Alle ore 11.57 di quel terribile giorno la nave statunitense Charles Henderson, mentre era ormeggiata alla banchina n.14 del gran porto di Bari, per cause mai accertate esplose improvvisamente seminando attorno a sé distruzione e morte.
In pochi istanti centinaia di vite umane venivano distrutte e della nave non restavano che pochi relitti informi sparsi qua e là nell'ambito portuale.
Vari spezzoni della sovrastruttura della nave – narra l’ingegnere del Genio Civile Giuseppe Geraci incaricato, più tardi, di ripristinare la banchina - del peso di qualche tonnellata, furono disseminati per un raggio di qualche chilometro, provocando non pochi danni agli edifici della zona portuale, mentre spruzzi di nafta provenienti dai doppifondi del piroscafo furono proiettati così lontano da raggiungere i sobborghi della città. I vetri delle case, a notevole distanza dal porto, andarono violentemente in frantumi, determinando numerosi feriti e parecchi morti tra la popolazione civile.
Porte e finestre furono divelte come fuscelli sotto la furia dello spostamento d’aria, disseminando le vie di un impressionante groviglio di macerie, rendendo difficile la circolazione della gente che, presa dal panico, correva come pazza alla ricerca di un qualche sicuro rifugio. Del piroscafo Charles Henderson che pochi minuti prima dominava con la sua potente mole la scena della calata, non restavano che due enormi spezzoni: la prua che era stata proiettata in avanti ed era andata a conficcarsi profondamente nel muro di sponda del molo antistante e la poppa ridotta ad un ammasso informe di ferraglie appena affioranti dalle acque. Della parte centrale dello scafo, in corrispondenza delle stive e dell’apparato motore, non si scorgeva alcuna traccia.
Il muro di sponda, dove trovavasi attraccata la nave per una lunghezza di 75 metri, era del tutto sparito ed anche la calata corrispondente denominata appunto n.14, per una analoga lunghezza e una profondità di 25 metri era saltata in aria: al suo posto si vedeva soltanto un laghetto per l’invasione delle acque marine della voragine provocata dallo scoppio.
Del grande capannone per il ricovero delle merci in transito, ubicato sulla banchina, del binarione di riva per la manovra delle grue di scarico e di tre potenti grue meccaniche, ivi operanti, non restava alcun segno.
Un terrificante quadro di devastazione e di morte, un ammasso caotico di macerie di ogni sorta, di grossi blocchi di calcestruzzo e di travate disseminate qua e là, che con le loro scheletriche sagome conferivano alla scena un’impressionante visione apocalittica.
Questa nave, con il suo terribile carico di esplosivi di ogni genere, era giunta nel porto della città nella prima mattinata del giorno 5 aprile 1945, ormeggiandosi alla banchina n.21; lo stesso giorno fu spostata alla banchina n.16 ed aveva iniziato le operazioni di sbarco delle munizioni subito dopo. Parte del carico fu sbarcata su quella banchina mentre era intenzione del comando interalleato del porto trasferire la nave statunitense ad una banchina dotata di gru meccaniche, la n.14 appunto. Il movimento della nave avvenne alle ore 5.30 del 9 aprile. A quell’ora la Henderson mise in moto le sue macchine e, aiutata da due rimorchiatori baresi, fu ormeggiata finalmente alla banchina n.14 tra le 09.30 e le 10.00.
Alle 11.57 circa, mentre le stive brulicavano di lavoratori baresi intenti nelle operazioni di sbarco delle munizioni, dalla stiva n.5 della sfortunata nave uscì una violenta fiammata seguita subito dopo da una esplosione terrificante.
In quell’istante, nelle stive della nave erano al lavoro 121 civili baresi; di questi, 92 furono dichiarati morti o dispersi mentre 29 sopravvissero allo scoppio. Questi 29 fortunati si trovavano nelle stive prodiere e subirono comunque ferite più o meno gravi. Ma il bilancio complessivo delle vittime fu oltremodo più grave se si considera che l’intera banchina brulicava di lavoratori baresi. I deceduti, infatti, assommarono a 317 mentre i feriti furono circa 600. Inoltre ben 937 famiglie furono costrette a trasferirsi per avere avuto le loro abitazioni dichiarate inabitabili. A questo bilancio dovettero sommarsi i caduti delle unità alleate presenti nel porto e, in particolare quelli, militari e civili, della Charles Henderson. I resti di questi ultimi, fino ad oggi sconosciuti Eroi, furono pietosamente ricomposti e riposano in una tomba senza nomi, e che i baresi conoscono bene, nel cimitero della città. Dell’equipaggio della nave, composto da 43 civili e 13 militari della riserva navale degli Stati Uniti, si salvarono soltanto l’ufficiale addetto al carico ed il direttore di macchina, entrambi assenti da bordo nell’istante dell’esplosione.
Questo tragico evento ebbe luogo proprio nell’istante in cui la popolazione barese stava vivendo gli ultimi strascichi della guerra, che si sarebbe definitivamente conclusa nel luglio successivo, con quella rassegnazione propria di chi è consapevole di dover provvedere, con i pochi mezzi a disposizione, alla difficile e dolorosa fase della ricostruzione.
All’indomani dell’Armistizio, con il bombardamento aereo del 2 dicembre 1943 durante il quale ben diciassette navi furono affondate e gravissime furono le perdite tra militari e civili a causa dell’iprite contenuta in alcune di esse, i baresi avevano iniziato a subire direttamente gli effetti nefasti del conflitto con l’occupazione alleata e con la presenza, nel porto della città, di numerose unità da guerra e mercantili anglo-americane.
In quel periodo molti lavoratori, infatti, avevano trovato lavoro proprio nel porto della città, a fianco di inglesi e americani, nelle operazioni di imbarco e sbarco di prodotti di ogni genere che giungevano d’oltre oceano, con non pochi benefici per il sostentamento delle famiglie.
Nulla faceva presagire che di lì a poco, un evento non di guerra ma ad esso ineluttabilmente concatenato, avrebbe indissolubilmente legato il nome di quella sfortunata nave a quello, pur millenario, della città di San Nicola.
Il mattino del 9 aprile 1945, infatti, il mare era calmo e la giornata chiara e luminosa. Al porto, da sempre fulcro delle attività economiche della Città, fervevano le operazioni di sbarco di ogni genere di materiali provenienti da oltre oceano a sostegno dell’avanzata dell’VIII Armata britannica.
Il suo ampio specchio acqueo in quel periodo era gremito di unità militari e mercantili di ogni genere. Il 9 aprile, quasi tutte le banchine erano operative con numerose navi attraccate sotto operazioni di sbarco dei rifornimenti: erano presenti nel porto le navi statunitensi Samspeed, Pinzon, Leinster, Fort Cadotte, Amstell, Gennaro, Flimston e Coulbeg appena giunte con un convoglio dagli States, ed inoltre la Fort Eirie, la Ocean Viking, la Sun, l’Apuania, la Robert Jordan, tutte ormeggiate alle banchine dello scalo barese.
Le stesse banchine del porto brulicavano di stivatori e distivatori baresi, organizzati in cooperative, che prestavano lavoro in turni di otto ore, 24 ore su 24.
Quando sopraggiunse l’esplosione, gli ignari lavoratori furono investiti dalla furia devastatrice dello spostamento d’aria. Coloro che si trovavano nelle vicinanze della nave furono letteralmente spazzati via. Le attrezzature portuali furono sconvolte; molte case del borgo antico crollarono e molte risultarono gravemente danneggiate. Quasi tutte le case della città ebbero i vetri infranti mentre moltissimi feriti venivano trasportati in gran fretta verso l’ospedale.
Il pomeriggio di quella giornata trascorse in una generale confusione e con il solo scopo di portare aiuto ai feriti che giacevano ancora sepolti dalle macerie, mentre la popolazione del borgo antico faceva doloroso esodo dalla propria abitazione crollata o resa inabitabile.
La mattina del 10 aprile il Prefetto Antonucci dispose che si desse prioritariamente corso ad una prima assistenza alle famiglie maggiormente colpite, di concerto con l’Amministrazione comunale, favorendone la loro sistemazione presso edifici scolastici o stabilimenti militari e distribuendo loro viveri di prima necessità con la collaborazione della Croce Rossa.
Il Governo si rese subito conto della gravità dell’accaduto e dispose un fondo di 10 milioni per la concessione di sussidi straordinari a favore dei sinistrati mentre la Presidenza del Consiglio dei Ministri disponeva, nel luglio 1945, che le vittime del 9 aprile 1945 fossero ammesse a fruire del trattamento di pensione stabilito dalle leggi sulle pensioni di guerra. In città fu subito attuata una pubblica sottoscrizione che produsse una raccolta di 6 milioni circa cui partecipò anche l’Associazione Sportiva Bari con il suo presidente Tommaso Annoscia, che contribuì con la somma di L.21.184, alle offerte per i sinistrati, organizzando una partita di calcio il 24 giugno.
Di lì a poco il II conflitto mondiale ebbe termine. L’opera della ricostruzione fu avviata e, lentamente, la città seppe rimarginare le sue ferite.
Rimane ancora oggi nei baresi, indelebile, il ricordo di quel mezzogiorno di fuoco e di distruzione di cinquantasei anni orsono che legò, questa volta per sempre, il nome di una nave venuta da lontano, la Charles Henderson a quello ultra millenario dell’antica città di Bari.
Il suo equipaggio composto da civili e militari caduto nell’adempimento del dovere nella nostra città di cui, finalmente, a distanza di molti lustri, si conoscono i componenti, riposa nello storico cimitero cittadino insieme ai lavoratori baresi. Ad esso il deferente ricordo di quanti vissero la tragicità di quell’evento.
La U.S. Liberty Ship Charles Henderson
Le navi Liberty, furono il prodotto del programma varato dal Governo degli Stati Uniti sin dal 1936 ed attuato tra il 1941 ed il 1945 con lo scopo di costituire una marina mercantile in grado di consentire alle Forze Armate di quel Paese il trasporto di rifornimenti e materiali di guerra sui teatri bellici di tutto il mondo; dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour tale programma fu ulteriormente sviluppato. Fu così che i mari del mondo furono solcati da una inedita flotta di navi apparentemente tutte uguali ma con funzioni tra le più varie. Diciotto grandi cantieri degli Stati Uniti vararono, durante il periodo bellico, circa tremila navi Liberty. Queste unità avevano dimensioni standard:
Lunghezza: 441 piedi;
Larghezza: 57 piedi;
Pescaggio: 26,10 piedi;
Tonnellaggio - lordo: 7.176; netto: 4.380;
Motori principali: Azione diretta, tre cilindri, tripla espansione; CV indicati 2.500;
Velocità: nodi 11
La Charles Henderson, del tipo Liberty EC2-S-C1, di proprietà della United States Maritime Commission ed impiegata per il trasporto di munizioni per conto dell’esercito degli Stati Uniti, era al comando del Capitano Herbert J. Louis; il suo equipaggio consisteva in 43 civili e 13 tra ufficiali, sottufficiali e marinai della United States Naval Reserve. Essa era stata varata nel maggio del 1943 presso il California Shipbuilding Corporation al Terminal Island, Los Angeles mentre i suoi motori erano invece stati costruiti presso l’Alabama Marine Engine Company di Birmingham, Alabama.
Come tutte le Liberty, la Charles Henderson disponeva di cinque capienti stive, tre a proravia del cassero centrale e due a poppavia. In tutte e cinque le stive, la nave trasportava 6675 tonnellate di bombe di ogni tipo; quello che segue è il resoconto del suo ultimo viaggio al termine del quale riusciremo finalmente a conoscere per la prima volta i nomi di quei marinai sfortunati che persero la loro giovane vita nell’adempimento del dovere proprio nel porto della nostra città ed in essa riposano sin dal lontano 9 aprile 1945.
Charles Henderson… Ma chi era costui ? Dopo approfondite ricerche effettuate negli States si è riusciti a identificare questo misterioso personaggio il cui nome, assegnato ad una nave, doveva legarsi indelebilmente a quello della nostra città.
Padre Charles Henderson (1848 – 1915) era infatti un sociologo battista vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900 negli Stati Uniti.
Molte altre notizie, invece, sono state reperite dagli archivi americani sulla sfortunata nave e sul tragico evento che ne segnò la fine.
Innanzitutto l’immagine, che i baresi, fino ad oggi, non conoscono. Infine, le ultime vicende del suo lungo viaggio che la portò, ignara del suo destino, dalle coste orientali degli Stati Uniti d’America, a concludere la sua pur breve esistenza nella nostra città, legando così per sempre il suo nome a quello di Bari.
Agli inizi del 1945, ultimo anno di guerra, il fronte meridionale in Europa era tutt’altro che sopito. Dagli Stati Uniti, i rifornimenti per le truppe alleate che risalivano la Penisola per stringere in una morsa dal Sud le armate tedesche, giungevano via mare a bordo di moderni Liberty proprio nel porto della città di Bari.
La Charles Henderson era proprio una di quelle navi ed era stata adibita al trasporto di munizioni di ogni genere per conto dell’Esercito americano. Nel suo ultimo viaggio essa iniziò il carico delle munizioni il 27 febbraio 1945 ad Hampton Roads, sotto la supervisione del tenente J.B. Wise, ufficiale alla sicurezza; sette giorni dopo la nave aveva terminato le operazioni di stivaggio del pericoloso carico ed era salpata dalle coste orientali degli States, e precisamente da Norfolk, il 14 marzo 1945 in un convoglio di cui facevano parte altre 45 unità della stessa classe dirette in Mediterraneo.
Il convoglio, ad una velocità di 9.4 nodi, fu inizialmente scortato da aerei PBM Mariners e PBY Catalina per gran parte della rotta oceanica; in quel particolare momento del conflitto, la minaccia dei sommergibili tedeschi in quella che fu definita dagli storici la battaglia dell’Atlantico, era tutt’altro che infrequente. Per questo, a protezione del convoglio fu organizzata una scorta navale costante composta da numerosi cacciatorpediniere, con il fine ultimo di sventare eventuali attacchi di unità subacquee ancora operanti in Atlantico.
Proprio in prossimità dello stretto di Gibilterra e precisamente a 35 miglia ad ovest, alle 12.55 del 29 marzo il convoglio subì un attacco di sommergibili subito sventato con il lancio di bombe di profondità da parte di due cacciatorpediniere di scorta, senza subire perdite; lo stretto fu infine attraversato e le unità poterono dirigersi verso i loro porti di destinazione.
La Charles Henderson effettuò così una sosta operativa nel porto di Augusta e, subito dopo, si diresse al suo porto di destinazione, che sarebbe stato l’ultimo della sua pur breve esistenza, ove giunse il mattino del 5 aprile 1945.
Alle 11.57 del 9 aprile 1945 la tragedia. Dalle stive poppiere furono dapprima viste uscire alcune fiamme, seguite subito dopo da una terribile esplosione.
Il Quartier Generale delle operazioni del teatro del Mediterraneo dell’esercito degli Stati Uniti nominò immediatamente il Capitano Edward Buchanan titolare dell’inchiesta e autorizzato a svolgere le necessarie investigazioni sul tragico avvenimento.
Arrivato a Bari, il capitano Buchanan contattò il maggiore Goldsmith che ricostruì per sommi capi l’accaduto; insieme si recarono all’Ufficio Trasporti del Porto di Bari ove incontrarono il Capitano Coogan dell’esercito inglese che dichiarò loro come si erano svolte le operazioni di sbarco delle munizioni a partire dal 5 aprile, data in cui la nave arrivò nel porto della città. Le operazioni di sbarco delle munizioni – narra il Capitano inglese Coogan – iniziarono quasi subito in quanto il porto operava 24 ore su 24, con personale suddiviso in tre turni. Delle 6675 tonnellate di bombe trasportate nelle sue capienti stive, fino alle 10.00 del 9 aprile ne erano state sbarcate 2450 mentre fino alle 11.57, ora in cui avvenne la deflagrazione, gli scaricatori avevano sbarcato dalle stive n.4 e n.5 altre 500 tonnellate di bombe da 500 libbre. Improvvisamente fu avvertito un grido e, subito dopo, la nave esplose.
Buchanan concluse questa prima ricostruzione degli eventi sottolineando soltanto pochi importanti punti dall'interrogazione del Capitano Coogan e dal Comandante James Craik della U.S. Coast Guard sotto la cui supervisione erano le operazioni di sbarco delle munizioni nel porto di Bari.
Rilevò, tra l’altro, come nessun ufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti fosse stato assegnato all’ispezione degli esplosivi prima del loro sbarco e, come questa prerogativa, spettasse esclusivamente al personale inglese sotto la cui giurisdizione era posta l’area operativa del porto di Bari.
L’ufficiale statunitense si portò dal comandante del 5th British Port Operating Group, col. R.B. Oram, presidente della Commissione d’inchiesta, il quale espose una sua iniziale impressione sulle probabili cause dell’esplosione, imputabile alle bombe 150/GP-T1 che, invece, sembra fossero state sbarcate nei giorni precedenti il disastro dalle stive prodiere della nave.
Rilevava, il solerte ufficiale, che l’eventualità di un sabotaggio non dovesse essere esclusa, incoraggiata com’era, nella città, soprattutto ad opera di gruppi comunisti ed antifascisti a titolo di propaganda. Inoltre, la polizia locale segnalò l’arrivo di una vera e propria inondazione di lettere anonime che, a detta degli inquirenti italiani, era cosa piuttosto usuale all’indomani di ogni evento di particolare rilievo nella città.
Tra la popolazione, invece, corse subito voce che gli inglesi avessero iniziato a distruggere le banchine del porto in vista dell’imminente arrivo delle truppe germaniche.
Inoltre, dal suo punto di vista, nessuna lode fu troppo alta per elogiare tutti i livelli dei servizi che lavorarono, sulla banchina, dopo l’esplosione. Io sono soddisfatto che – aggiunge il Buchanan – per mezzo della loro pronta, coraggiosa ed efficiente azione, si riuscì a mitigare l’estensione del disastro.
Per quanto riguardava la condotta della popolazione civile, un giudizio poco lusinghiero fu espresso nei suoi riguardi e l’ufficiale americano la considera deplorevole in quanto proprio i posti di soccorso furono prontamente abbandonati dagli addetti, presi da un diffuso panico, in particolare da parte degli equipaggi dei rimorchiatori.
La sola eccezione era da riscontrarsi per l’immediato intervento dei Vigili del Fuoco che, sotto la diretta supervisione del Comando inglese, dettero prova di coraggio ed estrema decisione.
In conclusione, l’ufficiale statunitense dovette rilevare l’impossibilità ad individuare la vera causa dell’esplosione, tuttora non spiegata, limitandosi a suggerire nuove norme da osservarsi, nei porti destinatari di carichi di munizioni, da parte degli addetti.
Subito dopo l’esplosione, egli rilevò che i provvedimenti presi per ridurre gli effetti della deflagrazione furono immediati, efficienti e coraggiosi.
Sin qui le conclusioni del capitano Buchanan dell’Esercito degli Stati Uniti, prodotte il 24 aprile successivo all'esplosione, al Quartier Generale del teatro delle operazioni nel Mediterraneo.
Ciò che resta a distanza di oltre sessant’anni di quella drammatica giornata, che resterà per sempre impressa nella storia della nostra città, è una tomba comune del cimitero di Bari, tuttora abbandonata e sulla quale nessuno pone ormai un fiore, ove giacciono i poveri resti anonimi dei Caduti statunitensi, unitamente a quelli irriconoscibili dei tanti lavoratori italiani: i primi inconsapevolmente immolatisi nella città di San Nicola, ambasciatori di quell’idea di libertà e di democrazia che nobilmente il Nuovo Mondo ha voluto imporre alle nazioni della vecchia Europa dopo secoli di guerre disastrose e, spesso fratricide; i secondi, caduti per la ricerca di quel benessere tanto desiderato dopo un lungo periodo di sacrifici ed una guerra non voluta e che andava concretizzandosi proprio nel duro lavoro quotidiano, a fianco degli Alleati liberatori. Da oggi, inoltre, due lapidi, volute dal gruppo di Bari dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia e realizzate dall’Autorità Portuale della città con il concorso dell’Amministrazione Civica, Provinciale, del Circolo della Vela, della Banca Popolare di Bari e della Soc. Spamat srl, che rendono merito a quel sacrificio e che finalmente riportano le identità di quegli uomini accomunati in un inconsapevole tragico destino affinché esse rimangano per sempre scolpite nella mente dei presenti e, cosa ancor più importante, in quella delle future generazioni.
U.S. Liberty Ship Charles Henderson
Equipaggio militare
Military crew
EBERT, Eugene E. - lt. (jg) - USNR - 296881
ATKINSON, Charles Henry - SM3c - USNR - 895-20-08
BOWERS, Pail Cromer, Jr. - Slc - USNR - 246-49-09
CAMPBELL, Daniel - Slc - USNR - 638-65-93
CHARLES, Woodrow Donald - GM3c - USNR - 819-65-93
COURT, James John - SM3c - USNR - 810-59-31
HARRIS, John Royff - GM3c - USNR - 683-51-69
KWIATKOWSKI, Joseph - Slc - USNR - 861-54-98
NAGLE, Carl Peter - Slc - USNR - 730-12-93
SENIOR, Gorge Bryant - Slc - USNR - 293-21-45
XUXIK, Joseph James - Slc - USNR - 251-32-03
WALTERS, Kenneth Sydney - Slc - USNR - 762-37-44
Sopravvissuto/Survivor
OWEN, William Lovell - GM2c - USN - 830-07-61
Equipaggio civile
Civil crew
HERBERT J. LOUIS MASTER
ALLEN J. BAILER Chief/Mate
JAMES E. CONWELL 2nd/Mate
LAURI P. SAVOLAINEN 3rd/Mate
JOHN F. ROCHE Chief/Radio/Operator
RAYMOND D. WISENER 2nd/Radio/Operator
STEPHEN ZURICK Purser/Pharmacy/Mate
GEORGE ABELLA Boatswain
GEORGE P. WEIGART AB
CHARLES D. KENT AB
JONAH W. HOWARD AB
WALTER A. HASKINS AB
AL B.W. MURRAY, JR. AB
JAMES T. WHITE AB
DONALD C. WEIGART OS
JAMES J. BLOSS OS
ALFRED MORRELL OS
JAMES S. KING 1st/Assistant/Engineer
HARRY HARRIS 2nd/Assistant/Engineer
JAMES P. McCOY 3rd/Assistant/Engineer
JOHN PERNICK DeckEngineer
WENDELL G. FLAKER Oiler
EDGAR NUGA Oiler
ARKADI RAUK Oiler
EARL H. O'DONNELL Fireman/Watertender
JAMES C. SHERIDAN Fireman/Watertender
FREDERICK SPIESE Fireman/Watertender
THOMAS F. DUNN Wiper
JOHN R. DE ARKLAND Wiper
WALTER L. WEBB Steward
ERNEST W. SCHIMMELMAN Chief/Cook
JOHN L. KORPAL 2nd/Cook/and/Baker
JULIUS C. SPAIN Assistant/Cook
HYMAN H. KOPLITSKY Messman
CHARLES GREENBERG Messman
MICHAEL DYBACH Messman
MIKE SCHMIDT Messman
ARTHUR MUELLER Utility
HOWARD H. ARNOLD, JR. Utility
JAY R. ROSENBLOOM Deck/Cadet
WILLIAM P. HILL Deck/Maintenance
Sopravvissuto/ Survivor
OSCAR T. DAVIS Chief/Engineer
Civili italiani deceduti nell’esplosione della U.S. Charles Henderson
Italian Civilians who died in the explosion of the U.S. Charles Henderson
Abbatescianni Lorenzo
Agrippino Placido
Alcantera Antonio
Aliberti Nicola
Altamura Antonio
Altamura Mauro
Altini Giovanni
Altomare Antonio
Amato Pietro
Amendola Francesco
Amoruso Donato
Amoruso Giuseppe
Amoruso Pasquale
Ancona Ferdinando
Angione Corrado
Arcieri Giambattista
Arcieri Giovanni
Ascesa Fortunata
Attolico Adamo
Balice Carmine
Barba Giorgio
Barnaba Nicola
Barnaba Nicola
Bartoli Nicola
Bartoli Nicola
Basilicata Cosimo
Bavieri Adelmo
Belgiovine Corrado
Bellomo Vito
Bisceglie-Fornelli Domenico
Bisceglie-Fornelli Gaetano
Boggia Silvio
Bonavoglia Sabino
Bonazzi Gaetano
Borgomastro Nicola
Bottalico Emanuele
Bottalico Saverio
Bovino Paolo
Brandolino Francesco
Brazzafolli Armando
Brucoli Nicola
Bruno Vito
Buonavoglia sabino
Buongiardino Giovanni
Buonviso Antonio
Bux Nicola
Cafagno Vito
Calabrese Domenico
Caldarulo Angelantonio
Campeggio Giorgio
Campione Pietro
Cancellato Domenico
Cancellato Luigi
Capasso Sebastiano
Capriati Nicola
Capriati Pietro
Capriati Pietro
Cardinale Saverio
Carofiglio Giovanni
Carone Giuseppe
Carrassi Francesco
Carulli Michele
Carulli Michele
Cascione Antonio
Cassano Beatrice
Cassano Emanuele
Cassano Giacomo
Castigliolo Guido
Catacchio Lucia
Catalano Gaetano
Catalano Michele
Cataldo Michele
Cataldo Michele
Cavone Teodoro
Ceglie Giuseppe
Ceglie Giuseppe
Chiarini Domenico
Chieti Vincenzo
Chiumarulo Vito
Ciannamea Pasquale
Ciannamea Simeone
Ciccolella Nicola
Cipri Marino
Colacino Ermenegildo
Colaianni Francesco
Colaianni Mario
Colaianni Vito
Colella Battista
Colella Chiara
Conenna Michele
Corriero Michele
Corriero Michele
Cuccovillo Giacomo
Cuccovillo Michele
Curci Giuseppe
D’Alessio Giuseppe
D’Ambrosio Pasquale
D’Onofrio Francesco
Damiani Vito
Daniele Bartolomeo
De Benedictis Giorgio
De Benedictis Vito
De Carne Pasquale
De Francesco Francesco
De Frenza Vito
De Gennaro Giuseppe
De Marzo Antonio
De Marzo Donato
De Marzo Vito
De Pasquale Nicola
De Pinto Damiano
De Santis Giuseppe
De Scala Aniello
De Tullio Giovanni
De Tullio Giuseppe
De Tullio Giuseppe
Del Rosso Gaetano
Dell’Orco Leonardo
Dentamaro Giovanni
Di Donna Giambattista
Di Franco Sante
Di Gioia Atonia
Di Lernia Vito
Di Liddo Sergio
Di Luigi Tullio
Di Marzo Domenico
Di Marzo Domenico
Di Matteo Giacinto
Di Salvatore Raffaella
Dragonieri Rocco
Falco Gennaro
Fanelli Domenico
Fanelli Spiridione
Fasano Gennaro
Favia Nicolangelo
Fedato Pietro
Ferrante Pasquale
Ferrarese Michele
Fiasconara Silvestro
Fileti Nicola
Filograno Michele
Finestrone Vincenzo
Fiore Domenico
Fiore Giorgio
Fiorentino Matteo
Florio Francesco
Florio Francesco
Fortunato Marino
Fox Anna
Franco Saverio
Franco Saverio
Frisini Michele
Fusaro Vincenzo
Fusco Onofrio
Gagliardi Onofrio
Galantucci Raffaele
Genchi Francesco
Genchi Onofrio
Genchi Saverio
Giacomantonio Giuseppe
Giancaspro Vito
Giannelli Mario
Gibaldi Vincenzo
Giuliani Giuseppe
Granata Francesco
Greco Nicola
Grimaldi Vito
Grimaldi Vito
Guaragno Pietro
Intranova Francesco
Introna Emanuele
Introna Pasquale
Iodice Alessandro
Iodice Francesco
Isola Alessandro
Izzo Ubaldo
Ladisa Vito
Ladisa Domenico
Ladisa Vito
Lafronza Nicola
Lagioia Rocco
Laguaragnella Vito
Lamacchia Nicola
Lamonica Giovanni
Lampugnano Celeste
Lanave Damiano
Lapedota Gennaro
Laraia Girolamo
Lattanzi Giovanni
Lavecchia Savino
Leuci Domenico Antonio
Lobuono Francesco
Loconsole Giuseppe
Lopez Donato
Lopez Gaetano
Lopez Gaetano
Lopez Giuseppe
Lopez Michele
Lopez Onofrio
Lopez Vito
Loprieno Sebastiano
Loprieno Sebastiano
Lorusso Vito
Losavio Pasquale
Losavio Pasquale
Losurdo Vito
Lotito Donato
Lucchini Silvio
Luzzana Attilio
Macellaio Francesco
Macellaio Luigi
Macina Raffaele
Maenza Angelo
Magarelli Michele
Maggi Francesco
Magrone Marino
Marchitelli Giuseppe
Marino Filippo
Marino Mauro
Martinelli Valerio
Marzano Francesco
Maselli Nicola
Mazzetti Emilio
Messina Onofrio
Mezzina Giovanni
Michetti Leopoldo
Milella Giuseppe
Milella Michele
Minafra Vito
Mincuzzi Natale
Minerva Francesco
Miolli Domenico
Mirievic Dragutin
Misceo Domenico
Mongelli Gaetano
Monte Maria
Monteleone Ilario
Monterisi Giovanni
Montinaro Antonio
Moretti Michele
Moretti Onofrio
Moscatelli Domenico
Moschetti Giuseppe
Moschetti Giuseppe
Narciso Pasquale
Naschetti Martino
Nassivera G.Battista
Natale Salvatore
Natilla Domenico
Nocita Luigi
Novello Luigi
Novello Luigi
Paglionico Natale
Palazzo Nicola
Palermo Donato
Palumbo Giuseppe
Palumbo Salvatore
Panebianco Giuseppe
Parisi Domenico
Partipilo Nicola
Patruno Pasquale
Pelati Bruno
Pellegrini Vincenzo
Penta Filomeno
Petronella Giuseppe
Piccaretta Luigi
Piscitelli Giuseppe
Polese Salvatore
Porfizio Nicola
Portoghese Emanuele
Primavera Giuseppe
Prologo Arcangelo
Razza Luigi
Referendi Mario
Rizzi Giuseppe
Rizzi Michele
Roca Leonardo
Romita Innocente
Roncone Anna
Rossi Leonardo Antonio
Rossini Carlo
Rossini Michele
Rossini Paolo
Rotondo Giuseppe
Ruggiero Francesco
Sabato Antonio
Sabato Giuseppe
Salva Stefano
Samarelli Corrado
Santoro Saverio
Saponara Giuseppe
Scaletta Antonio
Scaramuzzi Domenico
Scaramuzzi Francesco
Scardicchio Vincenzo
Schino Leonardo
Sciacovelli Pasquale
Sciancalepore Pasquale
SciancaleporeVincenzo
Sciullo Paolino
Scorcia Michele
Scorrano Salvatore
Sforza Biagio
Sgherza Leonardo
Sifanno Luigi
Signorile Nicola
Simone Mauro
Simonetti Francesco
Sodano Sabino
Spinoso Isabella
Spinoso Paolo
Stallone Giorgio
Stramaglia Vito
Tanzi Giuseppe
Tanzi Michele
Tarantino Domenico
Tatulli Crescenzo
Tavarilli Natale
Tommasicchio Andrea
Tramontano Rocco
Traversi Vincenzo
Triggiano Vincenzo
Valerio Gaetano
Ventrella Paolo
Violante Michele
Vispo Antonio
Vitali Biagio
Viterbo Nicola
Viterbo Vincenzo
Volpicella Teodoro
Weiss Elisabetta
Zaccaria Giuseppe
Zecchi Guido
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