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"La vicenda di Umberto Pugliese" di Mariano Gabriele


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Uno dei saggi contenuti nel volume collettaneo "Il rovescio delle medaglie. I militari ebrei italiani 1848-1948", a cura di Giovanni Cecini, Mediascape/Edizioni ANRP, 2019 (Atti del convegno tenuto a Roma il 24 maggio 2018) è quello del noto storico navale Mariano Gabriele dedicato a Umberto Pugliese.

 

Ne trascrivo qui alcuni passi (pagg. 126-127).

 

"Promosso maggior generale all'inizio del 1931, nel febbraio Umberto Pugliese venne chiamato al Ministero per assumere l'incarico di direttore generale delle Costruzioni navali e meccaniche. Il Ministro della Marina del tempo, ammiraglio Giuseppe Sirianni, aveva in lui la massima fiducia, e Pugliese rispose adeguatamente guidando sul piano tecnico le nuove costruzioni con razionalità ed energia. (...)

Nel gennaio 1935 Pugliese lasciò la Direzione generale per assumere la presidenza ad interim del Comitato per l'esame dei progetti delle navi (Maricominav). L'incarico divenne effettivo in aprile, quando fu nominato generale ispettore del Genio navale. Il Ministro Sirianni era stato sostituito, a partire dal novembre 1933, nominalmente dallo stesso Mussolini, effettivamente dal sottosegretario Domenico Cavagnari, che l'anno successivo cumulò anche l'incarico di Capo di S.M. della Marina: il nuovo responsabile politico, buon tecnico e con un rispettabile passato militare, era però a rimorchio, sia per ruolo che per fede, della pericolosa e non lineare politica del Duce. (...)

 

I piani di costruzione di tutte le nuove unità si avvalsero - più o meno a seconda dei casi - del contributo diretto del generale Pugliese, dalla concezione stessa del progetto fino almeno alla revisione finale.

 

Sopraggiunte le leggi razziali, Cavagnari non indugiò. Il 24 novembre 1938 scrisse a Pugliese: "In relazione alle disposizioni contenute nel R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728 per la difesa della razza, Vi comunico che a decorrere da domani siete considerato disponibile in attesa della dispensa dal servizio [poi disposta con R. decreto 27 dicembre 1938 ndt]. Vi invito pertanto  a dare le consegne al Vice Presidente di Maricominav". Anche gli altri ufficiali ebrei del Genio navale italiano - come Gastone Levi, Giorgio Rabbeno, Levi de Leon - furono posti in "congedo assoluto": Quanto al presidente del Comitato progetti, una Commissione fascista, presieduta da Buffarini Guidi, il 9 marzo 1939 riconobbe particolari benemerenze a "Pugliese Umberto di Giuseppe, creatore di importantissima innovazione nel campo delle costruzioni navali militari" e si espresse a favore di un riconoscimento di quei meriti, ma senza seguito. (...)

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(pagg. 127-129)

L'11 novembre 1940 la Royal Navy mise a segno una fruttuosa azione contro la flotta italiana nella base di Taranto. La parte principale dell'operazione - già concepita dal 1935 e preparata negli anni seguenti con apposite esercitazioni senza che da parte italiana se ne avesse sentore o sospetti - consistette in un attacco di aerosiluranti che affondarono nella rada di Mar Grande tre navi da battaglia italiane: le due rimodernate DUILIO e CAVOUR, colpite da un siluro ciascuna, e il LITTORIO, centrato da tre siluri, due da un lato e uno dall'altro.

Allora esponenti della Regia Marina, col pieno consenso di Cavagnari, andarono col cappello in mano a casa di Pugliese e gli chiesero aiuto. Poiché in fondo la sua stessa vita era connaturata con la Marina, il generale rispose all'appello con grande generosità, senso del dovere e patriottismo. Nel suo stato di servizio figura addirittura imbarcato sul LITTORIO dal novembre 1940 al gennaio 1941, "in una posizione quanto meno anomala rispetto al suo stato giuridico del momento". In tre mesi realizzò un miracolo: la grande unità rientrò in squadra. Qualche mese dopo anche il DUILIO venne recuperato e riprese il suo posto nella flotta; non fu possibile utilizzare di nuovo soltanto il CAVOUR; sebbene Pugliese fosse riuscito a riportare a galla la nave, rimorchiata poi a Monfalcone, l'indisponibilità dei materiali necessari per ripararla eliminò l'unità per tutta la durata della guerra.

Il 21 aprile 1941, a mo' di riconoscimento o di premio, un decreto del Ministro dell'Interno Buffarini Guidi dichiarò Umberto Pugliese non appartenente alla razza ebraica e dopo qualche mese il 2 agosto 1941 il successore di Cavagnari alla Marina, sottosegretario Arturo Riccardi, lo invitò a riprendere servizio. Per decreto, quindi, l'ex Capo del genio navale fu "arianizzato": nelle dittature non c'è spazio per il senso dell'umorismo.

 

Con l'armistizio dell'8 settembre 1943 Pugliese lasciò il Ministero: non aderiva alla Repubblica Sociale Italiana ed era ricercato dai tedeschi in quanto ebreo. Nel gennaio 1944 fu arrestato e portato in via Tasso, dove subì un lungo interrogatorio di otto ore nel corso del quale riuscì a destreggiarsi con grande abilità, al punto che poté sul momento ottenere il rilascio. Rendendosi conto della precarietà della propria situazione nella Roma occupata, si rese irreperibile e si recò nell'Italia settentrionale alla ricerca di una sorella che era stata arrestata, anch'essa per motivi razziali, ma non gli riuscì di rintracciarla.

 

Nel gennaio del 1945 il Ministero della Marina del governo monarchico italiano lo collocò in posizione ausiliaria, ma una volta terminato il conflitto lo richiamò, e nel giugno 1946 lo nominò presidente dell'Istituto Nazionale per gli Studi ed Esperienze di Architettura Navale. In tale posizione - pur essendo stato collocato in congedo assoluto per limiti di età nel maggio 1954 - fu riconfermato tre volte, a riconoscimento della sua proficua ed intelligente attività (...) Ottenne inoltre, dopo un lungo lavoro scientifico e politico, la decisione di realizzare il nuovo Centro di Idrodinamica, di cui venne nominato presidente onorario ed alto consulente. Ma dopo quindici anni di intensa attività, nel marzo 1961 Pugliese diede le dimissioni. A Sorrento, quattro mesi dopo morì.

 

N.B. Un inorridito Giorgio Spazzapan mi fa notare che la CONTE DI CAVOUR (nome per esteso, bitte!) fu rimorchiata a Trieste e NON a Monfalcone. Adhaesit pavimento anima mea ...

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Due osservazioni:

La definizione di Domenico Cavagnari, come "buon tecnico con un rispettabile passato militare, però a rimorchio, sia per ruolo che per fede, della pericolosa e non lineare politica del Duce."

Al di là dell'adesione formale direi che ha fatto tutto il contrario.

Il suo dovere, come tecnico e militare era di seguire la politica del Duce anche se non la condivideva o in alternativa dare le dimissioni.

Nei fatti non ha mai preso seriamente la possibilità di essere in guerra con l'Inghilterra e quando è successo ha cercato di fare la guerra con il minimo dei danni, sperando in un accordo di pace.

La direttiva di Mussolini era "offensiva su tutta la linea". Cavagnari ha fatto esattamente il contrario.

 

Riguardo al Generale Pugliese mi risulta che nel '44 a Roma fu ospitato in casa e protetto dal Conte Caproni.

Ritengo la notizia attendibile, mi fu riferita da Achille Rastelli che la aveva saputa dalla figlia Maria Fede Caproni.

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Molto interessante questo saggio.

Mi permetto qualche riflessione: il declino deli regimi autoritari inizia sempre quando, per stupida propaganda ideologica, si creano le condizioni affinché il meglio delle intelligenze emigri (Fermi e altri) o venga escluso dal paese, come nel caso qui raccontato. Amara è la constatazione però che tuttoggi, in piena e consolidata democrazia, i risultati sono i medesimi.

Altro aspetto la direttiva del Duce sulla offensiva: mi sbaglierò nel rammentare ma era offensiva nel Somaliland e offensiva "delicata, molto prudente" in Francia, tanto che per tutto ringraziamento gli italiani verranno ripagati in malo modo dai francesi nonostante l'imminente sconfitta. Mussolini sicuramente era convinto di chiudere la partita in 1 mese (grazie ai tedeschi fin da subito) e non voleva certo passare per chissà quale invasore "cattivone" (la tendenza ad tenere il piede in 2 scarpe è atavica), il che fa già ridere da sé.

Cavagnari: avrà anche avuto un passato militare rispettabile ma, come tutti i vertici di ieri, subalternò la dignità della posizione e grado all'ossequio politico. Non avrebbe potuto far altro se avesse voluto mantenere la poltrona. Con tutti i danni che ne conseguirono per lo strumento militare.

Guarda caso tuttora si ripete lo stesso scenario, basta vedere la questione della LPH Trieste (dov'è finito Thaon Di Revel?) sbandierata "dual use" con vocazione principale per protezione civile (!), oppure la questione F-35 e missili CAMM-ER o parata del 2 giugno "inclusivo" oppure

la rinuncia a 5 fucili ARX in favore di una borsa di studio "per la pace". Anche oggi infatti, nella maggior parte dei casi nessun "gerarca" osa proferir parola. Eppure il Duce è solo nei ricordi dei nostalgici!

Edited by sandokan
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Diverse osservazioni su quanto ha scritto Sandokan.

"...il declino dei regimi autoritari..."

Nei primi anni del dopoguerra il regime fascista era descritto come qualcosa di ridicolo.

Da quando De Felice ha scritto "Gli anni del consenso" questa visione non è più stata sostenibile.

Adesso la storia ufficiale sostiene più o meno che il declino è iniziato dalle leggi razziali.

Per me l'effetto pratico delle leggi razziali è stato molto limitato, il regime fascista non era affatto in declino ed al momento della dichiarazione di guerra il suo prestigio in Italia e all'estero era al massimo.

Era una visione ottimistica che mascherava l'arretratezza del paese, le prime sconfitte hanno significato il ritorno alla realtà.

" la direttiva del Duce sull'offensiva".

Per i fronti terrestri le direttive erano prevalentemente difensive tranne che per l'Africa Orientale.

Ma per la Marina il Duce prescriveva: "Mare: offensiva su tutta la linea in Mediterraneo e fuori".

" Cavagnari...subalternò la dignità della posizione e grado all'ossequio politico."

Non mi risulta.

Certamente anche lui si piegò a quelle forme di adulazione e ossequio abituali nel periodo, ma non vedo che questo abbia influito sulle sue decisioni.

I suoi errori sono solamente suoi.

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Una precisazione su Cavagnari.

Alle direttive strategiche del 31 marzo '40, Cavagnari rispondeva il 14 aprile con una memoria a Mussolini in cui faceva presente con chiarezza la impossibilità e l'inopportunità per la Marina di prendere l'offensiva.

Questo in base ad argomenti in parte fondati, in parte capziosi e rinunciatari.

Quindi nessuna sudditanza psicologica per Mussolini e nessun tono adulatorio, che evidentemente riservava per le comunicazioni e i discorsi ufficiali.

Se mai si intravedeva una sudditanza psicologica rispetto agli alleati che erano troppo forti e troppo preparati.

Il fallimento di Cavagnari è stato di essere arrivato al momento della verità senza idee, senza un piano, ridotto ad aspettare gli eventi.

E questo dopo essere stato al comando per anni.

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Grazie Giancarlo Castiglioni per le precisazioni. È evidente altresì che le mie riflessioni, ancorché sintetiche, arrivano più o meno alle stesse conclusioni storiche quando cito "l'inizio del declino..." Mi pare chiaro.

Su Cavagnari non oso proferir oltre, visto che il promemoria, tardivo, non lo esimeva dal rispondere del suo operato.

Non mi pare si possa dire che il Amm. si sia distinto molto se anche Castiglioni riassume in quel modo. Un modus vivendi condiviso più o meno dai molti vertici militari.

Ma queste sono mie riflessioni

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