Francesco De Domenico Posted January 15, 2019 Report Share Posted January 15, 2019 Dal grosso volume "Crisis At Sea. The United States Navy in European Waters in World War I" di William N. Still Jr., University Press of Florida, 2011."La situazione del comando a Gibilterra sembrava funzionare bene, ma come nel caso di altri comandi dipendenti dal viceammiraglio Sims [comandante delle forze navali americane in Europa ndt], di quando in quando venivano fuori dei problemi. L'ammiraglio Benson [Chief of Naval Operations ndt] in una riunione concordò di dirottare i cinque cacciatorpediniere [americani ndt] assegnati al Mediterraneo (provenienti dalle Filippine) alle acque italiane. Britannici e francesi, tuttavia, preferirono usarli per rinforzare le unità americane a Gibilterra per servire nella scorta. Wilson, poco dopo aver assunto il comando americano a Gibilterra, disse all'ufficiale italiano di collegamento lì di base che era disposto ad usare le sue cannoniere per scortare i convogli da Gibilterra a Genova ed anche ad inviare unità facenti capo al suo comando in Adriatico. Ma Sims insisteva che ogni raccomandazione per il dispiegamento di navi americane nel teatro europeo doveva passare attraverso di lui ed essere decisa dal Consiglio Navale Alleato. (..)La struttura di comando nel Mediterraneo era confusa ed estremamente controversa.. (...)Per tutta la guerra il comando navale in Mediterraneo rimase un pasticcio. Fino all'ingresso dell'Italia in guerra nell'autunno [sic!] 1915, britannici e francesi controllavano l'attività alleata. I francesi concentrarono le loro forze navali nel Mediterraneo, lasciando senza protezione la costa atlantica, e la Royal Navy manteneva una flotta consistente nella regione. Il viceammiraglio francese Dominique Gauchet era formalmente al comando delle forze navali alleate operanti nel Mediterraneo, ma nessuno dei due paesi era disposto a subordinare la propria flotta sotto un comando unificato. Come ha scritto il Marder, "era colpa della mentalità provinciale ...un sintomo della malattia chiamata prestigio nazionale".L'ingresso dell'Italia in guerra ha esacerbato la situazione. Il Trattato di Londra firmato nel 1915 prometteva all'Italia, tra l'altro, dei sostanziosi vantaggi territoriali lungo l'Adriatico se entrava in guerra al fianco degli alleati. L'Italia lo fece, ponendo la condizione che per il resto della guerra avrebbe assicurato lei il comando navale del Mare Adriatico. Il governo italiano resisté con caparbietà ad ogni sforzo alleato di creare un comando navale unificato nel Mediterraneo che comprendesse l'Adriatico. La marina italiana sacrificò volentieri la collaborazione navale nel Mediterraneo pur di mantenere il controllo dell'Adriatico, con l'obiettivo di realizzare significativi successi nell'area a spese dell'Austria-Ungheria. I britannici divisero il Mediterraneo in distretti navali con al comando ammiragli che spesso preferivano l'indipendenza, ciò che a volte condizionava negativamente la cooperazione. Questo atteggiamento indipendente tornava molto a vantaggio dei sommergibili tedeschi ed austro-ungarici. Marder sosteneva che "Ogni ammiraglio faceva del suo meglio per la sua area di competenza, curandosi poco dei problemi del vicino". Nel luglio 1918 si pervenne ad una parziale soluzione del problema del comando, quando le autorità navali alleate concordarono la nomina di un viceammiraglio britannico al comando di tutte le forze navali britanniche nel Mediterraneo alla guida di un'autorità centrale a Malta, con la responsabilità di gestire il sistema dei convogli in tutta l'area. A causa della decisione dell'ammiraglio Gauchet di rimanere a Corfù con la sua flotta da battaglia, il viceammiraglio britannico a Malta assunse il controllo della guerra antisottomarina nel Mediterraneo."(pagg. 480-481)(Segue) sandokan, Nereo Castelli, Giuseppe Garufi and 2 others 5 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 16, 2019 Author Report Share Posted January 16, 2019 "La American Naval Planning Section di Londra suggerì, con una certa dose di ingenuità, la nomina di un ammiraglio americano a comandante in capo di tutte le forze navali in Adriatico. Sims inoltrò la proposta al Dipartimento della Marina. Benson la approvò, e fu sottoposta al Naval Allied Council, in cui il rappresentante italiano fece una dura opposizione. Anche se non si spinsero mai fino al punto di provocare un vero e proprio confronto con gli italiani, gli americani erano decisamente interessati a fare dell'Adriatico un comando americano. Gli Stati Uniti erano pronti a dispiegarvi una potente forza navale se lo Allied Naval Council avesse approvato la loro proposta, ma l'Italia non avrebbe mai acconsentito a cedere il controllo dell'Adriatico. Lo Allied Naval Council era stato creato nel novembre 1917, in larga misura a causa del problema mediterraneo. Sia gli inglesi che i francesi convinsero l'ammiraglio Benson che un organismo del genere avrebbe potuto "indurre gli italiani ad usare le loro navi per recare il massimo vantaggio possibile alla causa comune". Il consiglio avrebbe tenuto un certo numero di sessioni durante la guerra. Era "un organismo molto utile per il cui tramite gli Alleati e le Potenze Associate mettevano in atto i piani navali di carattere generale su cui erano in grado di concordare". Tuttavia il consiglio era privo di poteri esecutivi e in genere non riuscì a risolvere i problemi nel Mediterraneo. Sin dall'inizio, Sims considerò la situazione mediterranea, e in particolar modo i problemi riguardanti l'Italia, come "la questione più fonte di guai" che il consiglio avrebbe dovuto affrontare. In aprile, dopo aver partecipato ad una riunione del consiglio, Sims confidò a Benson che "il guaio è che gli italiani diffidano molto seriamente sia dei francesi che dei britannici". Avrebbe potuto aggiungere gli americani, ma i rapporti italo-americani all'epoca non erano ancora così tesi come sarebbero divenuti in seguito. Dopo le riunioni successive, scrisse che i dissensi con il rappresentante italiano nelle riunioni del consiglio navale erano giunti ad un tale punto di scontro "da rendere ogni conferenza navale più o meno una farsa per quanto concerne questioni essenziali come l'unità di comando e di impegno nel Mediterraneo". Il governo italiano era deciso ad acquisire le vaste aree territoriali promesse nel Trattato di Londra. Per conseguire lo scopo, la marina italiana nell'Adriatico sarebbe rimasta sulla difensiva per tutto il corso della guerra, evitando la possibilità di esser sconfitta dalla flotta austro-ungarica. Nonostante molti tentativi da parte degli alleati di convincerli ad assumere l'offensiva, gli italiani si rifiutavano di farlo. Il commander C.R.Train, addetto navale americano a Roma, era convinto che il governo temeva di cadere se l'Italia avesse subito una sconfitta navale nell'Adriatico. Dopo una "prolungata e accalorata discussione" nel giugno 1918, il generale britannico Douglas Haig osservò: "Il loro obiettivo [dei rappresentanti italiani] sembrava esser quello di restare in porto e tenere la loro flotta al sicuro. Ero disgustato dal loro atteggiamento". Durante la riunione, al generale americano Tasker H. Bliss fu chiesto qual'era la ragione di tutte quelle urla. Rispose "Sono tutti in alto mare salvo l'ammiraglio italiano che non vuole andarci". Lord M.P.A. Hankey, segretario del British Committee of Imperial Defense, disse " Revel [il rappresentante italiano nel consiglio] era un personaggio del tutto meritevole di disprezzo. Ieri si è imposto all'attenzione dicendo che non poteva unire la flotta italiana a Taranto con quella francese a Corfù, perché il viaggio tra i due porti era troppo pericoloso per le navi che dovevano andare e venire per ormeggiarsi". Gli italiani non volevano accettare uno straniero come comandante supremo delle operazioni navali nel Mediterraneo se l'accordo comprendeva l'Adriatico. Si rifiutavano di ridurre la loro flotta in Adriatico per incrementare le operazioni altrove, compresa la scorta dei convogli. Il viceammiraglio Thaon di Revel era il principale artefice e sostenitore di questa politica. Come capo di stato maggiore e comandante in capo della flotta, era di gran lunga la figura più potente nella marina italiana. Divenne una spina nel fianco degli alleati e degli Stati Uniti per la sua strenua affermazione della politica navale italiana. Sims lo considerava un ostruzionista, confidando a Benson che non riteneva che la marina italiana avrebbe realizzato nulla di significativo finché Revel non fosse stato rimosso dai suoi posti di comando." (pagg. 481-483) (segue) Giuseppe Garufi and sandokan 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 16, 2019 Author Report Share Posted January 16, 2019 "Gli Stati Uniti ebbero interessi limitati nel Mediterraneo fino al dicembre 1917, quando dichiararono guerra all'Austria-Ungheria. E tuttavia la questione del comando riguardava la marina americana e le sue operazioni nel Mediterraneo. Niblack [comandante delle forze americane a Gibilterra ndt] osservò a Sims :""Sfortunatamente l'unità di comando non si è ancora del tutto conseguita nel Mediterraneo dove operano cinque marine, senza contare i greci e i brasiliani che stanno arrivando ... In alcune delle mie recenti lettere ufficiali ho cercato di indicare quanti compromessi è necessario fare nel Mediterraneo a causa dei diversi interessi ...Qui non c'è in alcun modo la minima frizione con i britannici, ma le relazioni italiane e britanniche sono alquanto difficili." Niblack se ne tenne lontano, ma altri ufficiali americani a Washington e a Londra no.Il Navy Department era decisamente a favore di un comando unificato nel Mediterraneo, ritenendo che avrebbe condotto ad azioni più aggressive da parte delle marine alleate, e in particolare di quella italiana. Daniels [il ministro della marina Josephus Daniels ndt] dette istruzioni a Sims di spingere per ottenerlo nell'Allied Naval Council e chiese al segretario di stato di far pressione sul governo italiano. A quanto scrive Daniels, il presidente Wilson disse al segretario di stato di parlare con l'ambasciatore italiano e dirgli "quanto la situazione fosse imbarazzante". Nelson Page, l'ambasciatore americano in Italia, sollevò la questione con Sidney Sonnino, ministro degli esteri italiano. Questi vacillò, informando Page che egli "non aveva nulla in contrario rispetto all'idea di un unico comandante ... a condizione che si avesse riguardo ... e si lasciasse libertà di azione ... al comandante di tutta la marina italiana riguardo alle operazioni in Adriatico".Lo Assistant Secretary della marina Franklin D. Roosevelt cercò di persuadere il governo italiano ad accettare un ammiraglio britannico come comandante supremo nel Mediterraneo. Roosevelt chiese a Daniels di consentirgli di andare in Europa ad osservare le attività della marina. Alla fine gli fu permesso di fare il viaggio nel luglio 1918. Dopo aver incontrato Lord Balfour [ministro degli esteri ndt] e Geddes [il Primo Lord dell'Ammiragliato ndt], scrisse a Daniels "Come sai gli italiani hanno rifiutato di fare la loro parte nella situazione mediterranea, e dopo aver fatto qualche ulteriore piccolo giro d'orizzonte, penso di poter stabilire se sarebbe una buona cosa andare a Roma." Decise di andare, in parte perché Geddes gli chiese di farlo ma anche per la sua irrefrenabile convinzione di poter ottenere la collaborazione italiana. Dopo tutto, scrisse al suo capo, "Gli italiani possono non amarci, ma almeno sanno che noi non abbiamo secondi fini nel Mediterraneo". Arrivò a Roma l'8 agosto, e per tre giorni ebbe incontri con alti funzionari del ministero degli esteri e con l'ammiraglio Revel. I suoi sforzi non ebbero successo, e anzi forse furono di detrimento. Evidentemente aveva fatto irritare alcuni funzionari e ufficiali italiani, incluso il capo di stato maggiore della marina, nonostante la sua opinione secondo cui l'Adriatico doveva restare sotto controllo italiano.Roosevelt aveva lasciati interdetti gli italiani e i francesi, che si domandavano chi fosse e se le sue idee riflettevano la linea politica americana. Entrambi i governi sospettarono che fossero i britannici ad usarlo. I francesi arrivarono al punto di porre un quesito al loro ministro a Washington circa Roosevelt e la sua missione. Il governo francese era particolarmente irritato perché Roosevelt sosteneva la candidatura di Lord Jellicoe a comandante supremo nel Mediterraneo. Daniels dovette assicurare al segretario di stato che il suo assistente non era autorizzato a "dire chi comandava". Gli era solo consentito dire che gli Stati Uniti erano a favore del concetto di un comandante supremo. Né al ministro della marina né al presidente Wilson piacque questa incursione di Roosevelt nel campo diplomatico. Poteva esser stato un "fatto istruttivo" per FDR, come mise la cosa uno scrittore, ma fu anche una fonte di imbarazzo." (pagg. 483-484) (segue) sandokan and Giuseppe Garufi 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Giancarlo Castiglioni Posted January 16, 2019 Report Share Posted January 16, 2019 In concreto, cosa intendevano gli alleati chiedendo agli italiani di andare all'offensiva? Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 17, 2019 Author Report Share Posted January 17, 2019 Uscire con la squadra da battaglia al completo provocando l'uscita della squadra austro-ungarica, ciò che non è stato mai fatto. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Giancarlo Castiglioni Posted January 18, 2019 Report Share Posted January 18, 2019 Ma gli austriaci sarebbero usciti? Non credo.Anche i francesi con la loro flotta a Corfù stavano in porto.Le richieste americane mi sembrano senza senso. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 18, 2019 Author Report Share Posted January 18, 2019 "L'atteggiamento italiano verso gli Stati Uniti comportava una contraddizione. I molto pubblicizzati Quattordici Punti per la pace del presidente Wilson ed altre prese di posizione allarmavano il governo [italiano ndt], ma esso aveva un disperato bisogno di prodotti e rifornimenti militari americani. Avrebbe preferito i materiali americani senza la loro presenza in Adriatico, ma quando ci si rese conto che gli Stati Uniti sarebbero entrati nel conflitto, si richiesero con riluttanza aerei, navi da guerra ed anche truppe americane. Quest'attività crebbe dopo il disastro di Caporetto nell'autunno 1917, quando il fronte nell'Italia settentrionale crollò sotto la pressione tedesca e austro-ungarica. Caporetto influenzò la decisione del presidente Wilson di chiedere una dichiarazione di guerra contro l'impero austro-ungarico. Il Congresso approvò e dichiarò la guerra il 10 dicembre 1917. Con l'avvicinarsi dell'inverno, gli italiani si trovarono disperatamente a corto di combustibile, in particolare di carbone. Il General Board venne informato che gli italiani avevano minacciato di ritirarsi dalla guerra se non ricevevano sufficienti forniture di carbone. Un aviatore americano a Porto Corsini scrisse ai genitori: "Non avremo fuoco quest'inverno. Il carbone costa 112 dollari a tonnellata; non c'è legna." La crisi italiana convinse il Navy Department ad inviare aiuti aggiuntivi come navi ed aerei. Il CNO [Chief of Naval Operations ndt] tuttavia era preoccupato: se gli Stati Uniti inviavano assistenza, "questo ci impegna ad una politica di attiva partecipazione nelle operazioni nel Mediterraneo e dintorni." Benson intendeva dire che fornire aiuti sostanziosi all'Italia era chiaramente un'azione politica oltre che militare perché avrebbe potuto portare a scontri con le unità navali e militari austro-ungariche, mentre gli Stati Uniti all'epoca non erano in guerra con l'Austria-Ungheria. Il governo italiano continuò fino alla fine della guerra a richiedere la presenza di ulteriori navi da guerra americane nel Mediterraneo per fornire la scorta ai convogli. Qualche rimorchiatore fu inviato a Genova e in seguito a Napoli, ma la richiesta italiana di cacciasommergibili e yacht armati venne respinta. Gran parte dell'aiuto promesso non arrivò mai in Italia causa ritardi nella costruzione e divergenti priorità.La situazione nel Mediterraneo rimase imbarazzante per il resto del conflitto e anche nei mesi immediatamente postbellici. Tuttavia la cooperazione a livello operativo ebbe successo, in particolare con riguardo allo sbarramento del Canale d'Otranto, all'attività dei convogli provenienti da Gibilterra e all'aviazione.La catastrofe italiana a Caporetto si verificò mentre l'ammiraglio Benson, come membro della Missione House, era in viaggio per l'Europa. Senza dubbio la possibilità di un crollo italiano preoccupava parecchio molti dei funzionari e degli ufficiali alleati che incontrò in Europa. Benson dette istruzioni a Sims di studiare la possibilità di fornire aiuti militari, compresa l'aviazione. Evidentemente il governo di Roma richiese del personale dell'aviazione navale per equipaggiare alcune basi italiane. Gli italiani erano disposti ad addestrare piloti statunitensi per prestare servizio sul fronte occidentale. Per determinare con precisione che cosa stavano proponendo gli italiani, il tenente John Lansing Callan venne inviato a Roma a dicembre. Callan scoprì che il capo dell'aviazione navale italiana, capitano L. de Filippi, era disponibile ad accettare di addestrare aviatori americani, ma si aspettava che avrebbero prestato servizio in Italia. Sollecitava con decisione che la marina americana assumesse il controllo operativo di due o tre basi di idrovolanti. La marina italiana avrebbe fornito gli aerei, i pezzi di ricambio e l'equipaggiamento." (pagg. 484-485) (segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 18, 2019 Author Report Share Posted January 18, 2019 "Callan ispezionò le tre basi proposte, tutte sull'Adriatico. Si oppose all'idea di occupare una base prevista per ospitare ottanta grossi bombardieri Caproni, alla luce degli impegni in Francia. Tuttavia gli piacquero le altre due, ubicate a Porto Corsini e a Pescara, e consigliò al capitano Cone, comandante dell'aviazione di Marina in Francia, di prenderle in carico. Passarono tre mesi prima che il Ministero approvasse la proposta di Callan. Benson e Sims erano riluttanti ad agire, data l'enfasi posta sulla creazione del Northern Bombing Group [un gruppo dell'aviazione di marina destinato a bombardare Ostenda e Zeebrugge nel Mare del Nord ndt]. Volevano anche esser sicuri che gli italiani avrebbero fornito gli aerei necessari e il loro supporto. In aprile Sims raccomandò l'acquisizione delle due basi, e Benson acconsentì l'8 maggio. Callan venne designato a comandare le forze dell'aviazione navale americana in Italia, ma in ottobre il commander Charles R. Train, addetto navale in Italia, prese il suo posto. Train mantenne entrambi gli incarichi fino alla fine della guerra. Il controllo operativo faceva capo tuttavia al viceammiraglio italiano comandante la piazza di Venezia. Sia Callan che Train sollecitarono invano l'acquisizione di ulteriori basi.La marina italiana aveva una scuola di addestramento piloti sul Lago di Bolsena, 60 miglia a nord di Roma. Il Ministero della Marina, pur avendo ritardato l'occupazione delle due basi operative, accettò di assumere il controllo della base addestrativa. In febbraio gli italiani trasferirono la base agli Stati Uniti. Il primo gruppo di 73 allievi arrivò ben presto. Anche se buona parte di quelli addestrati al Lago di Bolsena prestarono poi servizio in Francia, circa 70 rimasero in Italia volando con i contingenti americani nel paese.La base di Pescara non divenne mai operativa, ma quella di Porto Corsini divenne una fiorente città americana, nota ai marinai ivi di base come "La città dell'isola delle capre". Il primo distaccamento di 331 uomini arrivò a Porto Corsini nel luglio 1918. Era ubicata alla foce di un canale a circa dieci miglia da Ravenna e settanta da Venezia. Le operazioni di volo dalla base erano difficili. Gli idrovolanti a scafo dovevano decollare e ammarare su uno stretto canale di circa 100 piedi [30 metri ndt] di larghezza.La missione della marina a Porto Corsini era quella di bombardare Pola e Trieste di notte e anche di sganciare volantini di giorno. I piloti compivano anche voli settimanali di ricognizione fotografica sui due porti austro-ungarici e voli di pattuglia quotidiani lungo la costa per prevenire attacchi di sorpresa da parte di navi da guerra austro-ungariche. La base non ebbe mai più di 21 aerei per eseguire le sue missioni, di cui in media circa la metà operativi. Gli aerei austro-ungarici compivano frequenti incursioni su Porto Corsini ma questi attacchi, pur interrompendo il sonno, non provocarono alcuna perdita.Di quando in quando gli aerei delle due parti si impegnavano in duelli aerei sull'Adriatico. A fine luglio, sette aerei da caccia austro-ungarici attaccarono cinque aerei americani, due bombardieri e tre caccia. Un caccia austro-ungarico fu abbattuto, e un idrovolante americano fu costretto ad ammarare. Fortunatamente un altro aereo della stessa sezione ammarò e recuperò il pilota. Per rappresaglia, gli austro-ungarici bombardarono la base quella notte. Per i quattro giorni successivi entrambe le parti cercarono di annientarsi, l'operazione più intensiva condotta dall'aviazione navale americana durante la guerra. Il reparto passò il settembre e l'ottobre tra incursioni e ricognizioni su Pola ed altri porti austro-ungarici. In ottobre l'aviazione navale italiana e gli americani lanciarono un'incursione congiunta di 43 aerei su Pola, evitando qualsiasi perdita nonostante il pesante fuoco antiaereo. Nell'ultima settimana di ottobre tuttavia l'Austria-Ungheria chiese un armistizio, che fu firmato il 4 novembre." (pagg. 485-486) (segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 20, 2019 Author Report Share Posted January 20, 2019 "Sin dal giugno 1917 gli Stati Uniti ricevettero da parte degli alleati e dei loro stessi funzionari diplomatici richieste di dispiegare navi da guerra in Mediterraneo. Gli alleati, e in particolare gli italiani e i britannici, erano riluttanti a farlo, ma subivano gravi perdite da parte degli U-Boats nel Mediterraneo così come altrove. Gli affondamenti in maggio raggiunsero le 150.000 tonnellate e in giugno 130.000. Come in Atlantico, gli alleati non avevano abbastanza naviglio leggero da opporre ai sommergibili. Gli Stati Uniti, non avendo interessi costituiti in Mediterraneo e non essendo ancora in guerra con l'Austria-Ungheria, prestarono scarsa attenzione alla regione durante le prime settimane di belligeranza americana. Ma in seguito la grave situazione del settore convinse gli ufficiali americani a offrire dell'assistenza. Dopo aver fatto fronte alle esigenze più pressanti, alla marina rimaneva un'accozzaglia di naviglio eterogeneo, comprese anticaglie come le cannoniere risalenti alla guerra ispano-americana, cutter della Coast Guard trasferiti alla marina, yacht privati requisiti per il periodo bellico, e pochi incrociatori leggeri. Wilson [comandante delle forze US Navy a Gibilterra ndt] e il suo successore Niblack non ricevettero ordini dettagliati né da Washington né da Sims. Come altri reparti americani, ricevettero istruzioni di collaborare con gli alleati, in questo caso i britannici. Data la vaghezza degli ordini, prima Wilson e poi Niblack ritennero che il comandante in capo britannico a Gibilterra dovesse comandare le navi americane, comprese le missioni di scorta e di pattuglia nel Mediterraneo e gli approcci da ovest a Gibilterra. Il 20 settembre l'Ammiragliato informò l'ammiraglio Grant [senior Naval Officer a Gibilterra ndt] che le navi americane non dovevano operare nel Mediterraneo oltre la zona di pericolo che finiva a circa 30 miglia ad est di Gibilterra. La decisione derivava dal fatto che gli Stati Uniti non erano in guerra con l'impero austro-ungarico.Fino a dicembre, quando gli Stati Uniti dichiararono guerra all'Austria-Ungheria, le navi da guerra americane di base a Gibilterra operarono soprattutto in Atlantico, gli incrociatori e i cutter scortando i convogli da e per la Gran Bretagna e le cannoniere pattugliando la zona del pericolo. Tuttavia l'introduzione del sistema dei convogli in Mediterraneo dipendeva dalla disponibilità di navi scorta, incluse quelle americane. E' più che probabile che il convogliamento non sarebbe stato avviato in Mediterraneo senza la presenza di unità navali statunitensi e la promessa di altre. Il sistema era stato impiegato in Mediterraneo sin dall'inizio della guerra. Gli italiani scortavano i mercantili tra Gibilterra e Genova usando dodici navi da guerra, già da mesi prima che i britannici introducessero il sistema anche nel Mediterraneo. In seguito le navi scorta italiane vennero incorporate nel sistema britannico. I britannici organizzarono alcuni convogli in Mediterraneo prima di dar vita ad un sistema generalizzato. Questi consistevano di solito di due o tre navi, spesso trasporti truppe, con una sola nave scorta. Il viceammiraglio G.A. Ballard, comandante britannico a Malta, organizzò convogli di quattro o cinque navi che andavano da Malta verso est ad Alessandria e verso ovest a Gibilterra. Questi erano convogli di quattro o cinque mercantili scortati da quattro trawlers armati. Nessuno degli altri alleati ne seguì l'esempio, e a causa del sistema britannico articolato su zone con comandanti diversi, l'approccio di Ballard non si diffuse in tutto il Mediterraneo. In genere i britannici preferivano disperdere le navi mercantili senza pattuglie. I francesi adottavano rotte prefissate e pattugliate. Come in Atlantico, nessuno dei due metodi ebbe successo.In aprile 1917 in una conferenza navale tenuta a Corfù, gli alleati deciso di modificare il sistema. Ovunque possibile, i mercantili dovevano seguire rotte pattugliate in acque costiere solo durante le ore notturne, ancorandosi in acque protette durante il giorno. Le navi veloci che seguivano rotte in mare aperto dovevano navigare isolate o in convoglio su rotte distribuite secondo un criterio casuale. Nonostante che questo sistema richiedesse molte più navi scorta di quelle disponibili, rimase in vigore fino a settembre. I britannici si sobbarcarono gran parte dell'onere. E tuttavia le navi di scorta ai convogli in Mediterraneo erano più multinazionali che altrove. Per esempio la scorta di un convoglio per Genova comprendeva uno yacht americano, un mercantile armato italiano e due trawlers, uno francese l'altro portoghese. La navi francesi cooperavano per quanto meglio potevano, ma la marina francese era terribilmente a corto di mezzi antisommergibili in Mediterraneo. I giapponesi fecero la loro parte con 14 destroyers nel Mediterraneo, il primo dei quali arrivò ad aprile 1917. A parte pochi rinforzi britannici, queste furono le uniche navi disponibili per rafforzare le forze navali alleate nel Mediterraneo fino all'arrivo degli americani. Le navi americane assegnate al servizio di scorta in Mediterraneo lavoravano bene con gli alleati, nonostante le critiche alle procedure organizzative. Un comandante scrisse "L'attribuzione a caso o a casaccio delle navi scorta oggi in funzione in questa base produce il minimo di efficienza". La sua nave, il CYTHERA, impegnata nel servizio di scorta, "non aveva neppure una volta, salvo forse una o due eccezioni, lasciato Gibilterra insieme con un nave scorta con cui era già stata in compagnia in precedenza. Mai che due ufficiali al comando della scorta avessero lo stesso piano di attacco o di difesa del convoglio". L'ammiraglio Grant metteva i nomi delle navi disponibili in un cappello per una "estrazione" per scegliere quelle che dovevano esser assegnate ad un particolare convoglio. Interrogato circa questa procedura, Niblack disse che funzionava "benissimo". A quanto pare, a differenza degli ufficiali addetti alle scorte a Queenstown e a Brest, quelli che operavano da Gibilterra non fecero alcun tentativo di elaborare dottrine antisommergibili e per la scorta, probabilmente a causa della eterogenea collezione di navi che componevano le forze di scorta. Il comandante del CYTHERA, come Taussig a Brest, raccomandò la creazione di squadriglie di scorta permanenti che avrebbero operato come reparti sotto un comandante fisso, ma Grant non adottò questa procedura." (pagg. 486-487)(segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 20, 2019 Author Report Share Posted January 20, 2019 "L'ammiraglio Grant era anche lui deluso della performance delle navi da guerra americane. "Le navi statunitensi in genere non sono recenti e su di esse non si può contare perché si sobbarchino il lavoro continuativo che la carenza di navi gli scarica addosso", informò l'Ammiragliato. A causa dei "frequenti guasti delle navi pattuglia statunitensi" e dell'assegnazione di nove navi americane al servizio delle scorte oceaniche, dovette ridurre il numero delle navi disponibili per pattugliare la zona di pericolo. "Le navi da guerra americane assegnate a Gibilterra erano in cattive condizioni, ma non molto peggiori rispetto alle altre unità navali operanti da Gibilterra. Niblack informò dopo la guerra il Naval Investigation Committee che "A Gibilterra avevamo quella che chiamavamo la lotteria del cappello, ed ogni mattina in conferenza gli ufficiali italiani, britannici e francesi [e americani] presenti estraevano dal cappello le navi disponibili e le distribuivano per le missioni di scorta, e se incaricavamo una nave di salpare e poi succedeva qualcosa, dovevamo sostituirla con un'altra". "Gli angeli non saprebbero far di meglio" disse a Sims, "Forse i diavoli potrebbero, ma è dura fare il diavolo con il ... tipo di navi che abbiamo qui, gran parte delle quali sono al termine della loro esistenza". Fin da ottobre [1917 ndt] navi da guerra americane capaci di fare il servizio di scorta vennero occasionalmente assegnate al Mediterraneo nonostante la possibilità di incontrare un U-Boat austro-ungarico. Questo era improbabile perché nel luglio 1917 i sommergibili austro-ungarici ricevettero l'ordine di non attaccare navi da guerra o mercantili americani. Gli U-Boats austro-ungarici in genere si tenevano lontani dalle aree pattugliate da unità navali americane. Il 3 ottobre l'ammiraglio Wilson riferì che SACRAMENTO e CASTINE erano in servizio di scorta tra Gibilterra ed Orano in Algeria. Le cannoniere e gli yacht americani vennero assegnati alla rotta Gibilterra-Genova quando iniziarono le operazioni a gennaio 1918. I convogli su questa rotta erano debolmente scortati nonostante le frequenti lamentele dei capitani delle navi. La rotta Gibilterra-Marsiglia era anch'essa fonte di preoccupazione. Le navi da guerra italiane, compresi i cacciatorpediniere, in genere scortavano i convogli da Marsiglia a Genova. Finché non fu avviato il convogliamento per Genova, i mercantili ad essa destinati navigavano isolati, restando il più lontano possibile dalla costa. Le navi veloci erano al sicuro, ma quelle più lente erano vulnerabili agli attacchi dei sommergibili. Quando fu avviato il sistema dei convogli, a nessuna nave, a prescindere dalla sua velocità, fu consentito di navigare isolata."(pag. 489)(segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 21, 2019 Author Report Share Posted January 21, 2019 "I convogli diretti a est di solito bordeggiavano lungo la costa spagnola entro il limite delle 3 miglia [delle acque territoriali ndt]. Le navi scorta restavano fuori dal confine neutrale ma in vista del convoglio. Quelli diretti ad Orano, Bizerta ed altrove in Nordafrica arrivavano sino ad un punto sulla costa spagnola, attendevano che cadesse la notte, e poi attraversavano alla massima velocità il tratto di mare che li separava dal Nordafrica. Quelli diretti verso i porti francesi e italiani del Mediterraneo continuavano lungo la costa spagnola. Di quando in quando le navi scorta sconfinavano in acque spagnole, abbastanza vicino da distinguere edifici e campi coltivati. (...) Niblack tuttavia era rigoroso circa il rispetto delle acque neutrali spagnole. In una occasione revocò un ordine di Grant al comandante del BAINBRIDGE [un anziano destroyer ndt] che avrebbe condotto la nave all'interno della zona neutrale. Nel febbraio 1918, quando gli U-Boat cominciarono a cercarsi bersagli nelle acque spagnole, l'ammiraglio Calthorpe [C-in-C delle forze navali britanniche nel Mediterraneo, a Malta] ordinò di spostare in mare aperto la rotta da Gibilterra a Genova. Un mese dopo, tuttavia, la rotta in acque spagnole venne ripristinata quando l'intelligence ebbe fatto sapere che i sommergibili avevano spostato altrove le loro operazioni.Niblack era continuamente alle prese con il problema delle navi scorta. Viste le limitate capacità delle sue navi e la necessità di frequenti riparazioni, doveva barcamenarsi con le navi disponibili tra le scorte oceaniche e il servizio dei convogli. Spesso le richieste di ulteriori convogli non potevano trovare accoglimento in quanto il sistema era già stressato sino al limite. Gli italiani volevano avviare convogli dagli Stati Uniti ai porti italiani simili a quelli che andavano in Francia e in Gran Bretagna, ma le navi scorta che sarebbero state necessarie non esistevano. Nel luglio 1918, Grant informò l'Ammiragliato che aveva bisogno di almeno 16 ulteriori navi per il servizio di scorta, senza contare quelle necessarie per i convogli aggiuntivi. Niblack a brutto muso informò Sims "Non abbiamo abbastanza navi scorta per il nostro lavoro, e quindi tutto si riduce a trascurare taluni convogli". Da quattro a sei navi scortavano quasi tutti i convogli mediterranei, qualunque fosse la loro dimensione e velocità. Poche navi mercantili capaci di 13 nodi ed oltre navigavano isolatamente, ma nessuna con una velocità inferiore a quella. In luglio Niblack raccomandò il trasferimento in Mediterraneo di diverse navi scorta più veloci impegnate nelle scorte oceaniche, in quanto l'Ammiragliato aveva gradualmente aumentato il suo contingente di navi scorta assegnate ai convogli Regno Unito-Gibilterra. Sims approvò, ma Niblack dovette aspettare fino a settembre prima di cominciare a spostare in Mediterraneo i suoi cutter della Guardia Costiera."(pagg. 489-490)(segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 21, 2019 Author Report Share Posted January 21, 2019 "Le navi americane a Gibilterra si sobbarcavano una quota di lavoro superiore a quella che sarebbe loro toccata. Il 17 ottobre 1918 Sims venne informato che le navi di Niblack in luglio ed agosto avevano operato in mare per più della metà del tempo. Fornivano il 25% delle scorte dei convogli mediterranei e il 70% di quelli per l'Atlantico. Le vecchie cannoniere e gli yacht facevano gran parte delle scorte in Mediterraneo. (...) Le perdite di naviglio mercantile in Mediterraneo erano pesanti. Negli ultimi cinque mesi del 1917 i sommergibili distrussero 160 navi, comprese molte scortate. Le navi da guerra americane in genere fornivano almeno una delle unità di scorta. Meno di 50 sommergibili tedeschi ed austro-ungarici inflissero simili perdite. Ma in seguito il crescente impiego dei convogli ridusse grandemente le perdite di naviglio. Durante gli ultimi dodici mesi di guerra, 11.509 navi navigarono in convoglio in Mediterraneo, ma meno di 150 andarono a fondo.Sims era ben consapevole delle carenze in Mediterraneo. Scrisse a Niblack: "Non è stato possibile sostituire alcuna delle [tue] navi né fornire navi da guerra più adatte al lavoro dei convogli, a causa delle maggiori necessità in altre aree." Anche se diverse centinaia di destroyers e di altri mezzi antisommergibili erano in costruzione negli Stati Uniti, i cantieri erano in ritardo rispetto ai programmi. Due sviluppi costrinsero Sims ad assegnare un numero limitato di destroyers al Mediterraneo. Il primo era la decisione dell'Esercito di mandare navi con rifornimenti a Marsiglia, il secondo era la necessità di fornire dei destroyers ai reparti antisommergibili assegnati al Mediterraneo.Il rapido rafforzamento della American Expeditionary Force in France produsse una grave congestione nei porti atlantici della Francia. Per attenuare il problema, l'esercito iniziò a dirottare delle navi con rifornimenti a Marsiglia. Sims espresse delle forti riserve, sottolineando il successo degli U-Boat nel Mediterraneo, la debolezza delle unità di scorta, e il fatto che il viaggio per Marsiglia era più lungo di 1.400 miglia, "tutte in acque infestate dagli U-Boat", rispetto a quello verso i porti dell'Atlantico. Cionondimeno l'esercito inviò le sue prime navi a Marsiglia in giugno. Nonostante l'inadeguatezza delle scorte, raggiunsero la destinazione e fecero ritorno negli Stati Uniti. Per fornire una scorta più forte ai convogli dell'esercito, in luglio Sims mandò i nuovi destroyers GREGORY e DYER a Gibilterra. Erano veloci e ben armati. L'ammiraglio Calthorpe ne rimase molto impressionato: "Belle navi. Vorrei averle per i Dardanelli o per Otranto, sono troppo buone per il lavoro di scorta in cui sono impegnate."Sims informò Niblack che le due navi erano le prime di dieci previste per il suo comando. Gli era consentito di usare i destroyers anche per altri impieghi come il servizio di pattuglia, a condizione che non interferissero con la loro responsabilità primaria, che era quella di proteggere le navi di rifornimento dell'esercito. Venne loro ordinato di operare direttamente sotto il comando dell'ammiraglio americano a Gibilterra [appunto Niblack ndt] anziché sotto Calthorpe a Malta. Il comandante delle forze navali americane in Europa prese questa decisione dopo aver appreso da Niblack che Calthorpe intendeva usare i nuovi destroyers per scortare i convogli tra Gibilterra e Genova. Questi convogli avrebbero compreso le navi trasporto dell'esercito che dovevano poi esser distaccate per Marsiglia. Sims si rifiutò di porre i destroyers sotto il comandante britannico nel Mediterraneo perché le navi dell'esercito erano molto più veloci dei convogli per Genova. In seguito i destroyers vennero posti sotto il comando di Calthorpe ma solo in senso formale. Il frequente arrivo di navi per rifornimenti scoraggiò Niblack dall'usarli per servizi di pattuglia o come rimpiazzi.Entro luglio, 17 navi trasporto dell'esercito erano state fatte arrivare a Marsiglia via Gibilterra. Ogni convoglio consisteva di due o tre mercantili scortati da uno dei due destroyers. A settembre altri due destroyers, LUCE e STRIBLING, arrivarono a Gibilterra. Niblack non ricevette mai gli altri sei dei destroyers promessi, ma i veterani PARKER e ISRAEL arrivarono dalle acque britanniche.Nel maggio 1918 l'ammiraglio Sims aveva raccomandato il dispiegamento in Mediterraneo di PARKER e ISRAEL insieme al DOWNES. Dovevano cooperare con i cacciasommergibili in missioni antisom di caccia, e non in servizi di convoglio. Il Ministero tuttavia dette ordine al comandante delle forze navali di bloccarne il dispiegamento nel Mediterraneo, in quanto erano necessari "per assicurare la sicurezza dei trasporti truppe [per la Francia]". "Questo è quello che io definisco un alibi cartaceo" scrisse Sims a Niblack. PARKER e ISRAEL raggiunsero alla fine Gibilterra ai primi di novembre e condussero delle esercitazioni antisom con i cacciasommergibili nelle acque intorno a Gibilterra. Il 29 ottobre l'Ammiragliato informò l'ammiraglio Sims che il governo austro-ungarico prevedeva di capitolare e che i sommergibili tedeschi di base in porti austro-ungarici avevano ricevuto l'ordine di rientrare in patria. Sarebbero passati attraverso lo Stretto di Gibilterra diretti a nord. L'ammiraglio Grant decise di creare uno sbarramento con tutte le navi disponibili attraverso lo Stretto. PARKER, ISRAEL e una flottiglia di diciotto subchasers che erano appena arrivati dagli Stati Uniti si unirono allo sbarramento. A causa della scarsità di benzina, solo otto chasers potevano operare contemporaneamente. Pattugliarono lo Stretto per un periodo di quattro giorni, usando i loro dispositivi d'ascolto e di quando in quando ottenendo quello che veniva considerato un "contatto". In diverse occasioni chasers e destroyers lanciarono cariche di profondità dopo aver deciso che il contatto era un U-Boat. Un ufficiale di un subchaser in seguito riferì che le navi americane avevano scoperto quattro U-Boats, due dei quali vennero attaccati. Nonostante la concentrazione di navi alleate ed americane, non riuscirono né ad affondare né a danneggiare un U-Boat; quindici di questi scivolarono attraverso lo sbarramento e fecero ritorno alle loro basi in Germania. Una squadra di incrociatori e destroyers brasiliani in rotta per Gibilterra dal Sudamerica andò a finire contro lo sbarramento durante un piovasco e aprì il fuoco contro diversi subchasers. A distanza, i profili dei subchasers assomigliavano alle torrette di comando di sommergibili. Nessuno fu colpito. Gli U-Boats ottennero un ultimo successo mentre lasciavano il Mediterraneo. La nave da battaglia britannica BRITANNIA fu silurata con pesanti perdite umane, l'ultima nave affondata da un sommergibile durante la guerra."(pagg. 490-492)(segue) Danilo Pellegrini and Giuseppe Garufi 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 26, 2019 Author Report Share Posted January 26, 2019 "I sommergibili tedeschi e austro-ungarici operanti da basi in Adriatico ottennero un enorme successo nonostante gli strenui sforzi per fermarli. Quando l'Italia entrò in guerra nel maggio 1915, ritirò le sue forze navali dall'Adriatico, lasciando l'Austria-Ungheria padrona di quel mare [questo forse è vero per le unità maggiori di superficie e per l'Adriatico centro-settentrionale, non certo per quello meridionale da Brindisi in giù, basta pensare alla riuscita evacuazione dell'esercito serbo dai porti albanesi ndt]. Gli italiani, con assistenza francese e britannica, crearono uno sbarramento attraverso il Canale d'Otranto all'ingresso dell'Adriatico ma non fecero alcuno sforzo per sfidare la marina austro-ungarica. All'epoca, l'Austria-Ungheria aveva solo ventidue piccoli sommergibili costieri, di cui nessuno capace di operare nel Mediterraneo. Nel novembre 1915 il governo tedesco accettò di dispiegare i suoi U-Boats in Adriatico. Potevano spingersi oltre nel Mediterraneo, operando verso ovest fino a Gibilterra. Ad un certo momento, trentadue U-Boats tedeschi si trovarono ad operare dalle basi austro-ungariche. In seguito anche sommergibili austro-ungarici più performanti si spinsero fuori dall'Adriatico. All'inizio del 1918 il 30% delle perdite di naviglio mercantile alleato si verificavano nel Mediterraneo. Il comando supremo alleato rafforzò lo sbarramento attraverso il Canale d'Otranto. Il contrammiraglio Mark Kerr scrisse in seguito: "Se il canale d'Otranto fosse stato chiuso al passaggio [dei sommergibili], la loro base più prossima sarebbe stata Costantinopoli, e dopo di questa la Germania metropolitana." Kerr comandava le forze navali britanniche nel Mediterraneo orientale. Il suo superiore, l'ammiraglio Calthorpe, C-in-C del Mediterraneo, era d'accordo con lui. Preferiva una tattica antisom più aggressiva, che ponesse l'enfasi sullo sbarramento di Otranto anche a costo di ridurre le scorte dei convogli. Tuttavia lo sbarramento fisico attraverso il Canale non divenne mai forte abbastanza da fermare i sommergibili nemici, neanche dopo l'aggiunta di 40 miglia di reti fisse e campi minati. Quando le prime unità navali americane arrivarono nell'estate del 1918, più di cento drifters, trenta trawlers armati, motolance, destroyers e anche sommergibili con il supporto di palloni frenati e di aerei erano dispiegati intorno allo sbarramento. Sette U-Boats furono perduti durante la guerra tra l'Adriatico e il Mediterraneo, ma è impossibile determinare il numero esatto di quelli distrutti sullo sbarramento. Solo due successi vennero confermati." (pagg. 492-493) (segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 26, 2019 Author Report Share Posted January 26, 2019 "All'inizio l'interesse degli americani non si focalizzò sullo sbarramento, in quanto la marina aveva un obiettivo più ampio, la condotta di operazioni offensive in Adriatico con lo scopo di limitare o fermare le attività degli U-Boats. In gennaio 1918 la Naval Planning Section sottopose a Sims un piano che prevedeva operazioni combinate contro l'Austria-Ungheria in Adriatico. Il comandante delle forze navali americane lo presentò alla seconda riunione dello Allied Naval Council a Roma l'8-9 febbraio 1918. Prevedeva l'impiego di truppe appoggiate da unità navali per occupare temporaneamente la Penisola di Sabbioncello, situata sulla costa dalmata a poche miglia a nord della base navale austro-ungarica di Cattaro. Degli incursori dovevano interrompere tutto il traffico terrestre e marittimo che collegava Cattaro con i cantieri di riparazione di Pola e altri sorgitori austro-ungarici. Inoltre un certo numero di isole nei dintorni dovevano essere occupate e fortificate per esser usate come basi. Il piano proponeva di creare uno sbarramento minato dall'isola di Curzola vicino alla penisola di Sabbioncello fino alla punta del Gargano sulla costa italiana. Infine si propugnava il bombardamento di Cattaro, usando unità navali alleate e navi da battaglia americane. I progettisti avevano tuttavia ritenuto che le forze da impiegare nelle operazioni sia navali che terrestri avrebbero compreso truppe degli alleati, con un ammiraglio americano al comando. Sims sottolineò che gli Stati Uniti avrebbero fornito gran parte delle unità navali, le mine, e almeno diecimila soldati, presumibilmente marines. Gli italiani si opposero con decisione all'operazione. Consideravano fantasioso e impraticabile l'impiego di truppe americane. Erano recisamente contrari ad un comandante americano. E temevano anche che gli Stati Uniti non avrebbero ritirato le loro forze quando la loro presenza non fosse stata più necessaria. Quando Sims sottopose il piano all' Allied Naval Council, lo fece senza il permesso del Dipartimento della Marina. Molto probabilmente si aspettava che Washington lo avrebbe approvato, una volta ottenuto il consenso del Naval Council. Lo riteneva perfettamente in linea con il favore con cui consideravano le operazioni offensive sia il Presidente Wilson che l'ammiraglio Benson. E' probabile che l'Ammiragliato britannico fosse stato almeno messo a parte dell'idea, e che il comandante delle forze navali avesse ottenuto una qualche forma di approvazione provvisoria. Si sarebbe potuto attendere un consenso italiano a causa della disinteressata presenza americana nella regione. Indubbiamente non si aspettava la sua adozione nella riunione di febbraio. Il Council concordò di prendere in considerazione il piano alla riunione successiva, ma Sims rientrò a Londra pessimista circa il sostegno italiano. Il piano con alcune modifiche fu nuovamente sottoposto all'Allied Naval Council nella sua terza riunione il 12-14 marzo. Sims ricevette un'approvazione parziale da parte dell'ammiraglio Benson, nonostante le forti riserve del capitano Pratt [assistente di Benson ndt]. I britannici erano in favore sul piano generale, anche se l'Ammiragliato era disponibile solo ad impegnare un contributo navale limitato. L'ammiraglio Calthorpe osservò che era complementare al suo piano per lo sbarramento del Canale d'Otranto. Gli italiani rimasero critici rispetto all'operazione proposta, insistendo che qualsiasi comandante supremo in Adriatico doveva essere italiano. Sims rispose che non gli importava da quale nazione provenisse il comandante, a condizione che fosse un "combattente". Gli italiani misero in discussione anche le stime americane delle forze necessarie ad eseguirla, in particolare le truppe, la disponibilità di un supporto logistico adeguato, e in definitiva la necessità stessa di una simile operazione. Ed infine espressero la preoccupazione che il fallimento dell'operazione poteva fare a pezzi il morale già declinante dell'opinione pubblica italiana. Tuttavia il piano fu approvato, ma dato che richiedeva l'impiego di forze terrestri, fu rinviato al Supreme War Council." (pagg. 493-494) (segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Francesco De Domenico Posted January 26, 2019 Author Report Share Posted January 26, 2019 "I rappresentanti militari del Supreme War Concil si riunirono con i membri dell'Allied Naval Council il 14 marzo, e dopo meno di un'ora di discussione decisero di "rinviarlo ad ulteriore esame". Il risultato fu la fine del piano, anche se Sims continuò ad insistere per un mese o poco più. L'offensiva tedesca sul fronte occidentale, che iniziò il 21 marzo, eliminò qualsiasi possibilità che fosse adottato in un futuro prossimo. L'opposizione italiana all'operazione progettata continuò nei mesi seguenti. Il 10 giugno Sims scrisse a Benson: "E' stato reso evidente dall'atteggiamento delle autorità italiane ... che l'Italia non accetterà il progetto proposto per l'Adriatico... E' anche probabile che i francesi, pur non assumendo lo stesso atteggiamento di estrema opposizione, non sosterranno il piano proposto se la sua esecuzione andasse a scapito dello sbarramento di Otranto. Alla luce [di quanto sopra].. ritengo sconsigliabile allo stato continuare a spingere per il nostro piano." Il piano non fu mai riesumato. A metà settembre la Naval Planning Section a Londra mise insieme un altro piano dettagliato per attaccare Cattaro, ma l'Armistizio fu firmato prima che venisse approvato per passare all'esame del Department. L'unica attività che avrebbe potuto fare degli Stati Uniti un protagonista di primo piano nel Mediterraneo era il minamento di taluni stretti. In gennaio la Naval Planning Section sottolineò la necessità di creare sbarramenti minati in Adriatico simili a quello in via di sviluppo nel Mare del Nord. "L'atteggiamento dei Dipartimento" scrisse l'ammiraglio Benson a Sims "è che uno sbarramento minato, se opportunamente posizionato e adeguatamente protetto da navi pattuglia, navi appoggio, e da un numero sufficiente di sommergibili nostri, promette di essere uno dei metodi meno costosi e più efficaci per combattere il sommergibile nemico". Influenzato dall'ottimismo del Navy Department, Sims si convinse a includere la proposta di uno sbarramento minato nel piano per condurre operazioni offensive in Adriatico. Quando lo Allied Naval Council si riunì a marzo, altri sbarramenti mediterranei vennero posti sul tavolo. La American Planning Section ampliò le sue proposte di campi minati comprendendovi l'Egeo e altre aree. I britannici erano divisi tra piazzare un campo minato nell'Adriatico settentrionale (da Ancona in Italia all'Isola Grossa) e l'idea di usare le mine americane per rinforzare lo sbarramento di Otranto. I francesi erano favorevoli allo sbarramento in Egeo, ma gli italiani si opponevano a qualunque cosa che potesse interferire con il completamento dello sbarramento di Otranto. Infine, il Navy Department chiese uno sbarramento dalla Sicilia a Capo Bon sulla costa africana. Alcuni ufficiali di marina, probabilmente del Bureau of Ordnance, predicevano che uno sbarramento siffatto poteva far diminuire di molto le attività dei sommergibili nel Mediterraneo occidentale. Il 24 maggio l'ammiraglio Benson notificò a Sims che le priorità militari altrove, specie sul fronte occidentale e il North Sea Mine Barrage, precludevano il proposto sbarramento minato in Adriatico. Per questa ragione il Dipartimento era a favore del progetto Sicilia-Capo Bon: "Se il Mediterraneo occidentale fosse reso sicuro da uno sbarramento dalla Sicilia a Capo Bon e lo Stretto di Messina fosse tenuto sotto controllo, la situazione del Mediterraneo orientale non sarebbe peggiore di quanto non sia oggi, mentre la possibilità per gli Stati Uniti di trasportare sia uomini che rifornimenti in particolare verso i porti francesi e italiani del Mediterraneo occidentale sarebbe molto agevolata". Gli alleati si opposero allo sbarramento Sicilia-Capo Bon nella riunione di luglio dell'Allied Naval Council. Il suo ovvio punto debole stava nel fatto che il nemico avrebbe potuto continuare a colpire il naviglio mercantile alleato che percorreva le rotte del Mediterraneo orientale oppure in uscita dal Canale di Suez. Le posizioni divergenti vennero chiarite in parte nella riunione di luglio dell'Allied Naval Council e ad una riunione convocata dall'ammiraglio Calthorpe e tenutasi a Malta in agosto. Fu data priorità al completamento dello sbarramento di Otranto. Seguiva nell'ordine il progetto nell'Egeo, e per ultima l'idea Sicilia-Capo Bon. L'ammiraglio Benson accettò con riluttanza questa decisione." (pagg. 494-495) (segue) Giuseppe Garufi 1 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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