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Cannonate alla Martha Washington


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Da Wikipedia (cercando Martha Washington ID-3019 la matricola come trasporto truppe USA) ho trovato una notizia curiosa:

On the evening of 20 November 1911, while steaming in the Ionian Sea from Patras and headed for New York, Martha Washington came under fire from an Italian battleship for a period of ten minutes, with shells falling within one ship length (approximately 500 ft or 150 m) of the liner. According to the captain of the liner, the Italians, fighting against Turkey in the Italo-Turkish War, mistook Martha Washington for a Turkish ship. The ship was allowed to pass unharmed after the crew used a signal lamp to communicate her identity to the Italians.

Anche più drammatico il racconto del capitano Ettore Zar fatto al New York Times (vedi file allegato).

Leggendo il mio primo pensiero (maligno) è stato: già dal 1911 le corazzate italiane sparavano senza prendere il bersaglio!

Ma è ovvio che non c'era intenzione di colpire, erano solo colpi di avvertimento per arrestare la nave.

Però 10 minuti di fuoco sono un po' troppi per un colpo di avvertimento.

Mi è sembrato illogico servirsi di una corazzata per il controllo del traffico, ma questo si spiega dal racconto del capitano; la Martha Washington incontrò una piccola flotta italiana, sembrerebbe che l'incontro sia stato casuale.

Dichiara anche che nel precedente viaggio Martha Washington era stata fermata da un incrociatore italiano, un tipo di nave più adatto allo scopo.

Mi è sembrato strano che la Regia Marina potesse scambiare la Martha Washington per una nave turca; la Turchia non aveva niente del genere e non si azzardava a navigare nello Ionio, così lontano dalle proprie coste.

Più probabile che gli italiani avessero identificato benissimo la nave e che qualche ufficiale irredentista abbia approfittato della situazione per infastidire gli austriaci.     

New York Times 6-12-1911.pdf

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  • 2 weeks later...

Caso interessante.

Il quotidiano triestino “Il Piccolo della Sera” pubblicò il fatto il 26 novembre 1911, raccontando più o meno le stesse cose riferite dal cap. Ettore Zar (no Zand) a Palermo.

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Però, il giorno dopo, sullo stesso quotidiano, apparve una netta smentita da parte delle Regia Marina.676826100_IlPiccolodellaSeraTrieste27_11_11.jpg.d5e5db63a133cbf7521b8fcb70163ec5.jpg

Cos’era successo veramente?

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A me la testimonianza del capitano sembra più attendibile della smentita della Regia Marina. Un colpo di avvertimento seguito da qualche altro colpo, visto che il capitano Zan faceva finta di non aver capito; chiamarlo bombardamento è eccessivo. Probabile che la notizia sia stata pubblicata anche da "L'Ora" di Palermo.

Immagino che si sia scatenata una bufera fra alti comandi Marina, Ministero della Marina, Ministero degli Esteri e che sia deciso di smentire tutto. Tanto la Martha Washington era salpata da Palermo in rotta per New York e per una decina di giorni non sarebbe stata in grado di replicare e per allora l'incidente sarebbe passato di attualità.

Da una ricerca in archivio sui libri di bordo, dovrebbe essere possibile risalire alle navi italiane in mare a quella data in quella zona.  

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Ho trovato alcune notizie interessanti sul libro “Tra le righe: Il terremoto del 1908 attraverso i documenti inglesi e la presenza britannica nell’area dello Stretto di Messina” autore Maria Teresa Di Paola liberamente disponibile all’indirizzo:

https://www.academia.edu/15344051/Tra_le_righe_Il_terremoto_del_1908_attraverso_i_documenti_inglesi_e_la_presenza_britannica_nell_area_dello_Stretto_di_Messina?email_work_card=title

Descrive gli interventi di soccorso a Messina e Reggio effettuati da navi inglesi militari e civili, per cui l’aspetto “navale” è prevalente.

La parte più interessante è la relazione dell’addetto militare inglese, Colonnello Charles Delmè Radcliffe inviato subito dall’Ambasciatore nella zona del disastro dove che rimase circa un mese. Aveva compiti di osservazione e coordinamento, senza un incarico preciso, fu ospitato con molta cortesia presso i comandi superiori di Esercito e Marina, tra gli altri incontrò il Re, la Regina, il Ministro della Marina; la sua relazione è anche molto ben scritta.

Tra le molte osservazioni interessanti ne riporto due.

Da pag. 206:

“Vale la pena di menzionare che il primo telegramma, nella forma in cui fu acquisito dallo Squadrone Volante, diceva: “Messina completamente distrutta”. Un capitano di una delle corazzate m’informò in seguito che la prima impressione prodotta da questo telegramma mutilato fu che Messina era stata bombardata dalla flotta austriaca. Lo stato d’animo tra i due paesi, a quel tempo, rendeva tale contingenza non eccessivamente improbabile.”

Poi da pag.223:

”Ma ci fu una causa di ritardo che non si poté dare, apertamente, come spiegazione. Fu che le autorità italiane erano così in ansia per una guerra in primavera che ogni pezzo meccanico e ogni dettaglio delle navi che poteva richiedere riparazione era in corso di revisione, e tutto questo lavoro veniva fatto contemporaneamente.”

Anche considerando che l’Austria-Ungheria pochi mesi prima aveva annesso la Bosnia-Erzegovina, che l’Italia chiedeva inutilmente compensi e che questo aveva molto peggiorato le relazioni tra i due paesi alleati, oggi questi timori di guerra sembrano del tutto inverosimili.

Evidentemente al tempo non era così e alla luce di questo le cannonate alla Marta Washington non sono poi così sorprendenti.

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A me invece sembra piuttosto inverosimile.

Non vedo le regioni del perché una nave delle Regia Marina dovesse cannoneggiare un transatlantico, data l'impossibilità del MARTHA WASHINGTON di venir scambiato per una unità ottomana. I colori sui fumaioli rosso-bianco-rosso la denunciavano inequivocabilmente come nave austriaca.

Vi è poi un'altra considerazione da fare, le navi della società di navigazione Austro-Americana avevano ottenuto la "patente di emigrazione" dal Commissariato dell'Emigrazione, ente governativo italiano. Approvazione necessaria, a partire dal 1901, per tutte le navi nazionali ed estere che imbarcavano emigranti nei porti italiani.

Teniamo presente che la "patente di emigrazione" fu rifiutata alla potente compagnia inglese Cunard Line. Il tutto nell'ambito dei rapporti internazionali che vedevano il Regno d'Italia far parte della Triplice Alleanza, con Germania e Austria, alleanza comunque rinnovata nel 1908 dopo l’annessione della Bosnia-Erzegovina.

Il MARTHA WASHINGTON, infatti, giunse a New York il 5 novembre 1911, partito da Trieste aveva toccato i porti di Patrasso (per imbarcare emigranti greci) e Palermo (per imbarcare emigranti italiani). Per obbligo della legge italiana a bordo vi era anche un commissario italiano per tutelare e assistere i connazionali durante la traversata.

I verbali dei commissari d’emigrazione sono conservati presso l’archivio del Ministero dei Esteri a Roma, bisognerebbe ricercare vi è menzione di questo assurdo episodio.

Per trastullarvi ecco una foto del MARTHA WASHINGTON.

MARTHA.jpg

Edited by Conterosso
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Poi, vi prego di non prendere troppo alla lettera le parole del Colonnello Charles Delmè Radcliffe.

L'attaché militaire inglese spesso ha scritto quello che i suoi superiori volevano leggere, soprattutto che i rapporti all'interno della Triplice erano cattivi, che lo erano certo, ma non fino al punto in cui lui ne parla. Se leggete invece il rapporto dell'ammiraglio Curzon Howe, comandante della Mediterranean Fleet, scritto nell'immediatezza per le "Loro Signorie" dell'Ammiragliato vedrete i toni diversi.

Se leggete tutto il saggio (solo 238 pagine) citato da Giancarlo, troverete anche un'interessante analisi linguistica di Sem Savasta sulle "parole scritte" nei rapporti.

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MARTHA WASHINGTON, varato il 7.12.1907  e consegnato 1908 da Russell & Co. a Port Glasgow per la  Unione Austriaca di Navigazione di Trieste per la linea Trieste-New York.  Il 6 aprile 1917, all'entrata in guerra degli USA, si trovava dall'agosto 1914 a Hoboken, New Jersey, dove venne prima internata poi requisita come USAT,  US Army Transport, con lo stesso nome. Nel novembre 1917 passata alla US Navy con la sigla ID (IDentification) 3019, in servizio dopo due mesi di lavori  il 2.1.1918. Dal  10 febbraio salpa per l'Europa in convoglio come trasporto truppe: ne porta in Francia 24.005 in otto viaggi. A guerra finita ne porta indietro 19.687 sempre in otto viaggi dal novembre 1918 al novembre 1919. Nel settimo viaggio sbarca a Rotterdam 945 civili tedeschi  internati. Nell'agosto 1919 parte da Brest per una missione di soccorso in Turchia e  Russia, si trova per due settimane a Costantinopoli, poi per tre settimane dal 18 settembre  a Batumi  nel Mar Nero. Ne salpa con 324 profughi armeni e polacchi (è il periodo della guerra civile) che porta  a Costantinopoli. Lascia la US Navy il 18.11.1919 e torna al War Department. Nel novembre 1922 restituita alla Cosulich di Trieste, erede della Unione Austriaca. Nel 1932 all'Italia Flotte Riunite come TEL AVIV (in epoca ancora pre-antisemita), demolita a Trieste nel dicembre 1934.

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Per Conterosso.

Anche a me sembra impossibile che la Martha Washington sia stata scambiata per una nave turca, significherebbe una incompetenza smisurata.

Per quanto, ricordando le corazzate "affondate" da Grossi... pare che avesse lanciato un siluro contro una corvetta senza neanche colpirla.

Come già detto credo che gli italiani avessero identificato la Martha Washington e che si sia sfruttata la situazione per infastidire gli austriaci. 

L'unica alternativa è che il capitano Zar si sia inventato tutto.

Ma perché avrebbe dovuto farlo? Comandava la nave più importante nella marina mercantile austrica, con questo scherzo si giocava la carriera.

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Per Giuseppe Garufi

Certamente i due documenti hanno un tono molto diverso, ma bisogna considerare che sono scritti con uno scopo diverso.

Il rapporto  dell'ammiraglio Curzon Howe, comandante della Mediterranean Fleet all'Ammiragliato (pag. 179-182) scritto il 5 gennaio 1909, è una descrizione delle operazioni fatte da inglesi, senza giudizi di merito sulla qualità dei soccorsi, un documento che poteva essere a letto da tutti.

Il rapporto del Colonnello Charles Delmè Radcliffe al suo Ambasciatore (pag. 193-232) è invece un documento riservato che descrive le operazioni solo incidentalmente per appoggiare su fatti concreti e motivare le conclusioni, perché quel che interessa all'Ambasciatore è il giudizio che si può trarre sull'efficienza di Esercito, Marina e Stato Italiano.

Era un documento politico in data 22 aprile 1909, quindi accuratamente meditato e sicuramente discusso con l'Ambasciatore, perché era destinato a Sir Edward Gray, primo ministro inglese a cui è stato inviato il 5 maggio 1909. 

Non credo che la Gran Bretagna sperasse che i rapporti tra Italia e Austria-Ungheria fossero cattivi, magari sperando di staccare l'Italia dalla triplice; dal rapporto si trae piuttosto la conclusione che l'Italia come alleato fosse inutile.

Del resto sulla possibile guerra con l'Austria, il rapporto riferisce opinioni di ufficiali italiani senza dargli credito.

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A parte il vecchio problema della Royal Navy e dei suoi uomini perenne modello di quelli della Regia Marina e quindi della volontà inconscia di ingraziarsi l'interlocutore (anche se non era un marinaio), il Regno d'Italia era (e sarebbe stato quarant'anni dopo) il ventre molle da attaccare e/o staccare dall'alleanza con le Potenze continentali.

Nel caso del terremoto del 1908, il massiccio intervento della Mediterranean Fleet, con uomini, navi e materiali, obbediva all'opportunità di rappresentare ai governanti italiani che oggi si arrivava sulle coste italiane con gli aiuti, domani si poteva arrivare per devastare tutto quello che era alla portata delle artiglierie navali. Un chiaro uso politico-militare della potenza navale, il messaggio arrivò e sei anni dopo lo strapotere navale britannico fu uno dei motivi che portò alla scelta di campo italiana.

Da buon ufficiale dell'esercito Delmè Radclife non comprese mai perché tutti volevano per alleato il Regno d'Italia, inerme, arruffone, diviso, incapace di portare aiuto alle sue genti.

Hai letto la parte di analisi del testo di Sem Savasta?

C'è un altro lungo studio della dott.ssa Di Paola sull'intervento inglese per la Società Messinese di Storia Patria (come il primo), appena trovo il link lo posto.

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Vicende e correlati molto interessanti!

Interessantissimi direi!

Mi farei a questo punto due sole domande:

1) se il fatto fu reale possibile che i giornali dell'epoca non avessero riportato  e con clamore direi,  testimonianze dei passeggeri?

2) se il fatto fu una invenzione del Capitano Zar, quale poteva esserne il motivo: un tentativo austriaco di mettere in imbarazzo gli italiani, magari provarne la fedeltà dopo l'annessione della Bosnia (ricordiamo come poi gli italiani si spesero per salvare l'esercito serbo, appena 5 anni dopo).

 

Edited by sandokan
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1) Difficile che si trovino altre notizie sulla stampa dell'epoca; per i giornali italiani la questione era chiusa dalla perentoria smentita della Marina, i passeggeri erano in mare e si sarebbe dovuto interrogarli all'arrivo a New York.

I passeggeri erano quasi tutti emigranti che arrivati a New York avevano altro a cui pensare e i giornalisti locali non si saranno dati pena di inseguirli per una questione che al pubblico americano interessava poco. 

2) Può darsi che il Capitano Zar avesse il dente avvelenato contro l'Italia, ma in quel momento l'Austria non aveva interesse a peggiorare i rapporti con l'Italia.

Era in colpa per essersi presa la Bosnia senza dare contropartite, puntava a tornare ai rapporti precedenti mantenendo il bottino.  

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Per verificare l'autenticità dell'episodio, più che i giornali si dovrebbero consultare i documenti e prima di tutto i libri di bordo delle navi.

Non tanto nella speranza di trovare un riferimento esplicito, potrebbe essere stato omesso, ma per sapere se c'erano navi italiane nella zona in quel periodo.

Su "Le navi di linea italiane" per Roma trovo: "partecipò alla scorta dei convogli diretti a Bengasi"; lo sbarco a Bengasi è del 19 ottobre, il giorno prima delle cannonate alla Martha Washington, quindi è possibile che l'incontro sia stato casuale durante una missione di scorta, non di controllo del traffico. 

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