i mezzi tedeschi, fino a quando siano in Libia. [1] Lo sbarco rapido degli uomini e dei carri armati sarebbe avvenuto per mezzo di un ponte a prua, esistente sia sulle motozattere che sulle motolancie. Queste ultime, provviste di leggeri scudi corazzati ed armate con due mitragliatrici, dovendo arrivare rapidamente alle spiagge sotto la reazione del nemico, occorreva possedessero velocità molto elevate. Le motozattere, di costruzione interamente metallica, avevano un cannone da 76 mm, per uso contraereo e navale, e due mitragliatrici. Alcuni motovelieri o grossi natanti avrebbero installato a prua una scala da pompiere, con opportuni dispositivi articolati di fissaggio, da impiegare per lo sbarco delle truppe in coste alte o rocciose, mentre altri mezzi, da far approdare su coste più favorevoli, avrebbero disposto per lo sbarco di ponti a scivolo e di e scale. Edited August 4, 2016 by Luiz Nereo Castelli, sandokan, Platon Alexiades and 1 other 4 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted August 3, 2016 Report Share Posted August 3, 2016 Molto interessante Francesco, grazie. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
sandokan Posted August 6, 2016 Report Share Posted August 6, 2016 Davvero di grande interesse! Grazie Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco Mattesini Posted August 6, 2016 Author Report Share Posted August 6, 2016 (edited) Il testo completo della C. 3 é molto grosso. Mi sono limitato ad esporre la parte centrale. A ciò si aggiumngono decine di Documenti, parecchi molto grossi. Il 3° Volume delle Direttive é composto da 4 Tomi con 2.200 pagine di documenti. L'ho consegnato all'Ufficio Storico della Marina Militare, é stato regolarmente pagato, rispettando gli impegni assunti con l'Autore, ma la nuova Direzione ritenendo l'argomento complesso e di difficile vendità, non vuole stamparlo, tenendolo probabilmente come documento d'Archivio. Poiché, naturalmente, l'impegno assunto dalla precedente Direzione era quello di stampare il Volume, per completare la collana fino al settembre 1943, ritengo che io abbia la libertà della scelta nella diramazione dei vari Documenti del 3° Volume, come ad esempio stò facendo in AIDMEN. Franco Edited August 7, 2016 by Giuseppe Garufi Formattazione testo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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