Jump to content

Interessante ma discutibile studio del Comando Supremo


Recommended Posts

UN INTERESSANTE MA DISCUTIBILISSIMO STUDIO COMPILATO NELL’AMBITO DEL COMANDO SUPREMO NEL MAGGIO 1941

 

 

AEROSILURANTI

 

Memoria n. 2

 

 

L’esperienza di questi mesi di guerra sul mare dimostra:

 

1°) che l’aerosilurante è, come dice l’Ecc. Riccardi, l’arma della realtà;

 

2°) che con il solo impiego degli aerosiluranti è di solito possibile danneggiare, non affondare forze navali da guerra;

 

3°) che la linea corretta da seguire scaturisce dagli avvenimenti, e consiste in una stretta, predisposta, coordinata collaborazione tra le forze aeree e navali. La ricognizione aeromarittima, il bombardamento ed il siluramento aereo, l’impiego della caccia e da ultimo l’intervento delle forze navali subacquee e di superficie, se ben guidate, portano inevitabilmente all’affondamento del naviglio avversario.

 

Per ottenere ciò risuklta evidente che occorre un Comando unico per tutte le Forze operanti in mare.

Un rapido esame degli avvenimenti trascorsi lo dimostra, tenuto presente che il Comando unico esiste in atto per le Forze inglesi.

 

1°) A Punta Stilo da parte inglese il collegamento aeronavale è stato tentato senza successo. Gli inglesi impiegano troppo presto, in ora sbagliata gli aerosiluranti della nave portaerei; successo nullo. Non impiegano la loro caccia consentendo l’osservazione aerea del tiro da parte avversaria [la vecchia portaerei Eagle aveva soltanto due aerei da caccia biplani “Gladiator”]. Gli italiani, che non hanno aerosiluranti, impiegano grandi masse di bombardieri che non ottengono alcun risultato. Pur essendo le nostre basi aeree vicino al luogo dello scontro la caccia italiana non interviene a difesa della formazione navale. Se ne deduce per ambo i contendenti che la coordinazione aeronavale è lungi dall’essere perfetta; l’esecuzione pratica dà luogo, da parte italiana, ad inconvenienti gravi.

 

2°) A Capo Teulada gli inglesi migliorano lam propria coordinazione. La loro caccia interviene tempestivamente contro i ricognitori italiani che non possono quindi dare notizie precise tempestive [la moderna portaerei Ark Royal aveva 24 caccia, 13 Skuas e 12 Fulmar]. Agisce anche contro il bombardamento. Gli aerosiluranti attaccano la Vittorio Veneto nel momento più grave, e cioè quando questa accorre a sostenere gli incrociatori impegnati. Non colpiscono la nave, forse per l’ora diurna dell’impiego, ma ne rendono molto meno efficiente l’intervento. Gli italiani invece, pur essendo, come a Punta Stilo, vicini alle proprie basi aeree, non riescono a proteggere con la caccia né la nostra formazione navale dagli attacchi degli aerosiluranti inglesi, né le nostre formazioni da bombardamento. Queste, dimostrando molto coraggio e perizia sono bene impiegate di per sé stesse; ma non in collegamento tattico con le nostre forze navali. La nostra flotta non sfrutta i successi del bombardamento, preoccupata di sfuggire all’insidia degli aerosiluranti inglesi contro i quali si sente indifesa.

 

3° Nell’azione del 10 Gennaio u.s. [Operazione Excess], nella quale interviene per la prima volta il C.A.T. [X Fliegerkorps], la formazione navale inglese di scorta ad un convoglio viene duramente provata dagli attacchi, pur non perfettamente coordinati fra di loro, dagli aerosiluranti e dai bombardieri in picchiata. La promettente situazione creatasi non precipita nel disastro per l’assenza totale delle nostre forze navali, che, se tempestivamente impiegate, avrebbero potuto senza alcun dubbio sfruttare il successo iniziale ottenuto dall’aeronautica [le corazzate italiane erano state prudentemente portate da Napoli alla Spezia, troppo lontane dalla zona a ponente di Malta per poter intervenire].

 

4°) Azione aeronavale contro formazione navale inglese nei giorni 8-9 febbraio 1941: Informazioni di carattere attendibile avevano reso noto che il giorno 7 una formazione navale inglese di notevole entità aveva preso il mare dal porto di Gibilterra diretta verso levante. In conseguenza di ciò fu disposto un servizio di ricognizione aerea. Solamente all’alba del giorno 9 una vedetta della Regia Marina segnalò la presenza nel golfo di Genova di quattro cacciatorpediniere ritenute nazionali. Detta segnalazione non pervenne mai a Supermarina.

Nella stessa mattina la formazione navale inglese effettuò dalle ore 8 in poi il noto bombardamento di Genova.

La flotta italiana che in forze superiori agli inglesi era stata fatta uscire da La Spezia fino dal giorno 8 diretta verso Nord [dalla zona del Golfo dell’Asinara] allo scopo di intercettare la formazione navale inglese nella fase di ripiegamento verso ponente [punto fissato da Supermarina per l’intercettazione a 100 miglia a nord-ovest di Capo Corso]. Da quel momento in poi la formazione navale italiana rimase senza notizie sulla posizione e sui movimenti del Reparto navale inglese [Forza H] in quanto mancarono notizie dalla ricognizione aeromarittima [gli aerei italiani fecero tre avvistamenti ma ritennero che le navi inglesi fossero quelle italiane e conseguentemente non trasmisero nulla].

La formazione navale italiana [errore dell’ammiraglio Iachino] agì quindi d’impulso sul presupposto che il Reparto navale inglese seguisse una rotta per ponente lungo le coste della Provenza [della Corsica], mentre invece detto reparto fece, dopo il bombardamento di Genova rotta per Capo Corso e seguì successivamente la costa occidentale della Corsica [in realtà la Forza H seguì la rotta più diretta per uscire dal Golfo di Genova passando al centro tra le coste della Provenza e della Corsica].

La mancanza di notizie da parte dell’esplorazione aerea fu dovuta al fatto che i due unici ricognitori italiani che avevano avvistato la formazione inglese furono immediatamente abbattuti dalla caccia britannica [ricordo i tre avvistamenti con  scambio delle navi britanniche per quelle italiane]. Gli aerei catapultati dalle navi italiane non avvistarono nemmeno loro la formazione navale inglese.

Formazioni da bombardamento di Armera [Armata Aerea], partite nella tarda mattinata per ordine di Superaereo con il compito di rintracciare ed eseguire il bombardamento della formazione navale inglese, in gran parte rientrarono in sede per mancato avvistamento; quelle che avvistarono e eseguirono il bombardamento in quota, ma, non emisero all’aria il segnale di scoperta e diedero informazioni unicamente al rientro negli aeroporti, ossia dopo alcune ore.

 [Effettuarono l’attacco soltanto due Br. 20 mentre altri sette Br. 20 ritenendo si trattasse di navi italiane non sganciarono le bombe né trasmisero la posizione dell’avvistamento. Altra formazione di bombardieri S. 79 sganciò le bombe su due Mas italiani ritenendo trattarsi di due incrociatori britannici].

La mancanza di tempestive notizie da parte dell’esplorazione aerea nella fase di ripiegamento della formazione navale inglese dopo il bombardamento di Genova, privò il Comando del Repatro navale italiano di elementi necessari per determinare il contatto con la flotta inglese.

[il contatto sarebbe avvenuto se l’ammiraglio Iachino che dirigeva sul punto esatto di intercettazione fissato da Supermarina non avesse cambiato rotta dirigendo verso la Corsica]

Durante l’azione su Genova è mancato l’intervento della caccia italiana contro i velivoli inglesi operanti in quel cielo.

Da quanto procede risulta che la cooperazione aeronavale inglese si è dimostrata in questa operazione a punto, armonica e redditizia. In quanto ha impedito le ricognizioni aeree italiane ed ha consentito ai suoi aerei da ricognizione di correggere il tiro navale eseguito su Genova.

Da parte italiana la cooperazione aeronavale è mancata. La ricognizione aerea sia di Armera che per l’Aviazione per la Regia Marina è stata impiegata senza criterio coordinativo anche nei confronti della Regia Marina. Il bombardamento è intervenuto tardi ed in funzione del mancato funzionamento della ricognizione, con obiettivi imprecisi.

 

5°) Nell’episodio del 28 marzo (Battaglia di Capo Matapan, come la chiamano gli inglesi) si nota un miglioramento notevole nella pratica realizzazione della cooperazione aeronavale inglese. Gli incrociatori britannici mantengono il contatto a vista con le nostre forze navali a cui si attaccano; le fanno attardare nel tentativo di liberarsene e permettono il fortunato [direi abile] intervento di due successive ondate di aerosiluranti. Le forze navali principali procedono intanto di poppa a quelle italiane che in crisi si ritirano, e guadagnano cammino approfittando della minore velocità di quella formazione. La ricognizione aerea inglese compie quasi indisturbata per giorni interi il suo lavoro di segnalazione, e da ultimo permette l’intervento organico al tramonto – ora ottima – di un ultima ondata di aerosiluranti che colpisce seriamente il Pola e provoca di conseguenza il noto combattimento notturno.

Degno di rilievo il metodo di Comando delle Forze aeronavali inglesi nella fase pretattica, che ricevono le loro direttive in chiaro per radio dal Comandante imbarcato su un aereo. Da parte italiana, mentre concettualmente tutto era stato predisposto fra i diversi Stati Maggiori, l’0aviazione non è potuta intervenire. In pratica la coordinazione aeronavale è completamente mancata.

 

6°) L’ultima azione nel Canale di Sicilia e nel Mediterraneo Orientale [operazione “Tiger”] dimostra che da parte italiana, dal punto di vista della cvooperazione aeronavale non è stato fatto un passo avanti. E’ presso a poco il ripetersi dell’azione del 10 Gennaio [ossia mancato intervento della Squadra Navale]

Da quanto sopra balza chiaro che occorra raggiungere una fusione maggiore delle forze aeronavali per conseguire, attraverso una strettissima collaborazione preventiva di istruzione, di allenamento e di reciproca conoscenza e comprensione, un impiego organico e tempestivo di tutte le nostre forze contro l’obiettivo strate3gico di questa guerra che è costituito dalla potenza navale inglese. E la base di questa potenza fa perno nel Mediterraneo.

In questo settore operativo il ritmo delle operazioni sta procedendo con sempre maggior furore. I focolai di incendio si moltiplicano. L’usura grande e rapidissima dei mezzi impiegati porta con se la necessità, si può dire veramente spasmodica, di far pervenire  al più presto ed a qualunque costo sui teatri delle operazioni i necessari rifornimenti, a tentare d’impedire ciò all’avversario. Per l’Inghilterra le vie di comunicazione non sono che marittime. Questa sarà quindi costretta, come il 30 aprile u.s [? 8-10 maggio]. a far seguire ai propri convogli la via di gran lunga più breve del mediterraneo ed in funzione alla gravità ed alla durata nel tempo dei rischi, nonché al valore eccezionale dei carichi trasportati, l’entità della scorta dovrà essere sempre maggiore.

Se allo stato delle cose l’aliquota delle forze navali britanniche nel Mediterraneo corrisponde circa al 32% dell’intero tonnellaggio di superficie inglese, non è difficile prevedere che, per mantenere possibile il transito ai propri convogli su questo mare, l’Inghilterra sarà costretta ad impiegarvi tutte quelle forze navali che le possono consentire questo vitale risultato.

Q!uindi, sempre più importante, non solo agli effetti militari, ma anche agli effetti politici internazionali, si presenta l’obiettivo di colpire: la flotta inglese. Noi abbiamo nel nostro settore la possibilità di farlo.

Se è vero che liberare il Mediterraneo costituisce una importantissimo passo avanti, la posta fondamentale non è però costituita dalla conquista e dalla padronanza delle coste di questo mare, ma dalla distruzione delle forze navali nemiche che ivi sono costrette ad operare.

Se conquistato il Mediterraneo dalle Forze dell’Asse la flotta britannica ivi operante riuscisse a sfuggire alla nostra e conseguentemente trasferire in altri settori, il successo pur notevolissimo di una simile conquista , sarebbe puramente di carattere tattico.

Per controbatterlo vantaggiosamente basterebbe che le forze navali inglesi si trasferissero a Singapore. Di là oltre a rappresentare un rafforzamento delle posizioni inglesi in Oriente, in unione alla potenza navale americana rappresenterebbero tale un pericolo per il Giappone che questo sarebbe costretto a rivedere tutta la sua politica estera.

Per contro, se le forze navali inglesi del Mediterraneo fosserom praticamente distrutte, a parte del successo colossale per il risentimento internazionale che darebbe all’Italia una posizione di predominio morale e politico, l’Inghilterra si troverebbe all’improvviso in una posizione disperata in tutti i suoi settori operativi, non solo ma gli stessi Stati Uniti sarebbero drammaticamente richiamati ad un più cautos sviluppo della propria politica.

Oggi con l’intervento più meno larvato degli Stati Uniti il possesso del Mediterraneo e di Suez ha perduto il suo valore risolutivo. Senza la distruzione dei mezzi militari britannici in questo settore, l’Asse ritroverà sempre ricostituiti focolai di resistenza inglese a sempre più grande distanza dai suoi centri di produzione con inevitabile conseguente e temibile sparpagliamento di forze.

La distruzione della flotta inglese nel Mediterraneo rappresenta il fattore decisivo dell’attuale guerra.

Il tempo stringe. Ragioni di carattere politico e militare fanno sperare che il problema delle coste del Mediterraneo sia avviato ad una rapide e favorevole situazione. Bisogna, ora o mai più, mettere a punto la nostra macchina militare [con quali risorse ?] per raggiungere l’obiettivo che mai più e in nessun altro settore operativo potrà essere raggiunto.

 

___________

 

Se questo era il pensiero utopistico che esisteva nell’ambito dei geni del Comando Supremo non dobbiamo meravigliarsi se abbiamo perduto la guerra, e perduta male! Sono invece interessanti, anche se a volte inesatti, i giudizi espressi sulle deficienze italiane nelle operazioni navali del 1940 primo semestre del 1941.

 

Francesco Mattesini

Link to comment
Share on other sites

Osservo solo che l'ipotesi posta a base delle considerazioni finali, quella secondo cui gli inglesi avrebbero giocoforza adottato la rotta mediterranea come la via più breve per le comunicazioni marittime con il Vicino e l'Estremo Oriente, con convogli sempre più pesantemente scortati, è stata completamente smentita dagli eventi: solo convogli da Gibilterra e da Alessandria per Malta e viceversa, mai convogli di attraversamento e transito del Mediterraneo dopo la metà del 1941 e fino all'autunno del 1943, dato che la via prescelta era sempre la rotta del Capo. Una visione molto mediterraneo-centrica, non globale. Siamo ancora al mare nostrum.

Link to comment
Share on other sites

Francesco

 

I primi convogli Alleati ad attraversare il Mediterraneo, da ponente a levante, sono iniziati nel maggio 1943, dopo la conquista della Tunisia. In giugno é passato il primo grande convoglio, attaccato in forze dall'aviazione tedesca e italiana, senza fare un tubo. Nemmeno una nave colpita

 

Per il resto concordo con te, l'ho detto che non vi era da parte nostra una accettabile visione strategica, per non parlare poi, viste le tante sconfitte riportate anche in marcata superiorità di forze, qualla nel campo tattico.

 

Franco

Link to comment
Share on other sites

Join the conversation

You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.

Guest
Reply to this topic...

×   Pasted as rich text.   Paste as plain text instead

  Only 75 emoji are allowed.

×   Your link has been automatically embedded.   Display as a link instead

×   Your previous content has been restored.   Clear editor

×   You cannot paste images directly. Upload or insert images from URL.

Loading...
 Share

×
×
  • Create New...