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Ricorrenze: la tragedia del veliero-scuola "Pamir"


Long John Silver
  • di Enzo Scalfarotto e Giovanni Panconi

     

    A cinquant’anni dalla tragedia del famoso veliero-scuola “Pamir” è doveroso un ricordo alla memoria del Comandante Johannes Diebitsch e dei suoi ufficiali, marinai ed allievi che perirono nel naufragio, avvenuto nell’oceano Atlantico a causa del violentissimo uragano “Carrie”. Il veliero aveva un equipaggio di ottantasei uomini e solo sei di essi si salvarono.

    La ricorrenza ci spinge a ricordare l’origine di questo veliero, la lunga e tragica carriera, i passaggi di proprietà e le sue caratteristiche tecniche.

     

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    Il “Pamir”a rimorchio entrando in porto con velatura ridotta e gran pavese

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Il “Pamir”, veliero a quattro alberi con scafo in acciaio dalla stazza lorda di 3.020 t. e netta di 2700 t., faceva parte di una serie di navi a palo dello stesso tipo costruiti dal cantiere navale “Blohm & Voss” di Amburgo, nel periodo 1903-1923, per conto della compagnia di navigazione tedesca “Ferdinand Laeisz Rhederei” della stessa città.

La “Laeisz“ in quel tempo era specializzata nel trasporto dei nitrati dal Cile e le sue navi, capaci e robuste, adatte al passaggio di Capo Horn, avevano raggiunto un eccellente reputazione talché la Compagnia veniva conosciuta con l’appellativo “Flying P-Line”. Con la lettera “P”, per tradizione, iniziavano i nomi dei velieri della Compagnia (i leggendari cinque-alberi “Potosi” e “Preussen”, i quattro-alberi “Pamir”,”Passat”,”Pommern”,”Padua”,”Priwall”,”Peking” e tanti altri).

Il varo del “Pamir” avvenne 29 luglio 1905 ed il viaggio inaugurale iniziò il 18 ottobre dello stesso anno diretto a Valparaiso in Cile via Capo Horn. Destinazione che raggiunse in 79 giorni ed altrettanti ne impiegò al rientro con partenza da Iquique con un carico di nitrati.

Dalla sua entrata in servizio sino 1914 navigò regolarmente e molto proficuamente sulla linea cilena doppiando per ben 18 volte Capo Horn. Nell’agosto 1914 trovandosi in viaggio di ritorno in Europa, venne sorpreso dalla dichiarazione di guerra, mentre si trovava nei pressi delle Canarie, poté poggiare a Las Palmas dove rimase per tutta la durata del conflitto con il suo carico di nitrato a bordo. Assegnato all’Italia in conto riparazioni di guerra, venne a Napoli e poi a Genova ove rimase inoperoso finché nel 1924 non venne riacquistato dalla “Laeisz” che stava recuperando dagli Alleati altre sue navi.

Il “Pamir” riprese le consuete rotte per il Cile sino al 1931, anno che vide la cessazione quasi completa dell’importazione in Nord Europa dei nitrati. La Compagnia, tolte le navi adibite alle linee australiane, dovette cedere buona parte della propria flotta ivi compreso il “Pamir”.

 

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Il”Pamir”completamente invelato per il poco vento

 

Il “Pamir” assieme al veliero gemello “Passat” vennero acquistati dal capitano Gustaf Erikson di Mariehamn (isole Aland), famoso armatore di velieri finlandese, che li utilizzò con profitto nelle rotte dai porti granari australiani al Nord Europa via Capo Horn. Nel 1939 il “Pamir” si trovava in un porto della Nuova Zelanda dove venne bloccato dallo scoppio della seconda guerra mondiale e confiscato, essendo stata ritenuta belligerante la Finlandia.

Il governo neozelandese lo utilizzò per traffici locali e con il Nord America sino al 1948, nello stesso anno venne restituito alla compagnia “Erikson”che se ne servì per la linea australiana trasportando cereali in Inghilterra. In seguito il “Pamir” ed il “Passat” vennero messi in disarmo a Penarth nel Galles ove rimasero sino al marzo del 1951 utilizzati come deposito di granaglie. Acquistati da un demolitore belga per una cifra esigua vennero trasferiti ad Anversa per la rottamazione. Il destino sembrava essere segnato per questi due velieri quando suscitarono l’interesse dell’armatore tedesco Heinz Schliewen che li acquistò facendoli ristrutturare presso un cantiere di Kiel per adeguarli ai nuovi compiti di navi scuola, mantenendo la loro specifica funzione di navi per il trasporto di merci e dotandoli di un motore ausiliario.

Il “Pamir”venne approntato in tempi rapidi e trasferito ad Amburgo dove, effettuato un carico di cemento ed imbarcati 45 allievi di diverse nazionalità (tra di loro anche un italiano), partiva il 12 gennaio 1952 per raggiungere alla fine di febbraio Rio de Janerio, La traversata non fu priva di inconvenienti incontrando nella Manica, sin dall’inizio del viaggio, una violenta tempesta che costrinse il capitano a lanciare un SOS per evacuare i giovani cadetti. La situazione si risolse autonomamente dopo che il tempo si fu calmato. A fine marzo ripartiva dal Brasile con un carico di minerale di ferro per raggiungere Rotterdam all’inizio di giugno e trasferirsi poi ad Anburgo. Nello stesso anno fece un ulteriore viaggio in Argentina, dopo la consueta revisione in cantiere.

Il tentativo dello Schliewen non ebbe successo economico e le navi furono necessariamente poste in disarmo e messe all’asta. Nel 1955 i velieri vennero rilevati da un consorzio di armatori tedeschi che, con il contributo dello Stato, costituirono la fondazione noprofit “Pamir und Passat” per il commercio e l’istruzione velica dei futuri ufficiali della marina mercantile, attribuendone la direzione alla “Zerssen & Co.” di Lubecca. Anche in questa occasione i velieri furono trasferiti in cantiere dove vennero equipaggiati di moderni ausili alla navigazione.

Il “Pamir” ed il “Passat” dal 1955 al 1957 effettuarono diversi viaggi in Sud America avendo sempre a bordo giovani allievi desiderosi di intraprendere una carriera nella marina mercantile.

 

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Il”Pamir”in andatura al gran lasco con mare calmo

 

Il 1° giugno 1957, uscito dal cantiere “Blohm & Voss” per l’ennesima revisione, il “Pamir” lasciava Amburgo in zavorra per raggiungere Buenos Aires nel mese di luglio. A bordo aveva cinquantadue allievi (di età tra i 16 e i 18 anni) e trentaquattro uomini d’equipaggio, compreso il capitano e gli ufficiali, per un totale di ottantasei uomini.

A causa di una malattia il comandante del “Pamir”, Capitano Hermann Eggers, fu rilevato per il viaggio dal Capitano Johannes Diebitsch che aveva un’esperienza limitata a velieri di dimensioni modeste. Anche il primo ufficiale Rolf Koehler, già imbarcato come secondo ufficiale nei due precedenti viaggi, aveva una modesta conoscenza professionale. Erano anni in cui era difficile formare un equipaggio pratico nella conduzione di una nave a vela delle dimensioni del “Pamir”, la guerra aveva lasciato dei grandi vuoti nel personale navigante di ogni ordine e grado.

A Buenos Aires il “Pamir” caricò 3.525 tonnellate di orzo alla rinfusa e 255 tonnellate in sacchi. I sacchi vennero caricati nelle stive sopra l’orzo che era stato immesso anche nelle casse di zavorra per ottimizzare la distribuzione dei pesi. In quei giorni i portuali di Buenos Aires erano in sciopero ed il carico del veliero avvenne con il personale di bordo ed il supporto di militari.

E' così che il 10 di agosto il veliero iniziò il viaggio di ritorno ad Amburgo, con un carico non stivato secondo la pratica standard, con un comandante nuovo alla nave e con un secondo senza esperienza. Il 20 settembre, a due terzi del percorso e a quaranta giorni da Buenos Aires, il “Pamir” incappò nell’uragano “Carrie” che dalle isole di Capo Verde aveva girato a nord delle Bermuda ed attraversato l’Atlantico verso l’Europa.

 

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Grafico del percorso dell’uragano”Carrie” e del “Pamir”

 

Durante queste manifestazioni meteorologiche i venti possono superare 130 km/h (12 gradi scala Beaufort) e le onde possono alzarsi ben oltre i 15 metri di altezza. Da tenere presente che spesso questi uragani investono un bastimento in maniera repentina causando una serie di problemi in rapida successione che diventano ad un certo punto non più gestibili. E’sicuramente a questo punto che il comandante Diebitscht da l’ordine al marconista di lanciare messaggi di richiesta d’aiuto.

Uno degli ultimi SOS dava la posizione della nave a 36 gradi nord, 40 gradi ovest a circa 600 miglia a sudovest delle Azzorre; segnalazione che venne raccolta dal vapore inglese “Manchester Trade” e opportunamente ritrasmessa.

La ricostruzione delle tragiche ore che seguirono si basa, in larga parte, sulle testimonianze che i giovani sopravissuti resero alla Commissione d’inchiesta costituitasi per appurare le cause del naufragio e che sommariamente vengono riportate.

La nave ingavonata, per lo spostamento del carico, le vele a brandelli (non erano riusciti a serrarle, viste le circostanze) non era governabile, non poteva cioè minimizzare i danni provocati dalle ondate che la investivano con opportune accostate. Tutte queste circostanze, producevano una stress all’alberatura non più sopportabile, dopo il prolungato tempo al quale era stata sottoposta. Le navi per affondare si devono appesantire con l’acqua che penetra nello scafo da qualche falla; e falla ci fu, nella coperta, inclinata e quindi invasa dall’acqua provocata dall’alberetto di trinchetto, venuto giù con tutte le relative manovre, strappate dalla forza del vento.

Sorprendentemente la nave era ancora a galla all’alba dell’21 settembre. Con il giorno il Comandante diede l’ordine all’equipaggio di preparasi ad abbandonare il veliero. Lo sbandamento impedì di mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio del lato destro, obbligando ad ammainare solo quelle del lato sinistro.

 

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Copertina del settimanale “La Domenica del Corriere” del 6 ottobre 1957. Il disegno di Walter Molino illustra in modo efficace il naufragio del “Pamir”

 

Quando alla fine il “Pamir” si rovesciò affondando di poppa, una ventina di marinai rimasero a lottare in una lancia di salvataggio. Altri si gettarono in acqua e cominciarono a nuotare per salvarsi sulle zattere; solo una decina riuscirono a raggiungere una lancia rimasta a galla in virtù delle casse d’aria di cui era fornita. A questo punto incominciava la lotta per la sopravvivenza dei naufraghi”.

Una grande operazione di ricerca a largo raggio dei naufraghi ebbe inizio coinvolgendo navi ed aeroplani di diverse nazioni per una decina giorni. Alla sera del 22 il mercantile americano “Saxon” della Isbrandtsen Lines individuò e soccorse una imbarcazione di salvataggio con cinque uomini a bordo: il marinaio Karl Dummer di 24 anni e gli allievi Wolker Anders e Frederichs Klaus di 18, Heinz Kraaz di 16 e Hans Wirth di 19. I superstiti vennero in seguito trasferiti sulla U.S.N.“Geiger” che li sbarcava sabato 28 settembre, giusto una settimana dopo il disastro, a Casablanca e da qui in aereo a Francoforte.

Il sesto naufrago, il marinaio Gunther Hasselbach di 20 anni, venne salvato la sera del 24 settembre dal guardacoste americano “Absecon” che, date le sue condizioni di salute, venne sbarcato a Portorico per cure raggiungendo successivamente Amburgo.

La notizia del naufragio venne appresa in Germania dalla radio e dalla stampa, gettando la popolazione in angoscia anche per le notizie contraddittorie sul numero dei marinai che si sarebbero salvati e che in seguito vennero smentite . Purtroppo il Paese aveva già subito in passato la perdita di due navi scuola: la “Niobe” nel 1932 e l’ “Admiral Karpfanger nel 1938 con la scomparsa di tante giovani vite.

 

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Il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” di Francoforte in data 23 settembre 1957 annuncia il tragico naufragio

 

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Il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” di Francoforte in data 24 settembre 1975 da notizie dei soccorsi

 

La Commissione d’inchiesta, insediatasi a Lubecca nel gennaio del 1958 sotto la presidenza del dott.Luhmann, decise di attendere, prima di esaminare le cause del naufragio, il rientro dall’Argentina, del “Passat”. Lo scopo era di effettuare dei test sull’inclinazione e la stabilità del veliero per meglio determinare le cause del capovolgimento del “Pamir”. Successivamente, sentiti i naufraghi, i responsabili della Zerssen, comandanti di veliero, tecnici dei cantieri navali e tutte le persone che avevano esperienza in materia, così si espresse:

  • il “Pamir” avrebbe dovuto riempire le casse di zavorra con l’acqua e non con la granaglia. Il fatto che il veliero non si sia raddrizzato, dopo che le sue vele erano state divelte, prova che il carico si era spostato;
  • le sovrastrutture erano mal protette contro il mare;
  • la velatura fu lungamente tenuta ed il veliero non fu messo in panne per tempo;
  • il “Pamir” non era in contatto frequente con le navi vicine, anche se la sua radio funzionava correttamente;
  • non si comprende perché il “Pamir” abbia tagliato la rotta dell’uragano se si fosse tenuto al corrente della sua marcia;
  • la perdita di una imbarcazione di salvataggio con venti uomini, avvistata dai sopravissuti, si sarebbe potuta evitare se l’imbarcazione fosse stata equipaggiata di viveri e che i segnali d’emergenza fossero stati conservati al riparo dell’umidità

Le raccomandazioni della Commissione furono le seguenti:

  • Il comandante di una nave-scuola a vela deve essere un ufficiale con esperienza, un anziano capitano o ufficiali di guardia del bastimento o di altri di simile conoscenza;
  • Gli ufficiali del bastimento devono aver lungamente navigato a vela;
  • Comandanti ed ufficiali devono avere una conoscenza approfondita dei fattori di stabilità dei loro bastimenti (vela o vapore);
  • Un veliero non deve caricare alla rinfusa le granaglie se non in sacchi e i tramezzi delle stive anteriori e posteriori devono essere disposti in modo da impedire gli spostamenti del carico;
  • Modificare le regole dello stivaggio;
  • Le imbarcazioni di salvataggio devono: venir costruite in materiale plastico o similare meno suscettibile ad avarie di quelle in legno; imbarcazioni e zattere di salvataggio devono essere dipinte di colori vivaci; portare più casse d’acqua in luogo di una sola ed essere dotate di una emittente automatica, nonché fornite di segnali di soccorso tenute in casse stagne; a bordo devono venir protette dalle avarie dovute a cattivo tempo; razzi e fanali devono essere rigorosamente protetti dall’umidità; devono essere equipaggiate di riflettori radar.

Caratteristiche del veliero a quattro alberi "Pamir"

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Varato - 29 luglio 1905 Cantiere Blohm & Voss - Amburgo (Germania)

Progettista - Blohm & Voss

Armatore - Ferdinand Laeisz

Bandiera - Tedesca

Tipo - Nave a palo a quattro alberi

Struttura - Acciaio rivettato

Lunghezza - 105 metri

Lunghezza - fuori tutto 114,50 metri

Larghezza - 14,14 metri

Altezza albero maestro - 51,2 metri

Pescaggio - 7,26 metri

Tonnellaggio - 3.020 GRT – 2.777 NRT (3.103/GRT – 2.509 NRT dal 1951)

Sup. velica - 3800 mq (34 vele)

Motore - Krupp diesel 900 cv dal 1951

Velocità massima a vela - 16 nodi (8-9 nodi normale)

Equipaggio 28/35 marinai - 40/50 allievi

 

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Il settimanale “Epoca” del 6 ottobre 1957 pubblicava in copertina la foto dell’abbraccio al padre del giovane naufrago Volker Anders sul molo di Casablanca

 

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Il settimanale francese “Paris Match”del 5 ottobre 1957 dedicava la copertina con il titolo “Toutes voiles dehors, le “Pamir”, quattre-mats tragique”. Un articolo all’interno della rivista , di oltre dieci pagine corredato da numerose foto, venne dedicato al tragico avvenimento

 

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Il “Corriere della Sera”di Milano del 21 settembre 1957 titola “Cinque naufraghi del Pamir sono stati tratti in salvo”

 

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Il ”Corriere della Sera “di Milano del 25 settembre 1957 titola “Salvati quarantasei naufraghi del Pamir”

 

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Il “Corriere della Sera” di Milano del 26 settembre 1957 riporta “Falsa notizia del salvataggio – I superstiti sono soltanto sei”

 

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Nella chiesa di St.Jakob a Lubecca viene conservata una imbarcazione di salvataggio del “Pamir” in memoria del tragico evento

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