Francesco Mattesini Posted December 20, 2018 Report Share Posted December 20, 2018 Riporto il seguente capitolo del mio libro “Operazione Pedestal - La battaglia aeronavale di mezzo agosto”, che avrebbe dovuto stampare l’Ufficio Storico della Marina Militare. ma l’impegno preso dalla passata amministrazione, a cui il libro fu consegnato dall’autore, non e’ stato ancora stampato nonostante siano trascorsi ben 5 anni. E questo sebbene vi sia da parte dell’Ufficio Storico l’interesse di pubblicare una operazione navale che se non altro, per le perdite inflitte al nemico da parte di sommergibili, motosiluranti e mas, si può considerare una grande vittoria della Marina italiana. Lo stesso, invece, non si può assolutamente dire per la Battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940, dove l’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante della Mediterranean Fleet non sbagliò alcuna mossa per vincere la battaglia, e da dove poi ebbero inizio tutti nostri guai nel campo navale. Francesco Mattesini OPERATION “PEDESTAL” IL RIENTRO ALLE BASI DELLE DIVISIONI NAVALI ITALIANE E IL DEVASTANTE ATTACCO DEL SOMMERGIBILE BRITANNICO UNBROKEN Francesco Mattesini In seguito all’ordine impartito da Supermarina la sera del 12 agosto 1942 le navi dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, che avrebbero dovuto andare ad attaccare il convoglio britannico diretto a Malta nella zona di Pantrelleria, si divisero in due formazioni per rientrare autonomamente alle basi. Mentre la navigazione della 7a Divisione Navale dell’ammiraglio di divisione Alberto Da Zara, con gli incrociatori Eugenio di Savoia e Montecuccoli e i cacciatorpediniere Maestrale, Oriani e Gioberti, procedette senza alcuna preoccupazione fino alle 11.00 del 13 agosto, quando le navi entrarono nel porto di Napoli, a non altrettanta fortuna andò incontro la 3a Divisione Navale dell’ammiraglio Parona che diresse inconsapevolmente verso la zona di agguato del sommergibile britannico Unbroken (P 42). L’Unbroken, comandato dal tenente di vascello Alastair Campbell Gillespie Mars, aveva lasciato Malta il 30 luglio per operare in un primo tempo in un settore all’entrata meridionale del Golfo di Napoli. Passando al largo di Marettimo, attraverso la zona minata del Canale di Sicilia, segnata nelle carte britanniche con denominazione QBB.255, il sommergibile arrivò presso Capri il 3 agosto. La sera del 6, trovandosi al largo di Punta Carena, ebbe l’occasione di attaccare con due siluri, senza successo, il piroscafo italiano Argentina. L’Unbroken venne successivamente contrattaccato dalla torpediniera Achille Papa, che sganciando in mare bombe di profondità erroneamente ritenne di averlo affondato. Nel pomeriggio dell’8 agosto, mentre si spostava verso sud, il sommergibile incontrò a ponente di Paola un altro piroscafo italiano, l’Angelico, contro il quale lanciò due siluri, ancora una volta senza esito. Successivamente, nel corso della notte sparò alcuni colpi con il suo nuovo cannone da tre pollici (che aveva sostituito quello originale da 12 libbre) contro un treno merci proveniente da nord, che percorreva la linea ferroviaria della Calabra, nel tratto della litoranea tra Fiumefreddo e Longobardi, colpendo il locomotore e causando due feriti. Infine, mentre dirigeva verso la posizione assegnata per l’operazione “Pedestal”, situata a 2 miglia a nord del faro di Milazzo, l’Unbroken venne avvistato il mattino del 10 al largo di Capo Rosocolmo (ad ovest dello Stretto di Messina) da un idrovolante Cant. Z. 501 della 189a Squadriglia della Ricognizione Marittima. Dopo l’allarme, fu ricercato e sottoposto a caccia fino all’indomani dalle unità antisommergibili Carnaro e Frangipane, dalla torpediniera Sirtori e dai Mas 547 e 560, che si avvalsero della collaborazione di un altro idrovolante Cant. Z. 501 della 189a Squadriglia della Ricognizione Marittima. Sfuggito senza riportare danni alle bombe di profondità, che si erano susseguite in tre occasioni dalle 09.00 alle 19.15 del 12 agosto, alle 05.00 dell’indomani 13 l’Unbruken venne informato dal Comandante della 10a Flottiglia di Malta, capitano di vascello George Simpson, che incrociatori italiani dirigevano per il posto di agguato assegnato al sommergibile, in quel momento spostato di 30 miglia a sud, e che vi sarebbero giunti verso le 07.30. Un successivo radiogramma precisava che alle 03.00 un aereo aveva avvistato verso Capo Gallo incrociatori diretti a levante alla velocità di 20 nodi. L’avvertimento di Simpson, “Incrociatori nemici in arrivo sulla vostra rotta”, fu anche trasmesso al sommergibile Safari, che navigando in superficie si trovava in posizione di attesa a nordovest di Palermo. Come abbiamo accennato nel precedente Capitolo XX, alle 03.00 del 13 agosto, trovandosi in torretta, il comandante del Safari, capitano di fregata Ben Bryant, individuò le sagome delle navi italiane in rotta verso oriente ma per la distanza in cui si trovavano non ebbe l’opportunità di portarsi abbastanza vicino per attaccarle. Il comandante Alastair Mars, ricevuta la segnalazione trasmessa da Simpson, rimase perplesso se tornare indietro a tutta velocità per portarsi immediatamente sul punto di agguato prescritto. Pensò, infatti, che se le navi nemiche, in seguito all’avvistamento dell’aereo, avessero alterato la rotta, per la presenza della costa avrebbero dovuto farlo verso il largo, manovrando sulla sinistra, e quindi vi era la possibilità che passassero sulla zona in quel momento tenuta dal suo sommergibile. Alle 07.25, quando già i dubbi sulla saggezza della sua decisione si facevano più forti, avendo percepito all’idrofono rumori di turbine, Mars avvistò al periscopio quattro incrociatori italiani, scortati da otto cacciatorpediniere e da due idrovolanti, che alla distanza di 12.000 metri avanzavano in formazione a losanga, diretti verso la posizione dell’Unbroken alla velocità stimata di 25 nodi. L’ufficiale britannico apprezzo che due degli incrociatori fossero di tipo pesante, armati con cannoni da 8 pollici (203 millimetri), e gli altri due di tipo leggero, e quindi dotati di pezzi da 6 pollici (152 millimetri), e si rese conto di poter fare un ottimo bersaglio prendendo di mira l’unità pesante che si trovava a lui più vicino. Infatti, sebbene le distanze fossero maggiori di quanto desiderato, l’insieme delle navi presentava un’eccellente bersaglio multiplo per cui, mancando di colpire l’incrociatore pesante, i siluri potevano raggiungere uno degli incrociatori leggeri più lontani. Anche i cacciatorpediniere erano in posizione discreta, perché cinque di essi si trovavano con uno degli aerei sul lato opposto, e i tre più vicini procedevano in posizione di linea di fila. Pertanto, pensò Mars, se questi ultimi cacciatorpediniere non avessero alterato la rotta, era possibile passare loro di prora e lanciare i siluri all’interno dello schermo sugli incrociatori. Dopo aver fatto tutte queste considerazioni, il comandante dell’Unbroken manovrò con molta cautela per assumere una posizione adatta per l’attacco e, una volta defilati i cacciatorpediniere, attese finché rispetto alla sua visuale periscopica uno degli incrociatori leggeri non fu parzialmente sovrapposto all’incrociatore pesante. Quindi, sempre da quota periscopica, alle 08.15 lanciò quattro siluri, regolati a una profondità di 4 o 5 metri, e trascorsi due minuti e quindici secondi percepì un’esplosione, seguita dopo altri quindici secondi da un'altra detonazione. Portato subito alla profondità di 36 metri il sommergibile fu sottoposto a violenta caccia che, sebbene fosse stata accurata, risultò errata nella regolazione di profondità delle bombe. Infatti, nei quarantacinque minuti seguiti all’attacco, mentre l’Unbroken manovrava silenziosamente per allontanarsi con rotta verso sudest, il comandante Mars contò ben centocinque esplosioni, in gran parte vicine, che però non causarono al battello alcun danno.[1] L’attacco dell’Unbroken contro le unità della 3a Divisione Navale si svolse nel punto a 5 miglia per 303 gradi dall’Isola Panarea, corrispondente alla lat. 38°40’N, long. 15°00’E, e fu realizzato dal comandante Mars in condizioni particolarmente favorevoli. Vediamo pertanto come si verificò l’azione del sommergibile britannico, vista da parte italiana. [2] Sulla rotta di rientro a Messina l’ammiraglio Parona manovrò in modo da variare più volte la rotta delle navi, per disorientare i ricognitori del nemico che le avevano mantenute sotto controllo fin dopo le 03.00 del 13 agosto. Essendo stato informato, fin dalla partenza dalla base, che un sommergibile britannico si era spostato dalla zona calabrese di Paola verso il passaggio tra l’Isola Lipari e Capo Milazzo, il comandante della 3a Divisione Navale ritenne opportuno allontanare decisamente la sua formazione dalla zona minacciata e dalla rotta sulla quale era stato seguito dagli aerei di Malta. Di conseguenza, alle 04.55 fece accostare verso nordest per passare a settentrione dell’Isola Stromboli e rientrare a Messina sulle rotte costiere di Capo Vaticano; ma, così facendo, andò proprio incontro all’Unbroken che si era a sua volta spostato a nord della zona di agguato assegnata. In definitiva, l’ammiraglio Parona aveva compiuto inconsapevolmente la manovra sperata dal tenente di vascello Mars. Alle 06.04 il comandante della 3a Divisione Navale ordinò agli incrociatori di costituire due colonne, con il Gorizia e Bolzano sulla sinistra, il Trieste e l’Attendolo sulla destra, mentre i cacciatorpediniere inquadrati nella 11a Flottiglia andarono ad occupare posizioni di scorta prodiera e laterale: il Legionario, come al solito per meglio sfruttare le segnalazioni del suo Dete, in testa, a una distanza di 2.500 metri dalla prora delle due colonne di incrociatori; Aviere, Ascari, Corsaro e Grecale sul fianco destro; Geniere, Camicia Nera e Fuciliere sul fianco sinistro. A iniziare dalle prime luci dell’alba, sul cielo della formazione avevano preso a volteggiare, per esercitare la scorta antisom alle navi, due idrovolanti Cant. Z. 506 della 186a Squadriglia Ricognizione Marittima decollati poco dopo le o4.00 dall’idroscalo di Augusta. Tra le 06.28 e le 06.33 la 3a Divisione effettuò due accostate ad un tempo di 30 gradi a destra e a sinistra per passare tra le isole Alicudi e Salina, mentre a bordo degli incrociatori Bolzano e del Gorizia si svolgevano preparativi per catapultare il loro velivolo. Alle 08.05 la velocità della squadra, che era inizialmente di 22 nodi, fu ridotta a 18 nodi allo scopo di non fare allontanare eccessivamente la nave ammiraglia Gorizia che stava uscendo di formazione, accostando a sinistra, per catapultare il suo aereo da ricognizione Ro. 43. In quel momento le navi si apprestavano a passare tra le isole Filicudi e Panarea, con i cacciatorpediniere della scorta sul fianco sinistro, il Fuciliere e il Grecale, che avevano in funzione l’ecogoniometro, mentre in cielo continuavano a volteggiare i due Cant. Z. 506. Come è dimostrato dalla sottostante cartina, a differenza di quanto dichiarato dal comandante Mars, il sommergibile Unbroken non superò lo schieramento delle unità di scorta alle colonne degli incrociatori, ma come vedremo effettuò il suo attacco lanciando i siluri da circa 4.000 metri all’esterno dello schermo. Sebbene le condizioni atmosferiche fossero ottime (mare calmo, visibilità buona, vento da nord con forza 1, sole a circa 20 gradi sulla prora a dritta delle navi), e la sorveglianza ininterrotta, l’attacco del sommergibile britannico passò inizialmente inosservato, anche perché la riduzione di velocità all’ultimo momento imposta alle unità della formazione finì per disturbare gli ecogoniometri e non permise agli operatori sui cacciatorpediniere un fruttuoso ascolto. L’attacco dell’Unbroken venne inoltre agevolato dal fatto che le navi avevano cessato di zigzagare. Questa manovra, giustificata da Parona con la necessità di mantenere rotta costante nell’imminenza del catapultamento degli idrovolanti, fu criticata dal suo diretto superiore ammiraglio Iachino, il quale, nel suo rapporto compilato per Supermarina dopo aver attentamente studiato le varie relazioni delle navi, affermò: “data la calma quasi assoluta di vento il catapultamento avrebbe potuto essere effettuato su qualunque lato della spezzata di zigzaga mento”. Alle 08.08, proprio nel momento in cui il Gorizia iniziava l’accostata, il cacciatorpediniere Fuciliere (capitano di corvetta Umberto Del Grande), alzò la bandiera rossa per segnalare avvistamento di un sommergibile e sparò una raffica di mitragliera nella direzione dell’unità subacquea, vista sulla sinistra a circa 4.000 metri di distanza. Subito dopo dal Gorizia in allarme vennero individuate, con rotta angolata, tre scie di siluri. La prima scia, quella centrale, fu evitata dall’incrociatore , che essendo sotto accostata accentuò la manovra mettendo la barra del timone e la macchina di dritta alla massima forza. Il siluro, passando a poppa del Gorizia, proseguendo nella sua corsa diresse verso il Bolzano che seguiva la nave ammiraglia. Il Bolzano, avendo visto il segnale di pericolo del Fuciliere e la scia del siluro, lo evitò accostando verso dritta, ma non riuscì a schivare un altro siluro che sopraggiungeva e che colpì l’incrociatore fra la plancia e il fumaiolo prodiero, alzando una notevole colonna d’acqua che investì il torrione e le sovrastrutture. Nel frattempo il primo siluro aveva continuato la sua corsa dirigendo verso l’Attendolo, il quale, trovandosi dietro il Trieste sulla colonna destra e non avendo visto ne udito i segnali e la raffica di mitragliera sparata dal fuciliere, manovrò per allontanarsi soltanto dopo lo scoppio del siluro che aveva colpito il Bolzano. Il comandante, capitano di vascello Mario Schiavuta, ordino allora “Tutto il timone a dritta”, ma appena iniziata l’accostata la nave venne colpita a 10 metri dall’estrema prora. Seguì una violenta esplosione che asportò circa 25 metri di scafo dell’incrociatore fino all’altezza del deposito munizioni. Ne conseguì che l’Attendolo fu costretto a fermare le macchine rimanendo immobile, dopo violento sobbalzo, leggermente appruato e sbandato a sinistra di 3 - 4 gradi. Tre uomini dell’equipaggio, sbalzati in mare dall’esplosione del siluro, furono recuperati. Non vi furono morti, ma soltanto due feriti leggeri. Un terzo siluro fu visto passare a brevissima distanza dalla prora del Gorizia e perdersi oltre senza causare alle navi altri danni. Il duplice successo dell’Unbroken, che per efficacia letale fu pari a quello conseguito dodici ore prima dal sommergibile italiano Axum nell’attacco al convoglio WS. 21/S a nord di Biserta, spezzò in due tronconi l’intera 3a Divisione Navale. Mentre il Corsaro e il Camicia Nera assumevano la scorta del Gorizia e del Trieste, che proseguendo la navigazione alla velocità di 25 nodi entravano nel porto di Messina alle 11.45 di quella stessa mattinata, gli altri sei cacciatorpediniere (Aviere, Fuciliere, Ascari, Legionario, Geniere, Grecale) restavano con gli incrociatori danneggiati e si adoperarono per proteggerli e dargli soccorso. Subito dopo l’attacco il Fuciliere e il Camicia Nera, i più vicini al punto in cui si trovava l’Unbroken, avevano accostato verso la posizione di lancio del sommergibile e gettarono sul posto bombe di profondità. Successivamente mentre il Camicia Nera (capitano di fregata Adriano Foscari) veniva richiamato in formazione, il Fuciliere continuò la ricerca in modo sistematico, e dopo aver ridotto la velocità a 13 nodi per fare migliore uso dell’ecogoniometro, individuò il sommergibile contro il quale lanciò alcune bombe di profondità, senza però conseguire visibili effetti. A bordo dell’Attendolo l’equipaggio provvide rapidamente a puntellare la paratia prodiera n. 194, che aveva resistito perfettamente all’esplosione della carica del siluro. Ma poiché una parte della prora, abbattutasi sulla destra, facendo da timone impediva all’incrociatore di governare, il comandante Schiavuta segnalò ai cacciatorpediniere che occorreva rimorchiare la nave di poppa. Per questo gravoso compito il responsabile dell’11a Squadriglia, capitano di vascello Gastone Minotti, che dall’Aviere dirigeva le operazioni di salvataggio, designò l’Ascari (capitano di fregata Teodorico Capone) e dette al Grecale (capitano di fregata Luigi Gasperini) l’incarico di proteggere l’unità danneggiata stendendo cortine fumogene e lanciando in mare bombe di profondità a scopo intimidatorio, per evitare un eventuale secondo attacco subacqueo. Il cavo d’acciaio di rimorchio, passato dall’Ascari all’Attendolo, si spezzò alle 10.00 non appena l’incrociatore mise in moto le macchine. Successivamente, vi fu un allarme per l’avvistamento di un periscopio di sommergibile, individuato per la sua scia alla distanza tra i 1.500 e i 2.000 metri sulla sinistra, e per l’apparire ad alta quota di un aereo, ritenuto del tipo Blenheim, il quale si allontanò velocissimo dopo aver sganciato alcune bombe che caddero, senza causare altri danni, intorno all’incrociatore. Questi, sparando con le artiglierie da 100 mm alcune salve contro il velivolo e altre ancora in direzione del periscopio per richiamare l’attenzione della scorta, riusciva a mettere in moto le macchine allontanandosi appena in tempo per evitare quelle che ritenne due scie di siluri, viste passare vicinissime e parallele al fianco destro dell’Attendolo. Occorre però dire che dai rapporti britannici non risulta che alcun aereo o sommergibile abbia attaccato le navi italiane in quell’occasione, per di più in una zona dove vi era soltanto l’Unbroken che dopo il siluramento dei due incrociatori si era allontanato, per sfuggire alla reazione dei cacciatorpediniere della scorta. Subito dopo il presunto attacco, avendo il personale tecnico constatato l’ottima tenuta delle paratie, ed essendosi staccato, con rumore impressionante, il troncone di prora che impediva la manovra, inabissandosi istantaneamente, l’Attendolo diresse per Messina manovrando con le proprie macchine. Navigando alla velocità di 5 nodi, e inizialmente scortato dai cacciatorpediniere Grecale ed Ascari, ai quali si aggiunse in un secondo tempo il Freccia, proveniente da Messina, e poi il Legionario e il Corsaro, l’incrociatore arrivò in porto alle 18.54, malconcio ma salvo.[3] Molto più difficili e complessi si dimostrarono invece gli sforzi per salvare dall’affondamento il Bolzano. L’esplosione del siluro, avvenuta 2 o 3 metri sotto la linea di chiglia, era stata violentissima e aveva provocato nello scafo dell’incrociatore una falla di circa 6 metri di lunghezza. Con rapidità l’acqua del mare penetrando all’interno allagò sei locali caldaie e un deposito munizioni, e la nafta dei doppifondi, venendo a contatto con le camere di combustione, fece scoppiare un violento incendio che, propagandosi a mano a mano che il combustibile veniva in superficie, dilagò dalla base del fumaiolo verso prua. Mentre il fuoco, devastando i locali caldaie e il ponte di batteria, si propagava passando da un settore all’altro della nave attraverso le condotte elettriche altamente infiammabili, la galleggiabilità del Bolzano apparve compromessa da un appesantimento dovuto all’allagamento dei depositi e dei locali colpiti. Subito apparve chiaro che in tali critiche condizioni l’incrociatore non poteva raggiungere la base né rimanere per molto tempo a galla. Dopo appena quattro minuti dal siluramento il torrione del Bolzano era in fiamme, mentre all’interno dei locali il fumo che si propagava rendeva l’aria irrespirabile. L’incrociatore si trovava ancora in buone condizioni di stabilità, ma il rapido aumento della temperatura consigliò il comandante, capitano di vascello Mario Mezzadra, di ordinare l’allagamento del deposito munizioni prodiero, minacciato di esplosione. Molti uomini dei servizi antincendio, pur rivestiti di tute di amianto, riportarono notevoli ustioni, altri svennero per il fumo, mentre nell’animosa opera di allagamento e sgombero delle munizioni da 100 e da 20 millimetri, delle riservette situate nella zona intorno al fumaiolo prodiero, trovarono la morte il guardiamarina Musante e il secondo capo cannoniere Lusani. Alle 10.35, mentre l’incendio assumeva ancora più vaste proporzioni, lo sbandamento del Bolzano sul fianco sinistro si accentuò, fino a raggiungere circa 25 gradi, il che, sconsigliando ogni altro tentativo di rimorchio per la minaccia di un eventuale e possibile rovesciamento dell’incrociatore, convinse il comandante Mezzadra a prendere la decisione di farlo abbandonare. Parte dell’equipaggio della nave si gettò in mare, allontanandosi a nuoto o per mezzo di zattere, e fu raccolto dall’Aviere. Il resto degli uomini salì a bordo del Geniere il quale, abbandonato il suo cavo di rimorchio, si era affiancato al Bolzano con pronta manovra. Anche imbarcazioni di pescatori, nel frattempo sopraggiunte dalla vicina Isola Panarea, parteciparono generosamente al recupero dei naufraghi in mare. Successivamente, poiché le condizioni di stabilità del Bolzano restavano stazionarie, il comandante Mezzadra decise di fare ancora un tentativo per portare in salvo la sua nave. Ordinò pertanto al capitano di fregata Marco Notarbartolo, del Geniere, di prendere a rimorchio l’incrociatore danneggiato e inviò a bordo di quest’ultimo alcuni uomini per controllare le condizioni delle paratie. Abbiamo visto che la zona prescelta da Mezzadra per l’incaglio dell’incrociatore era stata in un primo momento quella del bassofondo di Lisca Bianca, a sudest di Basiluzzo, ma il Comando della 3a Divisione Navale la sconsigliò per la natura rocciosa del fondale che, in effetti, avrebbe potuto determinare danni gravi alla carena dello scafo del Bolzano. Allora, riesaminando a bordo del Geniere la situazione idrografica, Mezzadra ripiegò molto saggiamente sulla zona di Panarea ove, presso la Punta Beppe Maria, esisteva un fondale roccioso dolcemente degradante e coperto da un alto strato di più di 2 metri di alga compatta che, si pensava, avrebbe costituito ottimo appoggio per la carena dell’incrociatore. Condotto all’incaglio dal Geniere, con manovra precisa magistralmente condotta dal comandante Notarbartolo, il Bolzano si adagiò con la prora verso il largo sul fondale prescelto. Ma al momento di toccare con la carena alla profondità di 12 metri, l’incrociatore sbandò di 45 gradi sulla sinistra e poiché sembrò doversi rovesciare venne di nuovo abbandonato dagli uomini dell’equipaggio, dei quali parecchi volontari, che si erano generosamente prodigati per salvarlo. Il temuto rovesciamento fortunatamente non si verificò, ma la nave continuò a bruciare per tutto il giorno, mentre da Messina cominciarono a sopraggiungere mezzi di soccorso. Nel cielo si svolgevano frattanto crociere protettive da parte di velivoli dell’Aeronautica della Sicilia, che impiegò per questo compito, fino al sopraggiungere dell’oscurità, trentaquattro caccia, dei quali ventidue Cr. 42, otto Mc. 200 e quattro Re. 2000. L’incendio del Bolzano, diminuito d’intensità a partire dal pomeriggio dell’indomani, 14 agosto, fu completamente domato alle 08.30 del 15, e l’incrociatore in seguito all’allagamento di altri locali e compatimenti, ad eccezione di alcuni dell’estrema poppa, si raddrizzò fino a raggiungere una posizione inclinata sulla sinistra ridotta a 10 gradi. A bordo del Bolzano andò perduto un idrovolante Ro. 43 in dotazione alla nave che, trovandosi pronto per il decollo sulla catapulta, e quindi con il suo carico di benzina, fu lanciato in mare come misura precauzionale, mentre i morti furono complessivamente quattro e i feriti settanta, dei quali però soltanto quattro con scottature di secondo grado. Nessuna perdita di vite umane ebbe invece l’Attendolo, e ciò è da considerare un evento eccezionale soprattutto in considerazione del fatto che la nave ebbe asportata l’intera prua fin quasi all’altezza della prima torre dei cannoni da 152 mm.[4] I lavori di recupero del Bolzano, assegnati il 18 agosto alla Direzione del Comitato Progetto Navi, che in precedenza aveva portato a compimento altri difficili e importanti salvataggi, si svolsero per cinque intere settimane sotto la protezione e l’assistenza del Comando Marittimo Autonomo della Sicilia. Fra l’altro, per aumentare l’efficacia difensiva e di lavoro, fu sistemato uno sbarramento di reti per la protezione antisommergibile intorno all’incrociatore, e realizzate postazioni di mitragliere contraeree nelle vicinanze, mentre personale specializzato e attrezzature vennero fatti affluire dagli arsenali di Taranto, Palermo e Messina. Finalmente il 15 settembre la nave poté essere sollevata dal fondale, e avendo raggiunto l’assetto sufficiente per affrontare una navigazione a rimorchio, l’indomani fu portata a Napoli, ove arrivò alle ore 19.00 trainata dai rimorchiatori Titano, Teseo e Salvatore I. La navigazione di trasferimento, senza essere disturbata da nessun aereo o sommergibile nemico, si svolse alla velocità media di 5 ½ nodi, con l’assistenza di due cacciatorpediniere, una torpediniera e quattro cacciasommergibili. Sebbene si fossero entrambi salvati, il Bolzano e l’Attendolo non poterono rientrare in servizio. L’Attendolo, che aveva appena ultimato i lavori di riparazione, fu affondato a Napoli il 4 dicembre 1942 in un‘incursione di venti bombardieri B. 24 del 98° e 376° Gruppo della 12a Air Force statunitense, che misero temporaneamente fuori combattimento anche il Montecuccoli e l’Eugenio di Savoia. Il Bolzano, che da Napoli era stato rimorchiato alla Spezia, per continuare i lavori nell’arsenale di quel porto ligure, in seguito agli avvenimenti del settembre 1943 che portarono all’armistizio dell’Italia, non poté ultimare in tempo le riparazioni già in avanzato stato di completamento. Catturato dai tedeschi, l’incrociatore fu affondato il 2 giugno 1944, nel corso di un’operazione congiunta di mezzi d’assalto italiani e britannici, dallo “chariot” del tenente di vascello M.R. Clauser. Occorre infine dire che il comandante del Bolzano, dopo che la sua nave era stata silurata, a giudizio dell’Ammiraglio Parona, non si era comportato, nell’opera di salvataggio dell’incrociatore, con lo spirito d’iniziativa necessario. Dopo aver ordinato l’evacuazione in modo giudicato affrettato dal comandante della 3a Divisione Navale, e mentre parte dell’equipaggio, guidato da alcuni ufficiali, era ritornato a bordo per cercare di salvare il Bolzano, riuscendovi, il capitano di vascello Mezzadra era rimasto passivamente lontano da quegli sforzi, limitandosi a impartire gli ordini, ai volontari, da bordo del cacciatorpediniere Geniere. Per questo motivo l’ammiraglio Riccardi, confermando sul comandante Mezzadra il severo giudizio espresso dall’ammiraglio Parona, né ordinò l’immediato sbarco. Paradossalmente, l’ufficiale inquisito era il padre del tenente di vascello Franco Mezzadra, che alcune ore prima si era comportato in ben altro modo, attaccando, con coraggio e determinazione, l’incrociatore Manchester, e conseguendo il suo affondamento con la motosilurante Ms. 22.[5][1] Per la manovra d’attacco del sommergibile britannico vedi: Alastair Mars, Unbroken, Londra, 1953.[2] Per la parte riguardante la 3a Divisione vedi il rapporto di missione dell’ammiraglio Parona n. 33/SRP del 21 agosto 1942, AUSMM, Scontri navali e operazione di guerra, b. 61.[3] AUSMM, Nave Attendolo, “Rapporto di missione di guerra”, Prot. n. 1725/S del 15 agosto 1942, Scontri navali e operazioni di guerra, b. 61.[4] AUSMM, “R.I. BOLZANO, Relazione sul siluramento avvenuto il 13 agosto 1942”, Scontri navali e operazioni di guerra, b. 61.[5] AUSMM, Scontri navali e operazioni di guerra, b. 61. Per la parte riguardante la 3a Divisione Navale vedi il rapporto del vice ammiraglio Parona n. 33/S.R.P. del 21 agosto 1942. Per l’incrociatore Attendolo, il Rapporto di missione di guerra, Prot. N. 1725/S del 15 agosto 1942, compilato dal capitano di vascello Mario Schiavuta. Per l’incrociatore Bolzano, la “Relazione sul siluramento avvenuto il 13 agosto 1942” compilato dal capitano di vascello Mario Mezzadra il 15 agosto 1942, e il rapporto n. 356/SRP, “Siluramento R.I. Bolzano – comportamento del comandante capitano di vascello Mario Mezzadra” compilato dall’ammiraglio di squadra, designato d’armata, Angelo Iachino il 9 settembre 1942. Per una più attenta ricostruzione e consultazione dell’avvenimento i grafici, realizzati da Antonio Mattesini padre dell’autore, sono i medesimi inseriti da Francesco Mattesini nella sua prima versione di La battaglia aeronavale di mezzo agosto, Capitolo XVI, “Un’imprevista punizione”, cit., p. 300-312. sandokan, Conterosso, Iscandar and 1 other 4 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Giancarlo Castiglioni Posted December 20, 2018 Report Share Posted December 20, 2018 Sto scrivendo la seconda parte tratta da "Vento da Prora"; anticipo solo i punti che sono oggettivamente in contrasto a quanto scritto sopra.I morti furono 4 (non 3).Tre furono identificati subito, il guardiamarina Musante e il secondo capo cannoniere Lusani, morti nell'esplosione di un proiettile da 100 mentre lo allontanavano dall'incendio ed un terzo, avvolto dalle fiamme appena scoppiò l'incendio e morto subito dopo.A Napoli durante i lavori vuotando un locale caldaia fu ritrovato il corpo del quarto Busato, dato inizialmente per disperso (pag287).Traetta sostiene che il rimorchio fu eseguito dal Camicia Nera (non dal Geniere) fino a qualche centinaio di metri da Panarea, quando i fondali gli impedirono di proseguire (pag.259).Nell'ultimo tratto fu trainato da un dragamine probabilmente arrivato da Messina (pag.259).Il trasferimento da Napoli a La Spezia fu effettuato con i propri mezzi, non a rimorchio (pag.289). Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco Mattesini Posted December 21, 2018 Author Report Share Posted December 21, 2018 Grazie dell'informazionew sul quarto caduto. Essendo stato ritrovato dopo più di un mese a Napoli non poteva essere stato incluso tra le perdite nei rapporti ufficiali. Il BOLZANO fu rimorchiato senza ombra di dubbio dal GENIERE, dove si trovava il comandante dell'incrociatore, ciò che sollevò l'ira dell'ammiraglio Paraono che avrebbe voluto che fosse rimasto a bordo della sua nave. Ho consultato il libro di Traetta fin dagli anni '60, ma poi non ho trovato nulla che fosse più preciso delle Relazioni ufficiali, e ho preferito non ragccogliere i suoi pettegolezzi. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Napy Posted December 21, 2018 Report Share Posted December 21, 2018 Bellissimo articolo Francesco. Però di lavori sul Bolzano a La Spezia, ne vennero fatti davvero pochi, ecco come fu trovato dai Tedeschi all'armistizio......neanche il fumaiolo prodiero era stato ricostruito.... Marco Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Giancarlo Castiglioni Posted December 22, 2018 Report Share Posted December 22, 2018 I testimoni oculari sono spesso inaffidabili, me lo raccontava Achille Rastelli che non perdeva occasione di interrogare i reduci.A volte sostenevano con convinzione in perfetta buona fede cose smentite da evidenza fotografica.Più che quel che è successo, ci ricordiamo quel che pensiamo sia successo.Questo accade più frequentemente per marinai e sottufficiali, per gli ufficiali accade che i rapporti di missione siano di proposito aggiustati per scusare proprie mancanze. Per esempio nel rapporto di Parona la giustificazione del lancio dell'aereo ha tutta l'aria di una scusa inventata a posteriori.Quindi è possibile che Traetta nei suoi ricordi abbia confuso il Geniere con il Camicia Nera.A un certo punto ne indica il Comandante il cui nome però nella fotocopia è poco leggibile.Sarebbe utile sapere i nomi dei Comandanti del Geniere e del Camicia Nera.Quanto alle riparazioni del Bolzano e poi del Gorizia a cui ha lavorato Traetta, dice che si era fatto poco perché si era data la precedenza alla messa in servizio delle corvette francesi recuperate a Tolone.Poi certamente c'erano da riparare navi meno danneggiate colpite dai bombardamenti.Una decisione che ritengo corretta, a quello stadio della guerra avere in servizio Gorizia e Bolzano avrebbe cambiato poco. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco Mattesini Posted December 22, 2018 Author Report Share Posted December 22, 2018 (edited) FORZE NAVALI ITALIANE E TEDESCHE NEL CONTRASTO ALL'OPERAZIONE "PEDESTAL" COMPOSIZIONE DELLE FORZE NAVALI ITALIANE 3a DIVISIONE NAVALE 3 incrociatori pesanti (3a Divisione) Gorizia – capitano di vascello Paolo Melodia, nave di bandiera dell’ammiraglio di divisione Angelo Parona, comandante della 3a Divisione Navale Bolzano – capitano di vascello Mario Mezzadra Trieste – capitano di vascello Umberto Rouselle 7 cacciatorpediniere (11a Squadriglia) Aviere – capitano di vascello Gastone Minotti, comandante della 11a Squadriglia Geniere – capitano di fregata Marco Notarbartolo Camicia Nera – capitano di fregata Adriano Foscari Legionario – capitano di fregata Corrado Tagliamonte Ascari – capitano di fregata Teodorico Capone Corsaro (della 17a Squadriglia) – capitano di fregata Lionello Sagamoso Grecale (della 10a Squadriglia) – capitano di fregata Luigi Gasparini 7a DIVISIONE NAVALE 3 incrociatori leggeri Eugenio di Savoia – capitano di vascello Franco Zannoni, nave di bandiera del comandante della 7a Divisione Navale, ammiraglio di divisione Alberto Da Zara Raimondo Montecuccoli – capitano di vascello Arturo Solari Muzio Attendolo – capitano di vascello Mario Schiavuta 4 cacciatorpediniere (10a Squadriglia) Maestrale – capitano di vascello Riccardo Pontremoli, comandante della 10a Squadriglia Vicenzo Gioberti – capitano di fregata Vittorio Prato Alfredo Oriani – capitano di fregata Paolo Pesci Fuciliere (della 13a Squadriglia) – capitano di fregata Umberto Del Grande UNITA’ ADIBITE A VARI COMPITI 1 cacciatorpediniere Malocello – capitano di fregata Pierfrancesco Tona 5 torpediniere Climene – capitano di corvetta Raffaele Cerqueti Centauro – capitano di corvetta Luigi Zerbi Enrico Cosenz – capitano di corvetta Emanuele Campagnoli Papa – tenente di vascello Giuseppe Sardelli Ardito – tenente di vascello Emanuele Consanego 2 pescherecci d’alto mare requisiti Eugenio – sottotenente di vascello Cesare Blanda Cefalo – tenente di vascello Corrado Dequal MAS MOTOSILURANTI E MOTOSCAFI SILURANTI 6 motosiluranti (2a Squadriglia della 1a Flottiglia) MS 16 – capitano di corvetta Giorgio Manuti, comandante della 2a Squadriglia MS 22 – sottotenente di vascello Franco Mezzadra MS 23 – sottotenente di vascello Giacomo Patrone MS 25 – tenente di vascello Franco Le Pera MS 26 – sottotenente di vascello Alberto Bencini MS 31 – tenente di vascello Antonio Calvani 15 Mas della 2a Flottiglia di Trapani 2a Squadriglia, a Messina a disposizione del 4° Gruppo Antisom Mas 546 – Mas 556 – tenente di vascello Luigi Sala 15a Squadriglia, a Palermo a disposizione del 6° Gruppo Antisom Mas 543 – nocchiere di 2a classe Leone Tirelli Mas 544 – Mas 548 – guardiamarina Miro Karis Mas 549 – tenente di vascello Andrea Giuffra 17a Squadriglia, a Trapani Mas 557 – guardiamarina Giovanni Cafiero Mas 560 – nocchiere di 2a classe Luigi Bolognesi Mas 563 – tenente di vascello Gino Maveri Mas 564 – nocchiere di 2a classe Giuseppe Iofrate 18a Squadriglia, a Messina e Lampedusa Mas 562 – guardiamarina Francesco Luciano Mas 556 – tenente di vascello Luigi Sala 20a Squadriglia, a Pantelleria Mas 552 – sottotenente di vascello Rolando Perasso Mas 553 – capo di 2a classe Luigi Riccardo Mas 554 – sottotenente di vascello Marco Calcagno 4 motoscafi siluranti della 10a Flottiglia MAS 1a Decimodist di Augusta MTSM 214 – sottotenente di vascello Ongarillo Ungarelli MTSM 218 – tenente di vascello Giuseppe Cosulich MTSM 222 – tenente di vascello Corrado Dequal MTSM 230 – tenente di vascello Corrado Garutti SOMMERGIBILI 18 sommergibili 3° Grupson di Messina – capitano di fregata Ferdinando Calda Asteria – tenente di vascello Pasquale Beltrame 7° Grupson di Cagliari – capitano di fregata Alfredo Criscuolo Avorio - tenente di vascello Mario Prigione Bronzo – tenente di vascello Cesare Buldrini Brin – tenente di vascello Luigi Andreotti Cobalto – tenente di vascello Raffaele Amicarelli Dandolo – tenente di vascello Giovanni Febbraio Dagabur – tenente di vascello Renato Pecori Emo – tenente di vascello Giuseppe Franco Giada – tenente di vascello Gaspare Cavallina Granito – tenente di vascello Leo Sposito Otaria – tenente di vascello Alberto Gorini Uarsciek – tenente di vascello Gaetano Arezzo della Targia Velella – tenente di vascello Giovanni Fabbraro Volframio – tenente di vascello Giovanni Manunta 8° Grupsom di Trapani – capitano di fregata Pietro Scamacca Ascianghi – tenente di vascello Rodolfo Bombig Alagi – tenente di vascello Sergio Puccini Axum – tenente di vascello Renato Ferrini Dessie – tenente di vascello Renato Scandola COMPOSIZIONE DELLE FORZE NAVALI GERMANICHE 5 motosiluranti della 3a Flottiglia a Porto Empedocle S 30 – sottotenente di vascello Horst Weber, nave comando del comandante da 3a Flottiglia tenente di vascello Friedrich Kemnade S 35 – sottotenente di vascello Klaus-Degenhard Schmidt S 36 – sottotenente di vascello Günther Brauns S 58 – sottotenente di vascello Siegfried Wuppermann S 59 – sottotenente di vascello Albert Müller 3 sommergibili della 29a Flottiglia alla Spezia U 73 – tenente di vascello Helmut Rosembaum U 205 – tenente di vascello Franz-Georg Reschke U 331 – tenente di vascello Hans-Dietrich von Tiesenhausen Non sono riuscito a trovare i nomi dei comandanti dei MAS 544 e MAS 546 perché mancano le relazioini delle due unità sottili nell'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare. Qualcuno conosce questi due comandanti! Francesco Edited December 22, 2018 by Francesco Mattesini Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco Mattesini Posted December 22, 2018 Author Report Share Posted December 22, 2018 Ricordo il mio servizio sul recupero dell'incrociastore BOLZANo a Panarea, dove si possono vedere le condizioni dellla nave in una servizio di fotografie. Avevo trattato l'argomento sulla nostra Posta Elettronica, e poi mi é stato chiesto il permesso di postarlo in Internet da Carlo Gatti. Incrociatore Pesante BOLZANO UN RECUPERO ECCEZIONALE http://www.marenostrumrapallo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=345:Bolzano&catid=36:storia Danilo Pellegrini 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Giancarlo Castiglioni Posted December 28, 2018 Report Share Posted December 28, 2018 Tornando a Milano ho potuto riprendere il libro di Traetta.Sostiene che gran parte dell'equipaggio è stata imbarcata sul Camicia Nera, compreso lui e il Comandante del Fiume Mezzadra e che poi il rimorchio fu effettuato dal camicia Nera.A pag. 259 cita il nome del comandante che è semi cancellato, ma si legge chiaramente Fo... quindi è sicuramente Foscari, comandante del Camicia Nera.Che abbia confuso il nome dei due CT è possibile, strano che abbia confuso anche il nome del comandante.Traetta scrive che il Bolzano fu trainato da poppa, come logico per evitare che l'incendio si estenda a centro nave.A pag 411 del libro di Giorgerini sugli incrociatori c'è una fotografia in cui sembrerebbe trainato da prua. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco Mattesini Posted December 31, 2018 Author Report Share Posted December 31, 2018 Dalle fotografie del siluramento del BOLZANo si vede chiaramente, ed é riportato in didascalia, che ha trainare l'incrociatore fino all'incaglio é stato il GENIERE del capitano di fregata Marco Notarbartolo. Il CAMICIA NERA stava vicino al BOLZANO e GENIERE, esercitando la protezione antisom. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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