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La Scuola nautica del Bethar


Long John Silver
  • di Enrico Ciancarini

    Estratto da "Enrico Ciancarini, Storia di Civitavecchia, Volume VI, La Prima guerra mondiale e il fascismo dal 1915 al 1939, Civitavecchia, 2007, p. 275-281" e presentato al Convegno AIDMEN tenuto a Roma il 17 novembre 2007 presso la Confraternita di San Giovanni Battista de’ Genovesi.

    Dallo stesso convegno vedere anche Il contributo italiano alle navi dell'Aliyah Bet 1945-1948 di Achille Rastelli.

     

     

    Nell’autunno del 1938 l’Italia si scopre antisemita, il governo mussoliniano emette una serie di provvedimenti per la “difesa della razza”, discriminando i cittadini italiani di religione ed origine ebraica1. Civitavecchia non ha abitanti di origine ebraica, di riflesso è coinvolta nell'applicazione delle nuove norme legislative, ne troviamo cenni in diversi documenti ufficiali. Uno di questi è di carattere bancario e riguarda la presenza nella locale Cassa di Risparmio di rapporti intrattenuti con cittadini ebrei.

    Il documento proviene dall’agenzia civitavecchiese della Banca d’Italia, datato 15 dicembre 1938, in cui il Capo dell’agenzia risponde a un quesito posto dalla Vigilanza: si informa che la Cassa di Risparmio di Civitavecchia non denuncia nessuna posizione creditoria verso ebrei, anche di cittadinanza italiana2.

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Il 31 marzo 1939 la Regia prefettura di Roma comunica al ministero dell’Interno: “che tutti i componenti la Consulta Municipale di Civitavecchia sono ammogliati, di religione cattolica, di razza ariana, iscritti al P.N.F. e di età inferiore ai sessanta anni.”3

La breve nota della Prefettura ci regala un preciso esempio di come deve essere quel “uomo nuovo”, al centro della dottrina fascista: sposato, preferibilmente con figli, cattolico ed iscritto al PNF; il mito della giovinezza è posto da sempre al centro dell’ideologia fascista; le recenti leggi razziali hanno introdotto il nuovo status di “ariano”, estraneo alla società italiana ma imposto dall’alleanza con la Germania nazista.

Ma qual è il rapporto fra la nostra città e il mondo ebraico? Fra il “popolo eletto” e la nostra città i legami sono alquanto esili, anche se si ripropongono nel tempo. Nella sua storia bimillenaria, si registrano esigue tracce di una presenza ebraica in epoca romana, legata ai traffici dello scalo portuale. Negli statuti cittadini del 1451, conservati nell’Archivio Storico comunale, rinveniamo una significativa testimonianza dell’esistenza di una piccola comunità ebraica a Civitavecchia: il cristiano che lavora la domenica è punito con una multa, se è ebreo la multa è quadruplicata perché si ritiene che voglia così oltraggiare la fede cristiana. Il nostro più fecondo storico, Carlo Calisse, sostiene che gli ebrei “non erano molestati in alcun modo. Esercitavano anche le professioni. Ad istanza del Comune, il pontefice Nicolò V concesse all’ebreo Dattila ed ai suoi figli la facoltà di esercitare in Civitavecchia la medicina.”4 . Carlo De Paolis, in una delle sue opere più recenti5 , giustamente evidenzia che “si trattava di casi isolati non sufficienti a suffragare lo sviluppo, nemmeno parziale, di un ghetto ebraico.”

E infatti abbiamo ben poco, per parlare di una presenza costante e duratura nei secoli di una comunità ebraica a Civitavecchia. Fra il Settecento e l’Ottocento si ritornò a parlare di dar facoltà a dei commercianti ebrei di stabilirsi in città, per favorirne l’attività economica e finanziaria. Nella sua “Descrizione della Città di Civita Vecchia”, il padre domenicano Jean Baptiste Labat scrive:

La porta di Roma è tra i Bastioni di S. Francesco e di S. Sebastiano. Essa è protetta da un’opera a corno, nella quale si erano fatti dei grandi edifici, che erano stati chiamati Il Ghetto, ossia il quartiere dei Giudei, perché Innocenzo XII voleva farvene stabilire un certo numero pensando che avrebbero attirato in questa Città, da Livorno, il commercio che i loro confratelli vi fanno. Si fecero tante rimostranze a quel Santo Padre, ch’egli abbandonò la sua iniziativa. Le case sono affittate a dei pescatori e a dei vetturini.6

Forse un’ulteriore occasione perduta per Civitavecchia per svilupparsi, utilizzando la nota vocazione commerciale degli ebrei, che invece ha portato concreti benefici ai porti concorrenti di Livorno e di Ancona. Tutto rimase più o meno a livello di progetto, se nel censimento pontificio del 1853, risulta un solo ebreo residente a Civitavecchia. Invece, in piena epoca fascista dal 1934 al 1938, Civitavecchia è testimone, forse distrattamente, di importanti avvenimenti legati alla questione sionistica e alla futura nascita dello Stato d’Israele.

Facciamo un breve passo indietro. Nei primi anni Venti, il Consorzio delle Scuole Professionali per la Maestranza Marittima, presieduto da Paolo Boselli7 , in collaborazione con l’Amministrazione comunale, dà vita alla Scuola Marittima di Civitavecchia. Cinciari, nel suo bilancio di sindaco e podestà, ricorda che:

La scuola marittima, già in esercizio da più anni, valendosi di speciali disposizioni legislative, è meritevole di elogio in quanto avvia alla vita del mare molti giovani, dando agli stessi una coltura sufficiente per divenire padroni marittimi, meccanici autorizzati alla conduzione di motori marini, e soprattutto risveglia anche nella nostra Città un nuovo affetto verso la vita marinara, in notevole decadenza nell’ultimo tempo passato.8

Nel pluricitato volume celebrativo “Civitavecchia. Vedetta imperiale sul Mare Latino”9 , il paragrafo “La Scuola marittima di Civitavecchia” è curato da Nicola Fusco, che sottolinea il “carattere popolare” e “l’importanza notevole” della scuola da lui diretta. Vedremo che il comandante Fusco è il protagonista di questa straordinaria vicenda storica, che si dipana per quattro anni a Civitavecchia.

Anche il secondo podestà civitavecchiese, Ilario Cordelli, nella sua “Relazione”10 si sofferma sulla Scuola Marittima, riconoscendola “di particolare interesse locale” e ricordando i numerosi contributi concessi dal Municipio per il “miglioramento della Sede e degli arredamenti” dell’istituto. Il podestà ci fornisce anche due dati molto interessanti: “La scuola è oggi frequentata da 158 allievi, compresi i 49 appartenenti alla sezione straniera”. Cordelli scrive nel 1936, apprendiamo così che in quell’anno la Scuola Marittima civitavecchiese è frequentata da centonove studenti civitavecchiesi e del circondario. L’ex podestà ci lascia con l’interrogativo di chi siano e da dove provengano i 49 studenti stranieri.

All’interrogativo ci forniscono una dettagliata risposta Renzo De Felice, il maggiore storico del fascismo italiano, e lo storico ebraico Leone Carpi11.

Siamo in piena epoca fascista, l’Italia è guidata da Mussolini che in politica estera ondeggia fra un atteggiamento ostile od amichevole verso l’Inghilterra nel quale si inserisce anche la questione palestinese senza che il nostro Paese si schieri fermamente a favore o degli arabi o degli ebrei. E’ in questo contesto che Renzo De Felice, nella sua “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo”, ci illustra gli apparenti buoni rapporti che si istaurano fra il duce del fascismo e il movimento sionista mondiale presieduto da Chaim Weizmann, il futuro primo presidente dello Stato d’Israele. Nel 1934 l’Italia porta avanti una politica ostile alla Germania, da poco diventata nazista, vengono elevate vibrate proteste per il trattamento che subisce la locale comunità ebraica. Insomma Mussolini da una parte favorisce le campagne antiebraiche di alcuni suoi collaboratori sulle pagine dei giornali, dall’altra pensa di utilizzare il movimento sionista come una pedina sullo scacchiere della politica mondiale sia contro la Germania sia contro la Gran Bretagna. Il duce del fascismo incontra tre volte Weizmann, ma i due non raggiungono nessun accordo. Chi invece perviene ad un accordo di collaborazione con il governo fascista, in un’ottica antinglese, è la corrente revisionista, l’ala destra del movimento sionista, capeggiata dal Jabotinsky, fondatore della Legione Ebraica che ha valorosamente combattuto durante la Grande guerra. La dottrina revisionista afferma che le conquiste politiche e la relativa attività per raggiungerle devono precedere e rendere possibile l’azione pratica, proseguendo sulla strada indicata da Teodoro Herzl, fondatore del movimento sionista e profeta dello Stato d’Israele. Jabotinsky ricopre anche il ruolo di presidente del Bethar che è il movimento giovanile dei revisionisti. Il pensiero guida del movimento giovanile prevede che la preparazione dei membri dell’organizzazione segua tre direzioni: la formazione educativa nel campo culturale, l’addestramento militare; la formazione professionale. Già nel 1930 un gruppo di giovani revisionisti fonda a Parigi un’associazione, “Rodegal”, che si prefigge lo sviluppo dell’idea marittima fra gli ebrei, ritenendo il mare uno dei fattori più importanti per l’economia del futuro stato ebraico. L’associazione opera prevalentemente negli ambienti ebraici di Tunisi, dove si uniscono le suggestioni fenicie a quelle ebraiche. Si vogliono preparare i giovani alla navigazione ed alla pesca per creare la marina d’Israele, per dare interessanti prospettive di lavoro ai giovani che emigreranno in Palestina12.

Ed è per seguire questi ideali che molti giovani ebrei sono inviati a Civitavecchia da tutta Europa, ed alcuni da Tunisi, per frequentare la Scuola nautica dal dicembre del 1934.

Perché viene scelta Civitavecchia? E’ il fiduciario romano del Bethar che indica la nostra città come sede per la formazione dei quadri della futura marina ebraica. Il fiduciario è Maurizio Mendes, studente di medicina, figlio del generale medico e professore di tisiologia all’università di Roma, Guido Mendes, che ben conosce la nostra città perché abituale frequentatore delle spiagge di Santa Marinella, dove possiede una villa. Ed è in questa villa che i primi dodici allievi trascorrono la notte, prima di presentarsi il giorno dopo al capitano Nicola Fusco, originario di Bari, animatore e direttore della Scuola Professionale marittima di Civitavecchia.

Ecco come Fusco ricorda il suo primo incontro con i giovani ebrei:

Ero seduto al bar Genova quando arrivano, provenienti a piedi da Santa Marinella, una dozzina di giovani, ben inquadrati, ma vestiti con abiti borghesi dalle fogge più svariate e strane…. Erano dodici giovani, robusti all’apparenza, taluni biondi (e ciò tradiva la loro provenienza nordica), rubicondi e vivaci, benché polverosi…. Chi li conduceva era un certo Hirsus Koliadikas (detto Kolitz), un giovane bruno, dai capelli e dagli occhi nerissimi, svelto, intelligente, lituano di Alytus… Per vie traverse, perché la gente incuriosita si fermava ovunque al passaggio di quello strano gruppo di giovani stanchi e impolverati, condussi i nuovi arrivati in una piccola trattoria prossima al porto, dove ero ben conosciuto ed alla vecchia signora che la conduceva dissi: “Spaghetti al sugo, come se piovessero! Formaggio, pane e frutta”.

Questi ed altri ricordi si leggono nel libro “Come e dove rinacque la Marina d’Israele. La Scuola marittima del Bethar a Civitavecchia” pubblicato nel 1965 da Leone Carpi che si era occupato per alcuni anni delle pratiche legali ed economiche della scuola13.

Il 1° corso della scuola marittima ebrea ha inizio il 28 novembre con 28 alunni provenienti da tutta Europa: polacchi, cecoslovacchi, lituani, lettoni, austriaci ed italiani. Dopo un breve soggiorno in albergo, i giovani sionisti vengono alloggiati dal capitano Fusco in due ampi locali della Darsena, messi a disposizione dal Municipio. Per l’arredamento, molto spartano, provvedono i Mendes che forniscono inoltre agli studenti una specie di divisa scolastica: “una maglia di lana azzurra, sul davanti della quale a sinistra era applicato uno scudetto bianco nel quale era riprodotto in oro il candelabro biblico a sette luci, denominato la Menerà, che era anche l’emblema del Bethar.”

I giovani si comportano nel rapporto con la città che li ospita sempre in modo gentile, educato e corretto, cosa molto apprezzata “tanto che, di loro iniziativa, i cinema locali accordarono uno sconto sulle tariffe normali.” Il 27 gennaio 1935 alle ore 10, gli studenti inaugurano la loro dimora nella Darsena di Traiano invitando le autorità locali. Alla cucina provvede una massaia civitavecchiese, di cui purtroppo non conosciamo il nome, che ben illustra ai giovani ebrei i pregi della nostra arte culinaria.

Le lezioni procedono bene, la prima difficoltà, quella della lingua, in poche settimane è superata: dopo i primi giorni in cui Kolitz traduce in tedesco od ebraico, i giovani imparano rapidamente la nostra lingua, cosa che riempie d’orgoglio il bravo capitano Fusco. Oltre al capitano barese, insegnano nella scuola i professori Paone, Proto e Scalabrino che provvedono affinché ai giovani sionisti siano impartite in un anno le nozioni che vengono dispensate in tre anni ai normali studenti.

Una disgrazia nel maggio del 1935 turba il corso: uno degli allievi, Abram Strausberg di Danzica, la città che offrirà la scusa ad Hitler per scatenare la Seconda guerra mondiale, si tuffa dagli scogli dell’Antemurale per farsi un bagno vista la bella giornata. Non emerge più, se non dopo molti giorni; si sospetta che a causare la tragedia sia stata una congestione. Al suo corpo “fu data sepoltura in un angolo recondito del cimitero comunale, dove anticamente erano stati sepolti altri ebrei residenti a Civitavecchia, erigendovi un ricordo marmoreo” che ancora oggi esiste e su cui possiamo leggere “allievo della scuola marittima di Civitavecchia, rapito al sogno di servire il mare d’Israele.”

Il successivo 15 giugno hanno inizio gli esami, tenuti in italiano, che vengono superati brillantemente da tutti e ventisette gli allievi. Ma per diventare bravi marinai non basta la teoria, è oltremodo necessaria la pratica, il navigare in mare. E’ perciò assolutamente prioritario armare un’imbarcazione da utilizzare per l’apprendimento sul campo dei giovani ebrei. Il capitano Fusco, convinto di questa necessità, concorda un incontro a Parigi con i massimi dirigenti del movimento sionista. Qui, nella capitale francese, partecipa ad una serata organizzata in suo onore al Caffè della Pace al fine di presentare i risultati del primo corso d’istruzione e per richiedere i soldi necessari per l’acquisto di un’imbarcazione per i giovani allievi. E così in breve tempo il finanziatore è trovato nella persona di Efraim Kirschner, facoltoso commerciante di pellicce, fuggito dalla Berlino hitleriana. Dopo lunghe ricerche, la futura nave scuola è individuata a Marina di Massa: un grosso motoveliero, il “Quattro Venti” che stazza circa 500 tonnellate. E’ ribattezzato con il nome di “Sara”, in onore sia della moglie di Abramo, sia di quella del finanziatore. Primo comandante è Tiberio Paone, il professore della scuola. Il viaggio inaugurale avviene nel settembre del 1935 con destinazione Siviglia. Nel porto spagnolo è attraccato anche un bastimento tedesco e fra i due equipaggi volano parole grosse, si sfiora la rissa. Ad aggravare le cose, nei negozi della città andalusa i giovani ebrei si rifiutano di acquistare prodotti di origine germanica. Per questi motivi il console tedesco eleva una formale protesta nei confronti del collega italiano. Altri problemi sorgono ad Algeri, seconda ed ultima tappa della crociera del “Sara”, dove è il residente italiano a segnalare al ministero degli Esteri che la presenza di una ventina di ebrei in divisa su una nave battente bandiera italiana era alquanto dannosa ai rapporti del nostro Paese con il mondo mussulmano. Per questo il nostro ministero degli Esteri ordina il rientro immediato del bastimento mettendo la parola fine alla crociera.

I problemi sorti nella prima crociera rendono il Ministero degli Esteri incerto se continuare l’esperimento di Civitavecchia. Alla fine il secondo corso, è inaugurato il 29 marzo 1936, alla presenza del rabbino capo di Roma Sacerdoti. Gli iscritti aumentano notevolmente salendo a 52, con i polacchi che compongono il gruppo più numeroso. I locali della Darsena non sono più sufficienti. Il Fusco, che non si perde mai d’animo, chiede di nuovo aiuto al podestà che mette a disposizione degli studenti del Bethar una costruzione in legno sul molo di San Teofanio, dove ha sede la scuola. Si tratta di un prefabbricato inviato in Italia dalla Croce rossa americana in occasione del terremoto della Marsica del 1915, che il nostro Comune aveva acquistato con l’idea di farne un orfanotrofio. Ad esso sono stati aggiunti nel tempo altri fabbricati in muratura. Lì si trasferiscono i giovani sionisti.

La fama della scuola nautica di Civitavecchia si sparge in tutta l’Europa ebraica. Si parla di fondare nella città una vera e propria scuola nautica dedicata solo ai giovani ebrei. A progettare l’iniziativa è la Rappresentanza Ebraica per la Palestina, con l’aiuto finanziario del Lloyd Triestino. Viene interpellato il capitano Fusco, l’anima promotrice della scuola, ma il Governo italiano non concede il nullaosta dichiarando sufficiente la scuola esistente. La seconda crociera d’istruzione viene circoscritta ai porti italiani e agli scali francesi di Nizza e di Marsiglia.

Nel febbraio del 1937 Fusco è invitato a Londra per incontrarsi con i dirigenti del movimento sionista, fra cui Jabotinsky, ed alcuni uomini d’affari. Si discute della creazione di una marina peschereccia ebraica atta a sfruttare il mare palestinese.

Il terzo corso si apre nel febbraio 1937 con una settantina di allievi. Nelle lezioni si introducono nozioni di pesca. Perché agli allievi fossero impartite lezioni pratiche di pesca, il Fusco acquista ad un’asta giudiziaria a Porto Santo Stefano un motopeschereccio, rinominato “Neca”. Ad esso presto ne viene affiancato un altro più piccolo il “Lea”. Il pescato viene venduto ad un grossista di Santa Marinella e il ricavato utilizzato per sostenere economicamente gli studenti. Da segnalare che il “Neca”, durante una battuta di pesca nelle acque di Montalto a fine 1937, soccorre il motopeschereccio civitavecchiese in avaria “Madonna di Loreto”, senza reclamare il premio dovuto. Il tutto è molto apprezzato dai pescatori civitavecchiesi ed aumenta la simpatia che circonda i giovani ebrei in città.

La crociera dell’estate 1937 ha per meta la Palestina, dove all’arrivo della “Sara” si scatenano grandiosi festeggiamenti in onore degli allievi della scuola civitavecchiese.

Ma nel 1938 la Scuola deve chiudere dopo che si è tenuto il quarto corso frequentato da poche decine di allievi. Il governo mussoliniano ha ormai cambiato registro verso l’ebraismo. A pochi chilometri da Civitavecchia, l’8 maggio, Mussolini ospita il Fuhrer nel castello Odescalchi di Santa Marinella, nei quattro giorni di visita ufficiale in Italia i due dittatori stringono ancora di più l’alleanza militare ed ideologica fra i loro regimi.

Mentre a luglio, gli studenti della scuola di Civitavecchia si sottopongono agli esami di fine corso, viene pubblicato il “Manifesto a difesa della razza”, seguito due mesi dopo, dall’emanazione dei vergognosi provvedimenti antisemiti. Uno fra i punti principali è l’allontanamento degli studenti ebrei da tutte le scuole pubbliche del Regno. L’esperimento di Civitavecchia si conclude così, proprio nei mesi in cui l’Italia si macchia della grande infamia. Leone Carpi, nelle ultime pagine del suo libro, ci racconta dei destini di alcuni degli allievi ebrei che frequentarono le aule del molo di San Teofanio. Alcuni morirono sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale, altri trovarono la morte nelle camere a gas dei campi di sterminio, ma i più contribuirono, con la professionalità acquisita in quelle aule, alla nascita e alla difesa del giovane Stato d’Israele nel 1948. Alcuni di loro sono tornati in Italia come addetti navali presso l’ambasciata israeliana di Roma.

Ci piace pensare che nei loro occhi sia rimasto l’azzurro del nostro mare, nei loro cuori il ricordo e la nostalgia del calore umano che i nostri concittadini di allora seppero regalargli.

 


1 Sull’argomento esiste una nutrita bibliografia, noi segnaliamo il breve ma ricco volume di MICHELE SARFATTI, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo. Torino, 2005.

2ASBI, Vigilanza.

3ACS, M.I.; Podestà.

4C. CALISSE, Storia di Civitavecchia, cit., p. 226.

5CARLO DE PAOLIS, Le 82 giornate di Civitavecchia, Civitavecchia, 2002, p. 43.

6 Tratto da “Civitavecchia del Settecento nelle memorie del padre Labat”, a cura di FRANCESCO CORRENTI e GIOVANNI INSOLERA, Civitavecchia, 1990, p. 35. Sul mancato insediamento ebraico vedi ODOARDO TOTI, Storia di Civitavecchia, Volume II, Ronciglione 1996, pp. 175-176.

7 Capo del governo di unità nazionale, che guida l’Italia in guerra dal giugno 1916 all’ottobre 1917, quando è costretto a dimettersi a causa della disfatta di Caporetto.

8F. CINCIARI, Civitavecchia fascista, cit., p. 74.

9Pp. 176-177.

10I. CORDELLI, Relazione sull’Amministrazione del Comune di Civitavecchia…., cit., p. 72.

11 Per questo capitolo sono assolutamente e chiaramente debitore di RENZO DE FELICE, "Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo”, Torino, 1997, e di LEONE CARPI, Come e dove rinacque la Marina d’Israele. La Scuola marittima del Bethar a Civitavecchia, 1965.

12SERGIO MINERBI, Italia e Palestina nel carteggio JabotinskySciaky, in “Nuova Storia Contemporanea”, anno X, numero 2, marzo – aprile 2006, pp. 149-156.

13 Ho rintracciato il libro presso il Centro di Cultura Ebraica di Roma che voglio qui ringraziare per la squisita disponibilità e gentilezza dimostrata. Sulla Scuola esiste un’ulteriore pubblicazione edita in Israele nel 1961.

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