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Norme europee per la demolizione navale Alle navi europee giunte a fine vita sarà assicurato un riciclo sicuro ed ecologico (sic!!) Rispolvero un problema assurto alla ribalta con il caso Concordia e poi passato in second’ ordine con il tipico, e costassimo, papocchio all’ italiana. Come premessa ricordo, con rammarico, que quella dell’ industria delle demolizioni era una vera e propria industria, una riconosciuta eccellenza italiana, con capisaldi a Savona Vado, qualche propaggine a Napoli, prematuramente scomparsa per interventi di ambientalisti e magistratura Alle fine di giugno dello scorso 2013, il Parlamento europeo ha raggiunto, dopo sei mesi di negoziati, un accordo con il quale si definiscono precisi standard di riciclo cui gli impianti autorizzati dovranno attenersi per garantire l’abbattimento degli impatti ambientali e la salvaguardia della salute dei lavoratori nelle strutture. E’ interessante, ed un poco strano, che si parli di “riciclo” e non di demolizione navale …, e nelle note successive si segue, il testo trattato, anche se non propriamente tecnico, nonché le citazioni e (non) definizioni Quello dei rifiuti provenienti dalle navi giunte a fine vita è un flusso significativo nel quale confluiscono numerose sostanze pericolose: se da una parte, infatti, l’acciaio è il principale materiale estratto, dall’altra nelle operazioni di riciclo sono coinvolte anche altre sostanze, quali l’amianto e i metalli pesanti per esempio, le cui caratteristiche impongono adeguati standard di sicurezza per i lavoratori e precisi requisiti per le procedure seguite dalle strutture autorizzate allo smantellamento delle navi. Il “nuovo” regolamento impone che le navi a fine vita vengano riciclate solo presso le strutture autorizzate dall’Unione Europea (autorizzate comporta anche una selezione e qualifica di impianti in aree extra CEE? C’ è un precedente, quello del riciclo dell’ alluminio ..); per figurare in questa “lista”, gli impianti di riciclaggio dovranno attenersi ai requisiti minimi stabiliti, la cui effettiva e costante conformità sarà verificata anche attraverso opportune ispezioni. Le navi, dal canto loro, dovranno disporre in ogni momento di un inventario delle sostanze pericolose presenti a bordo e facilitare le eventuali operazioni di controllo nel caso in cui approdino in porti europei (citazione oscura, che sembra coinvolgere navi in operazioni, dove tale norma è logica e rientra tra le disposizioni vigenti, confondendole con le navi da avviare alla demolizione, che passano generalmente attraverso una fase di disarmo ..). Ai proprietari delle navi (l’ armatore originale o l’ acquirente per la demolizione?), invece, si chiede di predisporre, in collaborazione con un impianto di trattamento autorizzato, un “piano di riciclo” ancor prima che le navi arrivino alla fine del loro ciclo di vita; spetterà poi al Paese membro di provenienza rilevare l’inventario delle sostanze pericolose fornito dal proprietario, verificare l’effettiva attendibilità dell’impianto di riciclaggio e quindi certificare le operazioni di riciclo. Il regolamento approvato a giugno sarebbe lo strumento con cui l’Unione Europea intende porre fine a tutte quelle pratiche pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente con cui fino a oggi si è proceduto a riciclare le navi giunte a fine vita. Come spiegato anche dal Ministro dell’Ambiente irlandese, Phil Hogan (alla presidenza del Consiglio europeo per tutto il primo semestre del 2013), finora le navi sono state generalmente smantellate e riciclate in siti non a norma di Paesi Terzi, con rischi e conseguenze che potranno essere evitate una volta che il regolamento in questione diventerà operativo (a decorrere, cioè, dalla data di applicazione ( quale per l’ Italia?). Al momento il Ministro Hogan si augurava che la strada intrapresa possa essere uno stimolo per facilitare una rapida ratifica della convenzione di Hong Kong sul riciclo delle navi, adottata nel 2009 da una delegazione di 63 Paesi (e ormai prossima alla scadenza) proprio per garantire l’assenza di rischi per la salute e la sicurezza umana e ambientale nel settore del riciclo navi. Vari interrogativi: 1. il regolamento è valido e già operativo in Italia e per l’ Italia ? (sembrerebbe di si ..) 2. se prendiamo in esame l' uico caso attuale in Italia, la Concordia è stata classificata “rifiuto speciale”: come si coniuga tale disposizione con il regolamento europeo di cui sopra? 3. Nelle varie (avventate) ipotesi di demolizione in Italia, come si può inquadrare la necessità di operare solo presso le strutture autorizzate dall’Unione Europea , visto che si tratterebbe di soluzioni ad hoc e di strutture non dedicate alla demolizione, peggio se si dovessero applicare alla lettera tutti i concetti di riciclo e salvaguardia a cui fa riferimento il nuovo regolamento (ad esempio, con una demolizione a Palermo, dove sarebbero smaltiti i residui e come, e con quali soluzioni ai problemi logistici e di sicurezza per il trasporto degli stessi? Comunque, anche se in forma minore i problemi si ripresenterebbero con qualsiasi delle altre soluzioni nazionali in lotta dopo l’ affaire Concordia, compreso Piombino). 4. Cosa prevede per il caso la convenzione di Hong Kong sul riciclo delle navi, adottata nel 2009, e qual’ è la posizione dell’ Italia al riguardo?