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DISCUSSIONI TRA L'ITALIA E LA FRANCIA SULL'IMPIEGO FLOTTA FRANCESE NEL 1941


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Da un capitolo della mia collana, Corrispondenza e Direttive Tecnico-Operative di Supermarina, Volume II, Tomo I, dell’Ufficio Storico della Marina Militare 2001, riguardo alla Commissione Italiana di Armistizio con la Francia

 

 

LE RICHIESTE FRANCESI PER OTTENERE LIBERTÀ’ DI MOVIMENTO ALLA FLOTTA E L’ESTENSIONE DELLE RICOGNIZIONI AEREE LUNGO LE COSTE DEL NORD AFRICA

 

In seguito ad incidenti causati da navi britanniche nei confronti di quelle francesi, nel corso della primavera del 1941 il Governo di Vichy aveva chiesto a Roma e Berlino di concedere una maggiore libertà di movimento alla propria flotta, il cui grosso si trovava confinato in disarmo a Tolone, di rendere operativi alcuni reparti dell’aviazione e di estendere la libertà di ricognizione aerea nel Mediterraneo occidentale (vds. Doc. n° 230 e 233). Lo scopo era quello di poter controllare più adeguatamente i porti del territorio metropolitano e dell’Africa Settentrionale e per opporsi, anche in Atlantico, ad eventuali attacchi della flotta britannica.

Sebbene i tedeschi si fossero dimostrati propensi ad accogliere le agevolazioni richieste dai francesi, in un momento in cui si pensava seriamente ad attirare la Francia nel campo dell’Asse, da parte italiana, tenendo conto di non voler modificare a proprio svantaggio la situazione militare nel Mediterraneo, in cui si voleva eliminare, fino a pace conclusa, qualunque influenza francese, vi fu molta resistenza. In particolare, Supermarina ritenne non fosse conveniente permettere alle navi francesi di lasciare Tolone per trasferirsi in Atlantico, anche perché la loro collaborazione sarebbe risultata preziosa nel Mediterraneo nel caso la Germania fosse riuscita a far entrare in guerra la Francia contro la Gran Bretagna.

Supermarina concesse l’autorizzazione per il trasferimento in Nord Africa di alcune unità sottili (cacciatorpediniere e torpediniere), ma non permise di riarmare dodici sommergibili da impiegare per la difesa dei porti, con la motivazione che essi potevano interferire nelle zone di operazione assegnate ai battelli italiani operanti nel Mediterraneo occidentale (vds. Doc. n° 231-232). D’accordo con Superaereo fu invece ritenuto di concedere ai francesi la facoltà di svolgere le ricognizioni, però soltanto fino al 5° meridiano est, per non accavallarle con quelle italiane che erano estese fino all’altezza di Algeri (vds. Doc. n° 334-336).

La concessione portò, per contropartita, a stabilire un accordo con i francesi. Questi, opponendosi a concedere agli italiani la facoltà di sorvolare con i loro ricognitori le acque territoriali dell’Algeria, a levante del 6° meridiano, richiesta che era stata avanzata per rilevare i piroscafi britannici che si trasferivano da Gibilterra a Malta, si impegnarono a diramare a Roma, tramite la C.I.A.F. ed anche per via etere, tutte le informazioni ricavate dagli aerei transalpini nei confronti dei movimenti navali britannici. Le modalità del servizio di scambio delle notizie con sistema diretto di comunicazione in cifra usando un codice comune, furono diramate ai francesi da Supermarina con lettera del 27 giugno diretta alla C.I.A.F. (vds. Doc. n° 237).

Tuttavia il sistema di segnalazione concordato mostrò ben presto le sue lacune, dal momento che Supermarina denunciò al Comando Supremo che i francesi trasmettevano agli italiani scarsissime e ritardate informazioni sui movimenti delle navi britanniche. Ciò costrinse, il 16 agosto, generale Cavallero ad interessare la C.I.A.F. affinché fosse permesso agli aerei nazionali “di poter più tempestivamente intervenire contro le navi inglesi che da Gibilterra” dirigevano “periodicamente verso il Canale di Sicilia”, nelle zone prossime alle coste dell’Algeria e della Tunisia, dando anche ai velivoli, in caso di necessità, le autorizzazioni per atterrare sugli aeroporti francesi (vds. Doc. n° 349).

Supermarina, che assieme a Superaereo era stata messa al corrente della richiesta del Comando Supremo, allo scopo di evitare equivoci con le navi francesi, raccomandò che i velivoli preposti alle ricognizioni aeree una volta avvistato un piroscafo mantenessero sempre il contatto con esso in modo di stabilirne nazionalità e scopi (vds. Doc. n° 350). La proposta fu accolta da Superaereo (vds. Doc. n° 51), che il 23 agosto impartì i relativi ordini ai Comandi dell’Aeronautica della Sicilia e della Sardegna (vds. Doc. n° 352).

Nel frattempo la C.I.A.F. aveva risposto al Comando Supremo, informando che la Delegazione francese di armistizio si era dichiarata favorevole a raccogliere le richieste italiane, subordinandole però ad una loro richiesta precedentemente non accordata dagli italiani; ossia quella di concedere agli aerei francesi di esplorare una fascia costiera di 20 miglia, estesa dal 5° meridiano est fino al confine libico-tunisino (vds. Doc. n° 353).

Il Comando Supremo suggerì a Superaereo e a Supermarina di accettare la proposta francese, perché un rifiuto avrebbe comportato un diniego anche alle richieste italiane. Ma i due Stati Maggiori, pur riconoscendo che accettando le condizioni proposte dai francesi sarebbe stato permesso “di ampliare le possibilità operative dei nostri aerei lungo le coste africane e di creare centri informativi sulle coste stesse” (vds. Doc. n° 354-355), avanzarono tante obiezioni di carattere tecnico-operativo, da convincere il Comando Supremo e la C.I.A.F. ad arrivare alla conclusione che le richieste italiane “non potevano trovare immediata attuazione” (vds. Doc. n° 356). Ciò anche perché da parte della Francia fu chiaramente mostrata la volontà di non trattare se prima non fossero stati definiti “problemi di carattere politico che molto le stavano a cuore”, e che riguardavano l’assetto dei suoi rapporti con le due nazioni dell’Asse.

In seguito a queste difficoltà, il Comando Supremo decise di rimandare ogni discussione a circostanze più favorevoli, che si pensava potessero verificarsi nello sviluppo delle prossime trattative da intavolare con la Delegazione francese.

Comunque le trattative sarebbero andate avanti tra reciproche diffidenze, dal momento che da parte italiana veniva continuata la pianificazione per impossessarsi dei territori metropolitani francesi, dalle Alpi fino al fiume Rodano, e della Corsica. Operazione, quest’ultima denominata “C.2” (vds. Doc. n° 294), da attuare nel caso truppe britanniche e della Francia libera fossero sbarcate sulle coste occidentali dell’isola. Essa ricalcava i piani già previsti per l’operazione “C.1”, che era stata studiata, come abbiamo visto, tra il gennaio e l’aprile del 1941. La Regia Marina avrebbe dovuto parteciparvi attivamente, assicurando il trasporto e l’appoggio ai reparti del Regio Esercito, da imbarcare nei porti della Sardegna e del Tirreno.

La questione dell’occupazione della Corsica fu poi discussa al Comando Supremo il giorno 3 novembre (vds. Doc. n° 456), presenti i capi dell’Aeronautica e della Marina. Venne concordato, volendo evitare sfavorevoli ripercussioni nel Nord Africa Francese, che lo sbarco italiano sull’isola sarebbe dovuto avvenire soltanto dopo quello di iniziativa anglo-degollista, e se le condizioni di naviglio disponibile per i trasporti, da prelevare anche dalle rotte libiche, e la relatività delle forze in campo, lo avessero reso possibile.

Agendo su queste basi, Supermarina elaborò la sua direttiva “D.G. 5 ter”, che sostituiva la “D.G. 5” del marzo 1941 (vds. Doc. n° 30), e che fu approvata e firmata dall’ammiraglio Riccardi il 26 dicembre (vds. Doc. n° 457). In essa l’intervento di contrasto delle forze navali allo sbarco nemico era previsto nel tempo massimo di ventiquattro ore su qualsiasi punto della Corsica, mentre il corpo di spedizione italiano, costituito da due-tre divisioni del 7° Corpo d’Armata e da altri reparti minori, sarebbe stato sbarcato sull’isola a scaglioni successivi.

I convogli sarebbero stati protetti dalle unità navali della Forza Navale Speciale, rinforzata da una divisione su tre incrociatori, da designare, il cui compito sarebbe stato quello di contribuire a fornire l’appoggio allo sbarco con la vigilanza e il sostegno delle artiglierie. Il tutto sarebbe stato appoggiato dal grosso della Squadra Navale che, usufruendo della collaborazione dell’aviazione e dei sommergibili, avrebbe svolto il “compito di protezione indiretta, secondo direttive che ”sarebbero state stabilite in base alla situazione strategica del momento”.

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