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Gli attacchi dei bombardieri in picchiata tedeschi e italiani alla nave portaere


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          Per la mia pagina in Accademia EDU sta preparando un grosso saggio, dal titolo Operazione Excess, dal quale, per i lettori del nostro Forum, riporto il capitolo più interessante di un importante episodio bellico accaduto il 10 gennaio 1941 a ponente di Malta.

         Tengo a precisare, con un certo orgoglio, che sia il Saggio e sia il Capitolo sul danneggiamento della portaerei Illustrius, da parte dei bombardieri in picchiata Ju.87 tedeschi e italiani, lo considero per fonti consultate (britanniche, tedesche e italiane) il lavoro più preciso e completo di particolari di quanti, in Italia e all’Estero, siano stati compilati sull’argomento fino ad oggi. Ritengo il Saggio inferiore, per la vastità dei temi affrontati, soltanto al mio libro L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo. Il contributo del “X Fliegerkorps”, Gennaio-Maggio 1941, stampato nel 1995 dallo Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, e poi ristampato nel 2003 in Seconda Edizione riveduta e ampliata.

 

        Francesco Mattesini      

               

 

 

Gli attacchi dei bombardieri in picchiata tedeschi e italiani

alla nave portaerei britannica Illustrious.

 

 

Introduzione

 

                All’inizio del 1941 i fronti militari italiani, di terra, di cielo e di mare, attraversavano un periodo di grande crisi, poiché il nemico, allora rappresentato dall’Impero britannico e dalla Grecia, era ovunque all’offensiva e aveva inflitto al partner meridionale dell’Asse europeo una serie impressionante di sconfitte.

         In tale situazione Benito Mussolini, temendo di dover chiedere perfino un armistizio alla Grecia, all’inizio di novembre del 1940 era stato costretto a invocare l’aiuto della Germania. Aiuto che, mettendo fine all’assurda formula della guerra parallela, era stato accordato da Adolf Hitler, inviando nel Mediterraneo una grande unità aerea: il 10° Corpo Aereo (X Fliegerkorps), i cui reparti d’impiego, dislocati sui principali aeroporti della Sicilia messi a disposizione dalla Regia Aeronautica (Catania, Gerbini, Comiso, Trapani, Palermo), disponevano di una massa di 220 velivoli da combattimento, poi aumentati a oltre 400 entro la fine di marzo. Al X Fliegerkorps era stato dato il compito dall’Alto Comando della Luftwaffe (O.b.DL) di chiudere il Mediterraneo alla navigazione britannica e battere Malta, affinché non inferisse sulle rotte italiane con la Libia, ove stavano per trasferirsi alla metà di febbraio le prime aliquote dell’Afrika Korps del generale Erwin Rommel.

         Ai primi di gennaio i britannici iniziarono l’Operazione Excess, che consisteva nel far transitare per il Mediterraneo un convoglio partito da Gibilterra e formato da quattro grossi e veloci piroscafi: il Clan Cumming,  Clan Mac Donald e Empire Song, diretti al Pireo con più di 30.000 tonnellate di rifornimenti urgenti per l’Esercito greco, e l’Essex destinato a Malta con un carico di 4.000 tonnellate di munizioni, 3.000 tonnellate di patate pregiate da semina, e dodici velivoli da caccia Hurricane imballati in casse stivate sul ponte.

         Nonostante questo convoglio poteva apparire di consistenza modesta, l’operazione Excess richiese invece l’impiego di quasi tutta la Marina da guerra britannica nel Mediterraneo, ossia le unità della Forza H di Gibilterra, e della Flotta del Mediterraneo (Mediterranean Fleet) di Alessandria. Ciò anche perché, con la contemporanea Operazione MC.4, l’ammiraglio Andrew Browne Cunningham, Comandante della Mediterranean Fleet, approfittò dell’occasione, di andare a prelevare il convoglio Excess a sud di Pantelleria, per far passare a Malta due piroscafi veloci del convoglio MW.5½, carichi di rifornimenti, e ritirare dall’isola dieci piroscafi scarichi dei convogli ME.5 ½ e ME.6, con destinazione Alessandria e Porto Said,  per la protezione dei quali fu necessario trovare adeguate scorte. 

         Il convoglio Excess, salpò da Gibilterra, con rotta est, alle ore 16.00 del 6 gennaio, scortato dall’incrociatore leggero Bonaventure e dai cacciatorpediniere Duncan, Hasty, Hereward e Hero. Nella sua rotta verso il Canale di Sicilia, il convoglio fu accompagnato, come gruppo di copertura, dalla Forza H del vice ammiraglio James Somerville, costituita dall’incrociatore da battaglia Renown, dalla corazzata Malaya, dalla nave portaerei  Ark Royal, dall’incrociatore Sheffield e dagli otto cacciatorpediniere Duncan, Faulknor, Firedrake, Forester, Fortune, Foxhound, Fury e Jaguarr.

         Durante la giornata del successivo giorno 7 la Malaya, il Firedrake e il Jaguar raggiunsero il convoglio, staccandosi dalla Forza H che, nel suo compito di copertura, procedeva spostata più a nord. Il mattino del 9 l’Ark Royal mise la prua al vento per far decollare cinque velivoli Swordfish destinati a raggiungere Malta per rinforzare ad Hal Far l’830° Squadron dell’Aviazione Navale (FAA), e nel pomeriggio arrivarono da levante gli incrociatori Gloucester e Southampton e il cacciatorpediniere Ilex, il cui compito era quello di rinforzare, nel passaggio del Canale di Sicilia, la scorta diretta del convoglio. Tutte le altre navi della Forza H, che nella giornata del 9 erano state attaccati senza successo da dieci bombardieri S.79 dell’89° Gruppo (32° Stormo) dell’Aeronautica della Sardegna, due dei quali furono abbattuti dai caccia Fulmar dell’Ark Royal, al tramonto invertirono la rotta, dirigendo per rientrare a Gibilterra.

         Nel frattempo, per assumere la scorta al convoglio “Excess”, avanzava da levante verso il Canale di Sicilia la Mediterranean Fleet che, salpata da Alessandria il 7 gennaio, comprendeva le corazzate della Forza A Warspite (ammiraglio Cunninghan) e Valiant, la nave portaerei Illustruious, e i cacciatorpediniere Jervis, Dainty, Gallant, Greyhound, Griffin, Mohwak e Nubian. Le restanti unità navali, comprendenti cinque incrociatori (Orion, Ajax, Perth, York, Coventry) erano adibite alla protezione dei convogli partiti da Malta con destinazione l’Egitto.

         Il convoglio Excess, dopo aver superato senza alcun disturbo il Canale di Sicilia, alle 07.20 di venerdì 10 gennaio, con le prime luci dell’alba, fu attaccato col siluro dalle torpediniere italiane Circe e Vega, di vigilanza a sud-est di Pantelleria. Nel combattimento che seguì la Vega fu immobilizzata dal tiro dell’incrociatore Bonaventure e del cacciatorpediniere Jaguar, e poi finita col siluro dal cacciatorpediniere Ereward.

 

 

Il Capitolo sul danneggiamento della portaerei’Illustrious

 

                Alle 08.00 del 10 gennaio, mentre il combattimento per fronteggiare le torpediniere italiane era ancora in corso, l’ammiraglio Cunningham raggiunse il convoglio Excess. Subito dopo che la Forza A aveva assunto la scorta indiretta delle navi mercantili, mantenendosi ad una distanza di poche miglia dal convoglio, alle 08.34 il cacciatorpediniere Gallant (capitano di corvetta Cecil Powis Frobisher Brown), trovandosi a 25 miglia a sud-ovest di Pantelleria, finì su una mina dello sbarramento italiano 7 AN, che la notte del 6 agosto 1940 era stato posato in quella zona degli incrociatori Alberico Da Barbiano e Alberto Di Giussano e dai cacciatorpediniere Antonio Pigafetta e Nicolò Zeno. Per il brillamento di una mina, che aveva urtato sotto lo scafo del Gallant e che causò cinquantotto morti e venticinque feriti tra i membri dell’equipaggio, il cacciatorpediniere ebbe la prora interamente asportata, per un’estensione di 30 metri, e rimase immobilizzato in lat. 36°27’N, long. 12°11’E.

         Il Gallant, fu preso a rimorchio di poppa dal cacciatorpediniere Mohawk (capitano di corvetta J.W. Eatan), e scortato dagli incrociatori Bonaventure, Gloucester e Southampton, e dai cacciatorpediniere Griffin e Diamond, l’indomani venne trascinato a Malta. Ma, una volta giunto in porto alla Valletta, al termine di una difficile e contrastata navigazione a rimorchio per una distanza di 120 miglia percorse a una velocità inferiore ai 5 nodi, il Gallant non poté essere riparato a causa dei danni risultati troppo estesi, da farlo apparire un relitto.[1] Dopo aver rimorchiato e scortato il Gallant fino all’entrata in porto della Valletta, il Mohawk e il Bonaventure, che erano rimasti con la nave danneggiata fino alla destinazione, ripartirono a grande velocità per raggiungere la Forza A.

         Durante la notte il Comando dell’Aeronautica della Sicilia, “nella previsione, confermata poi dai fatti, che nella mattinata del giorno 10 la flotta inglese si sarebbe trovata nella zona di mare compreso nel triangolo Pantelleria – Lampedusa – Malta”, pianifico un servizio di ricognizione con il decollo, a partire dall’alba del 10 gennaio, di quattro sezioni ciascuna di due velivoli da bombardamento S.79 del 30° Stormo. L’ultima sezione decollo con ritardo, perché rimasta in attesa di imbarcare un ufficiale osservatore della Marina che arrivò a Sciacca in automobile. I primi avvistamenti arrivarono alle ore 09.30, e furono subito comunicati al Comando del X Fliegerkorps.

         La presenza di navi britanniche nella zona tra Pantelleria e le acque di Malta, sempre tenute sotto controllo dai ricognitori dell’Asse, convinse il Comandante dell’Aeronautica della Sicilia, generale Renato Mazzucco, a inviare all’attacco una pattuglia di due aerosiluranti della 279a Squadriglia, diretta contro il gruppo principale, comprendente due corazzate e una portaerei. Naturalmente si trattava della Forza A, che per dare soccorso al danneggiato cacciatorpediniere Gallant le erano rimasti disponibili, per scortare le due corazzate e la portaerei, soltanto cinque cacciatorpediniere.

         Da parte tedesca, sulle precise segnalazioni dei ricognitori Ju.88D della 1a Squadriglia del 121° Gruppo (1.(F)/121), comandata dal capitano Erwin Fischer, tra le ore 10.10 e le ore 11.58 decollarono i seguenti velivoli del X Fliegerkorps:

         - da Trapani, quarantatre bombardieri in picchiata Ju.87 del 3° Stormo Stuka  comandato dal tenente colonnello Georg Edert, che disponeva del 1° Gruppo del 1° Stormo Stuka (I./St.G.1), al comando del capitano Werner Hozzel, e del 2° Gruppo del 2° Stormo Stuka (II./St.G.2), al comando del maggiore Walter Enneccerus. Gli Ju.87 ebbero come guida nella navigazione in mare aperto fino all’obiettivo un He. 111 del 2° Gruppo del 26° Stormo Bombardamento (II./KG.26);

         - da Palermo, per la scorta agli Stuka, dieci Bf.110 del 3° Gruppo del 26° Gruppo Caccia Pesante (III./ZG.26), al comando del capitano Karl Kaschka;

         - da Catania diciotto bombardieri in quota He.111 del 2° Gruppo del 26° Stormo (II./KG.26), al comando del maggiore Helmuth Bertram.[2]

         I due gruppi di bombardieri del 2° e del 3° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (II./LG.1 e III/LG.1), equipaggiati con velivoli Ju.88, non erano ancora arrivati in Sicilia, salvo alcuni velivoli, ma i due Gruppi di bombardieri  sarebbe poi intervenuti contro Malta nei giorni successivi, per attaccare gli obiettivi navali nel porto della Valletta. 

 

***

 

         A mezzogiorno del 10 gennaio, i piroscafi del convoglio Excess stavano dirigendo per sud-est zigzagando alla velocità di circa 14-15 nodi con la scorta di tre cacciatorpediniere ai quali, alle 10.20, si era unito l’incrociatore contraereo Calcutta, che in precedenza aveva scortato a Malta il convoglio MW.5½. Il Calcutta si era poi riunito al convoglio ME.6 in partenza per Alessandria, quando ricevette l’ordine urgente di raggiungere il convoglio “Excess, per sostituire il Bonaventure inviato a proteggere il danneggiato cacciatorpediniere Gallant. In quel momento la portaerei Illustrious, al comando del capitano di vascello Denis Boyd, con a bordo il Comandante delle portaerei della Mediterranean Fleet contrammiraglio Lumley Lyster, si trovava in linea di fila fra le due corazzare Warspite, a prora, e Valiant di poppa, e sulla dritta del settore prodiero del convoglio Excess. La rotta era per 110°, e le grandi navi, con i loro cinque cacciatorpediniere di scorta, zigzagavano alla velocità di 17-18 nodi. Il tempo era chiaro con nuvole alte, una brezza fresca soffiava da sud-sud-ovest verso e a dritta della direttrice di marcia.

         A bordo della portaerei, dei suoi quindici caccia Fulmar tre non erano efficienti perché causa incidenti e guasti necessitavano di riparazioni. La portaerei disponeva dell’apparato radar tipo 79Z,  che era in grado di rilevare aerei alla quota di 20.000 piedi e alla distanza di 90 miglia. Alle 10.06 decollarono dall’Illustrious cinque Fulmar dell’806° Squadron per il normale pattugliamento di vigilanza sul cielo della flotta.

                Il comandante Boyd e il contrammiraglio Lyster, temendo la minaccia degli aerei della Luftwaffe rilevati negli aeroporti della Sicilia dai ricognitori di Malta, avevano consigliato l’ammiraglio Cunningham a stare lontano dal Canale di Sicilia e quindi di non navigare troppo vicino al convoglio, che ritenevano potesse essere l’obiettivo dei velivoli da bombardamento nemici. Ma il Comandante della Mediterranean Fleet non li aveva ascoltati, perché riteneva che il suo compito primario dovesse essere quello di dare la maggiore copertura aerea possibile alle navi mercantili. Egli aveva assoluta fiducia sull’aggressività dei piloti dei caccia Fulmar, ed era convinto che se il nemico avesse attaccato essi gli avrebbero fatto pagare un duro scotto, sotto forma di parecchi abbattimenti e danneggiamenti di velivoli.[3] Comunque, anche stando in posizione più defilata rispetto al convoglio, che era considerato l’obiettivo degli aerei tedeschi, è indubbio che la precauzione suggerita da Boyd e Lyster avrebbe concerto una certa sicurezza all’Illustrious, poiché in realtà agli equipaggi degli Ju 87 del X Fligerkorps era stato dato il compito primario di ricercare ed attaccare la portaerei, motivo per il quale la maggior parte dei  velivoli erano stati armati con grosse bombe perforanti.

         Infatti, dei quarantatre Stuka dello St.G.3 che stavano sopraggiungendo, i trenta Ju.87B del II./St.G.2 erano decollati da Trapani alle 11.30 con i serbatoi supplementari scarichi, ed armati con una bomba da 1.000 chili, mentre gli altri tredici Ju.87R del I./St.G.1, possedendo il serbatoio supplementare adatto per lunghe navigazioni pieno di benzina, avevano una sola bomba da 250 chili. Solo lo Ju.87 del tipo B  era in grado di portare la bomba da 1.000 chili, mentre invece lo Ju.87 del tipo R, poteva al massimo portare la bomba da 500 chili, ma nelle lunghe navigazioni senza possedere il serbatoio supplementare. In volo gli Ju.87 furono raggiunti dalla scorta costituita da dieci caccia pesanti distruttori Bf.110 del III./ZG.26, decollati alle 11.10 da Palermo. Infine alle 11.58 decollarono da Catania diciotto bombardieri He.111 del II./KG.26.

                Un primo contatto sulla presenza di aerei nemici si ebbe per la Forza A alle 10.30 di quella mattina del 10 febbraio, quando due caccia Fulmar dell’806° Squadron dell’Illustrious, con piloti il tenente di vascello R.S. Henley e il sottotenente di vascello A.J. Sewel, attaccarono un aereo da ricognizione italiano  S.79, che reagendo con le sue mitragliatrici colpì il velivolo di Sewel costringendolo a rientrare sulla portaerei. La maggior parte dei contatti radar si ebbe con aerei che si mantenevano vicini alla Forza A, ed erano certamente ricognitori italiani e tedeschi.          Cinque Fulmar dell’806° Squadron, tre della sezione rossa e due della sezione bianca, erano in pattuglia aerea quando alle 11.20 fu avvistato un velivolo S.79, che fu attaccato. Un Fulmar della sezione rossa perse il tettuccio scorrevole della sua cabina di guida, e alle 11.45 fu costretto a rientrare sull’Illustrious. Questo incidente lasciò in volo per la scorta alla Forza H soltanto quattro caccia, proprio mentre si stavano avvicinando i due aerosiluranti italiani S.79 della 279a Squadriglia seguiti dalle formazioni degli Stuka dello St.G.3. In quel momento nove velivoli Swordfish si trovavano anch’essi in volo per compiti antisommergibili, a protezione della Forza A e del vicino convoglio Excess.

         I due aerosiluranti S.79, decollati da Pantelleria alle 11.50 con piloti e capi equipaggio il capitano Orazio Bernardini e il tenente Angelo Caponetti, avvistarono la Forza A, che si trovava a sud del convoglio Excess, 10 miglia a nord di Linosa. Alle 12.10 i piloti attaccarono con decisione, passando attraverso un nutrito fuoco contraereo e da distanze stimate di 1.200 e 1.400 metri, e dalla quota di 100 metri, lanciarono i siluri contro l’Illustrious, per poi sostenere, assieme all’ufficiale osservatore tenente di vascello Domenico Baffico, di aver sicuramente colpito quella nave, avendo visto levarsi a poppa della portaerei una densa colonna di fumo nero e rossastro, non appena trascorso il tempo  corrispondente alla corsa dei siluri.

         Da parte britannica l’attacco fu descritto come segue.

            Alle ore 12.20 dall’Illustrious fu rilevato un gruppo di velivoli non identificati sullo schermo del radar alla distanza di circa 6 miglia. Immediatamente i quattro Fulmar, che si trovavano alla quota di 4.300 metri, ricevettero l’ordine di intercettare gli intrusi. Pochi minuti dopo i piloti dell’806° Squadron avvistarono i due S.79 del capitano Bernardini e del tenente Caponetti, che dall’orizzonte a dritta si stavano avvicinando alla flotta volando costantemente bassi, a circa 50 metri di quota, e che furono accolti da un fortissimo fuoco contraereo delle navi, con armi di ogni tipo. L’Illustrious, che aveva in azione sia i cannoni da 114 mm che i complessi  pom-pom Vickers ad otto canne da 40 mm, manovrò per schivare i due siluri che, lanciati da una distanza di circa 2.300 metri, continuando la corsa passarono vicini alla corazzata Valiant (capitano di vascello Charles Eric Morgan).

         Nel frattempo i quattro caccia Fulmar dell’806° Squadron dell’Illustrious erano stati costretti a portarsi velocemente da 14.000 piedi (4.272 metri) a bassa quota, per attaccare gli S.79, e proseguirono l’inseguimento fino all’isola di Linosa, distante dalla flotta circa 20 miglia verso ponente. I due aerosiluranti furono gravemente danneggiati dal fuoco contraereo delle navi e dal successivo attacco dei due Fulmar che, con piloti i sottotenenti di vascello S.G. Orr e G.A. Hogg, spararono sugli S. 79 fino ad esaurire le munizioni.[4]

         Nel dirigere per rientrare alla base di Catania, con due feriti a bordo, l’S.79 del tenente Caponetti dovette deviare di rotta per poi effettuare, a Trapani, un atterraggio forzato senza carrello che mise il velivolo fuori uso.

         L’attacco dei due S.79 ebbe l’effetto di agevolare l’avvicinamento immediatamente successivo dei bombardieri in picchiata tedeschi dello St.G.3 alla Forza A. Gli Ju.87 poterono pertanto attaccare a tuffo gli obiettivi senza nessun iniziale contrasto aereo poiché, sebbene i Fulmar fossero stati richiamati, nel ritornare in quota il loro basso rateo di salita non gli permise di farlo se non ad attacco tedesco ormai ultimato. Inoltre una sezione di Fulmar era ormai senza munizioni, consumate contro gli S.79, e l’altra sezione aveva segnalato di averne in quantità insufficiente, al 50% della dotazione.

         Al momento dell’arrivo degli aerei tedeschi la Forza A si trovava 65 miglia a sud-est di Pantelleria, con le grandi unità che si stavano riordinando in linea di fila dopo l’attacco degli aerosiluranti italiani, quando sopraggiunse  la grossa formazione dei quarantatre bombardieri in picchiata dello St.G.3, In quel momento, a bordo dell’Illustrius quattro Fulmar e tre Swordfish si trovavano pronti al decollo per un fissato programma di volo, ma la loro partenza fu ritardata poiché, in attesa dell’ordine di decollo da parte dell’ammiraglio Cunningham, furono perduti minuti preziosi per portarsi a quota sufficiente per attaccare gli Ju.87, essendo i Fulmar penalizzati, come detto, dalla scarsa velocità di salita, non sufficiente a garantire un tipo di contrasto come quello che si stava verificando. Il decollo del primo Fulmar ebbe inizio alle 12.34½, mezzo minuto prima che fosse segnalata la formazione di aerei tedeschi in avvicinamento. L’ultimo Fulmar a decollare, alle 12.36, fu quello che aveva per pilota e navigatore i sottotenenti di vascello I.F. Love e R.D. Kensett.

         Nel frattempo però, nel realizzare la partenza dei velivoli, l’Illustrious era stata naturalmente obbligata di accostare sulla dritta di circa 100° per portarsi in favore di vento, e l’attacco degli Stuka, con le navi che cominciarono a sparare a grande distanza per poi passare al fuoco di sbarramento, ebbe inizio dopo che era stata ripresa la rotta iniziale di 110° e l’ammiraglio Cunningham aveva ordinato l’allargamento della formazione.

         Gli aerei tedeschi sopraggiunsero di poppa alle unità britanniche in tre formazioni. Una prima formazione di dieci velivoli fu vista puntare sulle due corazzate Warspite e Valiant, mentre i restanti Ju.87, in sezioni di tre velivoli, diressero contro la portaerei Illustrious. Portatisi sulla perpendicolare delle navi, con picchiate decise, iniziate a circa 4.000 metri di quota e con fantastici angoli del tuffo, tra i 60 e gli 80 gradi, gli Stuka provenendo da differenti direzioni, sincronizzando l’attacco in modo flessibile, diressero con una formazione a dritta di poppa dell’Illustrious e le altre dai due lati della poppa della portaerei. Ciò avvenne “in modo brillante”, come si espresse il contrammiraglio Lyster, con gli Ju.87 che attraversarono con determinazione lo sbarramento di fuoco dei cannoni e delle mitragliere di ogni calibro, per poi sganciare le loro bombe da altezze comprese tra i 300 e i 500 metri.

         La corazzata Valiant attaccata da sei velivoli non fu colpita, mentre la Warspite (capitano di vascello Douglas Blake Fisher), la nave comando dell’ammiraglio Cunningham, fu abbastanza fortunata, poiché nell’attacco di tre Ju.87 una bomba caduta a prora causò soltanto la rottura di una cubia e il danneggiamento dell’ancora di dritta. Invece l’Illustrious (capitano di vascello Denis Boyd, che manovrava accostando rapidamente nel tentativo di rendere meno precisa la mira dei piloti tedeschi, centrata ripetutamente dalle bombe e completamente circondata da colonne d’acqua fu duramente colpita.

         L’ammiraglio Cunningham, che si trovava sulla plancia della corazzata Warspite, descrisse nelle sue memorie l’attacco degli Stuka all’Illustrious come segue:[5]

 

         Furono avvistate verso nord grandi formazioni di aerei i quali ci arrivarono sopra in un battibaleno. Li riconoscemmo per tedeschi: tre gruppi di Stuka. L’ILLUSTRIOUS mandò in volo altri caccia; ma né essi né quelli che si trovavano già in aria, poterono salire abbastanza in alto per fare qualcosa. Aprimmo il fuoco con tutti i nostri pezzi antiaerei contro gli “Stuka”che, uno alla volta, si abbassarono fino a sfiorarci nei loro tuffi e concentrarono quasi tutta la loro offesa sulla ILLUSTRIOUS. A volte essa era quasi interamente nascosta in una selva di spruzzi di bombe.

         Eravamo troppo interessati a questa nuova forma di attacco in picchiata per poter provare paura, e non vi è dubbio che i protagonisti dell’azione fossero attori perfetti. Essi si disponevano in un grande circolo sopra la flotta e si abbassavano in picchiata uno alla volta quando avevano raggiunto la posizione di attacco. Non potevamo non ammirare l’abilità e la precisione della manovra. I tuffi erano portati a fondo a una distanza di punto in bianco dal bersaglio e quando si riprendevano al termine della picchiata alcuni di essi volavano lungo il ponte di volo della ILLUSTRIOUS più bassi del suo fumaiolo.  

         La vidi colpita per la prima volta proprio a proravia della plancia e nel corso di tutta l’azione, qualcosa come dieci minuti, fu colpita da sei bombe da 1.000 libbre [463 kg], e dovette uscire di formazione con un forte incendio, con la macchina del timone danneggiata, gli ascensori in avaria e gravi perdite fra gli uomini.

 

         L’Illustrious fu raggiunta in rapida successione dalle sei bombe, due da 1.000 chili e quattro da 250 chili,[6] cinque delle quali esplosero regolarmente. La prima bomba, cadendo a prua della portaerei, dopo aver colpito il complesso 1S di mitragliere contraeree a otto canne pom-pom da 40 mm, uccidendo due uomini, sfondando la piattaforma e asportando un pezzo di corazza laterale, finì in mare senza esplodere. Una seconda bomba, da 1.000 chili, centro in pieno l’estremità della prua non blindata, passò il quadrato di ricreazione sul lato sinistro e uscì dallo scafo, per poi esplodere a circa 3 metri sopra la linea di galleggiamento, provocando allo scafo dell’Illustrious gravi danni per schegge e l’allagamento dei compartimenti prodieri.

         La terza bomba, sfiorando l’isola, colpì in pieno il complesso pom-pom S2 di dritta uccidendo la maggior parte dei serventi. L’arma non riportò gravi danni ma le munizioni presero fuoco esplodendo, mentre il braccio di una gru mobile crollò sulla mitragliera sottostante S1 danneggiandola e interrompendo la corrente elettrica. Subito dopo due bombe ritenute una a 250 chili e l’altra de 500 colpirono la portaerei quasi simultaneamente. Una cadde presso l’ascensore di poppa e andò a esplodere nel sottostente pozzo, mentre la seconda bomba esplose dopo aver colpito il margine sinistro dell’ascensore che si stava sollevando per trasportando sul ponte di volo un caccia Fulmar, con il suo pilota, che furono entrambi letteralmente disintegrati. L’effetto dell’esplosione nel sottostante hangar, e l’incendiò che si propagò, portò alla distruzione di ben tredici velivoli, nove Swordfish carichi di bombe e siluri e quattro caccia Fulmar in corso di rifornimento, ma causò anche gravi danni alle strutture tra le ordinate 162 e 166  fino alla corazza del compartimento del timone.

         Ad aumentare i danni contribuì subito dopo la quinta bomba che esplodendo nelle vicinanze del fianco destro, mandò in avaria il congegno del timone, che mise l’Illustrious fuori controllo a causa di un allagamento. Il timone resto bloccato a sinistra e la portaerei cominciò a girare in tondo in mezzo alla flotta, mentre le squadre antincendio subito intervenute s’impegnarono a spegnere le fiamme.

         Alle 12.42 circa, la sesta e ultima bomba, anch’essa ritenuta erroneamente da 500 chili, ma probabilmente da 1.000 chili, colpì il centro del ponte di volo fra l’isola della portaerei e l’ascensore di poppa, perforò la corazza ed esplose poco sopra il ponte dell’hangar facendo uno squarcio di 7 metri quadri, incurvando il ponte corazzato sottostante di 10 centimetri, e scardinando l’ascensore di prua. Attraverso un varco entrò aria che alimento le fiamme degli incendi dell’hangar C, distruggendo completamente l’ascensore di poppa. Furono i danni causati al ponte di volo da questa bomba che rese impossibile di poter far decollare o atterrare aerei sulla Illustrious. 

         Altre tre bombe caddero vicinissime alle fiancate della portaerei, aumentandone le avarie allo scafo. Una delle due bombe, caduta presso la fiancata destra dell’Illustrious, oltre a provocare un incendio sul ponte della mensa sottufficiali, con una grossa scheggia, che sfondò la struttura dell’isola, recise i cavi che portavano l’alimentazione all’impianto radar, che fu messo fuori uso, assieme ai ripetitori della girobussola e i proiettori da segnalazione. Un'altra bomba, caduta presso il fianco sinistro, provocò un incendio nel locale di mensa dei Royal Marines. A tutto ciò si aggiunse che uno Ju.87, colpito nella sua picchiata dalla contraerea, precipito sull’Illustrious andando a sfasciarsi dentro il pozzo dell’ascensore di poppa, generando un incendio che nell’hangar contribuì ad aumentare i danni provocati dalle bombe.[7]

         In definitiva, le bombe danneggiarono gravemente il ponte di volo dell’Illustrious, misero l’apparato radar fuori servizio, distrussero a bordo gran parte degli aerei, misero fuori servizio la metà dei pezzi contraerei da 114 mm, ossia tutti quelli nelle torrette binate di poppa, determinarono un grosso incendio a prora e altri vari incendi nei locali interni, danneggiarono il timone, uccisero parecchi uomini dell’equipaggio e ne ferirono molti altri. Tra gli equipaggi di volo furono uccisi otto uomini degli Swordfish degli Squadron 815° e 819°, e altri due furono feriti, e decedette il pilota di un Fulmar dell’806° Squadron, sottotenente di vascello J. Marchall, con il suo navigatore N.A. Tallack, il cui aereo era quello che fu colpito sull’ascensore di poppa.

            Il termine dell’attacco, durato appena sei minuti e mezzo, La Illustrious era,  rimasta a disporre di scarsa energia elettrica e con il ponte di volo devastato dalle esplosioni, tanto da apparire come un relitto in fiamme. Essendo sbandata fortemente a sinistra e con il timone fuori uso, che la costringeva a percorrere larghi circoli, mentre le altre navi della flotta manovravano per mantenersi a distanza dalla portaerei, l’Illustrious dimostrò nell’occasione di essere stata ben costruita. Il suo resistente ponte corazzato aveva impedito alle bombe di penetrare in profondità, specie le quattro da 250 chili, poiché le portaerei della classe “Illustrious” erano state costruite con un ponte e una cintura corazzata in acciaio, proprio come le navi da battaglia. Metodo di costruzione adottato soltanto sulle portaerei britanniche, che se da una parte limitava negli hangar il numero degli aerei trasportabile a non più di quaranta, rendeva le navi molto sicure e più resistenti di quelle delle altre Marine, statunitensi e giapponesi (in grado di portare fino a novanta aerei) come fu dimostrato in altre occasioni.

         Nel compartimento caldaie gli uomini erano costretti a lavorare tra il fumo denso e acre, che era aspirato dai ventilatori, ciononostante riuscirono a mantenere alta la temperatura delle caldaie fino a raggiungere i 140 gradi, meritandosi l’elogio del comandante Boyd, Nel frattempo nell’hangar, sotto la direzione del capitano di fregata Tuck e dei tenenti di vascello Jago e Gregory, l’equipaggio si dedicava a combattere gli incendi, che alle 15.30 furono messi sotto controllo.

         Per questo motivo l’Illustrious fu in grado di superare il momento difficile, e per ordine del comandante Boyd, che mai dubito di poter salvare la sua nave, essa poté dirigere, con i due cacciatorpediniere Hasty e Jaguar assegnati come scorta, verso il vicino porto della Valletta, manovrando alla velocità di 17 nodi con le sue macchine, che non avevano riportato danni.[8] La decisione del capitano di vascello Boyd fu presa perché la sua nave non era più in grado di operare con funzioni di portaerei, e considerando che probabilmente sarebbe diventata invece un impedimento per la flotta.

         Due degli otto caccia Fulmar dell’806° Squadron che si trovavano in volo, erano nel frattempo riusciti a riportarsi in quota dopo l’attacco agli aerosiluranti S.79 del capitano Bernardini, e si erano impegnati in combattimento, in cui intervennero anche gli altri sei caccia, ed insieme avevano contribuirono ad abbattere due Ju.87 del II./St.G.2. Altri due Stuka, inizialmente dati per perduti dal Comando del X Fliegerkorps, rientrando alla base danneggiati erano stati costretti ad effettuare atterraggi di emergenza in località della Sicilia. Di essi uno della 4a Squadriglia del II./St.G.2, che era stato colpito dai caccia britannici, si schianto al suolo a Castelvetrano. 

         Anche uno dei caccia Fulmar era stato abbattuto. L’osservatore, sottotenente di vascello R.D. Kensett, restò ucciso mentre il pilota, sottotenente di vascello I.F. Lowe, ferito a una spalla, riuscì ad ammarare vicino al cacciatorpediniere Nubian (capitano di fregata Richard William Ravenhill) che lo recuperò prima che l’aereo affondasse. Lo stesso accadde a uno Swordfish dell’815° Squadron che si trovavano in volo per compiti di scorta antisom. Essendo stato colpito il serbatoio della benzina, lo Swordfish dovette ammarare vicino al cacciatorpediniere Juno (capitano di fregata St. John Reginald Joseph Tyrwhitt), che raccolse il pilota, tenente di vascello Charles Lamb, e i suoi due uomini d’equipaggio.

         Gli altri sette Fulmar, assieme a otto Swordfish che si trovavano anch’essi in volo, non potendo atterrare sull’Illustrious per l’impedimento causato dai crateri delle bombe e la deformazione del ponte di volo, diressero verso Malta per atterrare nell’aeroporto di Hal Far. Rifornirsi di benzina e riarmatisi nell’aeroporto, nel pomeriggio i caccia tornarono a scortare il gruppo della portaerei, fornendo una preziosa assistenza nel difendere la loro nave dagli altri attacchi della Luftwaffe e della Regia Aeronautica, che erano stati pianificati nei comandi tattici di Taormina e Palermo.

         I decolli si svolsero in più ondate, con la partecipazione nell’ordine di tre aerosiluranti S.79 (due della 278a Squadriglia e uno della 279a Squadriglia), di due formazioni di tre e di sei Ju.87 del 96° Gruppo Tuffatori scortati da tre caccia Mc.200 e tredici Cr.42 del 17° Gruppo del 1° Stormo, di quattordici Ju.87 del I./St.G.1, di quattordici He.111 del II./KG.26, e infine di altri tre aerosiluranti S.79 della 279a Squadriglia. Inoltre, alle 15.45 partirono da Catania tre ricognitori Ju.88D della 1.(F)/121, con l’ordine di tenere sotto controllo le navi britanniche, facendo da radio faro e volando ad alta quota per evitare di essere attaccati dai caccia Hurricane di Malta.

         I primi tre aerosiluranti S.79, alle 13.15 avvistarono il gruppo di navi che stava proteggendo il danneggiato cacciatorpediniere Gallant a 20 miglia a est di Linosa. Nel frattempo però erano stati rilevati dal radar della corazzata Valiant che subito avvertì i Fulmar dell’806° Squadron che, ritornati da Malta dopo il rifornimento, si trovavano in volo presso le navi. La presenza dei caccia britannici, che attaccarono e danneggiarono uno degli S.79, costringendo il pilota a interrompere la manovra di attacco, unita al fatto che l’incrociatore Bonaventure e il cacciatorpediniere Mohawk avevano aperto il fuoco con le artiglierie contraeree contro gli altri due velivoli avvistati alla distanza di 7.000 metri. Questa reazione convinse i piloti a desistere dall’avvicinarsi alle unità nemiche e a rientrare alla base con i siluri, anche perché essi dichiararono che, durante la manovra, le navi nemiche avevano accostato in modo da presentare la prua agli aerei attaccanti, mettendosi in posizione per schivare i siluri.

         Contro un gruppo d’unita navali avvistato a 40 miglia da Pantelleria decollò la prima formazione del 96° Gruppo tuffatori, costituita da una pattuglia di tre Ju.87, che disponevano di serbatoi supplementari e di  una bomba da 500 chili, entrambi portati in volo durante il trasferimento da Lecce a Comiso, avvenuto d’urgenza il 9 gennaio per ordine di Superaereo per attaccare dalla Sicilia le navi nemiche segnalate in movimento convergente nei due bacini del Mediterraneo. Una seconda formazione di sei Ju.87 R-2 caricò invece una bomba da 1.000 chili non essendovi a Comiso bombe antinave da 500 chili, com’è scritto in una relazione del Comando Aeronautica Sicilia inviata a Superaereo.[9] La partenza della seconda formazione, con i velivoli senza serbatoi supplementari e quindi con autonomia normale, avvenne quando le navi nemiche entrarono nel loro raggio d’azione.

         La pattuglia dei primi tre Ju.87 della 236a Squadriglia, con piloti il tenente Fernando Malvezzi, il sergente maggiore Pietro Mazzei e il sergente Giampiero Crespi,  prese il volo da Comiso alle ore 11.45 e diresse su Palermo per unirsi sopra l’aeroporto alla scorta dell’80a Squadriglia del 17° Gruppo del 1° Stormo Caccia, costituita da un Mc.200, con pilota il tenente Aldo Felici, e da tre Cr.42 al comando del tenente Emilio Marchi. Alle 13.00 avvistate cinque navi, di cui una al centro della formazione in lento movimento, gli Ju.87 attaccarono in picchiata, con gli equipaggi che, sganciando da una quota di 500 metri, ritennero di aver colpito un incrociatore con due bombe da 500 chili, una a poppa e una al centro. La conferma sembrò venire dall’avvistamento da parte di un ricognitore che alle 17.00 segnalò un incrociatore in avaria, sbandato di oltre 30 gradi, a 20 miglia a nord di Linosa. Si trattava in realtà del cacciatorpediniere Gallant che a rimorchio del Mohawk dirigeva per Malta alla velocità inferiore a 5 nodi, scortato dagli incrociatori Bonaventure, Gloucester e Southampton, e dai cacciatorpediniere Griffin e Diamond. Nel corso dell’attacco una bomba da 500 chili cadde presso lo scafo del Gloucester (capitano di vascello Henry Aubrey Rowley) che riporto soltanto danni minori, sotto forma di infiltrazioni d’acqua alla cupola dell’ecogoniometro.

         Gli altri sei Ju. 87 R-2 del 96° Gruppo, cinque della 237a Squadriglia e uno delle 236a, decollati da Comiso al comando del capitano Ercolani Ercolani, prelevarono sopra l’aeroporto di Palermo la scorta di undici caccia Cr. 42 del 23° Gruppo guidata del capitano Luigi Filippi. Quindi diressero a sud verso l’obiettivo che, apparendo costituito da una portaerei e due incrociatori, che erano invece i cacciatorpediniere Hasty e Jaguar, fu raggiunto dopo mezz’ora di volo a poche miglia da Malta.

         La formazione aerea italiana fu percepita in avvicinamento dal radar della corazzata Valiant. E quando alle 16.09 gli Ju.87 sopraggiunsero sulla Forza A, per iniziare l’attacco ripartiti in due pattuglie ciascuna di tre velivoli, furono accolti da una forte reazione contraerea, poiché nel frattempo era stato ripristinato in parte l’armamento della portaerei, che ora poteva contare su cinque dei sei pom-pom a otto canne da 40 mm e sugli otto cannoni da 133 mm delle quattro torri prodiere. Invece, le quattro torri di poppa da 133 mm mancavano dell’alimentazione elettrica, rimasta  interrotta dall’esplosione delle bombe che avevano colpito l’ascensore poppiero, e non ancora ripristinata. Tuttavia il tiro fu disturbato dal fumo denso di un incendio, che si era sviluppato negli hangar della portaerei e non ancora domato, e che interferiva con la mira dei cannoni da sottovento.

         Da Malta, oltre ai Fulmar dell’806° Squadron, furono mandati a scortare le navi sei caccia Hurricane del 261° Squadron, ma soltanto uno di essi s’impegnò nel tentativo di attaccare gli aerei italiani, senza successo, perché fu subito attaccato e costretto ad allontanarsi da due caccia Cr.42 del 23° Gruppo.

         Gli Ju.87R del 96° Gruppo, furono accolti da una reazione antiaerea violentissima che colpì uno dei velivoli sull’ala destra, e alle 16.04 i bombardieri picchiarono da prora a dritta sull’Illustrious. Tre Ju.87, accompagnati da altrettanti caccia, furono visti attaccare la portaerei a dritta di poppa e sui quartieri poppieri, e altri tre Ju.87, provenendo di prora a dritta, la colpirono a centro nave, a circa 3 metri e mezzo dall’ascensore di poppa, con una bomba perforante antinave da 1.000 chili. Altre due bombe del medesimo calibro, cadendo vicino alla portaerei, una presso l’isola l’altra più a poppa, le produssero sul fianco destro altri danni allo scafo.

         Il colpo a segno sul ponte di volo dell’Illustrious, da alcune fonti britanniche attribuito all’ultimo Ju.87 che attaccò, è stato accreditato in Italia ad un pilota della 237a Squadriglia, il sergente maggiore pilota Tullio Bertolotti. Non essendo in grado di confermarlo, lo riportiamo per dovere di cronaca.[10]

         Rientrati alle 15.30 a Comiso gli equipaggi degli Ju.87 riferirono che una bomba aveva sfiorato la fiancata sinistra del centro della portaerei, che aveva vicino due navi di grosso tonnellaggio (erano i cacciatorpediniere), “tanto da non lasciare che metà dell’impronta circolare nell’acqua”, mentre altre due bombe erano “cadute entro 5 metri di distanza dalla stessa fiancata”.[11]

         Secondo il rapporto del comandante dell’Illustrious l’attacco, erroneamente assegnato a una formazione di velivoli Ju. 87 tedeschi, non sarebbe stato “bene sincronizzato e deciso com’era stato quello del mattino”; ma evidentemente si sbagliava, visto il risultato dell’azione portata a compimento da appena sei velivoli, che però per il capitano di vascello Boyd erano stati almeno quindici, che attaccarono in due formazioni, la prima di cinque velivoli la seconda di dieci, più cinque caccia di scorta. Evidentemente per Ju.87 erano stati scambiati anche parte dei caccia Cr.42 della scorta, i cui piloti, coraggiosamente, accompagnarono nella picchiata i tuffatori. Ottimisticamente l’Illustrious e il cacciatorpediniere Jaguar (capitano di corvetta John Franklin William Hine) ritennero di aver abbattuto almeno un aereo nemico.

         E’ stato anche sostenuto che il nuovo danno all’Illustrious non poteva essere stato causato degli aerei del 96° Gruppo, in quanto, come detto, gli equipaggi avevano dichiarato di aver visto una bomba colpire sul fianco sinistro al centro della portaerei e altre due bombe cadere in mare vicino allo scafo sul medesimo fianco sinistro, mentre in realtà gli ordigni erano caduti sul fianco destro, causando soltanto “danni modesti alla struttura e un contenuto allagamento”.[12] Evidentemente si trattò di dichiarazioni errate degli equipaggi, dovute al fatto che attaccando da prora, il fianco destro della portaerei apparve ai piloti italiani della seconda squadriglia (237a), che colpì in pieno con una bomba la portaerei, come se fosse il sinistro.

         E’ invece certo che il danno riportato dall’Illustrious fu alquanto rilevante, forse il più grave subito dalla portaerei quel giorno 10 gennaio, come sostengono le relazioni britanniche, e soprattutto i fondamentali libri di Ian Cameron “Red Duster White Ensign - The Story of the Malta Convoy” e “Wings of the morning”. La grossa bomba italiana, che colpi in pieno presso il già provato ascensore posteriore dell’Illustrious, facendolo collassare, e che erroneamente fu ritenuta dai britannici del peso di 1000 libbre (453 kg), perforando la corazza del ponte di volo e quella del ponte corazzato della sottostante aviorimessa posteriore, andò ad esplodere al disotto dell’hangar, presso l’elevatore delle munizioni. Oltre ad uccidere istantaneamente una trentina di uomini tra cui alcuni ufficiali che stavano prendendo una tazza di tè, l’esplosione della bomba causò l’interruzione dell’energia elettrica, costringendo gli uomini a lavorare al buio e senza poter usare i ventilatori. Per parecchio tempo vi fu preoccupazione per la sorte della portaerei stessa, a causa della ripresa di un forte incendio nell’hangar C, che alle 17.30 fu considerato fuori controllo. Ne conseguì che, per evitare l’esplosione delle munizioni, il comandante Boyd fu allora costretto a permettere l’allagamento di alcuni depositi.

         Inoltre, come riferisce B.B. Shoffield nel suo libro “The Attack on Taranto”, le altre due bombe cadute vicino all’Illustrious, sganciate dagli Ju.87 della 237a Squadriglia, fecero anch’esse la loro parte di danni. Una delle bombe, esplodendo vicinissima al cassero, e scuotendo violentemente la portaerei, causò molti morti fra quanti erano impegnati a spengere le fiamme e tra i feriti e il personale medico di un’improvvisata infermeria nella vicinanza della poppa, e aggravò “i danni dell’allagamento nei locali del timone”. La seconda bomba, esplosa in mare “al traverso dell’isola, apportò soltanto danni superficiali con le schegge”.[13]

         Alle 17.30 il fuoco, come detto, era segnalato fuori controllo. Ovunque a poppa e nel quadrato ufficiali l’incendio si estendeva verso l’alto e lungo l’hangar attraverso i compartimenti squarciati, dove si trovavano intrappolati per la caduta di rottami un centinaio di uomini. Da un tubo di trasporto della benzina rotto sprizzavano fiamme che si estendevano attraverso i passaggi saturi di fumo nero. I ponti e le pareti corazzate arroventate dal grande calore erano al color bianco. L'acqua spruzzata abbondantemente dai tubi antincendio nell’hangar, evaporando sollevava nuvole di vapore bianco che si mescolava con il fumo nero delle fiamme che ora usciva da ogni apertura o squarcio della Illustrious, che per l’acqua di mare imbarcata nell’opera di spegnimento degli incendi assunse uno sbandamento di 5 gradi, poco dopo corretto.

         Ci volle un'altra ora e mezzo di sforzi tenaci per domare le fiamme e rimediare ai danni riportati dall’Illustrious, prima di considerare terminato lo stato di emergenza. In questo frattempo, mentre si svolgeva la lotta delle squadre antincendio tutte impegnate con manichette ed estintori, l’equipaggio si dedicava a spostare le munizioni dai depositi minacciati dalle fiamme, a trascinare gli uomini feriti in zone più sicure, e a puntellare le paratie pericolanti, in un’atmosfera di lavoro che si svolgeva al buio tra rumori, fumo e forte calore, senza che gli uomini potessero usufruire di cibo e di riposo. Fortunatamente per la portaerei, che si trovava a 25 miglia ad ovest di Malta, ancora una volta le macchine, protette dalle grosse corazze dei ponti superiori, non erano state danneggiate, e la Illustrious fu in grado di aumentare la velocità fino a raggiungere in serata i 21 nodi.

         Alle 07.15 sopraggiunse una formazione di quattordici Ju. 87 tedeschi del I./St.G.1, ai quali in Gran Bretagna per moltissimi anni è stato erroneamente accreditare il descritto indiscutibile successo italiano. L’attacco si sviluppò 15 miglia a ovest di Malta, oltre un’ora dopo che si era conclusa l’azione del 96° Gruppo Tuffatori; ma l’intervento degli Stuka fu diretto contro il gruppo delle corazzate Warspite e Valiant. Segnalato alle 16.56 alla distanza di 52 miglia dal radar 79Z della Valiant, che in mancanza di quello della Illustrious ancora in avaria fece un ottimo lavoro, il gruppo degli Ju.87 fu scortato sull’obiettivo da diciassette caccia distruttori Bf. 110 del III./ZG.26, al comando del capitano Karl Kaschka. Gli Stuka, avvistati alle 17.10 dalle navi già allertate, svolsero un largo giro intorno alla Forza A per portarsi di poppa contro sole, e mentre dirigevano per realizzare l’attacco furono accolti dal tiro di sbarramento delle navi, ed anche contrastati da tre caccia Fulmar dell’806° Squadron dell’Illustrious, rientrati da Malta dopo il rapido rifornimento. L’intervento dei caccia, guidato per radio dalla Valiant, fu provvidenziale perché intralciò l’attacco degli Ju.87 e ne costrinse tre a liberarsi della pesante bomba da 1.000 chili sganciandola in mare.

         Gli equipaggi tedeschi, ancora una volta guidati dal loro comandante di gruppo capitano Paul-Werner Hozzel, essendo stati costretti dai Fulmar a svolgere un tiro impreciso, riferirono di aver piazzato alcune bombe da 250 chili e tre da 1.000 chili presso una nave da battaglia e di aver colpito con una bomba da 250 chili un cacciatorpediniere. In effetti, come appare dai rapporti dell’ammiraglio Cunningham e dell’Ammiragliato britannico, l’obiettivo degli Stuka fu costituito dalla Valiant (capitano di vascello Charles Eric Morgan), che per un colpo vicino ebbe a riportare danni superficiali di schegge, che uccisero un uomo. Altre due bombe caddero anch’esse vicino allo scafo della corazzata, ma senza fare danni, mentre un’altra bomba, che non esplose, mancò di poco uno dei cacciatorpediniere della scorta, il Janus (capitano di fregata Joh Antony William Tothill), che era arrivato da Malta per rinforzare la scorta della Forza A. Uno Ju. 87 fu abbattuto dalle artiglierie del cacciatorpediniere Jaguard (capitano di corvetta John Franklin William Hine), mentre secondo un’altra fonte ad abbatterlo sarebbe stato un Fulmar dell’806° Squadron. Rientrando alla base gli altri tredici Ju.87 andarono ad atterrare a Catania invece che a Trapani.

                Alle 17.45 sopraggiunsero sulle unità navali britanniche otto bombardieri He.111 del II./KG.26, decollati da Comiso al comando del maggiore Wilhelm Bertram. Tuttavia, i velivoli tedeschi, che erano armati ciascuno con una bomba da 1000 kg, non riuscirono a colpire l’Illustrious attaccata, da quote comprese tra i 4.500 a i 5.600 metri, ad una distanza, secondo i rapporti tedeschi, di 45 miglia a ovest di Malta. Altri sei velivoli del medesimo reparto, causa la sopraggiunta oscurità e la cattiva visibilità, non poterono rintracciare il gruppo navale dell’Illustrious. Rientrati alla base, gli equipaggi dei bombardieri che avevano attaccato sostennero di aver colpito la portaerei con una bomba.

         Infine, a conclusione delle azioni aeree della giornata, per attaccare ancora le navi britanniche segnalate 70 miglia a sud di Pantelleria, alle 17.40 decollò da Catania una terza pattuglia di tre S. 79, due della 279a Squadriglia Aerosiluranti e uno della 278a; ma le condizioni atmosferiche sfavorevoli, con scarsa visibilità e densa foschia che arrivava fino al livello del mare, non permisero agli equipaggi di avvistare l’obiettivo. Secondo i rapporti britannici, l’Illustrious, che si trovava a 5 miglia da Malta, alle 19.22 con il sole già tramontato e in piena luce lunare si accorse della presenza di aerei a prua a dritta. La portaerei ritenne si trattasse di due aerosiluranti, e contro di essi, come deterrente, sparò una raffica alla cieca con i pom-pom, per poi vedere i velivoli che si allontanavano.

         Durante la fase di atterraggio a Catania l’S.79 della 278a Squadriglia, con pilota il tenente Carlo Emanuele Buscaglia, a causa dell’eccessiva velocità determinata dal vento in coda, superò il limite della pista di volo, per poi andare ad urtare contro alcuni ostacoli, riportando danni riparabili in pochi giorni nella locale officina. L’equipaggio usci indenne, ma l’ufficiale osservatore della Marina, tenente di vascello Giovanni Sleiter, riportò contusioni alla spalla sinistra guaribili in quindici giorni.

         Con un deludente risultato si svolse anche la missione di un altro aerosilurante della 279a Squadriglia, decollato da Catania per una ricerca notturna che non portò ad alcun avvistamento.

         La sera di quello stesso 10 gennaio, alle ore 21.00, la Illustrious, che era sempre accompagnata dai cacciatorpediniere Hasty e Jaguar, raggiunse Malta, ed entrò nel Grand Harbour  trainata da un rimorchiatore. Ma l’incendio che divorava i suoi locali interni fu spento soltanto alle ore 03.00 del giorno 11. I morti della portaerei furono  centoventisei, i feriti novantuno.

         Complessivamente la Illustrious era stata colpita da sette bombe, una delle quali non esplosa, un'altra esplosa in mare dopo aver perforato il ponte prodiero della portaerei, ed altre erano cadute vicino allo scafo. In oltre uno Ju.87 tedesco, colpito dalla contraerea e precipitando, era andato a colpire presso l’ascensore di poppa.

         Da parte tedesca nelle azioni della giornata del 10 gennaio andarono perduti tre Ju.87. Tra i caduti vi fu anche il tenente Gerhard Grenzel, della Squadriglia 2./St.G.1, uno degli assi del bombardamento a tuffo insignito della Ritterkreuz, la croce di cavaliere della croce di ferro. Gli altri due Stuka non rientrati alla base, uno della Squadriglia 3./St.G.1 e l’altro della Squadriglia 5./St.G.1, erano rispettivamente pilotati dal sergente Karl Jugerman e dal tenente Helmuth Leesch. Una sola perdita riportarono i reparti aerei italiani poiché, come detto, un aerosilurante S.79 della 278a Squadriglia nel rientrare danneggiato a Pantelleria atterrando senza carrello si sfasciò al suolo e fu dichiarato fuori uso.

 

 

L’affondamento dell’incrociatore Southampton

 

         Sebbene l’Illustrious avesse raggiunto il porto di Malta, per essere sottoposta nell’arsenale alle più urgenti riparazioni che le permettessero di ripartire e raggiungere Alessandria, i guai per la Mediterranean Fleet non erano ancora terminati.

         Come’era stato stabilito durante la notte sull’11 gennaio dal Comando del X Fliegerkorps, l’indomani, non appena un ricognitore Ju.88D 1.(F)/121 segnalò alle 09.40 la presenza di due incrociatori e di un cacciatorpediniere a 160 miglia a est di Capo Passero e a 45 miglia ad est di Malta, fu dato l’ordine di decollo ai reparti da bombardamento, mantenuti in approntamento. Alle ore 13.00 partì un He.111 del II./KG.26 per attaccare a bassa quota uno dei convogli segnalati dai ricognitori, probabilmente il ME.6, partito da Malta e diretto ad Alessandria. Alle 12.10 decollò una formazione trentacinque Ju.87 del II./St.G.2, guidati da un He.111 del II./KG.26 e scortati da 13 caccia pesanti Bf.110 del III./ZG.26, per attaccare i due incrociatori e il cacciatorpediniere segnalati alle ore 09.40, che erano il Gloucester, il Southampton e il Diamond. Essi dirigevano a levante per raggiungere e rinforzare la scorta del convoglio ME.6, come era stato ordinato dall’ammiraglio Cunningham. Alle 14.00 decollò una formazione di undici bombardieri He.111 del II./KG.26 per attaccare forze navali segnalate alle ore 11.00 a 150 miglia a sud-est di Malta, probabilmente la Forza A.

         Alle ore 15.22 del’11 gennaio, gli incrociatori della 3a Divisione Gloucester e Southampton e il cacciatorpediniere Diamond, al comando del contrammiraglio Edward de Faye Renouf sul Gloucester, procedendo con rotta 105° alla velocità di 22 nodi, si trovavano in lat. 34°56’N, long. 18°19’E, posizione corrispondente a circa 30 miglia di poppa al convoglio ME.6 e a una distanza di circa 220 miglia a levante della Sicilia e a 285 miglia da Malta. Improvvisamente le tre navi furono attaccate, completamente di sorpresa, dalla formazione degli Ju 87 del II./St.G.2, guidati dal capitano Walter Enneccerus, non preavvertita perché nessuna delle tre unità aveva il radar, e a bordo gli uomini si ritenevano “già liberi da una possibile minaccia aerea, con ufficiali ed equipaggi che si riposavano, allentando la loro vigilanza dopo quattro faticose giornate”.[14]  Poiché otto velivoli del II./St.G.2 erano stati costretti a invertire la rotta e dirigere per rientrare alla base a causa delle cattive condizioni atmosferiche, giunsero sull’obiettivo ventisette Ju.87.

         Il Gloucester (capitano di vascello Henry Aubrey Rowley), attaccato dagli Stuka che arrivarono sul bersaglio dalla direzione del sole, riportò alcuni danni per due esplosioni nelle vicinanze dello scafo; ma l’incrociatore fu fortunato perché una bomba da 250 chili, pur colpendo nella struttura della plancia e attraversando ben cinque ponti non esplose.

         Il Southampton (capitano di vascello Basil Charles Barrington Brooke) non fu altrettanto aiutato dalla sorte. Colpito nel quadrato e nella mensa ufficiali da due bombe da 250 chili, s’incendiò pericolosamente. Per qualche tempo l’equipaggio fu in grado di combattere le fiamme e mantenere la nave in funzione e sotto controllo, a una velocità di 20 nodi. Mezz’ora dopo che i due incrociatori erano stati colpiti, si svilupparono da alta quota gli attacchi portati dagli undici bombardieri tedeschi He.111 del II./KG.26 guidati dal maggiore Bertram. L’attacco non ebbe alcun esito positivo, ma costrinse il Gloucester a schivare con la manovra una salva di bombe antinave da 1.000 chili.

         Rientrati alla base gli equipaggi degli Ju.87 riferirono di aver colpito un incrociatore con una bomba da 250 chili, e di aver piazzato bombe dello stesso calibro sulle altre navi. Considerarono forte la reazione contraerea.

         Informato dal contrammiraglio Renouf di quanta stava accadendo alla 3a Divisione, e dei danni riportati dal Southampton, l’ammiraglio Cunningham accorse in loro aiuto, mandando avanti il vice ammiraglio Pridham-Wippel con due dei suoi incrociatori della Forza D, l’Orion e il Perth, che però non arrivo in tempo, poiché l’incendio del Southampton si allargò, tanto da rendere impossibile l’allagamento di alcuni depositi di munizioni. Dopo aver cercato per circa quattro ore di salvare l’incrociatore, alle ore 19.00, col fuoco che ormai non poteva più essere controllato, gli ufficiali e gli uomini dell’equipaggio dovettero cessare i loro tentativi. Il Southampton venne abbandonata in lat. 34°54’N, long. 18°24’E, e i settecentoventisette uomini dell’equipaggio, dei quali settantotto erano feriti, furono raccolti dal Gloucester e dal Diamond (capitano di corvetta Philip Alexis Cartwright). Le perdite dell’incrociatore assommarono a cinquantadue uomini, tra cui ben ventisette ufficiali.

                Dopo che la nave era stata abbandonata, il Gloucester  lanciò un altro siluro   contro il Southampton per dargli il colpo di grazia, ma con scarso effetto. Verso le ore 20.00 sopraggiunse il vice ammiraglio Pridham-Wippell con l’incrociatore Orion, inviato con altre unità nella zona per rafforzare la protezione del danneggiato Gloucester. Prima di allontanarsi l’Orion (capitano di vascello Geoffrey Robert Bensly Back) affondò il Southampton lanciando tre siluri.[15]

         Nel corso dell’attacco ai due incrociatori andarono perduti due Ju.87 il che portò il totale delle perdite subite in due giorni dai reparti dello St.G.3 a cinque velivoli: tre del II./St.G.2 e due del I./St.G.1. Circa i risultati strategici conseguiti nell’occasione dal X Fliegerkorps, con perdite tanto modeste, è significativo quanto è scritto in una relazione dell’Ammiragliato britannico:[16]

 

         Nessuna delle 14 navi dei 4 convogli era stata perduta, ma la flotta, invece, aveva pagato a duro prezzo la sua sicurezza. I bombardieri in picchiata tedeschi erano apparsi nella zona di operazioni portando “un potente nuovo fattore” nel Mediterraneo dove la indiscussa supremazia della flotta sopra i piloti italiani aveva fino a quel momento reso possibile lo svolgimento del suo compito senza eccessivi rischi. Da questo momento una seria minaccia pendeva sopra le rotte siciliane e il viaggio per Malta doveva diventare un pericoloso rischio.

 

 

Il rientro della Illustrious ad Alessandria

 

            La Illustrious, dopo aver riportato alla Valletta altri danni per gli attacchi aerei tedeschi, in particolare nei giorni 16 e 19 gennaio quando la portaerei, in riparazione in arsenale, fu colpita dapprima, non gravemente, da una bomba da 250 chili, e che riportò poi gravi lesioni alla carena per un colpo vicino, messa dalle in condizione di riprendere il mare, partì  dal porto maltese alle 18.46 del 23 gennaio scortata dai cacciatorpediniere Greyhound, Janus, Jervis e Juno. La portaerei navigò con luna piena per le prime sei ore alla velocità di 25 nodi per allontanarsi il più rapidamente possibile dalle basi aeree della Sicilia, e poi proseguì riducendo la velocità dapprima a 21 nodi per poi aumentarla a 23 nodi il giorno 24, mantenendola fino a raggiungere Alessandria alle 13.00 del 25, con una rimanenza di appena 60 tonnellate di nafta. Nella fase finale del passaggio la Illustrious ricevette la copertura delle corazzate Barham e Valiant, e dell’incrociatore australiano Perth, salpati da Alessandria con la scorta dei cacciatorpediniere Diamond, Griffin, Hasty, Mohwk, Nubian e Stuart.

         Una forza di quattro incrociatori, Orion, Ajax, Perth e York,  con i due cacciatorpediniere e i cacciatorpediniere Ilex e Hero, che avrebbe dovuto assumere precedentemente la protezione della portaerei (operazione MBD.2) , non riuscì a trovarla per la sua inaspettata velocità, arrivando nella zona in cui doveva incontrare l’Illustrious quando queste era già transitata.  Gli incrociatori furono attaccati da una formazione di trentuno bombardieri Ju. 88 del 2° e 3° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (II. e III./LG.1), e da dodici He.111 del II./KG.26, decollati da Catania per rintracciare l’Illustrious, ma soltanto l’incrociatore pesante York, scambiato dai piloti germanici per una corazzata, riportò alcuni danni per una bomba caduta vicino allo scafo. Altri quarantanove velivoli Ju.87 dello St.G.3 guidati da un He.111 del II./KG.26 con pilota il tenete Friedrich Müller, e scortata da diciannove Bf.110 del III./KG.26, non riuscirono a raggiungere l’obiettivo, che si trovava a grande distanza dalle basi di partenza della Sicilia. a causa dell’insufficiente autonomia degli Stuka, che pure erano forniti di serbatoio supplementare. Nel corso dell’attacco andò perduto uno Ju.88 del III./LG.1, con pilota il tenente Gustav Ulrich.

         Dopo il rientro ad Alessandria, la  Illustrious fu inviata, via Durban,  a Norfolk, in Virginia, per le riparazioni, poiché l’arsenale britannico di Portsmouth era troppo esposto agli attacchi aerei della Luftwaffe. Un aiuto notevole, come al solito, che gli statunitensi concessero ai loro alleati britannici. La portaerei dopo riparazioni, che portarono a ricostruire molte parti della nave, ultimate il 29 novembre 1941, rientrò in servizio alla metà del 1942.

         Concludendo, la Luftwaffe, pur con un quinto degli aerei operativi che disponeva la Regia Aeronautica, provocò più danni in due giorni (10 e 11 gennaio), di quanti l’aviazione italiana non avesse mai fatto in sei mesi. Ciò pose in evidenza la differenza di organizzazione e di tattiche di combattimento evolute che i tedeschi avevano portato in un’area di operazione in cui gli italiani avrebbero dovuto essere i più preparati, se vi fosse stata una maggiore collaborazione dell’Aeronautica e la Marina fin dal tempo di pace. In particolare sarebbe stato necessario costruire materiale bellico all’altezza dei tempi. Mancò, per proprio demerito, una nave portaerei necessaria per appoggiare le operazioni della Squadra Navale, e non fu data la dovuta importanza alle specialità del bombardamento in picchiata e degli aerosiluranti. Si sarebbe dovuto progettare e costruire migliori strumenti tecnici di navigazione e di armamento in primo luogo il radar, la cui mancanza fu sentita nella Regia Marina durante l’intero corso della guerra.

 

Francesco Mattesini

 

Roma, 19 Aprile 2017

 


                [1] Bombardato a più riprese nel 1941 da aerei tedeschi del X Fliegerkorps e da aerei italiani dell’Aeronautica della Sicilia, il 5 aprile 1942 il Galland fu nuovamente colpito in modo grave, in una massiccia incursione di Ju.87 del III./St.G.3 (ex II,/St.G.2) e Ju.88 del II Fliegerkorps, e definitivamente abbandonato. Il suo scafo fu infine impiegato per bloccare uno dei passaggi del porto di La Valletta, nella Baia di San Paolo.

                [2] Alle ore 11 del 10 gennaio l’ammiraglio Pietro Barone, Comandante di Marina Messina, telefonò a Supermarina. Rispose l’ammiraglio Raffaele de Courten, che  essendo di servizio nel salone operativo di Supermarina, fu portato a conoscenza che: “Alle 12.15 n. 45 Stukas et n. 20 Messershmidt attaccheranno le forze nemiche a Sud di Pantelleria. Alle 13.15 n. 20 apparecchi da bombardamento attaccheranno la nave portaerei, incrociatori e navi da battaglia”. Cfr. AUSMM, telefonata n. 3862, , fondo Supermarina Comunicazioni Telefoniche.

                [3] AUSMM), Admiralty, “I convogli nel mese di gennaio 1941, l’Excess”, fondo Scambio notizie con Ammiragliato britannico.

                [4] Christopher Shores - Bian Cull - Nicola Malizia, Malta: The Hurricane years 1940-1941, cit., p. 114 sg.

                [5] Andrew Browne Cunningham,  A sailor’s Odyssey, tradotto in Italia in L’Odissea di un Marinaio, Garzanti, Milano, 1952, p 34 sg.

                [6] Nel secondo supplemento serale del X Fligerkorps, è scritto che una bomba da 1.000 chili aveva colpito a prua la portaerei, e un’altra bomba da 1.000 chili colpito probabilmente la stessa nave. Due bombe da 250 chili avevano colpito a poppa la porterei, e che il resto delle bombe era caduto presso la portaerei e altre navi. Quindi furono valutati dai tedeschi risultati inferiori a quelli reali.

                [7] B.B. Schofield, La note di Taranto (traduzione  da The Attack on Taranto, cit., p. 73-75.

                [8] Il fatto che fossero stati assegnati alla scorta della Illustrious soltanto due cacciatorpediniere derivava dal fatto che soltanto altri tre cacciatorpediniere erano disponibili per scortare le corazzate della Forza A, poi saliti a quattro con l’arrivo del Jervis da Malta.

                [9] ASMEUS,  Comando Aeronautica della Sicilia, Relazione sulle Operazioni dei giorni 7-8-9-10-11-12 Gennaio XIX°.

                [10] Uno degli ufficiali dello stato maggiore del contrammiraglio Syfret, vista la bomba passargli sopra e andare a colpire la portaerei a poppa, disse che le sue dimensioni erano simili a quelle di un divano del quadrato ufficiali.

                [11] Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico, Diario Storico dell’Aeronautica della Sicilia 1941.

                [12] Giuliano Colliva, 10 gennaio 1941, attacco alla HMS Illustrious, periodico Storia Militare, maggio 2007. A quest’articolo l’Autore di questo saggio rispose con Lettera al Direttore. L’amico Colliva, purtroppo deceduto da qualche anno, era convinto (come già aveva scritto nel 2004 in un altro suo articolo per Storia Militare) che trasportare una bomba da 1.000 Kg  non fosse possibile per lo Ju. 87, a causa del peso di quell’ordigno che avrebbe impedito il decollo del velivolo. Sappiamo invece che lo Ju.87 tipo R era in grado di farlo. E Colliva aveva aggiunto che nell’attacco all’Illustrious erano state usate soltanto bombe da 500 chili, com’era stato sempre scritto, erroneamente, dagli storici britannici, aggiungendo che i colpi messi a segno sull’Illustrious nel primo attacco dagli Stuka tedeschi furono sette, mentre, invece, tutte le fonti britanniche portano a stabilire che erano state sei bombe, bombe, quattro delle quali esplose o bordo della portaerei, una esplosa in mare e un’altra finita in mare senza esplodere.

                [13] B.B. Schofield, La note di Taranto (traduzione  da The Attack on Taranto), Mursia, Milano, 1974, p. 76 sg.

                [14] Relazione dell’ammiraglio Cunningham, Operation Excess, in Supplement of the London Gazette, 10 August 1948.

                [15] AUSMM), Admiralty, “I convogli nel mese di gennaio 1941, l’Excess”, fondo Scambio notizie con Ammiragliato britannico.

                [16] Ibidem. * Dopo l’affondamento del Southampton e il danneggiamento del Gloucester, alle 08.00 del 12 gennaio il cacciatorpediniere Diamond si unì al convoglio ME 5 1/2, nel frattempo raggiunto dagli incrociatori Ajax, Orion, Perth e York, salpati il 10 gennaio dalla Baia di Suda. Il convoglio ME.6, lasciato dalle corvette Hyacinth, Gloxinia, Peony e Salvia inviate a Suda, arrivò ad Alessandria il giorno 13, mentre parte degli incrociatori furono nel frattempo assegnati ad altri vari servizi, sempre connessi con lo spostamento delle navi verso oriente.

Edited by Luiz
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Grazie, caro sandokan.

 

Ho fatto del mio meglio per confermare che il colpo messo a segno dagli Ju.87  italiani dell'86° Gruppo  é stato quello che ha causato i maggiori danni alla ILLUSTRIOUS, come già scritto da storici britannici che però, per evidente errore di riconoscimento dei velivoli attaccanti, hanno assegnato il successo ad aerei tedeschi.

 

Ma dopo l'uscita del mio libro L’attività aerea italo-tedesca nel Mediterraneo. Il contributo del “X Fliegerkorps”, Gennaio-Maggio 1941, anche all'estero hanno cambiato opinione.

 

Franco

Edited by Francesco Mattesini
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