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L'operazione "Westindien" la prima spedizione degli U-boote nei Caraibi


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L’Operazione “Westindien” faceva parte del mio Saggio “L’attacco dei sommergibili di Betasom dalle Isole Bahama alle coste del Venezuela (febbraio-marzo 1942)”, stampato nel “Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, anno 2014.

 

(http://www.marina.difesa.it/conosciamoci/editoria/bollettino/Documents/2014/Bollettino_2014_WEB.pdf)

 

Ma l’Operazione Westindien, di somma importanza nell’attacco in comune nel settore Antille Caraibi dei sommergibili tedeschi e italiani, non è stata inserita perche il testo risultava di proporzioni ritenute troppo grosse, e non si è voluta fare una seconda puntata, come sempre veniva fatto quando ‘importanza dei Saggi, tipo Monografie, era ben compresa.

Di conseguenza al mio saggio è stata tolta tutta la parte concernente l’attività dei sommergibili tedeschi, limitando la stampa soltanto alla parte dei sommergibili italiani, togliendo però, incredibilmente, la missione del sommergibile Calvi del capitano di corvetta Emilio Olivieri che in aprile 1942 affondò cinque navi presso le coste del Brasile, e che nel tonnellaggio affondato fu secondo, ma di poco, soltanto al Tazzoli del capitano di corvetta Carlo Fecia di Cossato.

Approfitto dello spazio concesso dal Forum per inserirvi con l’Operazione “Westindien” tutta la parte della prima spedizione dei sommergibili tedeschi, scarsamente conosciuta in Italia, ritenendo che sia accolta bene da chi vuole conoscere e approfondire gli straordinari successi conseguiti dagli U-Boote nell’America Centrale, tra la Florida e le coste del Venezuela e all’interno del Mare dei Caraibi.

Per rendere il testo più scorrevole sono stato costretto a tagliere tutte le note di riferimento a fondo pagina, e un vasto servizio iconografico.

 

Francesco Mattesini

 

Roma, 3 maggio 2015

 

___________

 

 

L’OPERAZIONE “WESTINDIEN”

La prima spedizione dei Sommergibili tedeschi nei Caraibi

(Febbraio – Aprile 1942)

 

Il 7 dicembre 1942 (in Europa il giorno 8), cogliendo completamente di sorpresa gli ambienti politici e militari della Germania e dell’Italia, si verificò l’attacco giapponese alle posizioni degli Alleati nel Pacifico, che portò, dopo la distruttiva incursione contro la base navale statunitense di Pearl Harbour, il giorno 10 anche all’eliminazione della Flotta Orientale britannica, con l’affondamento delle navi da battaglia Prince of Wales e Repulse. Ne conseguì l’entrata in guerra degli Stati Uniti contro le potenze dell’Asse in Europa, la Germania e Italia. Queste due ultime nazioni, che si trovavano ormai in conflitto con la potenza d’oltre oceano, rispettando i termini del Patto Tripartito firmato con i nipponici, ufficializzarono il loro intervento nel conflitto dichiarando la guerra agli Stati Uniti l’11 dicembre.

E poiché ai sommergibili tedeschi e italiani si offrivano nell’Atlantico occidentale favorevoli possibilità d’impiego, prima che statunitensi e britannici fossero in grado di organizzare il convogliamento del traffico mercantile, Berlino si oppose con questi validi motivi al ritiro dall’Atlantico degli undici sommergibili italiani di base a Bordeaux  (Betasom), deciso da Roma.  Infatti, tramite l’ammiraglio Eberhard Weicold, Comandante della Marina Germanica in Italia, Supermarina, il Comando Operativo dell’Alto Comando della Regia Marina, fu pregato di sospendere la partenza dei propri sommergibili da Bordeaux, come in precedenza era stato insistentemente sollecitato dagli stessi tedeschi, che avevano inviato ben trenta dei loro U-boote nel Mediterraneo, ventisei dei quali erano regolarmente transitati attraverso lo Stretto di Gibilterra tra il settembre 1941 e il gennaio 1942, per sostenere le traballanti operazioni navali dell’alleato.

I loro successi nel cosidetto “Mare Nostrum” erano stati veramente eccezionali, poiché portarono i sommergibili U-81, U-331 e U-557 a silurare ed affondare, rispettivamente il 13 e il 25 novembre e il 14 dicembre, tre grosse unità britanniche, la portaerei Ark Royal, la corazzata Barham e l’incrociatore Galatea. Con questi risultati gli U-boote dimostrarono inequivocabilmente all’Arma subacquea italiana nel Mediterraneo che i loro insuccessi derivavano, più che per la mancanza di traffico,  dagli impieghi d’azione statici ed errati ordinati da Supermarina e realizzati con battelli non sufficientemente addestrati, e sviluppati con eccessiva prudenza. Di ciò si lamentò con una coraggiosissima relazione per Supermarina, datata 9 dicembre 1941, il comandante in Capo della Squadra Sommergibili (Maricosom) ammiraglio di Squadra Mario Falangola, che per quella iniziativa, che metteva i vertici della Regia Marina di fronte alle loro responsabilità, fu subito sostituito nel suo incarico dall’ammiraglio di divisione Antonio Legnani.

Sulla situazione creatasi in Atlantico, per la diminuzione delle unità subacque e le forti perdite riportate dagli U-boote nella zona a ponente dello Stretto di Gibilterra  e delle Azzorre dove, sempre per sostenere il fronte del Mediterraneo, l’ammiraglio Dönitz era stato costretto dall’Alto Comando della Kriegsmarine (O.K.M.) a trasferire gran parte dell’attività subacquea operante in oceano. In effetti, l’impegno degli U-boote nel Mediterraneo non era condiviso dal comandante dei sommergibili tedeschi (B.d.U.), ammiraglio Karl Dönitz, che nell’economia di guerra vedeva vanificarsi i suoi sforzi nelle operazioni contro i convogli che rifornivano il Regno Unito. Ma Hitler, per venire incontro alle richieste di aiuto avanzate da Mussolini, aveva deciso altrimenti. Inoltre, il continuo rafforzamento degli U-boote nel Mediterraneo, fino a raggiungere, come aveva deciso l’ammiraglio Raeder, il numero di cinquanta, su circa novanta disponibili al B.d.U., era anche giustificato dal timore di un attacco britannico contro i territori francesi dell’Africa settentrionale.

 Il capitano di corvetta Fausto Sestini, ufficiale di collegamento di Betasom presso il B.d.U., con un rapporto sull’attività dei sommergibili germanici nei primi due mesi del 1942, inviato con data 12 marzo a Bordeaux, al Comando dell’11° Gruppo Sommergibili, e per conoscenza a Maricosom e al Comando della Scuola Sommergibili di Pola, scriveva  quanto segue:

 

Gli ultimi mesi del 1941 hanno segnato un periodo di grave crisi nella guerra al traffico in Atlantico. Maltempo e forte scorta dei convogli rendevano difficile l’avvistamento e scarsi i risultati dell’attacco nella zona del Nord Atlantico.

Il traffico Nord-Sud che per oltre un anno aveva dato, specie nella zona di Freetown, vaste possibilità d’attacco e risultati, appariva immiserito fino al punto da far desistere di operare in questa zona. Presumibilmente il traffico da e per Città del Capo si era spostato a ponente poggiandosi alle basi di rifornimento dell’America Centrale e riunendosi poi al traffico convogliato dal Canada all’Inghilterra.

L’attacco al traffico Inghilterra-Gibilterra per la forte scorta dei convogli ed il piccolo tonnellaggio delle unità impiegate, era divenuto ogni giorno più scarso a causa delle forti perdite. L’ultimo attacco operato verso la metà di Novembre [dicembre – N.d.A.] contro uno di questi convogli [HG. 76] aveva portato alla perdita di 4 delle 9 unità impiegate senza dare, per quanto noto, alcun successo.

D’altra parte il violento attacco del nemico in Cirenaica consigliava di ostacolarne lo sviluppo, spostando ad operare contro la linea di rifornimento marittimo che lo alimentava direttamente, un importante nucleo di unità subacquee.

Nella seconda quindicina di Novembre e nella prima di Dicembre venivano quindi spostate in Mediterraneo 30 unità di cui 26 passarono regolarmente lo Stretto di Gibilterra.

L’improvviso attacco del Giappone all’America ed il conseguente intervento dell’America in guerra ha sorpreso quindi le forze subacquee germaniche in piena crisi di spostamento in Mediterraneo, mentre le poche unità rimaste in Atlantico operavano fra Gibilterra e le Azzorre cercando di bloccare questa via di accesso al Mediterraneo.

D’altra parte le unità in addestramento che avrebbero dovuto rapidamente rimpiazzare quelle dislocate in Mediterraneo, sono state ritardate nella loro messa a punto dall’estrema rigidità dell’inverno che, producendo il completo congelamento del Baltico, ha obbligato la complessa organizzazione delle scuole a spostarsi verso la metà di Gennaio nel Mare del Nord.

E’ venuto quindi a mancare l’impiego in massa delle forze subacquee germaniche contro il traffico americano ed i risultati ottenuti, per quanto notevoli, non hanno quel carattere decisivo che avrebbero potuto e dovuto avere qualora l’operazione fosse stata prevista e preparata.

 

Fu con queste prerogative e urgenze operative lungo le coste americane, derivante dall’entrata in guerra degli Stati Uniti, a cui si aggiungevano le difficoltà operative riscontrate nell’Atlantico orientale e dai trasferimenti degli U-boote nel Mediterraneo, che il contrammiraglio Kurt Fricke, Capo del 1° Reparto della Seekriegsleitung (S.K.L.), ossia la Direzione delle Operazioni Navali dell’Alto Comando dell’O.K.M., sentito il parere dell’ammiraglio Kar Donitz, Comandante dei sommergibili tedeschi (Befehlshaber der Unterseeboote – B.d.U.), inviò a Roma un promemoria. Documento che l’ammiraglio Weichold consegnò nelle mani del Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio di squadra Luigi Sansonetti. In esso si sosteneva testualmente: “In Atlantico le forze italo-tedesche devono proseguire con ogni mezzo l’attacco ai traffici nemici”.

L’attacco nelle acque degli Stati Uniti, ebbe inizio alla metà di Gennaio con cinque sommergibili del tipo oceanico IX C (U 123, U 130, U 66, U 109, U 125), che con la cosiddetta operazione “Paukenschlag” (Rullo di Tamburi) andarono ad operare nella zona di mare tra Capo Hatteras (a sud di New York) e Capo Breton Island (Golfo di San  Lorenzo) dove, prima di essere  sostituiti da altri sommergibili , affondarono 26 navi per 153.021 tsl.

Tuttavia i risultati inizialmente conseguiti da questi U-boote, per quanto notevoli, non ebbero quel carattere decisivo che sarebbe stato possibile ottenere se il loro trasferimento, come il B.d.U. aveva richiesto alla S.K.L. fin dal 9 dicembre 1941, fosse stato anticipato con 12 sommergibili di grosso tonnellaggio. Con questa sua richiesta Il B.d.U. intendeva sfruttare la sorpresa iniziale nelle acque americane, prima che fosse istituito il convogliamento del traffico e perfezionate le misure antisommergibili, prevedendo da parte nemica scarsa reazione anche in zone focali e facilmente difendibili; ma il Grande Ammiraglio Raeder, ancora propenso a dare la precedenza al Mediterraneo, dopo un colloquio con il Führer, il 12 dicembre gli accordò soltanto i suddetti 5 sommergibili.

Subito dopo l’inizio dell’operazione “Paukenschlag”, fu deciso che un nuovo gruppo di U-boote del tipo IX C, costituenti il Gruppo “Neuland”, si portasse a operare più a sud, nel Mare dei Caraibi, mentre era richiesto ai sommergibili italiani  di Bordeaux di organizzare una spedizione nelle acque dell’America Centrale, tra le Isole Bahamas e le Piccole Antille. La scelta cadde sul Da Vinci, Torelli, Morosini, Finzi e Tazzoli, per il cui svolgimento delle operazioni rimando al Saggio “L’attacco dei Sommergibili di Betasom dalle Isole Bahama alle coste del Venezuela”, pubblicato in On Line dal Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Anno XXVIII 2014, pag. 111-173.

 

 

L’attacco degli U-boote del Gruppo “Neuland”

        

Secondo quanto scritto dall’ammiraglio Dönitz nel suo libro autobiografico “Dieci anni e venti giorni”, cinque grandi sommergibili del Gruppo “Neuland”, tutti del tipo VII C, partiti dalla base di Lorient all’inizio del mese di gennaio 1942, “dovevano giungere segretamente e comparire con fulminea sorpresa” davanti ai loro obiettivi – Aruba, Curacao e Trinidad – la cui scelta era stata fatta dal B.d.U. per i seguenti motivi:

 

Trinidad era il principale punto d’incontro di tutto il traffico marittimo in provenienza e dal sud, nella misura il cui il comando dei sommergibili poteva farsene un’idea. Aruba e Curacao erano importanti porti petroliferi nei quali ci si poteva aspettare d’incontrare un intenso traffico di navi cisterna…

Un sommergibile doveva operare davanti ad Aruba, un altro davanti a Curacao e un terzo davanti alla costa nord-occidenntale della penisola di Paranagua, contro il traffico marittimo che si trovava in quelle località e che in gran parte si sapeva essere costituito da petroliere. Altri due sommergibili furono assegnati a zone  di attacco in prossimità del nodo di comunicazioni marittime di Trinidad. Anche i serbatoi di carburante a terra, che sorgevano vicinissimo alla costa di Aruba e Curacao, dovevano per quanto possibile, essere bersagliati durante la notte dall’artiglieria dei sommergibili. Per non comprometterne l’effetto di sorpresa per il compito principale, quello degli affondamenti di navi, con quei bombardamenti notturni delle coste, che secondo l’esperienza sono sovente di un effetto assai problematico, io permisi ai sommergibili d’impiegare le loro artiglierie contro obiettivi terrestri soltanto nel caso, dopo il segnale di libero attacco, fossero già avvenuti affondamenti di navi. Per poter stabilire convenientemente il giorno dell’inizio dell’offensiva, i sommergibili dovevano segnalare quando oltrepassavano il 40° grado di longitudine, in modo che si potesse prendere abbastanza esattamente il momento in cui sarebbero giunti nella zona di combattimento. Il periodo più propizio per le operazioni previste  immediatamente davanti ai porti e in vicinanza delle coste era quello della luna nuova alla metà di febbraio 1942, con le sue notti tenebrose. Di conseguenza io ordinai l’attacco per il 16 febbraio.

 

I cinque sommergibili tedeschi del gruppo "Neuland" avevano ricevuto istruzioni, come scrisse nel suo rapporto il capitano di corvetta Sestini, che fissavano per i loro comandanti “non zone di operazioni, ma compiti operativi, lasciandoli liberi di trovare e seguire le correnti di traffico in base agli elementi delle loro osservazioni”, da comunicare periodicamente, con un breve rapporto periodico, al B.d.U. per metterlo in condizione di avere “una visione generale dell’andamento del traffico” ed impartire variazioni degli ordini in tal senso. 

Specificò Sestini:

 

Questo concetto, lasciando ai Comandanti la massima iniziativa, è sprone ad ognuno per la ricerca del massimo risultato. Ogni Comandante chiamato a partecipare direttamente alla condotta della grande battaglia dell’Atlantico si sente impegnato con ogni forza a raggiungere w ad oltrepassare i limiti del possibile.

Questo spirito è indispensabile in una forma di guerra in cui le enorme distanze impongono che ogni tonnellate di nafta sia impiegata con la massima intelligenza e nella quale molte volte l’attacco deve essere condotto entro fondali in cui l’impiego del sommergibile era finora ritenuto impossibile.

La reazione del nemico si è presentata fino ad ora lenta e scarsamente efficace.

Essa si è basata fondamentalmente, nelle zone di mare aperto, sul dirottamento ossia sullo sparpagliamento del traffico onde rendere difficile l’avvistamento. Nella zona costiera e nei nodi di traffico (passaggi obbligati, atterraggi, etc.) l’organizzazione difensiva ha creduto inizialmente di trovare un sicuro rifugio nelle acque di scarso fondale, ma poiché l’attacco è stato portato con audacia anche dentro questi limiti, il nemico ha ora abbandonato le rotte costiere e sta provvedendo per quanto è dato vedere, al pattugliamento aereo-navale di rotte di altura e ad organizzare il traffico in modo che gli atterraggi ed i passaggi obbligati siano percorsi durante il giorno.

Attualmente la quasi totalità dei piroscafi naviga oscurata e zigzagando. Non tutti i piroscafi sono armati.

La vigilanza aerea e quella navale sono ancora di intensità tale da non disturbare efficacemente l’attività dei sommergibili. Il numero dei sorveglianti avvistati è scarso. Nei nodi di traffico sono stati segnalati gruppi di cacciatorpediniere che effettuano ricerche a rastrello.

Particolare sviluppo sembra avere avuto in questa zona l’adozione di navi civetta o per meglio dire di falsi bersagli per i sommergibili. Numerosi sono, infatti i casi segnalati di unità che navigano all’atto dell’avvistamento completamente illuminate e che al lancio del primo siluro fermano spengendo o pur no i fanali. Più volte sono stati lanciati contro queste unità numerosi siluri senza ottenere alcun esito. Appare evidente che esse sono protette da reti…

La causa fondamentale degli errori è l’apprezzamento erroneo degli elementi del moto nemico. A questo proposito va osservato che gran parte dei Comandanti sono alla loro prima o seconda missione e soprattutto va tenuto presente che in questo nuovo settore in cui la guerra si è spostata la gamma della velocità dei piroscafi è notevolmente maggiore di quanto non si sia finora riscontrato, poiché la flotta mercantile americana possiede accanto alle vecchie unità che non fanno più di 6 od 8 nodi, numerosi moderni piroscafi da carico che possano mantenere i 14 nodi e anche superarli.

 

Sui dettagli che stavano rendendo possibile il conseguimento di grandi successi nelle acque americane, il comandante Sestini, aggiungeva che in primo luogo essi erano stati fortemente agevolati dalla bontà del materiale degli U-boote, di cui si lamentava soltanto qualche eccezione, come quella dell’offuscamento dei periscopi alle basse temperature riscontrate nelle rotte di andata e del ritorno, e all’autonomia: quest’ultimo l’elemento che aveva permesso, anche alle unità minori [tipo VII] “di effettuare la sorpresa in zone così lontane dalle basi”, effettuando la rotta di andata “con un solo motore avanti adagio (230 giri) ad una velocità di circa 6 nodi (teorici 7). Inoltre, “onde evitare spreco di combustibile”, generalmente i sommergibili ebbero l’ordine di non seguire “la rotta per circolo massimo che li portava troppo a Nord nella zona battuta da mare, vento e correnti contrarie” e, con tempo particolarmente avverso, di usata la precauzione  di navigare in immersione.

Come accadeva su tutte le coste orientali degli Stati Uniti, le unità del gruppo “Neuland” (terra inesplorata), arrivati nelle zone caraibiche venezuelane inizialmente assegnate delle isole olandesi di Aruba, Curacao, nel Lago di Maracaibo, e dell’isola  britannica di Trinidad, trovarono ovunque le difese nemiche più deboli del previsto, e correnti di traffico alquanto disarticolate e prevedibili per il transito delle navi nelle zone focali. Era una situazione molto più favorevole di quanto fosse stato ritenuto dal B.d.U. per le “scarse dichiarazione di marinai portoghesi e spagnoli, in seguito alle quali sembrava opportuno prevedere sicuri preparativi di difesa con sbarramenti, sorveglianza navale e particolare scorta aerea, specialmente lungo la rotta seguita dagli aerei americani per Sudafrica, USA-Bahamas-Indie-Occidentali-Brasile”. La realtà era ben diversa.

Intorno alla metà di febbraio, per la difesa del Fronte Marittimo dei Caraibi (Caribbean Sea Frontier), gli statunitensi disponevano di forze esigue ripartite fra le basi delle Antille, con comando a San Juan nell’isola di Portorico, ove risiedeva il contrammiraglio Hohn H. Hoower, e comandi decentrati a Guantalamo (Cuba), Trinidad e Curacao (Venezuela). A San Juan vi erano gli anziani cacciatorpediniere Blakeley e Barney (quattro pipe della 1a guerra mondiale), due torpediniere classe “Eagle”, tre vecchi sommergibili classe “S”, la nave appoggio idrovolanti Lapwing e dodici velivoli anfibi PBY-5A “Catalina” della 12a  Squadriglia. A Trinidad erano presenti i due panfili trasformati Opal e Turquoise, le due navi pattuglia YP 63 e YP 64, e altri quattro idrovolanti “Catalina”. Ad Aruba stazionava una cannoniera olandese e a Curacao l’incrociatore leggero Van Kingsberger, anch’esso di nazionalità olandese. In non migliori condizioni si trovava l’aviazione dell’Esercito statunitense che disponeva di quaranta decrepiti bombardieri medi B.18, e sette bombardieri leggeri A. 20. Non vi erano velivoli a grande autonomia e questa modesta forza aerea era scaglionata in più squadriglie nell’arco delle isole fra Portorico, Trinidad, Aruba e nella Guaiana.

Ancora peggiore era la situazione esistente nel vasto settore di mare fra le isole Bahamas, le coste della Florida e il Golfo del Messico, dove l’unica difesa, al comando del capitano di vascello Russell S. Crenshaw, era rappresentata da quattro piccole unità della Guardia Costiera, il panfilo trasformato Cornelian e i tre cutter Nike, Nemesis e Vigilant, a cui si aggiungeva una nave scuola usata per istruzioni a Kay West Sound, mentre l’Aviazione dell’Esercito disponeva a Miami di sedici aerei, dei quali due bombardieri medi B. 18, quattordici velivoli da osservazione PO. 47, e quindi di nessuna utilità offensiva. Vi erano poi, sempre a Miami, diciannove aerei della Guardia Costiera completamente disarmati.

Nelle penose condizioni difensive del nemico, una volta entrati nel Mare dei Caraibi, l’U-67 (tenente di vascello Günther Müller-Stöckheim), l’U-156 (tenente di vascello Gustav Julius Werner Hartenstein) e l’U-502 (tenente di vascello Jürgen von Rosenstiel), presero inizialmente a bersaglio le piccole petroliere che dai giacimenti del Golfo del Venezuela trasportavano il greggio alle raffinerie delle vicine isole di Aruba e Curacao, con i loro estesi depositi.

Nel 1942 le raffinerie di petrolio di Aruba, Curacao e Trinidad, dove arrivava il petrolio estratto dalle piattaforme petrolifere del lago di Maracaibo, erano vitali per l’economia di Guerra dei paesi anglosassoni, che avevano estremo bisogno dell’olio combustibile che in quegli impianti di raffinazione veniva prodotto in grandi quantità, e che continuò ad essere distribuito agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna e al Canada, che ne avevano disperatamente bisogno, durante tutta la guerra. Per i tedeschi, colpire e devastare le raffinerie e i grandi depositi di combustibile di Aruba, che producevano all’epoca sette milioni di barili di prodotti petroliferi al mese, era un’occasione da non perdere.

Nel 1939 le raffinerie delle due isole olandesi di Aruba e Curacao avevano fornito il 43% del fabbisogno petrolifero britannico e francese, e circa l’80% di quello della benzina con gran numero di octani necessario alla R.A.F. Dopo l’attacco degli U-boote del Gruppo “Neuland”, che come vedremo causò l’affondamento di quattro delle nove cisterne locali, la produzione del combustibile ad Aruba e Curacao scese dai 500.000 barili, che arrivavano dalle piattaforme petrolifere alle raffinerie ogni quattro giorni, a 150.000 barili. Attaccare le navi fuori dei porti, ossia le petroliere che si recavano a fare il carico o a salpare cariche di prodotti petroliferi raffinati, fu facile per i comandanti dei sommergibili tedeschi. Ma non altrettanto avvenne per entrare dagli angusti spazzi nel Lago di Maracaibo per effettuare le azioni di siluramento e di bombardamento, a causa della scarsa profondità delle acque e le numerose secche che avrebbero potuto far incagliare i sommergibili, impedendogli di uscire da quelle trappole. Lo sbarco degli statunitensi nel Nord Africa (operazione “Torch”) nel novembre 1942, e le successive operazioni del 1943 in terra d’Africa, furono alimentate al 100% dal combustibile delle Antille, e la guerra nel Pacifico del 1944-1945 fu alimentata per il 75% da quella produzione.

Altro notevole luogo di imbarco di prodotti petroliferi era l’Isola di Trinidad, la cui peculiare importanza di era dovuta al fatto che l’isola chiude il Golfo di Paria, un tratto di mare interno confinante a sud-est con la costa settentrionale del Venezuela, che, se adeguatamente protetto, era un ideale centro di raccolta per il traffico che si svolgeva tra l’Atlantico e  i vari ancoraggi degli Stati Uniti, del Golfo del Messico, dell’Atlantico meridionale, fino al Rio della Plata e ai porti dell’Africa. In particolare era importantissimo il traffico delle petroliere, che andavano a Porto of Spain per imbarcare i prodotti della locale raffineria, sorta in prossimità dei giacimenti petroliferi di Trinidad, nonché il traffico dei piroscafi che andavano ad imbarcare la bauxite che arrivava dalle miniere della Guaiana britannica e olandese, situate sui fiumi Demerara, Berbica, Cottica, e Surinam. Gia importante nell’anteguerra, durante il conflitto Trinidad divenne col tempo una dei maggiori centri mondiali del traffico marittimo. La sua protezione, in seguito agli accordi stipulati con la Gran Bretagna il 2 settembre 1940, era stata assicurata dalle forze degli Stati Uniti, e a partire dal 1° agosto 1941 era stata istituita una base navale il cui comando fu assunto dal capitano di vascello A.W. Redford, futuro Capo di Stato Maggiore della U.S. Navy.

I tre sommergibili tedeschi, come abbiamo detto, attaccando nel periodo della luna nuova, avevano l’ordine di affondare anzitutto con i siluri le unità in porto e cannoneggiare poi i depositi di carburante, azione che per ordine del Comandante della Kriegsmarine, ammiraglio Raeder, doveva essere continuata anche nelle notti seguenti al 16 febbraio, data di inizio dell’attacco fissata dal B.d.U.. L’azione del forzamento dei due porti, riuscì parzialmente, mentre fallì l’intento di danneggiare i depositi di carburanti, che era stato pianificato a Berlino, e ciò causò pertanto, come era prevedibile, una notevole delusione.

 L’U-156, un nuovo sommergibile del tipo IX C, che era all’inizio della propria attività  bellica ed  era comandato dal trentaduenne capitano di corvetta Gustav Julius Werner Hartenstein per la prima volta al comando di un sommergibile, fu il primo a tentare l’azione contro il porto di San Nicolas, ad Aruba. Era partito da Lorient il 19 gennaio, ed aveva percorso la navigazione di trasferimento occultandosi per non far rilevare la sua presenza, prima del coordinato attacco delle cinque unità del gruppo “Neuland” che doveva iniziare il 16 febbraio. In attesa che questo avvenisse l’U-156, che con gli altri due sommergibili, U-67 e U-502, era arrivato nella zona assegnata il giorno 13, si mantenne a due o tre miglia di distanza dalla costa venezuelana, collinosa e boschiva, da dove di notte, con il mare calmissimo, gli uomini in torretta potevano vedere le luci delle varie località e potevano scorgere i fari delle automobili che viaggiavano sulle strade nei dintorni delle città, ed erano sovente incontrati transatlantici e bastimenti da diporto, con le luci accese, completamente illuminati. Evidentemente gli Alleati non si aspettavano un attacco in quella zona, dove la vita trascorreva quasi come in tempo di pace. Ma ebbero una brutta sorpresa.

Nella notte sul giorno 16, come previsto, l’U-156 iniziò gli attacchi, dopo essere entrato coraggiosamente in immersione nell’ancoraggio di San Nicholas, nel Golfo di Aruba, prendendo di mira due petroliere locali all’ancora, di nazionalità britannica, la Perdernales e la Oranjestad (2.396 tsl), che imbarcavano entrambe un carico di petrolio greggio. Si trattava di due navi costruite con scafo piatto, per essere in grado di entrare e manovrare nel Lago di Maracaibo, dove veniva prelevato, dalle piattaforme,  il petrolio greggio da trasportare fino alle raffinerie di Aruba e Curacao.

Alle 08.00 (01.31 ora locale) la Pedernales (capitano Herbert McCall), di 4.317 tsl, nave a vapore costruita a Monfalcone nel 1938 dai Cantieri Riuniti dell’Adriatico per la Lago Shipping Co. Ltd. (Esso) di Londra, fu colpita da un siluro al centro dello scafo e, essendosi incendiata, brucio tutta la notte, senza però affondare. Con la luce del giorno i rimorchiatori cominciarono ad effettuare l’opera di salvataggio, trainandola in acque basse vicino a Sabaneta, dove la petroliera, deliberatamente portata ad arenare, si adagiò sul fondale quasi spezzata in due tronconi. Su ventisei uomini dell’equipaggio della Pedernales, vi furono otto morti e diciotto superstiti, in parte feriti tra cui il capitano McCall.

Risollevata dal fondale e trasferita in bacino nel porto di  San Nicholas, dove la nave fu tagliata in tre sezioni, rimuovendo quella centrale, e saldando le altre due, la poppa e la prua, la petroliera, muovendo con le sue macchine, fu poi trasferìta a Baltimora, nel Maryland, e rientrò in servizio, dopo essere stata ricostruita aggiungendovi una nuova parte centrale. Fu demolita a Rotterdam nell’ottobre del 1959, dopo aver cambiato due volte il nome, dapprima chiamandosi Esso Pedernales (nel 1957) e poi  Katendrecht (nel 1958).

Alle ore 08.11, avvicinandosi ancor di più alla costa, l’U-156 cominciò a sparare contro i grandi serbatoi in vista della raffineria Shell di San Nicholas, con il cannone da 105 mm e con la mitragliera da 37. Ma, forse a causa dell’errore di un servente che si era dimenticato di togliere la cuffia a tenuta stagna sistemata  all’estremità della canna del cannone, oppure per un proiettile difettoso, alla partenza del primo colpo da 105 mm dal ponte del sommergibile si verificò un'esplosione che ferì gravemente tre uomini, due dei quali gravemente: il caporale Heinrich Büssinger, che morì unora dopo, e il responsabile al pezzo, guardiamarina Dietrich-Alfred von dem Borne.

La mitragliera da 37 mm, situata nel giardino d’inverno, come era chiamata l’estremità posteriore della torretta del sommergibile, sparò sedici proiettili, ma di essi soltanto uno arrivò a segno, colpendo un serbatoio di stoccaggio di petrolio ammaccandolo senza riuscire a perforarlo, mentre un secondo proiettile finì su una casa che si trovava nelle vicinanze. Constatando che la mitragliera era troppo modesta per poter causare danni ai serbatoi del combustibile, il comandante Hartenstein ordinò l’immersione, che si svolse mentre una batteria costiera olandese, avendo avvistato il bagliore dell’azione a fuoco dell’U-156, ma non il sommergibile, aveva cominciato a sparare a caso in quella direzione, facendolo in modo del tutto  inefficace.

Subito dopo l’incidente al cannone, che non poteva più usare, il comandante dell’U-156 diresse con rotta nord verso il porto di Oranjestad, al cui molo, presso la raffineria Eagle, si trovava la petroliera statunitense Arkansas (capitano Karl Karlson), di 6.452 tsl., appena arrivata a San Nicholas proveniente da Santos (Brasile). Alle 09.16 e alle 09.30 il sommergibile lanciò due siluri che fallirono il bersaglio. Harenstein ripete l’attacco alle 09.43 lanciando un siluro di poppa  che andò a colpire l’Arkansas sul lato destro tra le cisterne 4 e 5. L'esplosione creò alla scafo della petroliera una falla di grandi dimensioni e notevole danni strutturali. L'intero equipaggio di otto ufficiali e ventinove uomini si mise in salvo raggiungendo il molo, ma tre ore dopo ritornò sulla nave per valutarne i danni, per poi condurla sull'altra estremità dell'isola di Aruba, dove fu provveduto ad effettuare riparazioni temporanee. Il 18 marzo la Arkansas arrivo  a Galveston, Texas, dove fu definitivamente riparata per poi di tornare in servizio.

Uno dei siluri G7e, a funzionamento elettrico, che aveva fallito l'Arkansas finì sulla spiaggia senza esplodere. Il 17 febbraio, una squadra di demolizione della Marina olandese al comando del tenente di vascello P. Joosse fu incaricata di recuperare l’arma, disarmandola, ma mentre gli uomini cercavano, senza grande precauzione, di rimorchiare il siluro, questo esplose uccidendone quattro, compreso Joosse, e ferendone altri tre.

Anche la cannoniera venezuelana General Urbaneta, che si trovava ad Aruba, partecipò al salvataggio degli equipaggi degli uomini delle tre petroliere.

Nel frattempo era stato dato l’allarme al vicino aeroporto di Curacao, ed un velivolo da bombardamento A. 20 (Havoc) della 59a Squadriglia dell’Aviazione dell’Esercito statunitense, prontamente decollato con la luce del giorno pilotato dal tenente West, raggiunse la zona dell’attacco, osservando due unità in fiamme ma nessuna presenza di sommergibili.  Sulle navi silurate gli incendi erano così alti che, al rientro alla base, gli uomini dell’equipaggio dell’Havoc riferirono che potevano essere visti da Curacao.

In effetti gli incendi delle navi, che si ritenne fossero visibili alla distanza di 35.000 metri, con le loro grosse cortine di fumo, generanti scarsissima visibilità impedirono alla batteria costiera statunitense G. 213 di aprire il fuoco con i suoi cannoni da 37 mm, situati presso il molo di Saint Nicolas. Non si trovarono in grado di sparare i cannoni da 155 della batteria A 252, perché, inviati per via di mare dagli Stati Uniti, erano stati appena scaricati sul medesimo molo.

Dopo l’incidente al cannone l’infermiere dell’U-156, un elettricista, effettuò alla meglio l’amputazione della gamba destra del guardiamarina von dem Borne, che perse molto sangue, e il caporale deceduto, con il sommergibile in affioramento, fu invece fatto scivolare in mare dal giardino d’inverno, dopo una breve cerimonia funebre tenutasi nella camera di manovra, con recitazione del “Padre Nostro” da parte di Hartenstein. Nel frattempo, l’U-156 stava dirigendo con estrema cautela, verso il possedimento francese di Fort de France, nella Martinica, attraccando nella notte del 16 a Punta dei Negri. Qui, con il permesso del Governo di Vichy richiesto da Berlino per l’intervento dell’ammiraglio Dönitz, i due ufficiali feriti furono sbarcati e lasciati alle cure dei sanitari locali dell’ospedale di Fort de France.

Come descritto da Leonce Peillard nella sua citata opera, particolarmente rimarchevole fu il comportamento tenuto dal dottor P.H. Collin nei confronti di van dem Borne.

Il proseguimento dell’attacco ai depositi di combustibili di Aruba, da realizzare nelle notti seguenti, non riuscì in seguito allo stato di allarme subito verificatosi in quel settore, con l’oscuramento delle coste e la presenza di aerei e di unità sottili che vigilavano. Pertanto, anche il secondo sommergibile incaricato di effettuare l’azione contro, l’U-67, falli l’impresa, e dovette “abbandonare immediatamente la sua posizione davanti al porto e rinunciare al bombardamento dei serbatoi di carburante.

Nel corso della giornata del 16 febbraio l’U-67, trovandosi ad 1 miglio ad ovest di Curacao, dopo aver fallito il lancio di tre siluri contro la petroliera olandese Rafaela, di 3.177 tsl, alle 10.30 l’aveva finalmente colpita con un quarto siluro lanciato di poppa. Poiché la nave non accennava ad affondare, alle 10.52 il comandante Müller Stöckheim le aveva lanciato contro, sempre di poppa, un quinto siluro, che anche questa volta non arrivò sul bersaglio, A questo punto il comandante dell’U-67 decise si non insistere nell’attacco, perché non valeva la pena di sprecare altri siluri, dal momento che la petroliera era stata gravemente danneggiata. Dopo che il sommergibile si era allontanato, i due rimorchiatori Parmo e Mico raggiunsero l petroliera trascinandola nel porto di Curacao, dove la Rafaela, spezzandosi in due tronconi, affondò in acque basse per poi essere recuperata e riparata, rientrando in servizio dopo soli quattro mesi dal sinistro.

Anche il terzo sommergibile, l’U-502, che assieme all’ U-67 avrebbe dovuto effettuare l’azione di bombardamento dei depositi di carburante nella zona di Maracaibo, di fronte all’accresciuta vigilanza del nemico, non tentò alcun attacco, ma si, limitò ad operare al largo della laguna, nel Golfo del Venezuela. Il sommergibile aveva effettuato un primo attacco il 14 febbraio contro una petroliera, stimata di 2.600 tsl,  che il comandante von Rosenstiel, dopo averla silurata, ritenne fosse affondata in fiamme nel quadrato EC 9436, presso Aruba. Ancora oggi non sappiamo di quale nave si trattasse, o se si trattò di un’azione che non ebbe successo.

Due giorni dopo, il 16 febbraio, quando ebbe inizio l’operazione “Westindien”, l’U-502 silurò ed affondò, a breve intervallo di tempo, le petroliere a vapore, per uso locale, la Monagas, venezuelana, e la San Nicolas e la Tia Juana, entrambe britanniche.

La Monagas, di 2.650 tsl, partita da Maracaibo e diretta ad Aruba con un carico di prodotti petroliferi, fu attaccata e silurata una prima volta alle 10.28, e poi ricevette il colpo di grazia alle 10.42, per poi affondare a 4 miglia a nord di Punta Espada. La San Nicolas, di 2.391 tsl, partita dal Lago di Maracaibo diretta ad Aruba con un carico di petrolio greggio, dopo un primo lancio fallito del sommergibile effettuato alle 11.34, presa nuovamente di mira fu colpita da un siluro alle 11.50, e affondò in fiamme a 25 miglia a nord-ovest di Punta Macolla, presso Guajira. Lo stesso accadde alla Tia Juana (capitano George Milbanke), di 2.395 tsl, che, partita anch’essa dal Lago di Maracaibo per Aruba con un carico di petrolio greggio, fu raggiunta da un siluro lanciato dall’U-502 alle 09.44, ed affondò nella stessa zona della San Nicolas. Gran parte dei naufraghi delle tre petroliere si salvarono raggiungendo le vicine coste del Venezuela. In totale. Su ottantatre uomini che si trovavano a bordo delle tre petroliere, vi furono ventinove morti: cinque della Monagas, sette della San Nicolas, e diciassette della Tia Juana.

Su sopraggiunte difficoltà di azione contro gli impianti petroliferi da parte dei sommergibili del gruppo “Neuland” lungo le coste del Venezuela e nei Caraibi, l’ammiraglio Dönitz ha scritto nel suo libro memorialistico:

 

La navigazione in questa zona marittima reagì assai presto agli affondamenti, forse, anzi, più presto di quanto fosse avvenuto dopo la prima “grande sorpresa” presso la costa orientale americana. Il traffico marittimo fu temporaneamente sospeso, le sue rotte deviate, la sorveglianza aerea notevolmente rafforzata. Poiché, però, i sommergibili operavano per lo più durante la notte e le istruzioni alla navigazione nemica venivano trasmesse per radio in chiaro, oppure, se erano cifrate, potevano essere entro pochi giorni decifrate e comunicate ai sommergibili, i risultati raggiunti da questi ultimi in fatto di affondamenti soffrirono assai poco di quelle misure dell’avversario. I sommergibili ottennero, inoltre, dal mio comando “libertà di manovra”, perché, in caso di deviazioni dei traffici, non si trovassero legati a zone marittime divenute poco propizie.

 

***

 

Un rinforzo di sei aerei dell’Aviazione dell’Esercito statunitense, appena arrivati nell’aeroporto di Aruba da Porto Rico e da Trinidad, permise di realizzare fin dal 17 febbraio, pattugliamenti antisommergibili che furono estesi al largo delle coste venezuelano per proteggere la rotta delle petroliere tra Aruba e Maracaibo. Durante i due giorni successivi all’attacco, furono segnalati  nelle vicinanze dei due porti almeno sette U-boote , uno dei quali fu avvistato a non più di 400 metri al largo della base aerea. Cinque di questi sommergibili furono  attaccati ma, essendo gli aerei privi di apparati radar, con equipaggi non addestrati alla guerra antisommergibile, ed essendo  armati soltanto  di un carico di bombe di appena 300 libbre, non conseguirono risultato. Tuttavia la presenza degli aerei, assieme a quella delle unità navali impegnate nell’opera di vigilanza, costrinse  i sommergibili tedeschi ad assumere un comportamento più cauto di quanto non avrebbero fatto altrimenti . Per il generale statunitense Frank Maxwell Andrews,  che stando facendo un giro di ispezione nei Caraibi al momento dell’attacco dei sommergibili si trovava ad Aruba, scrisse al generale Marshall, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito statunitense: "E’ stata una fortuna che abbiamo avuto qui degli aerei, altrimenti gli impianti petroliferi  avrebbero subito  pesanti bombardamenti".

Occorre dire che gli equipaggi della 59a Squadriglia dell’Aviazione dell’Esercito statunitense, a cui competeva la vigilanza nella zona di mare di Aruba e Curacao, non avevano alcuna esperienza nella guerra antisommergibile ed essendo per di più armati i loro velivoli A-20 Havoc con bombe piuttosto modeste non ottennero alcun risultato nel corso di tre attacchi effettuati contro i sommergibili tedeschi che manovravano in superficie. Il tenente West avrebbe attaccato l’U-67 a 8 miglia al largo dalla costa venezuelana ma il suo velivolo non portava un sufficiente carico esplosivo per riuscire a danneggiare il sommergibili, azione che però quest’ultimo non riporta nella sua relazione di fine missione. Un altro velivolo attaccò con il medesimo risultato negativo l’U-156 a sud-ovest di Aruba, e successivamente il tenente Lazemby diresse contro l’U-502 che a sua volta non riportò alcun danno.

Da parte degli Alleati il disturbo loro arrecato dall’attacco dei sommergibili del gruppo “Neuland” nella zona di Maracaibo, portò a non poca preoccupazione. Gli attacchi dell’U-67, U-156 e U-502,  riuscirono a  paralizzarono temporaneamente il traffico delle petroliere nelle zone di Maracaibo-Aruba-Curacao. Gli equipaggi delle navi cisterna - soprattutto cinesi che si ammutinarono - si rifiutarono di navigare senza disporre di scorte degli Alleati. Nessuna petroliera entro per un certo tempo a Curacao o ad Aruba, e le enormi raffinerie furono costrette a sospendere temporaneamente le lavorazioni del petrolio. Le autorità olandesi misero in carcere i cinesi che si erano ammutinati, ma il traffico non fu ripristino nelle condizioni normali fino a quando l'ammiraglio John H. Hoover, comandante della Frontiera del Mare dei Caraibi e San Juan, non ebbe inviato da Porto Rico due cacciatorpediniere e alcuni idrovolanti per scortare la flotta delle navi cisterna nel lago di Maracaibo, e non ebbe organizzato un comando statunitense per il coordinamento di tutte le forze alleate in questo settore strategico fondamentale.

In definitiva, Hower, per difendere i Caraibi, ed in particolare la vitale zona petrolifera di Curacao e Aruba, e quella di Trinidad dove affluiva tutto il traffico della bauxite, scelte, come ha scritto Samuel Eliot Morison in "Two Ocean War", “con diabolico calcolo dall’ammiraglio Donitz”, e dove gli U-boote “nel loro più felice terreno di grazia… mostravano la loro massima arroganzadovette fare del suo meglio con ancora meno [forze] di quanto disponeva la maggior parte dei suoi colleghi” degli altri Comandi di Marina.

 Ottenuta “libertà di manovra”, i tre sommergibili si sparpagliarono  dalla zona Aruba – Curacao per insidiare l’intenso e ancora disorganizzato traffico caraibico ottenendo notevoli successi. In poco più di tre settimane, l’U-67, l’U-156 e l’U-502  affondarono complessivamente undici preziose petroliere e due piroscafi. Tre di queste navi, come abbiamo descritto, furono affondate entro il Golfo del Venezuela, e una in porto ad Aruba. Tuttavia l’U-67 non poté sfruttare appieno la sua potenza combattiva, essendo stato costretto a riprendere la rotta per rientrare a Lorient prima del previsto, dopo aver silurato ed affondato due navi mercantili.

Dopo aver danneggiato, come detto, la Rafaela, il giorno 21 febbraio, il sommergibile, spostandosi nei Caraibi verso occidente, attacco, una seconda petroliera, la norvegese Kongsgaard (capitano Leif Moen), di  9.467 tsl, salpata da Puert o de La Cruz per raggiungere Curacao e Aruba con un carico di 15.600 tonnellate di olio greggio. Alle 15.32, trovandosi a nord di Santa Marta (Columbia), l’U-502 lanciò due siluri, uno dei quali fu evitato dalla petroliera con la manovra mentre il secondo arrivò a segno sul fianco sinistro, tra il ponte centrale e quello di poppa. Dopo aver atteso che gli uomini dell’equipaggio si mettessero in salvo sulle imbarcazione e sui canotti di salvataggio, volendo dare alla nave danneggiata il colpo di grazia, alle 19.02 il sommergibile lanciò un siluro che non raggiunse il bersaglio, costringendolo circa mezz’ora dopo a ripetere un altro lancio che questa volta ebbe successo, colando a picco la petroliera. Si trattava dell’affondamento più occidentale  realizzato fino ad allora nell’Atlantico da un sommergibile dell’Asse.

Sui quarantasei uomini dell’equipaggio del Kongsgaard, trentotto decedettero e soltanto otto, compreso il comandante Moen, si salvarono. Dopo tre ore del sinistro sette uomini che si trovavano su una imbarcazione furono raccolti da un peschereccio e portati a Curacao. L’ottavo superstite, saltando in mare dalla petroliera in fiamme, e nuotando attraverso vari incendi che, per la fuoriuscita del combustibile, si estendevano alla superficie del mare intorno alla nave, riuscì a salvarsi raggiungendo le acque libere, per essere poi raccolto.

La seconda vittima dell’U-67, che diresse per passare per il Canale Domenicana, fu la motocisterna panamense Penelope, di 8.436 tsl, partita da Caripito e diretta ad Halifax, in Canada, con un carico di petrolio greggio. La nave fu attaccata alle ore 02.00 del 14 marzo e fu colpita a prua da uno dei due siluri lanciati dal sommergibile, dopo un inseguimento durato tre ore e mezzo. La petroliera prese fuoco e si fermò, mettendo in mare tre imbarcazioni di salvataggio e un canotto. Come questi mezzi di soccorso si furono allontanati l’U-67 dette alla nave il colpo di grazia, colpendola alle 02.19 con un altro siluro. La Penelope  affondò in un mare cosparso di petrolio in fiamme in lat. 15°00’N, long. 64°20’W, a sud-ovest dell’Isola Leeward, e a 80 miglia dal Canale Domenicana. Il tenente di vascello Müller-Stöckheim si avvicino con il sommergibile ad una delle scialuppe di salvataggio, e dopo aver interrogato gli uomini che vi trovavano indicò loro la rotta da seguire per raggiungere le coste dell’Isola Domenicana. Su un totale di quarantanove uomini che si trovavano a bordo della petroliera, inclusi dieci cannonieri, vi furono soltanto due morti tra i trentanove membri dell’equipaggio.

Nel corso della missione l’U-67 attaccò altre due navi, lanciando tre siluri contro il piroscafo olandese Brastegi , e altri tre contro un altro mercantile, ma in entrambe le occasioni falli di colpire il bersaglio. Il Brastegi avvistò due siluri  passare vicino alla nave. Sei siluri falliti rappresentarono una frustante delusione per il comandante Müller Stückheim.

Dopo settantuno giorni di mare e avendo affondato due navi mercantili e danneggiata gravemente una terza, per un totale di 21.080 tsl, l’U-67 rientro a Loriente il 30 marzo 1942, dopo un’ultima emozione. Infatti, nel momento di avvicinarsi alla rotta di sicurezza fu visto un siluro, lanciato da un sommergibile britannico, passare alla distanza di circa 150 metri dalla scafo. Al termine della missione, il comandante Müller-Stöckheim, già decorato con croce di ferro di seconda classe, ricevette l’ambito  Distintivo di Guerra degli U-boote 1939.

 

***

 

 Ottimi successi conseguì l’U-502, che, dopo i primi tre successi conseguiti contro le petroliere locali nel Golfo del Venezuela, spostatasi al largo delle coste il mattino del 22 febbraio attaccò la grossa petroliera statunitense J.N. Pew (capitano Thomad Edelen Bush, di 9.033 tsl, partita da Aruba per il Canale di Panama, e che navigava, con acqua di zavorra, completamente oscurata alla velocità di undici nodi. Uno dei due siluri lanciati dal sommergibile alle 01.59 colpì la  J.N. Pew al centro, sul fianco sinistro, tra l’albero principale e la sala pompe, e la nave prendendo fuoco fu poi finita dall’U-502 facendo partire, ad intervalli, altri quattro siluri. La petroliera affondo poco dopo le 03.00 del 23 febbraio, a 225 miglia ad ovest di Aruba. Su trentasei uomini dell’equipaggio ne decedettero ben trentatré. E questo fu un vero dramma dal momento che l’esplosione dei siluri aveva distrutto due delle quattro imbarcazioni di salvataggio e due zattere, e le due imbarcazioni superstiti si trovarono a dover lottare contro il mare in tempesta.

Due dei tre superstiti di una delle imbarcazioni, arrivati il 25 febbraio sulle coste della Columbia, a circa 35 miglia a est di Riohacha, furono soccorsi e rifocillati dagli indiani locali. Il terzo naufrago, che si trovava sull’altra imbarcazione, fu salvato il 14 marzo. Ciò avvenne in seguito alla una segnalazione di un aereo in pattugliamento al largo di Cristobal, che avendo avvistato l’imbarcazione fece accorrere nella zona la nave panamense Annetta I. L’uomo, dopo diciotto giorni di mare, si trovava all’estremo delle forze, ed aveva visto morire di inedia, per mancanza di cibo e acqua, i nove marinai della J.N. Pew che si erano trovati con lui nell’imbarcazione.

Lo stesso giorno 23 febbraio in cui si era verificato  l’affondamento della J.N. Pew J.N. Pew, trovandosi a 54 miglia a nord di Aruba, il capitano di corvetta von Rosenstiel  attaccò la petroliera statunitense Sun (capitano Cornelius Van Gemert), di 9.002 tsl, in navigazione, con acqua di zavorra, da Chester (Pensilvania) a Beaumont (Texas). La nave, colpita a poppa, sul lato sinistro, da un siluro lanciato dall’U-502 alle 16.43, si salvò per l’apparire di un aereo che fece immergere il sommergibile, per poi portarsi ad incagliare sulla costa del Venezuela. Condotta da mezzi di soccorso ad Aruba, dove fu sottoposta a sommari lavori per metterla in condizione di partire, la Sun raggiunse Chester, dove fu definitivamente riparata. Tuttavia la petroliera non fu del tutto fortunata, poiché il 16 maggio 1942, venne silurata dal sommergibile tedesco U-506 (tenente di vascello Erich Würdemann), presso le coste della Luisiana, e nuovamente dovette tornare in bacino, questa volta a New Orleans, per essere ancora una volta riparata.

Quello stesso giorno 23, a nord della penisola Paraguanà. l’U-502 attaccò una terza petroliera navigante isolata, la motocisterne panamense Thalia. Dopo aver mancato questa nave con due siluri lanciati alle 09.37, la colpì con un siluro alle 10.32 e successivamente con altri due, arrestandola. Ma l’esito del colpo di grazia non fu quello sperato dal comandante von Rosenstiel, e il sommergibile, per affondare la Thalia,  dovette sparare centotre colpi di cannone, sparati, in sette fasi, tra le 11.54 e le 12.33. Alle 13.36 la tenace petroliera affondò, finalmente, a 80 miglia a nord di Aruba.

L’U-502 rientrò a Lorient il 16 marzo, dopo cinquantasette giorni di mare, nel corso dei quali aveva affondato sei petroliere,  L’11 maggio 1942 Il comandante von Rosenstiel partì per la sua quarta missione , che fu la più fruttifera perché, nella zona fra l’Isola di Trinidad e la costa del Venezuela, riuscì ad affondare ben nove navi. Tuttavia, al rientro alla base, il 6 luglio fu attaccato ed affondato nel Golfo di Biscaglia, ad ovest di La Rochelle, dalle bombe sganciate da un velivolo da bombardamento britannico Wellington del 172° Squadron del Coastal Command. Decedette il comandante del sommergibile e i suoi cinquantuno uomini d’equipaggio. Complessivamente, nelle sue quattro missioni, von Rosenstiel aveva affondato con l’U-502 quattordici navi per 78.843 tsl, e danneggiate altre due per 23.797 tsl. Era stato decorato con la croce di ferro di seconda classe e poteva fregiarsi del Distintivo degli U-boote 1939.

Successi altrettanto importanti di quelli dell’U-502 furono conseguiti dall’U-156. Dopo aver affondato, come abbiamo visto, il 16 febbraio ad Aruba, la petroliera Oranjestad e danneggiato gravemente le petroliere Arkansas e Pedernales, ed essersi spostato verso nord per sbarcato i due ufficiali feriti a Fort de France, il 20 febbraio, trovandosi a 60 miglia ad ovest dell’Isola Martinica, il sommergibile colò a picco una terza nave che procedeva isolata, il piroscafo armato statunitense Delplata (capitano Roelaf Brouver), di 5.127 tsl. salpato da Rio de Janeiro e diretto a Sant Thomas nelle Isole Vergini, con un carico vario di 6.100 tonnellate. Colpito da un siluro alle 11.31 sul fianco destro, all’altezza della stiva n. 2, con danni che si estesero in alto fino alla cabina del comandante, e colpito successivamente, mentre era fermo, da un altro siluro, il Delplata fu abbandonato dall’equipaggio, che fu poi recuperato dalla nave appoggio aerei statunitense Lapwing, la quale, successivamente, dette al piroscafo, ancora a galla, il colpo di grazia.

 Il 25 febbraio, trovandosi a 70 miglia a sud-ovest di Guenica, Porto Rico, l’U-156 attaccò la isolata petroliera britannica La Carriere  (capitano Robert Hyde), di 5.685 tsl, partita da New York e diretto in zavorra a Trinidad. Nel corso dell’attacco il sommergibile  consumò i suoi ultimi siluri G.7. La nave britannica fu dapprima colpita con due siluri lanciati dal sommergibile alle 02.19, si arresto ma dieci minuti dopo riprese la navigazione, costringendo il comandante Hartenstein a lanciare altri due siluri, che però fallirono il bersaglio. Non restò che dare alla La Carriere il colpo di grazia con il cannone da 105 mm che era stato riparato – segando faticosamente per ore sotto il sole cocente la durissima estremità della canna d’acciaio e riequilibrando perfettamente il cannone stesso – ma poiché il compito apparve difficile, l’U-156 dovette lanciare il suo ultimo siluro che arrivò a segno alle 06.21. Poco dopo la petroliera affondava, e con essa si persero quindici uomini, undici dell’equipaggio e quattro cannonieri. Si salvarono, dopo aver preso posto su due scialuppe di salvataggio, altri ventisei uomini dell’equipaggio, tra i quali il comandante Hyde, che fu recuperato con altri quattro compagni da un cutter della Marina statunitense, mentre i restanti ventuno superstiti raggiunsero Guenica lo stesso giorno dell’affondamento della loro nave.

  Sebbene fosse privo di siluri, il 27 febbraio l’U-156  attaccò con il cannone il vecchio piroscafo britannico Macgregor (capitano William George Todman), di 2.498 tsl,  nave dispersa del convoglio ON.60, salpata da Tyne e diretta a Tampa, in Florida con un carico di carbone. La nave, attaccata alle 10.35, quando il sommergibile cominciò a sparare, affondò  a 25 miglia a nord-ovest di Capo Viejos (Portorico). Vi fu un solo morto, mentre gli altri ventiquattro membri dell’equipasggio e i sei cannonieri del Macgregor furono recuperati da un cutter della Guardia Costiera partito da Santo Domingo, e portati a Puerto Plata, nella Republica Domenicana. 

 Alle 11.17 dell’indomani, 28 febbraio, sempre impiegando il cannone, il comandante Hartenstein attaccò la petroliera statunitense Oregon (capitano Ingvald C. Nilsen), di 7.017 tsl, partita da Aruba e diretta a Melville sull’Isola Rhode, con un carico di 78.000 barili di olio combustibile per navi. La Oregon, ripetutamente colpita nel corso di un’azione di fuoco che si prolungo per settantacinque minuti, con la sala macchina distrutta al secondo colpo sparato dal sommergibile, a cui poi seguì l’esplosione delle caldaie, quattro ore dopo l’inizio dell’attacco affondò in fiamme a 150 miglia a nord-est dello Stretto di Mona, il braccio di mare tra Porto Rico e Haiti. Dei trentasei membri dell’equipaggio della petroliera, che avevano preso posto su una scialuppa di salvataggio e su una zattera calate in mare, vi furono sei morti.

 I trenta superstiti dell’Oregon, ventisei dei quali, il 4 marzo, raggiunsero con la scialuppa Puerto Plata nella Republica Domenicana, mentre gli altri quattro, sulla zattera, vennero raccolti dopo quattro giorni e mezzo di permanenza in mare dalla petroliera statunitense Gulfpenn, furono concordi nel dichiarare che il sommergibile tedesco aveva continuato a sparare mentre essi tentavano di allontanarsi con le due imbarcazioni. Ma il comandante Hartenstein, che nel settembre del 1942 si distinse per il soccorso fornito ai naufragi del transatlantico britannico Laconia, che aveva affondato al largo delle coste equatoriali dell’Africa, era troppo gentiluomo per colpiere un simile atto increscioso. L’incidente fu dovuto al fatto che le due imbarcazioni con i naufraghi, erano state messe in mare dall’altro lato della nave su cui sparava l’U-156, e per un certo tempo nessuno a bordo del sommergibile si accorse della loro presenza in mare. 

L’U-156 fu il secondo sommergibile del Gruppo “Neuland” a rientrare a Lorient, il 17 marzo. Al termine della missione il capitano di corvetta Hartenstein, gia decorato con le croci di ferro di prima e seconda classe e della croce d’oro tedesca, ricevette l’ambito Distintivo di Guerra degli U-boote 1939, in riconoscimento della sua attività bellica sui sommergibili, a partire dalla guerra di Spagna.

 

 

Le missioni dei sommergibili U-161 e U 129 nella zona di Trinidad e lungo le coste della Guaiana

 

 Gli altri due sommergibili del Gruppo “Neuland”, l’U-129  (tenente di vascello Nicolai Clausen) e l’U-161 (tenente di vascello Albrecht Achilles), dopo aver conseguito alcuni iniziali successi davanti all'importante punto focale di traffico di Trinidad, l’isola che un canale separa dalla terraferma del Venezuela, di fronte ad una riscontrata reazione soprattutto aerea piuttosto attiva, si spostarono al largo. L’U-129, che inizialmente si trovava dislocato a levante di Trinidad diresse per sud-est, verso le coste della Guaiana, mentre l’U-161, che aveva operato a nord est di Trinidad, manovrò per nord-ovest, entrando nei Caraibi e raggiungendo una zona situata ad occidente delle Piccole Antille, per poi avventurarsi temerariamente in superficie entro le rade di Porto of Spain, a Trinidad, e Porto Castries, nell’Isola statunitense di Santa Lucia, dove il comandante Achilles, ufficiale di ventotto anni, soprannominato “Ajax”, ottenne, come vedremo, dei successi contro navi britanniche all’ancora sottocarico e non distanti dalle banchine del porto. Complessivamente, con una serie di vittoriosi attacchi contro piroscafi trasportanti bauxite e grosse petroliere, i due sommergibili colarono a piccolo dodici navi mercantili, su quattordici attaccate e segnalate alla base come  affondate, e di riflesso “seminarono il panico in un settore fino allora rimasto tranquillo”, come ha scritto Léonce Peillard in “La battaglia dell’Atlantico”.

Nel corso di queste audaci imprese, la notte sul 19 febbraio l’U-161, che era partito da Lorient il 24 gennaio, conseguì i suoi primi successi a Trinidad, nell’ancoraggio di Port of Spain. Durante il giorno il sommergibile restò in immersione all’imboccatura poche miglia al largo dell’imboccatura del porto; quindi calata l’oscurtità salì in superficie e, mostrando costantemente le luci di bordo, manovro arditamente attraverso le Bocas, passando vicino una nave vedetta, ed entrato nella rada di Porto of Spain si appresto ad attaccare nelle condizioni più favorevoli. Alle 05.32 il sommergibile del comandante Achilles lancio di poppa due siluri contro altrettante navi mercantili all’ancora, colpendole entrambe. La petroliera a vapore britannica Britsh Consul (capitano James Kennedy), di 6.940 tsl, prese fuoco e si adagiò sul basso fondale del porto, mentre  il piroscafo statunitense Mohihana (capitano Charles Porta), di 7.460 tsl, affondò anch’esso in acque basse nella sua posizione a circa 2 miglia dal molo. Sulla British Consul vi furono due soli morti, nessuno sulla Mohihana. Entrambe le navi mercantili furono successivamente riportate a galla e riparate in arsenali degli Stati Uniti, e di esse la Britsh Consil fu silurata ed affondata il 19 agosto 1942 al largo di Trinidad, assieme al piroscafo Empire Cloud, mentre navigava con il convoglio TAW (S), attaccato dal sommergibile tedesco U-564.

L’U-161, allontanatosi dopo l’azione di Porto of Spain per ritornare ad operare al largo del porto, il 21 febbraio avvistò la petroliera britannica Circe Shell (capitano John Thomas Sinclair), di 8.207 tsl, unità dispersa del convoglio  ON.60, in rotta da Clyde (Glasgow) a Trinidad. La attacco colpendola con due siluri lanciati alle 21.13, a 20 miglia a ovest-nordovest di Porto of Spain. Il comandante Achilles fu disturbato dall’arrivo nella zona di un velivolo Albacore dell’Aviazione Navale britannica (F.A.A.) decollato dalla base di Piarco e che sganciò due bombe antisommergibili senza riuscire a causarono danni all’unità subacquea. Prima di allontanarsi Achilles attese la notte per poi riuscìre a dare il colpo di grazia alla immobilizzata petroliera, colpendola con un altro siluro alle 01.41. Vi fu un solo morto, mentre gli altri cinquantuno membri dell’equipaggio della Circe Shell e cinque cannonieri, calatisi in mare  su due scialuppe di salvataggio, raggiunsero Trinidad il 23 febbraio, a bordo del rimorchiatore Busy che li aveva salvati.

Due giorni più tardi, il 23 febbraio,  l’U-161 conseguì un altro successo a 275 miglia ad ovest della Martinica attaccando alle 06.43 il piroscafo Lihue (capitano W.G. Leithead), di 7.001 tsl, partito da New York e diretto al Golfo Persico, via Trinidad, con un carico vario e di guerra. Da quota periscopica, il comandante Achilles lanciò un siluro che, colpendo, arresto quella nave. Il sommergibile, venendo in superficie un quarto d’ora dopo, tentò di darle il colpo di grazia con il cannone, ma fu costretto ad immergersi dopo aver sparato alcuni colpi di fronte alla reazione del Lihue, che era anch’esso armato, con un cannone e sei mitragliere. Intorno alle 18.45, manovrando da quota periscopica, l’U-161, lanciò altri due siluri che non raggiunsero l’obiettivo.  Tuttavia, nonostante un tentativo di rimorchio da parte del dragamine statunitense Partridge, salpato da Santa Lucia, e del sostegno offerto  dell’incrociatore ausiliario canadese Prince Henry, il piroscafo affondò ugualmente a sud-ovest dell’Isola Aves, per i danni riportati dal primo siluro che lo aveva colpito sul fianco sinistro a prora, nella stiva n. 1, da cui l’allagamento si era esteso agli altri locali della nave. Nel frattempo, quattro ore dopo che il Lihue era stato silurato, i suoi naufraghi, trentasei uomini dell’equipaggio e nove cannonieri, erano stati recuperati  dalla petroliera britannica British Governor, avvertita  dalle segnalazioni di un aereo statunitense che aveva avvistato le cinque imbarcazioni di salvataggio su cui quegli uomini si trovavano.

Nella notte del 3 marzo l’U-161 fu attaccato da un velivolo B. 18 dell’Aviazione dell’Esercito statunitense decollato da Waller Field, ma non riporto alcun danno, e quattro giorni più tardi, il 7, poté conseguire un altro successo, attaccando la nave officina sud-africana Uniwaleco (capitano Johannes Marins Bernard Rosvik), di 9.755 tsl, partita da Curacao e diretta, via Trinidad, a Freetown con un prezioso carico di 8.800 tonnellate di olio combustibile. Il comandante Achilles colpì quella nave con uno dei  due siluri lanciati alle 17.59, arrestandone la marcia dopo che il mercantile aveva fatto un ampio giro tondo. Quindi, alle 18.14, diede all’Uniwaleco il colpo di grazia con un terzo siluro che, spezzo il mercantile in due tronconi, i quali affondarono nello spazio di tre minuti, a 45 miglia ad ovest del passo di San Vincent. Dei cinquantuno uomini dell’equipaggio, diciotto si persero con la loro nave, mentre altri trentatré, incluso il comandante Rosvik, si salvarono approdando con le imbarcazioni di salvataggio a San Vincent.

 Nella notte sul 10 marzo l’U-161, ripetendo l’azione di Porto of Spain, dopo che durante il giorno si era mantenuto alternando quota periscopica a 5 miglia dall’Isola Santa Lucia, penetrò nel porto di Port Castries, prendendo due mira due navi che vi si trovavano all’ancora. L’azione era resa pericolosa dal fatto che si trattava di penetrare in una base navale statunitense, che poteva avvalersi per la propria protezione e per il controllo di quella zona di mare anche del grande aeroporto di Beane Field, dal nome di James D. Beane, un pilota deceduto durante la prima guerra mondiale e che era stato accreditato dell’abbattimento di cinque aerei. 

Alle 04.49 il comandante del sommergibile ordinò il lancio binato di due siluri, il primo dei quali andò a colpire una nave ausiliaria canadese, il piroscafo da passeggeri requisito Lady Nelson, di 7.970 tsl, che doveva salpare per Georgetown con un carico di merci varie e derrate alimentari,  prese fuoco ed affondò di poppa in acque poco profonde. Dei duecentotrentacinque uomini che si trovavano a bordo della nave, venticinque decedettero: tre appartenevano all’equipaggio, quindici erano passeggeri e sette scaricatori. Il secondo siluro colpi il piroscafo l’Umtata, di 9.141 tsl, che aveva a bordo in carico di 2.000 tonnellate di minerale da trasportare a Port Everglades, affondò anch’esso di poppa. Sui centosettantasette uomini che si trovavano a bordo ne decedettero quattro, tutti passeggeri. Sebbene fossero gravemente danneggiate, entrambe le navi furono riportate a galla e riparate. Di esse la Lady Nelson, dopo aaver ultimato i lavori a Mobile (Alabama), fu trasformata in nave ospedale della Marina canadese, mentre l’Untata  (capitano R. Owen Jones) fu silurata ed affondata  il 7 luglio 1942 a nord est di Key West (Florida) dal sommergibile tedesco U-571, un battello del tipo VII C, comandato dal tenente di vascello Helmut Mohlmann.

Questo attacco dell’U-161,  in un settore relativamente verificatosi vicino ad Aruba, generò nella zona un nuovo stato di allarme, dopo quello causato nella seconda metà di febbraio dagli attacchi dell’U-67, U-156 e U-502.  Ma il timore che un nuova offensiva degli U-boote avvenisse nella zona del lago di Maracaibo non si verifico, dal momento che Achilles decise di riprendere con il suo sommergibili  la rotta del rientro alla base, passando attraverso lo Stretto di Mona, nella speranza che avrebbe trovato un bersaglio per il suo ultimo siluro.

Il 14 marzo, alle ore 02.30, trovandosi a circa 200 miglia ad ovest dell’Isola Guadalupe, l’U-161 colpì con un siluro il piroscafo da carico canadese Sarniadoc (capitano William Allen Darling), di 1.940 tsl, partito da Georgtown nella Guaiana britannica e diretto, dopo scalo a Trinidad, a  St. Thomas nelle Isole Vergini. A causa del suo pesante carico di bauxite, e per l’esplosione della caldaia invasa dall’acqua del mare, il Sarniadoc affondò in trenta secondi, causando la morte dei diciannove uomini dell’equipaggio.

Sebbene fosse rimasto senza siluri,  e mentre si stava apprestando ad effettuare il transito per lo Stretto di Mona, l’U-161 conseguì il suo ultimo successo il 15 marzo 1942 a sud di Haiti, avvistando all’orizzonte ed attaccando con il cannone la vecchia nave appoggio servizio faro  statunitense Acacia (capitano di vascello Ora C. Doyle), di 1.130 tsl, partita da Curacao e diretta ad Antigua. Il sommergibile impegno quell’unità tra le ore 11.37 e le ore 12.11, sparando con il pezzo da 105 mm sessantotto granate, e con le mitragliere pesanti novantadue proiettili da 37 mm. e settanta da 20. L’Acacia, ripetutamente colpito, affondò e i trentacinque uomini dell’equipaggio, tutti sopravvissuti, dopo essere stati localizzati da un idrovolante Catalina della U.S. Navy, furono recuperati dal cacciatorpediniere statunitense Overton e il 16 marzo sbarcati a Miami. L’Acacia fu la prima nave della Marina statunitense ad essere attaccata da un sommergibile nella zona dei Caraibi.

L’U-161, con all’attivo l’affondamento di cinque navi e il danneggiamento di altre quattro, rientrò a Lorient il 2 aprile. Il capitano di corvetta Achilles, che per i suoi audaci attacchi entro le rade nemiche si meritò l’appellativo di “Lochkrieger von Trinidad”, fu decorato con la Croce di Ferro di prima classe.

 

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Vediamo adesso come si svolse l’attività dell’U-129, secondo sommergibile tedesco del Gruppo “Neuland” inviato ad operare nell’area tra Trinidad e la coste della Guaiana, e che prese il mare da Lorient il 25 gennaio 1942.

Nella notte del 19 febbraio il sommergibile raggiunse la zona assegnata presso Punta Galera di Trinidad, dove alle 03.59 del 20 attacco il piroscafo norvegese Nordwanger (capitano Hagbart Karlsen), di 2.400 tsl, partito da Paramaribo e diretto a New Orleans, via Trinidad, con un carico di bauxite. L’U-129 colpì con un siluro quella piccola nave, che dirigendo con rotta sud-sudest, letteralmente esplose e, proiettando in aria rottami, affondò nello spazio di un minuto, in lat. 10°50’N, long. 60°54’W, a occidente di punta Tobago, senza avere avuto il tempo di lanciare il segnale di soccorso. Con il Nordwanger si perse l’intero equipaggio di  ventiquattro uomini, che forse non riuscirono a salire sulle imbarcazioni di salvataggio. Una di queste ultime, completamente vuota, e alcuni detriti del Nordwanger finirono sulla spiaggia di Trinidad il 6 marzo.

 Il 23 febbraio l’U-129 avvistò un altro piroscafo isolato, il canadese George L. Torian (capitano John Allan), di 1.754 tsl, partito da Paramaribo e diretto a Trinidad anch’esso con un carico di bauxite. Il comandante Clausen lo attaccò una prima volta con i siluri senza successo, ma poi dopo quattro ore dall’inizio dell’inseguimento, alle ore 01.20 lo colpì a prua con un altro siluro, che affondò il piroscafo in soli ventotto secondi a 120 miglia a sud-sudest di Trinidad. Il comandante della nave e quindici uomini dell’equipaggio decedettero. Altri quattro uomini furono salvati da un idrovolante Catalina della Marina statunitense e portasti a Trinidad

Quello stesso  23 febbraio 1942 l’U-129 un altro piroscafo isolato carico di bauxite, il  canadese Lennox (capitano Daniel Percy Nolan), di 1.904 tsl, partito da Paramaribo e diretto a Porto of Spain (Trinidad),  e lo silurò alle 15.04, affondandolo a nord est di Barima, Venezuela. Vi furono due morti, ma il comandante e diciassette uomini dell’equipaggio si salvarono, venendo raccolti dalla petroliera britannica Athelbrill diretta a Porto of Spain.  Poco dopo il sommergibile avvistò il piroscafo statunitense West Zeta (capitano Ivan J.H. Rosequist), di 5.658 tsl, partito da Mombasa e diretto a Philadelphia, via Città del Capo e Trinidad. La nave mercantile, con parte del carico costituito da minerale di cromo come zavorra, attaccata dall’U-129 alle 04.43 e colpita da due siluri, affondò, spezzandosi in due tronconi, a 125 miglia a sud-est di Trinidad. I trentacinque superstiti furono raccolti dal motoveliero Emeralda, salpato da San Vincenzo, che arrivò nella zona del sinistro protetto da un pattugliamento di velivoli della Marina statunitense decollati da Georgtown, nella Guaiana Britannica.

Il 28 febbraio, trovandosi nel suo spostamento verso levante presso le coste della Guaiana britannica, l’U-129 attacco ed affondò il piroscafo panamense Bayou, di 2.605 tsl, che partito da Rio de Janeiro era diretto in Canada, trasportando manganese. L’unico superstite  della nave, ex statunitense Lake Fairfax,  fu salvato il 5 marzo.

Alle 17.05 del 3 marzo, il sommergibile attaccò il piroscafo statunitense Mary (capitano Severin Broadwick), di 5.104 tsl, diretto da New York a Suez, via Puerto Rico, con un carico militare affitti e prestiti, colpendolo dapprima con due siluri, e poi, una volta abbandonato dall’equipaggio su due scialuppe, lo affondò con un terzo siluro, lanciato alle 17.17, a circa 165 miglia a nord-nord est delle coste del Brasile. I trentotto uomini dell’equipaggio, che avevano percorso in sei giorni una distanza di 540 miglia,  furono salvati dal piroscafo statunitense Alcoa Scout, a 38 miglia a nord-est di Georgetown, nella Guaiana Britannica, e poi sbarcati a Porto of Spain (Trinidad).

 

L’ultima vittima, la settima, della missione del comandante Nicolai Clausen fu ancora costituita da un piroscafo statunitense, lo Steel Age (capitano Ralph Jones),  di 6.188 tsl, partito il 18 gennaio da Calcutta e diretto a New Orleans, via Table Bay (Città del Capo) e  Trinidad. Alle 03.20 del 7 marzo, trovandosi a 130 miglia a nord-est di Paramaribo, nella Guaiana Olandese,  l’U-129  lanciò due siluri G.7 che colpirono entrambi lo Steel Age, che affondò nello spazio di due minuti, con otto ufficiali e venticinque membri dell’equipaggio. L’unico superstite fu raccolto dopo veni minuti dal sommergibile e portato a Lorient il 5 aprile, data di rientro alla base dell’U-129, per poi essere trasferito in un campo di prigionia presso Brema.

Dirigendo verso la base, nell’attrarsare il Golfo di Biscaglia, il 1° aprile l’U-129 fu attaccato da un velivolo Witley del 502° Squadron della R.A.F., avente per pilota e capo equipaggio il sergente maggiore V.D. Pope, e per l’esplosione di alcune bombe cadute vicino allo scafo riportò alcuni danni che però non gli impedirono di raggiungere la destinazione nel tempo previsto. Al termine della missione di settantuno giorni di mare, avendo affondato sette navi per 25.613 tsl, il tenente di vascello Nicolai Clausen, che si meritò il soprannome di “combattente della Guaiana”, fu promosso capitano di corvetta e, con concessione del 13 marzo 1942, fu insignito della Ritterkreuz, la croce di cavaliere. 

Richiamato in Germania, il 30 giugno 1942 Clausen assunse il comando di un sommergibile incrociatore di grandissima crociera della nuovissima classe IXD, l’U-182, con un autonomia di circa 20.000 miglia. Con questo sommergibile, al termine del periodo di addestramento, salpò il 9 dicembre 1942 per una missione  nell’Oceano Indiano, che si concluse tragicamente in Atlantico, sulla rotta del rientro alla base. Il 16 marzo 1943, dopo ben centocinquantanove giorni di mare e avendo affondato cinque navi mercantili per 30.071 tsl., l’U-182 si perse con l’intero con equipaggio per opera dei cacciatorpedinieri statunitensi Mackenzie e Lamb, che lo attaccarono con le bombe di profondità. Nel corso della sua attività di guerra oceanica, prima con l’U-37, poi con l’U-129 e infine con l’U-182, il capitano di corvetta Clusen affondò ventiquattro navi per 74.807 tsl.

 

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Occorre dire che la stessa sorte dell’U 182 del comandante Clausen sarebbe stata riservata una settimana dopo al sommergibile italiano Da Vinci che, al comando del tenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia, rientrava anch’esso da una missione spinta nelle acqua sudafricane dell’Oceano Indiano, dopo aver affondato sei navi mercantili per 58.973 tsl, di gran lunga la missione più fruttifera di un sommergibile italiano. Il Da Vinci fu infatti affondato ad est delle Isole Azzorre da due unità britanniche di scorta ai convogli combinati WS.30 e KMF.15, il cacciatorpediniere Active e la fregata Ness, che erano riuscite ad avvistare il sommergibile all’orizzonte per poi portarsi sul posto in cui si era immerso per distruggerlo con le bombe di profondità. La fine del Da Vinci, il sommergibile non tedesco con i maggiori successi per tonnellaggio – 17 navi affondate per 120.243 tsl e due piccoli mezzi d’assalto – fu confermata da resti umani e scatole di caffe italiano venuti alla superficie del mare. Gazzana Priaroggio fu promosso, mentre rientrava dall’Oceano Indiano, capitano di corvetta per merito di guerra e venne poi decorato, dopo la sua morte, con la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nel frattempo aveva ricevuto l’ambita onore m ficienza tedesca della Ritterkreuz. Era il terzo ufficiale sommergibilista italiano ad averla ricevuta dopo il capitano di corvetta Fecia di Cossato e il capitano di fregata Enzo Grossi.

 

 

L’attività dei sommergibili tedeschi nelle acque meridionali della Florida e delle Isole Bahamas.

 

Contemporaneamente ai cinque U-boote del gruppo ''Neuland'', altri quattro sommergibili tedeschi del tipo IX C, appena resisi disponibili a Lorient verso la fine di gennaio 1942, erano stati inviati dal B.d.U. ad operare nei settori più settentrionali del Canale di Florida, ove arrivarono nella seconda metà di febbraio. Di essi l’U-128 (tenente di vascello Ulrich Heyse) e l’U-504 (tenente di vascello Fritz Poske), raggiunsero la Florida dopo aver  operato con un certo successo nei bassi fonda1i a est e a sud di Capo Canaveral, nella zona tra il predetto Capo e la località balneare di Palm Beach, ove transitava molto sotto costa il trafficio nemico, segnalarono l’affondamento di cinque petroliere. Dopo pochi giorni dovettero lasciare la zona per spostarsi, in seguito ad un aumento della sorveglianza e reazione nemica piuttosto intensa, verso nord-est e verso sud-est, affondando altre due navi mercantili, una petroliera all’imboccatura settentrionale del Canale Providence e un piroscafo a nord dell’Isola Bahama. Complessivamente, Nel corso della loro missione i due U-boote affondarono un piroscafo e ben sei petroliere, generalmente di grosso tonnellaggio, provenienti dal Golfo del Messico e dai Caraibi.

Nella rotta di ritorno verso la Francia, il 16 marzo l’U-504 mandò a fondo un piroscafo, carico di automezzi e di aerei sistemati in coperta, incontrato al Largo  delle Antille, a nord-est di San Juan di Portorico. Era il britannico Stangard di cui avremo occasione più avanti di parlarne ampiamente, perché il suo affondamento era stato dall’ammiragliato britannico assegnato, erroneamente, al sommergibile italiano Morosini.

L’U-126 (tenente di vascello Ernest Bauer), che inizialmente avrebbe dovuto raggiungere le coste meridionali della Florida, avuta notizia della reazione riscontrata dall’U-128 e dall’U-504 all’entrata settentrionale dello Stretto, prese l’niziativa di raggiungere la assegnata zona operativa passando, da sud, per il Canale di Sopravento, trovandovi tanto traffico da esaurirvi ì siluri entrobordo. Spostatosi poi a nord di Cuba per trasferire all’interno i siluri di riserva sistemati sottocoperta, il comandante del sommergibile richiese ed ottenne dal B.d.U. di rimanere ad operare nella nuova zona che appariva particolarmente ricca di traffico. Complessivamente il tenente di vascello Bauer affondò in pochi, giorni sette mercantili e ne danneggiò altri due, conseguendo il miglior tonnellaggio tra tutti i sommergibili, tedeschi e italiani, che in quello stesso periodo operarono tra la Florida, i Carabi, le Antille e le coste della Guaiana.

Infine l’U-108 (capitano di corvetta Klaus Scholtz) durante la rotta per raggiungere la zona assegnata nella zona della Florida, passando al largo di Capo Hatteras  trovò tanti bersagli da affondarvi cinque navi  ultimando i siluri, elemento che lo costrinse a riprendere anzitempo la rotta per la base.

Vediamo, brevemente, come si svolse la l’attività bellica dei quattro sommergibili.

 

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L’U-108 salpò da Lorient l’8 gennaio 1942. Il suo comandante, capitano di corvetta  Klaus Scholtz, insignito della Ritterkreuz il 26 dicembre 1941, era alla sua sesta missione di guerra e aveva all’attivo numerosi successi. Alle ore 10.35 dell’8 febbraio 1942 il sommergibile attaccò nei pressi di Capo Hatteras il piroscafo armato britannico (Liberty) Ocean Venture (capitano Reginald Craston), di 7.174 tsl, partito da Vancouver, nella Columbia britannica e diretto a in Inghilterra – dopo scalo a Cristobal e Hampton Roads – con un carico di 9.115 tonnellate di generi alimentari e quattro aerei stivati sul ponte. La Liberty, costruita negli Stati Uniti e consegnata alla Gran Bretagna, colpita da un siluro a centro nave si fermò, e l’equipaggio la abbandonò sulle imbarcazioni di salvataggio. Ma poiché l’Ocean Venture non accennava ad affondare, il comandante Scholtz ne affrettò la fine lanciando alle 11.16 un secondo siluro. Purtroppo le perdite umane furono alte, dal momento che decedettero ventinove membri dell’equipaggio e due cannonieri. Il cacciatorpediniere statunitense Roe (capitano di corvetta John Newton) raccolse i quattordici supersti, compreso il comandante Castron, e li sbarco a Norfolk, in Virginia.

L’indomani 9, alle ore 21.18, l’U-108 attaccò con lancio di un siluro G.7 il disarmato piroscafo norvegese Tolosa (capitano Harald N. Kruse), di 1.974 tsl, in navigazione da Kingston in Jamaica a Chester in Pennsylvania. Colpito sotto il fumaiolo, per l’esplosione delle caldaie il Tolosa affondò rapidamente di prua, in lat 34.40N, long 73.50W, portandosi dietro nell’abisso l’intero equipaggio di ventidue uomini. Il comandante del sommergibile vide gli uomini aggrapparsi ad una semiaffondata imbarcazione di salvataggio, ma non potè portargli aiuto trovandosi in una zona pericolasa, sorvegliata da aerei.

Due giorni dopo, alle 14.49 del 12 febbraio, trovandosi ad est di Capo Hatteras,  l’U-108, incontrò un'altra nave da carico norvegese, il piroscafo Blink (capitano Sigvart Ulvestad), di 2.701 tsl, partito da Charlston e diretto ad Halifax, da dove doveva proseguire per Ipswich, con un carico di 3.600 tonnellate di fosfati. Dopo aver fallito il lancio di due siluri, fiorse deviati dal mare molto agitato che rese all’U-108  difficoltoso l’inseguimento per risalire quel piroscafo, sorpassarlo per poi immergersi per l’attacco, alle 02.40 del giorno 13 il sommergibile lancio da brevissima distanza un siluro G.7 che colpì all’altezza della stiva n. 2 senza esplodere. Ripetè l’attacco un minuto dopo con un secondo siluro che colpì il Blink a centro nave, in corrispondenza della sala macchine, distruggendo anche la cabina radio, e uccidendo cinque uomini compreso un cannoniere.

Il piroscafo affondo così velocemente che i membri dell’equipaggio si trovarono in difficoltà nel mettere in mare una imbarcazione di salvataggio. Questa, per le onde violentissime, in continuazione si capovolze, costringendo gli uomini a raddrizzarla o a rimanere aggrappati ad essa. Molti, compreso il capitano Ulvestad, morirono in questa tragedia, e infine, su un equipaggio originale di trenta uomini del Blink, soltanto sei sopravvissero, raccolti il 14 febbraio dal piroscafo statunitense Monroe che li portò a Baltimora, dove poi furono trasferiti in ospedale.

Il 16 febbraio, trovandosi ad ovest dell’Arcipelago delle Bermude, l’U-108 avvistò ed inseguì il piroscafo panamense Ramapo (capitano Johan Ozn Lorentzen), di 2.969 tsl, salpato quattro giorni prima dalle Bermude e diretto in zavorra a Philadelphia. Alle 15.46 il sommergibile colpì con un siluro il piroscafo che, spezzandosi in due tronconi, affondò in undici minuti, causando la morte di quattro uomini. Dei restanti trentaquattro membri dell’equipaggio, che avevano preso posto su una imbarcazione di salvataggio, ed erano stati avvicinati dall’U-108 e interrogati dal comandante Scholtz, non si seppe più nulla.

Trascorsero altri quattro giorni, poi, alle 23.27 del 18 febbraio, l’U-108 attaccò il piroscafo britannico Somme (capitano Cornish Prosser), unità dispersa del convoglio ON.62, partito da Loch Ewe  e diretto a Curacao, con scalo nelle Bermude. Il piroscafo, che trasportava un carigo di generi varie, colpita da un siluro a mezza nave, si arresto, e mentre l’equipaggio si allontanava con tre imbarcazioni di salvataggio, il sommergibile gli impartì il colpo di grazia alle 23.38, con un altro siluro che colpendo presso le eliche fece affondare la nave velocemente di poppa, a sud-est dell’Isola Sable. Anche in questa occasione i quarantasette uomini dell’equipaggio del Somme furono avvicinati dall’U-106, e interrogati dal comandante Scholtz, ma nuovamente, e questo appare molto strano,  nessuno di essi dette più sue notizie.

Quanto al sommergibile, dopo che il piroscafo era affondato, sparò con il cannonnone e con la mitragliera da 20 mm contro un’imbarcazione a motore che , sistemata in coperta, aveva fatto parte del carico dalla nave, e che stava galleggiando in mare. Tre ore dopo l’U-108  lanciò il suo ultimo siluro contro la sagoma di una nave bassa e molto piatta sul mare. Avendo udito, dopo otto minuti dal lancio, un’esplosione, il comandante Scholtz ritenne, erroneamente, di aver attaccato e colpito una nave pattuglia.

Dopo cinquantasei giorni di mare, e avendo affondato cinque navi per 20.082 tsl, l’U-108 rientro a Lorient il 4 marzo. Il capitano di corvetta Klaus Scholtz, che aveva concluso la sua sesta missione di guerra, era gia stato insignito il 26 dicembre 1941 della Ritterkreuz. Dopo altre due fruttifere missioni, Il 10 settembre 1942 ricevette le fronde di quecia sulla croce di cavaliere. Il suo ultimo successo risalì al 17 agosto 1942, quando affondò la grossa motocisterna statunitense Luisiana. Complessivamente, ad iniziare dal 22 febbraio 1941, i suoi successi al comando dell’U-108 furono rappresentati dall’affondamento di venticinque navi mercantili per 128.190 tsl. Il 1° luglio 1944 fu promosso capitano di fregata.

 

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L’U-504, nuovo sommergibile del tipo IX C, salpò da Lorient il 25 gennaio 1942. Il suo comandante, capitano di corvetta Hans-Georg Friedrich Poske, di trentotto anni, dopo la navigazione il trasferimento da Kiel a Lorient, dove arrivò il 20 gennaio per essere assegnato alla 2a Flottiglia sommergibili, era alla sua prima missione di guerra in comando.

Effettuato il trasferimento nella zona operativa assegnata, nelle acque sud-orientali della Florida, il 22 febbraio l’U-504 conseguì il suo primo successo, nei confronti della petroliera statunitense Republic (capitano Alfred Hilderbrand Anderson), di 5.287 tsl, salpata da Paulsboro, nel New Yersey, e diretta a Port  Arthur,  nel Texas, imbarcando acqua di zavorra. Alle 04.55, trovandosi a circa 2 miglia a nord dell’Isola Jupiter, a nord di Miami, il sommergibile lanciò, a coppiola, due siluri che colpirono entrambi il bersaglio sul fianco destro vicino alla poppa, distruggendo la sala macchine della petroliera, e uccidendo un ufficiale e due marinai. La Republic, accostando a dritta si fermò, e i superstiti dell’equipaggio la abbandonarono, prendendo posto su due imbarcazioni di salvataggio prontamente calate in mare. Durante questa fase due marinai annegarono.

Una delle imbarcazioni, con ventidue uomini, compreso il comandante Anderson, spinta con i remi approdò nella vicina costa della Florida. La seconda imbarcazione, su cui si trovavano sette uomini, fu avvistata dal piroscafo statunitense Cities Service Missouri, che raccolse i naufraghi per poi sbarcarli a Port Everglades. Nel frattempo la Republic, gravemente danneggiava, veniva trascinata dalla corrente fino a finire sulle scogliere, a 5 miglia ad est di Hobe Sound, ove affondò nel pomeriggio del 23 febbraio, senza che mezzi della Guardia Costiera statunitense riuscissero ad impedirlo.

L’U-504, che durante l’azione contro la petroliera si era dovuto disimpegnare, restando per qualche tempo in immersione, per la presenza di una nave sottile che gli diede caccia per tre ore con bombe di profondità, tornato in superficie alle 08.45 del 22 febbraio attaccò una grossa nave, di 10.846 tsl, effettuato un lancio binato che il comandante Poske ritenne avere avuto successo, perché la nave colpita si arresto dopo cinque minuti per poi affondare un quarto d’ora dopo. Ancora oggi non conosciamo di quale nave si trattasse.

L’indomani 23, l’U-504 incontrò di giorno la grande petroliera statunitense W.D. Anderson (capitano Albert Benjamin Walters), di 10.227 tsl, partita da Corps Christi, nel Texas, e diretta a Philadelphia, con un carico di 133.360 barili di petrolio greggio. Alle 01.32, trovandosi a circa 12 miglia a nord-est di punta Jupiter (Juno Beach), il capitano di corvetta Poske ordinò alla camera lancio di prora del sommergibile di lanciare una coppiola di siluri, i quali raggiunsero entrambi la petroliera che, in preda alle esplosioni che si susseguivano nelle cisterne del suo carico, affondò in mezzo al petrolio in fiamme che si era esteso tutt’intorno allo scafo, non dando scampo ai trentasei uomini dell’equipaggio, tranne uno che fu salvato da una imbarcazione da pesca, mentre stava nuotando  disperatamente.

Il 26 febbraio l’U-504 realizzò altro drammatico affondamento attaccando la motocisterna olandese Mamura (capitano P. Dobbenga), di 8.245 tsl, salpata da Houston e diretta a New York, da dove poi doveva proseguire per Halifax, con il suo carico di benzina. Alle 19.13, trovandosi a circa 230 miglia dalle coste della Florida, il sommergibile, dalla distanza di 400 metri, lanciò due siluri che, a breve intervallo, raggiunsero la petroliera, uno all’altezza della sala macchine e l’altro a prua. Immediatamente la Mamura fu avvolta dalle fiamme e spezzandosi in due tronconi cominciò ad affondare. La sezione poppiera sparì in undici minuti, mentre quella prodiera, con l’U-504 si stava allontanando, era ancora in vista. In quell’inferno di fiamme nessuno dei quarantanove uomini dell’equipaggio della Mamura sopravvisse. Trentacinque erano di nazionalità cinese.

Due giorni più tardi, il 28 febbraio, il smmergibile fu attaccato da un aereo statunitense decollato da Key West, che sganciò du bombe senza causare danni. In seguito all’allarme dato dal velivolo mezzi antisommergibili affluirono nella zona, costringendo il comandante Poske a togliersi da quella acque pericolose, spostandosi più al largo dalle coste della Florida. A causa delle condizioni atmosferiche sfavorevoli, con mare molto grosso, il sommergibile riportò danni alla tolda che però non gli impedirono di continuare ad operare in quella zona, resa particolarmente pericolosa anche per la forte fosforescenza del mare.

Il quarto successo dell’U-504, conseguito il 16 marzo mentre il sommergibile si trovava gia in rotta di rientro alla base fu, per perdite umane, ugualmente drammatico quanto quello delle navi che aveva precedentemente affondato. L’episodio  è ancora fonte di discussione, dal momento che il piroscafo che il sommergibile tedesco attacco a nord est di San Juan di Portorico, inizialmente ritenuto il bitannico Manaqui, era in realtà lo Stangarth, del cui successo era stato accreditato al sommergibile italiano Morosini (capitano di corvetta Athos Fraternale), che invece affondò il ben più modesto piroscafo britannico Manaqui, di 2.802 tsl. Colpita un siluro alle 18.24, lo Stanghart (capitano William Ewart Herbert), di 5.966 tsl, partito da New York e diretto in India con un carico vario e militare, esplose letteralmente per poi affondare rapidamente con i trentanove uomini dell’equipaggio e sei cannonieri.

Occorre dire che lo Stangarth fu l’ultima nave affondata dai nove  sommergibili tedeschi che erano stati inviati ad operare nei settori della Florida-Bahama, delle Grandi e Piccole Antille, e dei Caraibi.

L’U-504 rientro a Lorient il 1° aprile 1942, dopo sessantasette giorni di mare, e aver affondato quattro navi, tre petroliere e un piroscafo, per 29.725tsl. Al termine della missione il capitano di corvetta Poske, poté fregiarsi del Distintivo degli U-boote 1939, e  della Croce di Ferro di prima classe.

 

***

 

L’U-126 era partito da Lorient, per la sua terza missione di guerra, il 2 febbraio 1942. Il suo primo successo avvenne il 2 marzo con l’affondamento, a 400 miglia a sud delle Isole Bermude, del piroscafo norvegese Gunny (capitano Otto Henrichsen), di 2.362 tsl, partito da Porto of Spain e diretto a New York con un carico 3.100 tonnellate di manganese e di mogano. La nave fu silurata dal sommergibile alle 20.47 mentre procedeva ad una velocità superiore ai dodici nodi, e si inabissò nel breve spazio di un minuto. Soltanto tredici dei trentasei uomini dell’equipaggio del Gunny riuscirono a calare in mare una imbarcazione di salvataggio, su cui si aggrapparono prendendovi posto. Ma essendo senza acqua e senza viveri uno di essi, il capo ingegnere di macchina Birger Jørgensen, decedette quattro giorni dopo. I restanti dodici superstiti, più fortunati, furono raccolti il 9 marzo dalla motonave svedese Temnaren.

Tre giorni dopo, il 5 marzo, fu la volta ad essere affondato il piroscafo statunitense Mariana (capitano Ivan Elroy Hurlstone), di 3.110 tls, attaccato dall’U-126  presso l’Isola Turks, mentre da Guanica si trasferiva, via Portorico, a Boston con un carico di zucchero. Con la nave, che alle 22.44 fu colpita da un siluro dietro l’albero, e che sparì dalla superficie del mare in cinque minuti, si perse l’intero equipaggio di trentasei uomini, inclusi otto ufficiali. Un altro dei tantissimi drammi che in quel periodo si consumarono nelle acque dell’America centrale.

Il 7 marzo l’U-126 conseguì due successi: il primo, a 9 miglia a nord-nordest dell’Isola Tortuga (Santo Domingo), nei confronti del piroscafo statunitense Barbara, di 4.637 tsl, partito da Baltimora e diretto a San Juan di Portorico con 4.015 tonnellate di carico vario; il secondo colando a picco, a 5 miglia ad ovest-nordovest di San Nicolas Mole (Haity), il piroscafo statunitense Cardonia,  di  5.104 tsl, diretto da Ponce di Portorico a Guayabal di Cuba, con 81 tonnellate di merci varie.

L’affondamento del Barbara (capitano Walter Gwynn Hudgins) fu causato da un siluro, lanciato dal sommergibile alle 08.35, che  pur essendo stato  avvistato grazie alla chiara notte di luna, non poté essere evitato. L’arma colpì il piroscafo sul fianco destro, danneggiò le macchine, e provocò un incendio che si estese dal basso raggiungendo il centro della nave, impedendo ai superstiti dell’equipaggio di mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio. Tuttavia furono lanciate in mare alcune zattere a cui gli uomini, dopo essere saltati fuori bordo, nuotando si aggrapparono, per poi salirvi. Degli ottantacinque uomini che si trovavano sul Barbara ne decedettero ventinove, quattro ufficiali e quattordici membri dell’equipaggio, e otto passeggeri.

Dei cinquantanove superstiti, compresi diciannove passeggeri, sedici compresa, una hostess,furono raccolti il 9 marzo da un idrovolante PBY-5 Catalina della Marina statunitense, che ammarò presso la loro imbarcazione. Altri quaranta naufraghi, che si trovavano su una imbarcazione e due gommoni, approdarono nell’Isola di Tortuga dopo tre giorni di mare. I naufraghi dell’imbarcazione, finiti su una spiaggia disabitata, furono soccorsi dagli indiani nativi, che erano stati ricercati nell’isola, con una marcia di diciotto ore, dal marinaio Maximo Murphy che per quell'impresa  ricevette la Distinguished Service Medal, decorazione della Marina mercantile statunitense. Infine altri due uomini, i mostromi Charles John Rooney e A.B. Taurin che si trovavano aggrappati ad una passerella portatile gettata in mare per sostenerli al momento dell'abbandono dell'affondante Barbara, furono avvistati da un aereo esulle sue segnalazioni radio raccolti da un cacciatorpediniere statunitense.

L’affondamento del Carbonia (capitano W. Darnell) fu più complicato per l’U-126, poiché i primi due  siluri, lanciati alle 10.47-10.48, furono evitati dal piroscafo, la cui navigazione a forte velocità si svolgeva vicino alla costa, con frequenti cambi di rotta, ed emissione improvvisa di una cortine di fumo al momento dell’attacco. Il comandante del sommergibile decise allora di impiegare il cannone, iniziando a sparare alle 10.54, e cessando il fuoco dopo aver consumato cinquantasei granate, quando la nave nemica si incendio per poi arrestarsi con le macchine danneggiate. Un marinaio restò ucciso. Gli altri trentotto uomini che si trovavano a bordo del Carbonia, inclusi due passeggeri, calarono in mare una imbarcazione di salvataggio e tre zattere e si allontanarono. Alle 12.16 l’U-126 impartì al piroscafo il colpo di grazia, che si realizzo alle 12.16 con lancio di un siluro che andò a colpire a centro nave, che poi affondò in tre minuti. Parte dei superstiti del Carbonia, venti uomini, dopo sei ore di navigazione approdarono a San Nicola di Haity, mentre i quaindici che si trovavano sulle zattere furono raccolti dalla nave appoggio statunitense Mulberry e portati a  Cuba,  sbarcandoli nella base di Gauntalamo.

L’8 marzo, alle 09.00, l’U-126 attaccò la grossa petroliera statunitense Esso Bolivar (capitano James M. Stewart), di 10.389 tsl,  salpata da New York e diretta ad Aruba, dopo aver fatto scalo a  Newport  News, con un carico di 10.500 tonnellate di acqua dolce, e 500 tonnellate di generi di consumo, e avendo in coperta bombole di acitilene. La nave, che era armato con un cannone e con quattro mitragliere, fu attaccata in superficie dal sommergibile, impiegando il cannone, a circa 30 miglia a sud-est di Guantalamo (Cuba). Dopo averla ripetutamente colpita, il comandante Bauer, ritenendo che la Esso Bolivar sarebbe affondata, alle 11.17 gli lanciò contro un solo siluro, che colpì lo scafo sul lato dritto aprendo un ampio squarcio, per poi allontanarsi lasciando il relitto completamente in fiamme. Tuttavia la Esso Bolivar non affondò, ma venne soccorsa e trascianata a Guantalamo sotto la protezione di una forza navale statunitense, da dove poi, il 30 marzo, fu trasferita a Mobile per le riparazioni che si conclusero il 24 luglio. I superstiti della petroliera, quarantadue sui cinquanta uomini dell’equipaggio e cannonieri, che si erano allontanati dalla nave in fiamme sulle scialuppe di salvataggio, furono raccolti poco dopo dal dragamine  statunitense  Endurance.

Il 9 marzo, trovandosi a nord di Cuba, il comandante Bauer incontrò un’altra grossa petroliera, la panamense Hanseat (capitano Einar E.V. Brandt),  di 8.241 tsl, partita da Mew York e diretta in zavorra a Caripito, nel Venezuela. L’U-126 attaccò la Hanseat, a circa 10 miglia a nord-nordest di Capo Maysi, e dopo averla colpita sulla dritta, a prua e a poppa, con due siluri lanciati alle 13.17, la bersagliò con ben duecento colpi di cannone, per poi allontanò dalla nave in fiamme, ormai condannata. E già abbandonata dai trentanove uomini dall’equipaggio su quattro imbarcazioni di salvataggio. Per un certo tempo, prima di affondare, la nave restò a galla, tanto che il comandante Brandt, nell’allontanarsi ne vedeva il fuo fino a sparire del tutto. Successivamente, pensando che il sommergibile nemico fosse ancora nelle vicinanze, rifiutato il soccorso offertogli dalla comandante della petroliera statunitense Phoebus, capitano Hans K. Groth, invitandolo ad allontanarsi subito per non mettere in pericolo la sua nave. Poco dopo, i soccorsi, prontamente arrivati dalla vicina Maysi, anche per le trasmissioni radio del Phoebus, raccolsero Brandt e il suo intero equipaggio.

Trascorsero tre giorni senza aver l’occasione per attaccare, poi il 12 marzo l’U-126 incontrò due navi mercantili naviganti isolate ed una terza nella giornata dell’indomani. La prima ad essere avvistata, a nord di Cuba, fu la vecchia e modesta cisterna statunitense Olga (capitano William Devey Graham), di 2.496 tsl, salpata in zavorra da Port Everglades, in Florida, e diretta a Baracoa, la città più antica di Cuba, dove arrivò Cristoforo Colombo. Attaccata  alle 06.11e colpita sul fianco sinistro da un siluro presso la stiva n. 4, la Olga affondò trenta minuti dopo a circa 30 miglia a nord di Nuevitas, nello Stretto di Bahama. I membri dell’equipaggio, trentadue uomini su un totale trentatré, si salvarono prendendo posto su un’imbarcazione di salvataggio e due gommoni, che furono rintracciate da mezzi di soccorso statunitensi partiti da Guantalamo. Uno degli uomini dell’Olga, il primo mastro Arthur Wilder, che si trovava in acqua, era stato avvicinato e raccolto dal sommergibile. Preso a bordo era stato interrogato dal comandante Bauer, che poi gli aveva permesso di ritornare su una delle imbarcazioni di salvataggio.

La seconda nave ad essere attaccata dall’U-126  nella giornata del 12 marzo fu il piroscafo statunitense Texan (capitano Robert Hugh Murphy), di 7.005 tsl., partito da New York per Rio de Janeiro, con scalo a Trinidad, e con a bordo 10.915 tonnellate di carico vario. Alle ore 02.34 il sommergibile colpì il piroscafo con un siluro, esploso sul fianco sinistro tra le stive n. 6 e n. 7. Il Texan, che procedeva alla velocità di quasi dodici nodi si arresto, ed il sommergibile cominciò a sparare con il cannone, dandogli il colpo di grazia, mentre gli uomini dell’equipaggio si allontanavano su due  scialuppe di salvataggio, una delle quali si rovesciò causando la morte di nove uomini sui quarantasette dell’equipaggio. Circa mezz’ora dopo essere stato silurato il piroscafo affondò  a circa 40 miglia a est di Nuevitas, sulle coste settentrionali di Cuba. La scialuppa dei superstiti, avvistata da un aereo della Marina statunitense, fu soccorsa e rimorchiati dalla nave da pesca cubana Yoyo a Nuevitas, dove arrivò alle ore 05.30 dell’indomani, giorno 13.

Sempre nella giornata del 13 marzo, l’U-126 conseguì il suo ultimo successo attaccando il piroscafo statunitense Colabee (capitano Lee Morgan Marchant), di 5.518 tsl, partito da Puerto Carafa di Cuba e diretto negli Stati Uniti, a Baltimora, con un carico di 38.600 balle di zucchero. Alle 04.41 il comandante Bauer ordinò di lanciare un siluro che, dopo una corsa di circa 800 metri, colpì il piroscafo verso prora, sul fianco destro, aprendovi un largo squarcio, facendo saltare due boccaporti, e uccidendo sul ponte di comando tre uomini incluso il capitano Marchant. Gli altri uomini dell’equipaggio, in preda al panico si precipitarono nelle due sole imbarcazioni di salvataggio disponibili sulla nave, una delle quali si rovesciò causando parecchie vittime. In totale su trentasette uomini del piroscafo ne morirono ventitré. Uno dei quattordici superstiti del Colabee, il marinaio John L. Cobb, raccolto in acqua dal sommergibile, fu interrogato dal comandante Bauer e poi portato nella scialuppa dei naufraghi. Nel frattempo il piroscafo affondava, in un punto a  circa 10 miglia dalle coste cubane di Capo Guajaba.

Presa la rotta per rientrare alla base, non avendo più siluri, l’U-126 concluse la sua missione dopo cinquantasei giorni di mare, raggiungendo Lorient il 29 marzo, accolto trionfalmente  e meritatamente. Aveva colpito ben  nove navi per 48.863 tsl, delle quali sette erano state affondate e due danneggiate. Il comandante Ernst Bauer, ufficiale di trentatre anni, che aveva già all’attivo l’affondamento di nove navi mercantili, incluso il piroscafo jugoslavo Sud - che era già stato immobilizzato dal sommergibile italiano Marconi – e un mezzo da sbarco, fu decorato con la croce al merito di seconda classe con spade. Al termine della guerra Bauer aveva affondato ventiquattro navi mercantili e un una piccola unità militare per oltre 111.614  tonnellate, e danneggiate altre cinque navi per 38.290 tsl, una delle quali, di 6.996 tsl, non rientro in servizio. Avrebbe prestato servizio nella  Bundesmarine fino al 1972. Mori nel 1988.

 

***

 

Parliamo, infine, dell’U-128 che, essendo alla sua sesta missione di guerra, era partito da Lorient l’8 gennaio, al comando del trantacinquenne capitano di corvetta Ulrich Heyse. Durante la rotta per raggiungere la destinazione assegnata nella zona della Florida, passando al largo di Capo Hatteras, il sommergibile trovò tanti bersagli da ritenere di aver affondato cinque navi  ultimando i siluri, elemento che lo costrinse a riprendere anzitempo la rotta per la base.

In effetti, come analiziamo di seguito, l’U-128 conseguì tre soli successi, ma tutti importanti realizzati contro navi isolate, ad iniziare dal 19 febbraio quando, con nebbia e tempo burrascoso, attaccò la disarmata petroliera statunitense Pan Massachusetts (capitano Robert E. Christy), di 8.202 tsl, partita da Texas City e diretta a New York , con un carico di 104.000 barili di petrolio raffinato, kerosene e  gasolio. Alle 19.45 trovandosi a 20 miglia da Capo Canaveral, il sommergibile lancià due siluri che raggiunsero a centro nave sul fianco destro la Pan Massachusetts, in quel momento navigante ad una velocità di tredici nodi e mezzo. Per il carico altamente infiammabile, le eslosioni dei siluri trasformarono immediatamente la petroliera in una torcia  ardente, e non fu possibile mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio. I trentotto uomini dell’equipaggio si gettarono in mare, nuotando fra le fiamme del combustibile che si spartgeva in mare intorno alla loro nave, ma venti di essi, compresi tre ufficiali, non riuscirono a trovare  varchi liberi per potersi allontanare e decedettero. I diciotto superstiti furono avvicinati dalla petroliera britannica Elizabeth Massey che, con  mare agitato, non potè far altro che mettere in mare una scialuppa di salvataggio, sulla quale gli uomini della Pan Massachusetts si aggrapparono salendo a bordo, e restandovi fino a quando non sopraggiunse la Forward, una nave della guardia costiera statunitense che li raccolse.      

Tre giorni più tardi, il 22 febbraio, l’U-128, avvistò la petroliera armata statunitense City Service Empire (William Faucett Jerman Jr.), di 8.103 tsl, in rotta da Porto Artur (Texas) per Philadelphia, con a bordo 9.400 barili di petrolio greggio. Il comandante Heyse attaccò alle 11.51 a 25 miglia a nord di Bethel Shoals, sulle coste orientali della Florida, lanciando due siluri che colpironi entrambi il bersaglio. La petroliera, che con il mare grosso manteneva una velocità di dieci nodi compiendo manovre evasive, si arrestò e il sommergibile le impartì il colpo di grazia con altri due siluri.  Ancora una volta come accadtuto per la Pan Massachusetts, le esplosioni, a cui seguì un forte incendio che dalla nave si estese in mare tutt’intorno alla stessa,   distrussero tutte le scialuppe di salvataggio. In queste condizioni problematiche gran parte dei cinquanta uomini dell’equipaggio della City Service Empire, inclusi i cannonieri, non poterono far altro che mettere in mare due zattere e lanciarsi in mare per raggiungerle e allontanarsi da quella zona che era diventata una vera fornace.

Essendo la petroliera vicina alla costa della Florida, i soccorsi non tardarono troppo, sotto forma del cutter della Guardia Costiere statunitense Vigilant, che riuscì a salvare due dei pochi naufraghi rimasti a bordo della petroliera in fiamme per contenere gli incendi. Il comandandante del Vigilant cercò anche di recuperare un terzo uomo, ma prima che cio avvenise la City Service Empire esplose e, spezzandosi in due tronconi, alle 12.10 affondò. Il cacciatorpediniere statunitense  Bittler, arrivato amnch’esso nella zona del sinistro,  raccolse trentaquattro superstiti, che poi sbarcò a Fort Pierce. Della petroliera mancarono all’appello il comandante Jerman Jr, dieci uomini dell’equipaggio e tre cannonieri.  

Infine, spostatosi dalla zona di Capo Canaveral a levante delle Bahamas, il 5 marzo il comandante Heyse ebbe l’occasione di concludere i suoi successi, attaccando la grossa motocisterna norvegese O.A. Knudsen (capitano Knut O. Bringeda), di 11.007 tsl, salpata da Porth Hartur (Texas) e diretta, via Halifax, a Liverpool con un carico di benzina e olio combustibile. Colpita alle 15.33  da un siluro che colpì  il fianco sinistro all’altezza della stiva n. 6, le macchine della O.A. Knudsen si fermarono, e parte dell’equipaggio l’abbandono prendendo posto su una scialuppa di salvataggio e su un motoscafo, prontamente calati in mare. Restarono a bordo il comandante Bringeda e altri sette uomini, che riuscironoa rimettere in moto per dirigere la petroliera verso la vicina costa dell’Isola Abaco; manovra che fu del tutto inutile dal momento che il sommergibile, alle ore 15.42 e poi alle 16.42, lanciò ancora due suluri, il primo dei quali sembrò non avere effetti, mentre il secondo, colpendo O.A. Knudsen sul fianco sinistro all’altezza della stiva n. 9, uccidendo un giovane marinaio, costrinse tutti gli altri uomini rimasti a bordo ad abbandonarla.

Ma vedendo che la petroliera non affondava nel corso della notte il comandante ritornò a bordo con altri sei uomini dell’equipaggio, nel tentativo di rimettere nuovamente in moto le macchine, e salvare la loro nave. Fatica inutile perché l’U-126 era rimasto nella zona e alle  02.30 del 6 marzo, iniziando a sparare con il cannone, colpì ripetutamente la petroliera che affondò in fiamme.  Cinque degli uomini saliti a bordo, compreso il capitano Bringeda, rimasero feriti nel cannoneggiamento, tuttavia riuscirono a ritornare sulle imbarcazioni di salvataggio che erano rimaste vicino alla nave, e nell’allontanarsi furono raggiunti e presi a rimorchio da una goletta, che poi li sbarcò a Cornwal, sull’Isola Abaco. In totale si salvarono trentanove uomini sui quarantadue dell’equipaggio.

L’U-126 rientrò a Lorient il 23 marzo dopo essere stato in mare per settantacinque giorni, e avendo affondato tre navi per 27.312 tsl. Il capitano di corvetta Ulrich Heyse, già insignito con la croce di ferro di prima e seconda classe, ricevette il Distintivo degli U-boote 1939. Riceverà la Ritterkreuz il 21 gennaio 1943, alla sua quinta e ultima missione di guerra, e trecentonove giorni di mare, avendo affondato un totale di dodici navi mercantili per 83.639 tsl.

 

***

 

Occorre dire che l’operazione “Westindien” fece di riflesso un’altra vittima nei riguardi del grande sommergibile incrociatore della Francia libera Surcouf, di ben 3.304 tonnellate. Partito il 12 febbraio dalle Isole Bermude, diretto a Panama, il sommergibile avrebbe dovuto proseguire nell’Oceano Pacifico per raggiungere l’Isola di Tahiti. Su questa perdita vi sono due versioni. La prima sostiene che il Surcouf  (capitano di fregata Georges Louis Nicolas Blaison) fu accidentalmente speronato la notte del 18 febbraio, a circa 80 miglia a nord di Criastòbal Colòn (Panama), dal piroscafo statunitense Thompson Lykes, che da Criastòbal Colòn era diretto a Gauntalamo con materiali per la locale base navale statunitense di Cuba. Il piroscafo, trovandosi in lat. 10°40N, long. 79°31W, percepì nella profonda oscurità notturna il rumore dello speronamento, ma ritenendo di aver trovato nella sua rotta  una nave nemica nemico non si fermò per recuperarne i superstiti, e si limitò a segnalare di aver speronato e affondato un sommergibile.

Tuttavia questa versione è stata messa in dubbio dalle fonti francesi, dopo un’inchiesta effettuata nel dopoguerra, seconda la quale ad affondare il Surcouf,  causando la perdita di ben centoventisei uomini, sarebbe stato un idrovolante statunitense PBY Catalina, decollato dalla base panamense di Rio Hato per una missione di pattugliamento antisom. Il pilota del velivolo, avendo avvistato in superficie il Surcouf il mattino del 19 febbraio, e avendolo scambiato per un sommergibile tedesco o giapponese, lo attacco con le bombe, e ritenne di averlo   affondato.  

Non avendo certezze per assegnare al piroscafo o all’aereo il conseguimento dell’affondamento, anche se il primo caso dello speronamento appare il più probabile, è da ipotizzare che il Surcouf fosse stato danneggiato nell’urto con il Thompson Lykes, e successivamente, trovandosi in superficie con danni più o meno gravi, fosse stato affondato dall’aereo.

 

***

 

Gli attacchi delle unità subacquee dell'Asse nelle acque dell'America centrale, che indubbiamente furono agevolati da un considerevole stato di debolezza difensiva degli Alleati, allarmò particolarmente i britannici, in considerazione del fatto che i piroscafi sotto il loro controllo dopo essere stati scortati per gran parte dell'Atlantico, si perdevano numerosi in quella zona e nella rotta del ritorno. Fonte di grande preoccupazione era rappresentata soprattutto dal consistente affondamento di petroliere cariche, provenienti dalle raffinerie del Venezuela e del Golfo del Messico, e la perdita del greggio e dei suoi derivati, materie indispensabili per l’economia di guerra , mettevano anche a repentaglio i rifornimenti destinati ai settori operativi.

Dopo essere stato costretto a dirottare le navi adibite al trasporto di truppe per l'Estremo Oriente, che assai spesso si rifornivano nel porto di Trinidad, l'Ammiragliato britannico aveva richiesto agli statunitensi di proteggere più efficacemente le rotte del centro America, e di organizzando convogli costieri. Ma il Comando della Marina statunitense, adducendo la mancanza di naviglio di scorta, rispose di poter dare soltanto una inadeguata protezione. Ed in effetti le loro condizioni erano talmente critiche che, come ha scritto il grande storico americano ammiraglio professor Samuel Eliot Morison, l'arrivo a Trinidad del piccolo cacciasommergibili SC-453, lungo 62 metri, prima unità leggera statunitense munita di sonar, "fu un evento paragonabile all'aggiunta di una portaerei della classe Essex nella Flotta del Facifico".

In aprile 1942, gli statunitensi inviarono nei Caraibi rinforzi di navi, che includevano sedici cutter della Guardia Costiera, cinque cacciasommergibili PC, due dragamine e dodici mavi pattuglia Y. In maggio arrivò anche il cacciatorpediniere Landsdowne. Inoltre la stazione marittima dell’Isola Grande di Portorico fu rinforzata con un distaccamento di idrovolanti PBY Catalina destinati ai pattugliamenti e alla vigilanza antisommergibile. Nel frattempo gli attacchi dell’U-129 alle navi cariche di bauxite, avevano costretto gli statunitensi di trasferire, nel mese di marzo. dagli Stati Uniti nell’aeroporto di Pan Am, a Zandery nella Guaiana olandese, la 99a Squadriglia bombardamento, con velivoli B. 18 che furono subito impegnati per la difesa di quell’importante traffico di minerali, fondamentali per produrre l’alluminio, che necessitava particolarmente all’industria aeronautica. Il contributo britannico al rafforzamento del fronte dei Caraibi fu alquanto modesto, perché limitato all’invio a Trinidad, per la difesa di quella vitale zona di mare, specialmente del Golfo di Paria, della 19a  Squadriglia Motosiluranti M.T.B., Vosper Tipo III, che però non erano in grado di effettuare sistematiche cacce antisommergibili, non avendo efficienti apparati di ascolto subacquee e disponendo soltanto di  poche e modeste  bombe di profondità.

Purtroppo la possibilità di poter sfruttare in modo adeguato la situazione favorevole creatasi nelle acque del Centro America non fu resa possibile al B.d.U. per mancanza di sommergibili disponibili che sostituissero quelli della prima ondata. Soltanto a metà aprile poterono arrivare nella zona dei Caraibi l’U-66 (capitano di corvetta Richard Zapp), l’U-130 (capitano di corvetta Ernst Kals) e l’U-154 (capitano di corvetta Walther Kolle), che presero posizione presso Trinidad e Curacao e davanti alle Piccole Antille, ove fino al 19 maggio affondarono tredici  navi, sei delle quali  dal solo U-66 che, attaccando il convoglio ON. 87, danneggiò anche la grossa petroliera britannica Geo W McKnight. I tre U-boote, dei quali l’U-130 il 19 aprile  cannoneggiò, sparando cinque colpi, gli impianti petroliferi di Curacao, furono quindi seguiti da una nuova ondata di nove sommergibili, che, coprendo l'intera regione marittima dei Caraibi e del Golfo del Messico, ottennero successi ancora più notevoli soprattutto realizzati presso la Foce del Mississippi e anche davanti al Canale di Panama. Lo spingersi degli U-boote tanto lontano dalla base di partenza, fu reso possibile dal fatto che il loro rifornimento di nafta, olio combustibile, viveri e siluri era assicurato da grandi unità subacque, del nuovo tipo XIV (chiamate “mucca da latte”), adibite a quello speciale incarico, stazionanti al largo delle Isole Antille. 

 

Francesco Mattesini

Edited by Francesco Mattesini
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