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LA GUERRA IN MEDITERRANEO DOPO LA RINUNCIA ALL'ESIGENZA "C.3"


Francesco Mattesini
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A pag. 7:

" Cavallero aveva rifiutato mesi avanti l’offerta tedesca di costruire in Italia il Panther"

Il Panther era anche chiamato Panzer V.

Dal libro di Ceva e Curami "La meccanizzazione dell'Esercito Italiano" risulta che l'offerta fu di produrre il Panzer IV, che comunque era superiore al nostro P40.

O meglio lo sarebbe stato, perché il P40 era allo stadio di progetto più che di prototipo.

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Ho riportato quello che ha scritto Cavallero, in un documento (forse in un verbale di discussione), che parlava di altri argomenti, e che che mi é difficile rintracciare. Indubbiamente é del 1942, e non posso leggere tutto. Ricordo che Cavallero disse  chiaramente, forse a von Rintelen,  "noi abbiamo il nostro P.40". E' possibile che essendo i due carri molto indietro di costruzione, prevista per il 1943, Cavallero preferisse disporre del carro italiano, che non valeva neppure la metà del Panter V.

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La sostanza di quello che hai scritto è giusta, può darsi che tra Panzer IV e V si sia confuso Cavallero.

La vicenda è ricostruita estesamente nel libro di Ceva e Curami.

Per non perdete la  commessa, l'Ing. Rocca, a capo dell'Ansaldo, raccontò ai generali che il P40 sarebbe stato pronto rapidamente e che era di buona qualità.

Purtroppo gli hanno creduto.

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Ho sempre sostenuto che Benito Mussolini (Duce) non era un tecnico di questioni militari. Faceva finta di conoscerli, per darsi importanza. Quindi i militari e gli industriali gli raccontavano quello che volevano, e lui firmava i contratti e le forniture, diu qualsiasi genere.

 

Questo é anche il caso del P.40 e non solo. Eppure vedendo i carri armati tedeschi che operavano in Libia e durante la sua visita in Russia qualche dubbio gli sarebbe dovuto venire, e lo stesso discorso vale per Cavallero, un altro che nonostante la buona volontà nel collaborare con i tedeschi non aveva capito molto.

 

Differente era il caso di Hitler che, quando s'impuntava, spesso sbagliando, tutti facevano quello che voleva lui. Era un vero dittatore, non il dittatore da operetta, che doveva fare i conti con il vero Capo dell'italia, silenzioso ma sempre presente, Vittorio Emanuele III. Gli aveva dato il potere, ma avrebbe potuto riprenderlo quando voleva.

 

Ma dalla politica espansionistica del Duce, Vittorio Emanuele aveva ottenuto il titolo di Imperatorie d'Etiopia e Re d'Albania che non voleva gli fossero tolti dagli Alleati. Per questo motivo, dopo la firma della resa senza condizioni dell'Italia a Malta, il 29 settembre 1943, Vittorio Emanuele, questionando con il maresciallo Badoglio che gli chiedeva di  togliere il gruppo firma (Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia e Re d'Albania) per accontentare gli anglo-americani, ritardò di quattordici giorni, con grave comportamento verso il soldati italiani che i tedeschi consideravano franco tiratori, la dichiarazione di guerra all Germania.

 

E Mussolini, Capo della Milizia, all'ombra del Re, lamentandosene anche con Hitler, non poteva farci nulla perché il Re era il vero padrone della casta militare, che gli era fedele. E quanto il Sovrano volle estrometterlo, pur in tempi diffici e con il prestigio del Duce ai minimi storici, nessuno aprì bocca, essendo stato tradito perfino dai suoi fedelissimi, anch'essi diventati improvvisamente monarchici.

 

E' la storia degli italiani!  Da Masianello ad oggi gli esempi non mancano.

 

Francesco Mattesini

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Io credo che Mussolini sapesse benissimo di non essere un tecnico militare e che per questo spesso facesse quel che gli dicevano di fare i militari anche se non ne era convinto.

Anche Hitler non era un tecnico militare, ma dopo aver sentito i militari faceva di testa sua.

Ha certamente fatto degli errori, ma le sue decisioni sono state determinanti per le grandi vittorie nella prima parte della guerra.

Da soli i suoi militari non ne sarebbero stati capaci.

Credo che Mussolini abbia sbagliato intervenendo troppo poco.

Sul tradimento, credo che al Gran Consiglio Mussolini fosse incerto sul da farsi, si rendeva conto che la situazione era impossibile e che uscire di scena poteva essere la soluzione migliore per tutti.

Il giorno dopo seguendo il consiglio della moglie  "arrestali tutti" poteva ancora ribaltare la situazione.

Non lo ha fatto, in un certo senso si è tradito da solo.

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Il giorno dopo Mussolini non poteva fare più nulla. L'Esercito del RE aveva preso il controllo della Capitale fin dal giorno 20 luglio. Tutto era pronto, ma il Duce non lo sapeva. E anche se lo avesse saputo cosa poteva fare con le sue sole Camicie Nere? In quel momento i tedeschi non avevano ancora il pieno controllo dell'Italia.

 

Sono convinto anche io che "Mussolini abbia sbagliato intervenendo troppo poco", e lo stesso hanno fatto i militari. Roatta, che evidentemente si ricordava di quanto era stato fatto dopo Caporetto, riuscendo a rimettere in piedi un Esercito, drasticamente, aveva detto in una riunione al Comando Supremo del gennaio 1941: "Quì si fucila troppo poco".

 

E infatti in un esercito che si arrendeva in massa e aveva il record dei desertori, almeno qualcosa di severo per metterci riparo poteva essere fatto. Invece a quallo che risulta fece da capo espiatorio soltano un milite, fucilato durante l'invasione della Sicilia, in un periodo che era iniziato "il tutti a casa".

 

Con in disertori, i tedeschi, russi, giapponesi, statunitensi e britannici erano inflessibili. Ma anche i francesi nella prima guerra mondiale non hanno scherzato.

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Dal libro di Traetta "Vento in prora" pag. 348: dopo lo sbarco in Sicilia hanno inizio le prime diserzioni, specie da parte dei marinai siciliani, con ritmo sempre crescente.

Aggiunge che molti venivano ripresi e messi in carcere in attesa di processo.

Nessuno era disposto a prendere provvedimenti drastici, buona parte degli ufficiali aspettavano anche loro il momento giusto per mettersi in borghese e andare a casa.

Io credo che i militari il 26 luglio fossero più che altro in attesa di vedere come si mettevano le cose, di fatto non sono intervenuti.

Se Mussolini avesse voluto, con una azione decisa anche con forze limitate avrebbe potuto ribaltare la situazione.

Sicuramente non ha capito, non pensava certo di venire arrestato andando dal Re, ma credo che non avrebbe fatto niente in ogni caso.

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Nel gennaio 1941 i partigiani Jugoslavi non ci stavano, e neppure quelli greci dato che si combatteva in Albania. La guerra alla Jugoslavia é dell'aprile 1941. Nò, si riferiva proprio al comportamento, aimé, di ufficiali, sottufficiali e soldati delle Regie Forze Armate, che in Albania stavano per essere ributtati in mare dalla piccola Grecia. Un umiliazione .indopportabile, soprattutto per Mussolini che con Ciano, aveva voluto quella tragica avventura.

 

Poi c'era anche il fatto della ritirata in Cirenaica, dopo il disastro di Sidi el Barrani, e della caduta diella piazzaforte di Bardia arresasi il 5 gennaio sebbene disponesse di una difesa che comprendeva ben 400 cannoni.

 

Subito dopo era la volta di Tobruk, e poi la storia che io ritengo più umiliante per il Regio Esercito, e i carristi, a Beta Fom, al confine con la Tripolitania. Quando 23 carri armati Matilda (cannone da 40 mm), con marcia nel desero faticosissima, sbarrarno la strada della ritirata alla X Armata di Graziani che pure disponevano di 120 carri armati medi (cannone da 47 mm) che seguendo la strada litoranea si stavano ritirando da Bengasi. 

 

Con  gli M.13 abbandonati intatti dagli equipaggi, gli Australiani ci costituirono un reparto corazzato, impiegandolo subito, che portava come immagine sulla trottetta il Canguro.

 

Roatta, che era considerato il più intelligente dei generali italiani, e che poi in Jugoslavia nel 1942 contro i partigiani di Tito era stato molto deciso, tanto che nell'immediato dopoguerra lo volevano condannare come criminale di guerra, aveva in quel gennaio del 1940, Come Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, di che doversi dolere.

Edited by Francesco Mattesini
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