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  1. In un rifugio antiareo nel ventre di Napoli l'amico Giovanni Filangieri ha notato questo disegno, Il Cappellini che affonda l'Eumeneus. I graffiti sono una interessantee talvolta toccante testimonianza della vita di coloro che trovavano riparo dai bombardamenti nel sottosuolo. Il segno è semplicissimo, nessuna pretesa di attendibilità di forme.
  2. GLI ERRORI E LE VISIONI DI ENZO GROSSI Dalla 3a Edizione del mio libro Betasom La Guerra negli Oceani (1940-1943), in avanzata compilazione con importanti aggiornamenti Il Primo errore La notte sul 24 gennaio, il sommergibile Barbarigo avvistò un piroscafo illuminato, in rotta per passare molto a nord delle Isole Azzorre, e ritenendo tale direzione sospetta, il comandante del sommergibile, capitano di corvetta Enzo Grossi, lo inseguì per controllarne la nazionalità. Avuto modo di accertare che quella nave procedeva zigzagando, che teneva accese le luci di posizione, e che a prora sembrava avere un cannone, non ebbe esitazione nell'attaccare, e dopo aver immobilizzato il piroscafo con una precisa coppiola gli assestò il colpo di grazia con un terzo siluro. Si trattava del piroscafo spagnolo Navemar (ex Cabo Mayor), di 5.743 tsl, costruito nel 1921, che affondò a 283 miglia a nord-nord-est di Madera. Trentaquattro naufraghi, sui trentasei uomini che erano a bordo della nave, furono salvati dal piroscafo spagnolo Isla de Teneriffe. Alla corvetta britannica Coltsfoot, che si trovava vicino alla zona dell’affondamento del Navemar fu comunicato, dal Comando del Nord Atlantico (Gibilterra) di dare assistenza all’Isla di Tenerife, ma durante la rotta ricevette il contrordine di sospendere la missione e rientrare alla base. Il cacciatorpediniere britannico Hesperus, che stava scortando l’incrociatore ausiliario Pretoria Castle, diretto nel Regno Unito, fu mandato alla ricerca del sommergibile che aveva affondato il Navemar, ma senza successo. Quando a Bordeaux appresero che una nave iberica aveva recuperato l’equipaggio del Navemar, affondato mentre si trovava in rotta da Cadice per New York con un carico di legumi da un sommergibile di nazionalità sconosciuta, venne intuita la verità di quel tragico incidente. Il 26 gennaio del 1942, in seguito a richiesta del Comando tedesco di non attaccare piroscafi neutrali, allo scopo di evitare incidenti diplomatici, Betasom ordinò ai nostri sommergibili «di attenersi strettamente alle prescrizioni, evitando azioni contro unità non sicuramente riconosciute per nemiche». Il secondo errore Nelle prime ore del pomeriggio del 18 maggio 1942 il sommergibile Barbaritgo (capitano di corvetta Enzo Grossi) avvistò il piroscafo brasiliano Commandante Lyra, di 5.052 tsl, che era partito da Recife diretto a New York. Ritenendolo nemico, lo inseguì e lo attaccò al calar della notte colpendolo con un siluro; e dopo aver dato il tempo all'equipaggio di allontanarsi nelle imbarcazioni di salvataggio, cannoneggiò quella nave e la lasciò in fiamme convinto che sarebbe ben presto colata a picco. Ricevuto il segnale di soccorso di quel piroscafo, che era stato scambiato dal comandante Grossi per una petroliera di 12.000 tonnellate, il Comando della Task Force 23 inviò nella zona gli incrociatori Omaha e Milwaukee e i cacciatorpediniere Moffett e McDougal, che si trovavano di vigilanza nelle acque a nordest di Capo San Rocco. Il Milwaukee ed il Moffett, giunti per primi nei pressi del Commandante Lyra, ne recuperarono i naufraghi, che si trovavano nelle vicinanze, e dopo averli trasbordati sull'Omaha diressero verso Recife per rifornirsi. I segnali di soccorso del piroscafo, e la sua opera di salvataggio che si prolungò tenace fino al 24 maggio, quando il rimorchiatore Perdigao riuscì a trascinare il Commandante Lyra nel porto di Forteleza, contribuirono a turbare la tranquillità operativa in una zona dove fino ad allora non vi era stata attività subacquea e condizionarono le successive azioni dei nostri sommergibili. Il Commandante Lyra (capitano di lungo corso Severino Sotero di Olivera), del Lloyd Brasileiro, costruito nel 1919, abbandonato dall’equipaggio con due stive in fiamme e vari compartimenti allagati, pur essendo stato trascinato in porto a Fortelezza percorrendo a rimorchio 200 miglia in sei giorni, per i numerosissimi ed estesi danni subiti fu comunque riparto, per poi rientrare in servizio nel corso del 1943. Quarantuno uomini dell’equipaggio del Commandant Lyrà furono recuperati dalle unità statunitensi dopo l’abbandono del piroscafo, sedici dal cacciatorpediniere Moffett e venticinque dall’incrociatore Milwaukee. L’attacco alla prima presunta corazzata statunitense tipo “Maryland” Alle 02.45 del 20 maggio 1942 il sommergibile Barbarigo (capitano di corvetta Enzo Grossi), si trovava in latitudine 04°19' sud, longitudine 34°32' ovest, a 52 miglia dall'Isola Rocas (Brasile). Una delle vedette, il sergente segnalatore Campana, individuò nella notte senza luna con mare da sudest forza quattro, una nave con rotta a sud e dette l'allarme. Il comandante Grossi, che si trovava in quel momento in camera di manovra, salì in torretta assumendo personalmente la manovra di avvicinamento al bersaglio, già iniziata dall'ufficiale in seconda, tenente di vascello Angelo Amendolia, che essendo di guardia, rapidamente aveva approntato al lancio due siluri a prora e due a poppa. Riconosciuto nella sagoma dell'unità un cacciatorpediniere, Grossi ordinò di accostare per attaccare in superficie quella nave, che presentava il fianco destro e defilava di prora al sommergibile alla velocità di circa 20 nodi. Trascorsero pochi secondi e all'improvviso su segnalazione della seconda vedetta di sinistra, sergente furiere Cammarata, Grossi individuò una grossa sagoma che ritenne appartenere ad una corazzata americana della classe «Maryland» o «California», da lui ritenuta inconfondibile per gli alberi a traliccio. Pertanto decise di cambiare subito bersaglio, puntando su questa seconda e più importante nave, presso la quale distingueva la sagoma di un secondo cacciatorpediniere. Alle 02.50, continuando l'accostata già in atto sulla dritta, e venuto a trovarsi con i lanciasiluri di poppa in punteria alla distanza stimata di soli 650 metri dal bersaglio, il comandante del Barbarigo dette il fuori ai due siluri, i quali furono visti raggiungere la grossa nave che, colpita, si inclinò istantaneamente e apparve in breve sommersa fino alle due torri prodiere di grosso calibro. Da parte delle navi di scorta non si verificò alcuna reazione, ed il Barbarigo, dopo aver evitato quello che ritenne fosse un terzo cacciatorpediniere che era apparso improvvisamente a breve distanza, poté lanciare il segnale di avvistamento e attacco per poi disimpegnarsi in superficie, indisturbato. Fin qui il racconto del capitano di corvetta Grossi e degli uomini che si trovavano con lui in torretta al momento degli eventi. Betasom, ricevuta comunicazione dell'avvenuto affondamento, richiese al Barbarigo conferma e maggiori e più precisi particolari sullo svolgimento dell'azione. Avendo il comandante Grossi dato assicurazione di aver colpito a prora con due siluri una corazzata della classe «California», e di averla vista in stato di affondamento, il capitano di vascello Polacchini, ritenendo non esservi più dubbi sulle categoriche affermazioni che giungevano dal Barbarigo, ne dette comunicazione a Roma, al Comando della Squadra Sommergibili. Egli, peraltro, suggerì di vagliare ancora tutti gli elementi necessari e le informazioni che sarebbero giunte dall'estero prima di rendere l'affondamento di pubblico dominio. Ma il Comando Supremo, che si trovava a disporre di una notizia sensazionale, la diffuse immediatamente sul Bollettino di Guerra. La notizia fece subito il giro del mondo e si ebbero alterne reazioni. Suscitò in Italia e nei Paesi alleati e simpatizzanti grande entusiasmo ma fu invece accolta con smentite e sarcasmi nel campo avversario. Si cercò allora la verità mettendo in movimento i servizi d'informazione, senza però ottenere, durante la guerra, dati concreti che potessero confermare il presunto successo del Barbarigo. Il capitano di vascello Polacchini, che aveva proposto di concedere al comandante del sommergibile la Medaglia d'Oro, dovette avere dei ragionevoli dubbi su un effettivo affondamento di una corazzata, se nel suo rapporto n. 290/SRP inviato a Maricosom il 22 giugno 1942 scriveva nei riguardi di Grossi: «L'essere riuscito ad affondare una grossa unità con due soli piccoli siluri deve iscriversi a fortuna». Dubbi pienamente legittimi poiché nell'azione non vennero usati dal Barbarigo i grandi siluri (calibro 533 millimetri) situati a prora ma i silurotti di poppa (calibro 450 millimetri), adatti per affondare una nave mercantile o unità leggera ma che difficilmente potevano procurare danni mortali ad una nave da battaglia. Anche nel dopoguerra continuò una accesa polemica, e da parte degli angloamericani, che ormai non avevano più motivo di negare un loro insuccesso, continuarono a giungere smentite. Non solo negarono fermamente di aver perduto una corazzata, ma sostennero che nessuna altra nave da guerra o mercantile era stata affondata, danneggiata o attaccata nella zona di Capo San Rocco nella notte del 20 maggio. Inoltre fecero sapere che al momento degli eventi nessuna corazzata anglo-americana era dislocata nel Sud Atlantico, mentre tutte le navi da battaglia del tipo «Maryland» o «California» si trovavano concentrate nella zona di San Francisco. Nell'autunno del 1962 la Marina italiana poté avere dalla U.S. Navy copia dei diari di guerra delle unità USA che operarono nelle acque in cui fu dislocato il Barbarigo dal 18 al 26 maggio 1942 e, dalla Royal Navy, l'estratto del diario di guerra riguardante l'attacco subito dalla corvetta Petunia per opera dello stesso Barbarigo al largo di Freetown nella notte dal 5 al 6 ottobre 1942 (vedasi volume XII «I sommergibili negli oceani», U.S.M.M., Appendice VI/B, pago 366 e segg.). Dalle risultanze di una nuova commissione d'inchiesta (22 dicembre 1962), fu possibile accertare che esattamente all'ora e sul punto di attacco del Barbarigo si incrociavano con la rotta del nostro sommergibile quelle dell'incrociatore Milwaukee e del cacciatorpediniere Moffett, i quali, dopo aver portato aiuto al danneggiato piroscafo brasiliano Commandante Lyra, dirigevano su Recife per rifornirsi. L'attacco del Barbarigo, diretto contro il Milwaukee, pur essendo stato portato da distanza ravvicinata con grande «decisione e risolutezza», fallì perché l'angolo di mira si era dimostrato errato per difetto di stima nella velocità del bersaglio di 10 miglia: 15 nodi stimati dal comandante del sommergibile contro i 25 effettivi dell'incrociatore. I siluri erano passati pertanto distanti dal bersaglio che non si accorse di nulla. Il Milwaukee era stato scambiato per una corazzata americana probabilmente a causa delle vistose dimensioni dell'incrociatore, e per la particolare sagoma di quella nave, i cui quattro fumaioli apparvero nell'oscurità come componenti di tralicci a cestello. Grossi credette di aver affondato il suo bersaglio poiché il mare agitato, con onde molto lunghe, ed il rapido allontanamento dell'incrociatore dal sommergibile in rotta di disimpegno in tutt'altra direzione, ne falsarono la visuale. Il Milwaukee sparì infatti alla vista degli uomini del Barbarigo in meno di due minuti, mentre le onde del mare lungo incappellandone la prua, ed accentuandone il rollio, dettero l'impressione di un suo rapido sbandamento e di un altrettanto rapido appruamento sull'acqua fino all'altezza della plancia. Allo stato psicologico connesso con il particolare clima dell'azione dovevano forse attribuirsi gli scoppi di siluri e le vampate sul bersaglio, perché in effetti non vennero osservate colonne d'acqua, né fu avvertito nessuno scuotimento a bordo del sommergibile, come sarebbe stato logico attendersi dopo un'esplosione subacquea. Infine, l'avvistamento di più cacciatorpediniere, in differenti posizioni, fu probabilmente dovuto al fatto che il sommergibile aveva effettuato nel corso dell'attacco una volta tonda e quindi la medesima nave, il Moffett, comparve mano mano nel settore d'osservazione delle varie vedette. La commissione d'inchiesta presieduta dall'Ammiraglio Murzi (e nella quale come membri partecipavano il contrammiraglio Longanesi-Cattani e il capitano di vascello Pollina), concluse il suo rapporto specificando: «Il comandante Grossi non poteva affermare recisamente di aver visto affondare una corazzata da lui attaccata e ritenuta Silurata e non poteva avere elementi sufficienti per fare tale affermazione». L’attacco alla seconda presunta corazzata statunitense tipo “Mississippi” Alle 02.20 del 6 ottobre 1942 il sommergibile Barbarigo (capitano di fregata Enzo Grossi) si trovava in latitudine 02°05'N, longitudine 14°25'W, allorquando il marinaio Pietro Pastorino, vedetta di poppa a sinistra, avvistò a circa 4.000 metri di distanza una sagoma scura. Avvertito dall'ufficiale di guardia, sottotenente di vascello Sergio Bresina, il comandante Grossi, salito in torretta, assunse la direzione della manovra muovendo all'attacco contro quella che ritenne una corazzata americana della classe «Mississippi», a causa del gran complesso centrale, di un solo fumaiolo e della prua a veliero. La nave, mostrando il fianco destro, procedeva a bassa andatura zigzagando, e Grossi, temendo di essere scoperto a causa della fosforescenza del mare, dopo aver proceduto con una certa cautela, alle 02.32, da una distanza di circa 2.000 metr, fece partire ad intervalli di 2 secondi i quattro siluri di prora. A 87 secondi dal lancio, mentre il Barbarigo procedendo con le macchine al minimo per non produrre una scia troppo vistosa accostava per disimpegnarsi, vennero udite quattro forti detonazioni, e il comandante e gli uomini che si trovavano con lui in torretta affermarono di aver visto la «silhouette» di quella nave arrestarsi orizzontalmente immersa fin quasi alla coperta e scomparire del tutto. Successivamente, mentre il sommergibile continuava in superficie la sua lenta manovra di disimpegno, a prua della corazzata venne individuata la sagoma di un cacciatorpediniere e quando questo poco dopo scomparve alla vista apparve, in altra direzione, un secondo cacciatorpediniere che lanciò in mare delle bombe di profondità le cui esplosioni vennero udite distintamente. Ultimato il disimpegno, il sommergibile comunicò per radio lo svolgimento dell'azione, specificando che l'unità attaccata e «vista affondare» era una corazzata del tipo «Mississippi». Betasom, ricevendo il messaggio, chiese ulteriori notizie, e poiché tre giorni più tardi il Barbarigo confermò il successo, la notizia venne divulgata. Allora, si rinnovarono le scene di gioia che avevano accolto la notizia del precedente affondamento e giunsero a Grossi congratulazioni da Mussolini e da Hitler, assieme alla promozione a capitano di vascello e alla concessione della Croce di Cavaliere della Croce di Ferro, consegnata al Comandante dall'ammiraglio Dönitz all'arrivo del Barbarigo a Bordeaux. Ma già in quel periodo cominciarono a sorgere dubbi sulla vittoria del comandante Grossi, poiché subito gli alleati smentirono il presunto successo, né fu possibile trovare elementi che lo potessero convalidare. Infatti, il capitano di vascello Polacchini, che pur propose di concedere al Comandante del Barbarigo una seconda Medaglia d'Oro, non essendo riuscito ad avere altre conferme specificò: «Il comandante Grossi verbalmente non ha fornito altri elementi degni di rilievo». Nel dopoguerra una commissione d'inchiesta giunse anche in questa occasione a risultati sconcertanti. La notte del 6 ottobre il Barbarigo aveva attaccato in condizioni di luce sfavorevoli la corvetta inglese Petunia. La nave era stata scambiata per una corazzata americana della classe «Mississippi» probabilmente poiché ambedue, nelle3 debite dimensioni, avevano un profilo alquanto simile dovuto al massiccio torrione e al riconoscibilissimo grosso fumaiolo. Uno dei siluri, regolato a 6 metri per colpire con successo una grande nave, era passato sotto lo scafo di quella piccola unità senza esplodere. La corvetta individuò le scie fosforescenti dei siluri, ma avendo gli apparati di ricerca temporaneamente in avaria, reagì disordinatamente lanciando in mare bombe di profondità i cui scoppi dettero al Barbarigo l'impressione di aver colpito il bersaglio. L'avvistamento di inesistenti cacciatorpediniere venne determinato dal rapido mutare delle posizioni fra il sommergibile e la Petunia, la quale, dopo aver notato le scie dei siluri, nel ricercare il Barbarigo scomparve in un primo momento alla vista di quest'ultimo per poi ricomparire in un altro settore. Francesco Mattesini
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