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Diamo per superato il problema del "mi piace" e soffermiamoci  sul problema di fondo, l' etica e la buona pratica navale, senza innescare suscettibilità né   flames od introdurre considerazioni diverse da quelle di tecnica navale.

 

Il mio intervento, e non proprio una provocazione, viene da molto lontano e rispolvera una problematica già acuta negli anni ‘30 e resa drammatica dall’ affondamento dell’ Andrea Doria (al confronto il Concordia è stato un' inezia), una pagina su cui inesorabilmente, anche a distanza di tempo, si manca di obiettività e viene steso un velo pietoso di italica suscettibilità.

Eppure Titanic ed Andrea Doria sono esempi negativi di arte navale che dovrebbero essere trattati a fondo ed insegnati.

 

Non si tratta di mettere in dubbio le capacità di artisti, architetti, arredatori che dettero e stanno dando il meglio nell’ allestimento di queste navi, compresi questi cassoni scarsamente galleggianti.

Costoro, con le loro capacità, non sono responsabili di questi orrori navali, né dei loro errori.

Questo non nasconde che, malgrado che il ciclo si prolunghi, si tratti di un mercato navale effimero, oggi anche sbocco di altri settori, come quello civile, piuttosto in crisi.

Non si guarda pertanto per il sottile, ma non è neppure una novità.

 

Credo sia opportuno chiarire cosa e chi sono gli architetti navali, che non sono la stessa cosa degli architetti (italiani) che si occupano di arredamento ed allestimento.

Architetti navali sono stati Gibbs, Masdea, Stephens, spesso validissimi esponenti dell' estinta vasca navale di Roma

 

Anche le considerazioni sull’ indotto economico e sui ritorni per nostra economia (non certo in termini di forza lavoro ed impiego di personale italiano), per quanto apparentemente valide in forma puntuale, vanno considerate in termini di reali continuità e di costi benefici: si sa veramente quante e quali sovvenzioni e contributi, od altre forme di incentivo, ricevono le linee di crociera per scegliere uno scalo ?  

per evitare polemiche nostrane, cito solo un dato di fatto, indice di una prassi generalizzata : le stesse linee che operano in Italia, per ciascuna sosta in porti caraibici – cito uno per cognizione di causa, Sint Marteen (o San Martin) - non solo non pagano diritti e costi portuali, ma a seconda della stagione e dei passeggeri, ricevono un contributo (praticamente cash e comunque esentasse) da 100.000 a 200.000 dollari dall’ amministrazione locale per ogni scalo   (poi magari, è cronaca attuale, si scopre che e pure legata  a gruppi, italiani, del gioco d’ azzardo..)

Quello economico dell’ indotto e delle soste è un terreno scivoloso, quello tecnico deve essere inoppugnabile.

 

Fare “transatlantici da sogno” (slogan riferito ad certo periodo) o navi dell’ amore, o esperienze  indimenticabili,   è l’ equivalente moderno di panem et circensesdedicato ad un mercato, ed una categoria di utenti, “al mucchio” (od “alla rinfusa” in termini marittimi) ma per approfondire un argomento che è minimamente economico, compreso un supposto indotto da dimostrare come spontaneità e costo pubblico, bisogna ritornare alla tecnica , bisogna riferirsi alla “piattaforma”, alla nave ed alla sua sicurezza, indipendentemente dal suo allestimento, meraviglioso o spartano che sia.

 

Oggi prevale la scenografia sulle buone pratiche di costruzione navale, anche qui un mercato dell’effimero, con manutenzione ridotta al minimo indispensabile (meno del minimo, di fatto, come il ripetersi di inconvenienti dimostra), rimandando il tutto a radicali e rapidissimi refitting degli allestimenti che – d’ altra parte – più che usurati vengono distrutti da un certo modello di utenza.

La rapidità al riguardo, ancor più della qualità, è motivo di vanto ed orgoglio del sistema italiano di riparazioni navali e del suo indotto. 

 

L’ analisi dell’ efficienza navale di queste unità (che sono un connubio tra allevamento intensivo di polli in batteria, con alimentazione forzata, e bische a tutte le ore) :  non è ricerca dei colpevoli, ma constatazione di un fenomeno che da una parte riguarda il settore marittimo, le crociere in primis, dall’ altro riguarda le navi militari costruite in base ai calcoli delle probabilità ed ai consumi medi, e diventate oggetti spendibili.

 

Il problema non viene da adesso, ma risale oltre cinquanta’ anni or sono, dall’ uso dei transatlantici degli anni trenta come propaganda sino all’ affondamento dell’ Andrea Doria, una lezione mai metabolizzata da cantieri e marineria italiana.

 

Il fenomeno che ho voluto stigmatizzare, una volta di più, è la contrapposizione tra la notizia di stampa (drammatica esperienza ecc eccriferita a reporters con l’ uso improprio del telefonino che alla fine hanno avuto solo i bagagli annacquati - e rimborsati) ma non si sono però resi conto dei reali rischi, e la realtà dell’ impiantistica vitale di piattaforma.

 

Non importa che la causa dell’ allagamento, limitato od esagerato, sia dovuto al sistema antincendio od una sua derivazione, il problema sta nell’ assioma, nella regola che a bordo qualsiasi ristagno d’ acqua deve essere evitato, deve essere scaricato (tecnicamente si dice esaurito):  se per certi locali, per di più alti e laterali, fattori che aggravano il problema e la sua influenza, è previsto l’ uso di acqua per l’ antincendio, deve essere parimenti prevista la forma di scaricarla immediatamente (incidente Normandie docet)

Il dogma a bordo è acqua che entra = acqua che deve essere immediatamente scaricata, possibilmente in forma continua, automatica, immediata; se non è sufficiente la gravità (gli ombrinali, deve essere convogliata in forma da poter essere mandata in sentina ed aspirata, da pompe di sentina e se in grande volume da pompe di esaurimento.

Non si tratta di scienza infusa, di innovazioni avveniristiche, siamo al sillabario della vita a bordo.

Non aver previsto questa elementare misura è contrario alle buone pratiche, ed è un fattore di rischio.

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Anche le considerazioni sull’ indotto economico e sui ritorni per nostra economia (non certo in termini di forza lavoro ed impiego di personale italiano), per quanto apparentemente valide in forma puntuale, vanno considerate in termini di reali continuità e di costi benefici: si sa veramente quante e quali sovvenzioni e contributi, od altre forme di incentivo, ricevono le linee di crociera per scegliere uno scalo ?  

per evitare polemiche nostrane, cito solo un dato di fatto, indice di una prassi generalizzata : le stesse linee che operano in Italia, per ciascuna sosta in porti caraibici – cito uno per cognizione di causa, Sint Marteen (o San Martin) - non solo non pagano diritti e costi portuali, ma a seconda della stagione e dei passeggeri, ricevono un contributo (praticamente cash e comunque esentasse) da 100.000 a 200.000 dollari dall’ amministrazione locale per ogni scalo   (poi magari, è cronaca attuale, si scopre che e pure legata  a gruppi, italiani, del gioco d’ azzardo..)

Quello economico dell’ indotto e delle soste è un terreno scivoloso, quello tecnico deve essere inoppugnabile.

 

Perché scivoloso ? Se c'è qualcuno in Italia che da sovvenzioni in cambio delle soste delle navi da crociera non c'è nulla di male a parlarne, anzi se hai documentazione in proposito sarei lieto di conoscerla.

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Non sono d'accordo.

E' notorio che Ryanair riceve sovvenzioni per fare scalo in un aeroporto invece che in un altro.

Mi sembra che qualche problema è sorto a Trapani e Ryanair è andata via ...

Dire che il comune di Aosta (vado d'assurdo) sovvenziona MSC e Costa per avere gli scali delle navi, se è vero, è legittimo.

Altrimenti ad osservatori estranei possiamo dare l'impressione che tiriamo il sasso e nascondiamo la mano.

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interessante discussione.

Il fatto che i vettori aerei low cost, per esempio, siano ampiamente sovvenzionati non è un mistero per nessuno e non è nemmeno un reato.

Se avviene anche nell'ambito del turismo crocieristico e Carabiniere lo sa per certo con articoli o documenti, non siamo sullo scivoloso, anzi sarebbe bello averne un riscontro.

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Non credo esistano sovvenzioni per le linee di crociera, ne avrebbe parlato la stampa come per gli aeroporti.

La situazione è diversa, ci sono tanti aeroporti piccoli non in grado di attirare sufficiente traffico aereo, non molti porti adatti come scalo per grandi navi.

O forse la stampa ha scritto delle sovvenzioni aeroportuali chiaramente antieconomiche, mentre quelle portuali sono vantaggiose.

Lo scandalo fa sempre notizia.

Un argomento interessante.

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  • 3 weeks later...

Le navi , ed in generale le costruzioni, non si giudicano dall’ aspetto, ma dalla sostanza.

Una difesa dell’ immagine, sotto ogni aspetto marittimo o economico, non può passare sopra l’ efficienza e la sicurezza.

I risultati dell’ inchiesta su quanto è avvenuto, e avevamo segnalato, a Venezia sono terrificanti, ma messi a tacere in fondo “perché non ci sono state conseguenze”

Una volta di più la dimostrazione del mancato controllo degli enti preposti sugli standards e quindi sul prodotto finali delle grandi navi, 

 

Nel caso specifico (grazie a particolari circostanze: nave "piccola", condimeteo ottimali e vicinanza alla Capitaneria di Porto, circostanze che volgarmente e marinarescamente si potrebbero definire "c... “) l'incidente non ha prodotto danni a persone e/o cose ed è stato risolto con il pronto intervento della Guardia costiera che ha fatto intervenire due rimorchiatori che hanno riportato la nave rimasta senza motori di propulsione alla vicina banchina della stazione passeggeri.

 

La gravità dell’ avaria è maggiore del fatto specifico: la causa è stata  l'uscita dal proprio alloggio di una scheda elettronica di controllo dei MM.TT.PP. che ha provocato lo stop al gasolio con la necessità di ripetere tutta la procedura di avviamento del programma di gestione,  manovra da fare (magari a terra) con molta calma e molto tempo.

Si tratta di un sistema “terrestre” installato su una nave, in barba a qualsiasi accortezza e ridondanza, trascurando che a bordo ci sono vibrazioni e movimenti bruschi ..

Quello che preoccupa in tutto questo, non è la estrema fragilità del sistema elettronico di gestione di tutto l'apparato motore, ma l'impossibilità (forse incapacità) di intervento manuale per il riavvio della propulsione. 

Un problema ( sulla linea  di quanto successo a Genova con la Torre Piloti e le numerose vittime..) che può presentarsi in condizioni ben più gravi, un problema che rientra nelle possibilità e probabilità, e vito che è conosciuto, accorre prendere delle precauzioni, impiantistische ed umane.

Gli incidenti sono sempre in agguato, la prevenzione deve far si che sia prevista la forma di agire e la capacità del personale di di intervenire :. Per esperienza personale e conoscenza del lavoro di numerosi colleghi, a chi non è successo (sia in porto che in navigazione) di dover ricorrere a manovre manuali  a caldo per sopperire ali blocco dell'alimentazione delle pompe gasolio deii MTP oppure allo spegnimento improvviso di una caldaia o ancora alla fermata improvvisa dei DD/AA? 

Bene tutto questo nei moderni mostri si cui si imbarcano come mandrie inconsapevoli migliaia di persone,  non si può neppure provare, non solo perché si risparmia sulle ridondanze, sul semplice meccanismo di esclusione dell’ automatismo, ma anche  per la disattitudine a manovre manuali sugli apparati.

 

Non difendiamo l’indifendibile, e nella cultura navale rientra l’approfondimento e la conoscenza dei fenomeni, rientrano anche i richiami non alle tradizioni ma alle corrette pratiche, e non si possono bastonare e tacitare le voci fuori dal coro che segnalano l’ insostenibilità di queste trascuratezze, di questi cedimenti allo sfruttamento  .

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