Francesco De Domenico Posted February 4, 2016 Report Share Posted February 4, 2016 In copertina: Marc Sardelli, "Trafalgar 1805", olio su tela Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted February 4, 2016 Author Report Share Posted February 4, 2016 Sono andato a Livorno nel marzo scorso per assistere alla conferenza dal tema "L'Ammiraglio Napoleone" e in particolare per ascoltare la relazione del nostro nuovo socio onorario Marco Gemignani, docente di storia navale all'Accademia. Mi aspettavo nell'insieme, dagli altri relatori di un convegno indetto nel centenario della prigionia elbana dell'imperatore, una nuova versione della consueta, servile agiografia napoleonica (sull'illustre modello manzoniano del "Cinque Maggio"), anche se per la verità nel caso dello scenario navale era un pochino più difficile sostenere che il Nostro avesse sempre vinto anche qui. Sono stato piacevolmente sorpreso. Livorno aveva prosperato nei primi anni delle guerre napoleoniche con il blocco navale britannico di Marsiglia e Genova, ma con l'occupazione diretta francese a partire dal 1810 aveva conosciuto una pesante fase di crisi e declino dei traffici e dei commerci. Quindi, a differenza ad esempio di Napoli (la cucina napoletana ben a ragione tiene ancora in gran conto i piatti ereditati dall'epoca murattiana), a Livorno non c'è una particolare ragione di mitizzare il nemico giurato della "perfidious Albion". Ma è sul piano specifico della storia navale che il convegno, e in particolare il nostro amico Marco Gemignani, ha correttamente sottolineato un aspetto sfuggito ai più: la retorica napoleonica tende a rappresentare Aboukir e Trafalgar come semplici anelli di una lunga catena pluridecennale di sconfitte navali che ha sempre visto la Francia soccombente. E questa rappresentazione è ormai passata nell'immaginario collettivo. In realtà, la stagione delle sconfitte in mare è propria solo della stagione post-rivoluzionaria e napoleonica, verosimilmente legata alla caratura fortemente monarchica e aristocratica della marina francese fino al 1789. Ed infatti basterà ricordare l'ammiraglio de Grasse, che nel 1781 - solo otto anni prima delle Rivoluzione - mise in scacco la squadra inglese nelle acque americane, una componente decisiva della resa di Cornwallis a Yorktown e della vittoria finale delle colonie nordamericane. Era una marina forte, con una tradizione che l'aveva vista più volte tener testa alla Royal Navy. Poi la rivoluzione giacobina prima, con la decimazione del corpo ufficiali, e poi un primo console/imperatore dalla mentalità profondamente, esclusivamente continentale (forse per far dimenticare la sua origine isolana) l'hanno ridotta nelle condizioni che sappiamo di pesante carenza di capitale umano adeguato, di insufficiente addestramento, di scarsa fiducia in se stessi (che certo non sono caratteristiche tipiche dei francesi). E tutto questo malgrado le grandi capacità progettuali e costruttive degli ingegneri e dei cantieri navali francesi, in nulla inferiori a quelle britanniche. Questo emerge chiaramente in particolare dal minuzioso resoconto del prof. Gemignani, che rifugge da ogni tentazione retorica, pur così frequente in questo campo. Su un solo aspetto la tradizione era davvero del tutto avversa alla Francia: l'organizzazione di uno sbarco in grande stile al di là della Manica, una storia di infelici tentativi abortiti molto ben ricostruita dal professor Gemignani, durante la Guerra di Successione austriaca (1744), poi durante la Guerra dei Sette Anni (1759) e ancora durante la Guerra d'Indipendenza americana (1779). L' Armée d'Angleterre napoleonica si portava quindi sulle spalle un'eredità fallimentare, e le giustificazioni del Bonaparte in questo campo avevano qualche buona ragione. Molto meno l'avevano invece la sua profonda sfiducia, manifestata fin nella memorie scritte a Sant'Elena, negli ammiragli e in genere negli ufficiali della marina... "L'Ammiraglio Napoleone. Atti della Giornata Internazionale di Studi - Livorno 20 marzo 2015", a cura di Maria Lia Papi, Edizioni Polistampa, Firenze, 2015. Nereo Castelli, Giuseppe Garufi and Luiz 3 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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