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Libro di Enrico Cernuschi sulla Battaglia di Punta Stilo


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Quando tuonano i grossi calibri – Punta Stilo 9 luglio 1940

15 maggio 2016 17.00

 

Autore: Enrico Cernuschi – Andrea Tirondola

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Il volume analizza dettagliatamente e in maniera originale la battaglia di Punta Stilo (9-10 luglio 1940), primo scontro navale tra la flotta italiana e quella britannica.

Gli esiti finali sono riconsiderati alla luce di nuova documentazione proveniente da diversi archivi di vari paesi, e in particolar modo vengono rielaborati su base scientifica i rapporti di tiro relativi alle azioni di fuoco.

Il rigore documentario dell’opera, testimoniato dalle note, tutte di fonte archivistica britannica, non ha impedito agli autori di narrare la ricostruzione della battaglia di Punta Stilo in maniera accattivante giungendo alla “rivelazione finale” attraverso un percorso fatto di scoperte, falsi indizi, errori e ricostruzioni interessate, smontate con pazienza, un pezzo alla volta, senza polemiche e in base al principio universale di “non contraddizione”. Chi affronta queste pagine si trova pertanto (e per forza di cose) nelle medesime condizioni di chi legge un mistery, come dicono gli anglosassoni, o un polar, alla francese.

Il libro, oltre a una variegata iconografia, è arricchito da 10 tavole fuori testo che rielaborano in maniera scientifica i movimenti e le cinematiche navali poste in essere durante la battaglia.

Una pubblicazione che riscrive ex novo la storia e gli esiti della famosa battaglia di Punta Stilo.

Le condizioni di vendita sono consultabili al seguente link

Prezzo intero: €. 54,00

Prezzo ridotto: €. 36,00

 

 

 

Recatomi ieri all'Ufficio Storico della Marina per curare i miei interesse, e naturalmente, essendo Agosto non ho trovato le persone con cui mi interessava discutere, ho visto in una bacheca, bene esposto, il libro dio Cernuschi e Torondola, autore quest'ultimo che non conosco.

 

Non ho letto questo libro, ma avendo io scritto per l'Ufficio Storico "La Battaglia di Punta Stilo", stampato in due edizioni entrambe esaurite (1990 e 2001), e pertanto tolte dal Catalogo come fossero inesistenti, e che sono molto apprezzate da storici e studiosi competenti, mi rioprometto di acquistarlo  e poi di commentarlo adeguatamente.

 

Francesco Mattesini

Edited by Giuseppe Garufi
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Sto preparando un grosso e dettagliato saggio sulla Battaglia di Punta Stilo, in cui troverete la seguente nota:

 

Enrico Cernuschi, con una ricostruzione fantasiosa, nell’articolo I cannoni di Punta Stilo pubblicato dal periodico Storia Militare, trasformatosi in tecnico di artiglierie navali, mentre io non l’ho mai fatto in prima persona facendo sempre parlare gli ammiragli e gli ufficiali esperti, ha scritto che un proietto da 203 del Trento, sparato alla seconda fiancata di otto colpi, secondo l’osservazione del Direttore del tiro dell’incrociatore avrebbe colpito a poppa la Warspite determinando “una fiammata rossastra ed una nuvoletta di fumo bleu”, tanto che la corazzata avrebbe poi continuato a sparare “soltanto con le torri di prora”.

 

E per convalidare il colpo a segno Cernuschi, riporta: “I danni subiti dalla WARSPITE, secondo un documento inglese del luglio 1940 [quale ?], furono l’inutilizzazione del secondo impianto binato antiaerei da 102 mm di sinistra e del complesso a.a. da 40 mm Pom Pom M3 di dritta, oltre che della gru elettrica di sinistra da 10 tonnellate, e le perdite umane sofferte dagli armamenti dei due complessi quadrupli di mitragliere da 12,7 mm collocate sulla torre X, il cui personale fu “blown over”, ovvero spazzato via, per tacere di un foro di due piedi nella parte posteriore del fumaiolo e di altri danni minori per da schegge alle sovrastrutture”.

 

In nessun documento da me consultato, compreso il fondamentale Battle Summary No. 8 - Operation M.A.5 and Action off Calabria,July 1940 compilato nel dopoguerra  dalla Sezione Storica dell’Ammiragliato, si riporta di questo colpo, che non poteva sfuggire, così come non sono riportati in danni che avrebbe causato un colpo vicino (near misss) sparato dalla Cesare, con imbarco di “diverse centinaia di tonnellate d’acqua”.

 

I danni fantasiosi di Cernuschi, cui molti anche in Marina hanno creduto, erano stati causati alla Warspite dalle bombe degli aerei italiani cadute, in due occasioni, vicino allo scafo della corazzata (giorni 8 e 12 luglio), ma Cernuschi, per ovvi motivi, nega che ciò fosse accaduto.  

 

Uno che aspira a essere osannato come il maggiore Storico italiano nel campo navale, contando sull’aiuto esterno di amici importanti ma evidentemente dalle conoscenze tecniche e storiche modeste, dovrebbe stare con i pieni per terra.

 

Francesco Mattesini

Edited by Giuseppe Garufi
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Be', mi pare di ricordare che quel signore, tanto coccolato in epoca De Giorgi, aveva a suo tempo scritto da qualche parte (mi pare su Forum-marinearchiv) che anche  l'affondamento della HOOD sarebbe stato  merito indiretto degli italiani, in quanto a bordo durante il periodo di dispiegamento nel Mediterraneo  si sarebbe presa l'abitudine di stivare le munizioni antiaeree da 102 mm sul ponte, per averle subito disponibili contro i (temuti) attacchi della Regia Aeronautica, e questa abitudine sarebbe stata ancora in essere a maggio del 1941.  Quindi il colpo letale della BISMARCK o del PRINZ EUGEN aveva colpito quella (supposta) catasta di munizioni provocandone l'esplosione e la perdita della nave.  Una performance degna del comandante Grossi e delle sue due corazzate americane due affondate in Atlantico. Per lo meno il nostro storico non e' stato (ancora) promosso al vertice della marina repubblichina (ma per la M.O. al merito di Marina e' ancora in tempo).

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National Archives ADM 267/141.

 

 

Le balle del C … che squalificano … come dimostra un Elenco Ufficiale dell’Ammiragliato che il C … conosce bene …, ma che, ingannando palesemente i suoi lettori, ha interpretato come un danno superficiale causato alla corazzata Warspite da un colpo (proiettile da 320 mm) sparato della corazzata italiana Giulio Cesare 

 

Come si giustificherà ?

 

 

WARSPITE  12th July 1940

 

 

One Near Miss with direct action fused Bomb judged to  have been 50 kgm.

 

WARSPITE was operating in the Mediterranean when she sustained damage from a near miss bomb which burst abreast the fling deck on the starboard side. Minor damaged to structure was caused by splinters.

 

Fighting Efficiency – Not impaired. – WARSPIRE remained in service for one mont before permanent repairs were carried out.

 

Quindi una bomba, ritenuta da 50 chili, e  dall’effetto modesto, e caduta vicino alla WARSPITE, sul lato destro, che ha riportato danni per schegge. L’efficienza non è stata compromessa, e i danni riparati in due giorni, ma per riassettare la corazzata i lavori durarono un mese.

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Si é sempre parlato delle operazioni di Punta Stilo come di un grande successo della crittografia del Servizio Informazioni Segrete della Regia Marina (SIS), mentre, invece, si trattò di decrittare col sistema manuale soltanto frammenti di messaggi, quasi sempre di scarsa utilità per comprendere quali realmente fosse la reale consistenza delle forze navali britanniche e le loro intenzioni.

 

Sono queste e soltanto queste sul campo strategico e tattico le lacune che io attribuisco al servizio crittografico italiano, nonostante lo sforzo profuso che non disconosco. Il decifrare, con mezzi inadeguati, quello che non poteva servire con tempestività, mentre i britannici lo facevano correttamente proprio grazie alle continue informazioni che l’organizzazione crittografica ULTRA, grazie ai suoi calcolatori (computer) era in grado di fornire tempestivamente ai Comandi di Gibilterra, Malta e Alessandria.

 

Non si possono paragonare assolutamente i due sistemi di decrittazione, ed anche l’aiuto tedesco, i cui crittografi erano molto abili ottenendo buoni successi, decifrando messaggi che diramavano anche al SIS col quale erano in collegamento, è servito a poco agli italiani.

 

Quindi, sostenere “che decifravamo meglio degli inglesi”, come qualcuno a scritto purtroppo ascoltato, mi sembra qualcosa di ridicolo e squalificante, che dovrebbe essere compreso da ogni persona sufficientemente intelligente.

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National Archives ADM 267/141.

 

 

Le balle del C … che squalificano … come dimostra un Elenco Ufficiale dell’Ammiragliato che il C … conosce bene …, ma che, ingannando palesemente i suoi lettori, ha interpretato come un danno superficiale causato alla corazzata Warspite da un colpo (proiettile da 320 mm) sparato della corazzata italiana Giulio Cesare 

 

Come si giustificherà ?

 

 

WARSPITE  12th July 1940

 

 

One Near Miss with direct action fused Bomb judged to  have been 50 kgm.

 

WARSPITE was operating in the Mediterranean when she sustained damage from a near miss bomb which burst abreast the fling deck on the starboard side. Minor damaged to structure was caused by splinters.

 

Fighting Efficiency – Not impaired. – WARSPIRE remained in service for one mont before permanent repairs were carried out.

 

Quindi una bomba, ritenuta da 50 chili, e  dall’effetto modesto, e caduta vicino alla WARSPITE, sul lato destro, che ha riportato danni per schegge. L’efficienza non è stata compromessa, e i danni riparati in due giorni, ma per riassettare la corazzata i lavori durarono un mese.

 

 

 

 

 

 

 

 

La traduzione esatta recita "Efficienza in combattimento non compromessa. La WARSPITE rimase in servizio per un mese prima che riparazioni di carattere permanente venissero eseguite"

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Giusto Francesco, Grazie.

 

Quello che non torna e la bomba da 50 chili. L'ordine dato da Superaereo il giorno 8 luglio aveva prescritto di impiegare bombe da 100, 250 e 500 chili. Il Reparto che ha effettuato l'attacco era il 10° Stormo Bombardamento Terrestre della Libia, gli aerei impiegati in quell'attacco nove S. 79.

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Mario de De Monte per compilare il suo libro Uomini Ombra, stampato nell’ottobre del 1945, si è basato soltanto sui ricordi personali. Io non rammento quello che mangiato ieri, e mi chiedo come possa fare uno a ricordare quello che era accaduto ai primi del mese di luglio 1940, ossia a distanza di più di quindici anni. Quasi tutti gli episodi del libro risentono di questo motivo, e in particolare per le intercettazioni e decrittazione di Punta Stilo, la storia trattata dal comandante appare inverosimile.

 

Ad esempio, un presunto telegramma trasmesso da un aereo britannico e intercettato il mattino del 9 luglio (p. 35) riporta:

 

 “Navi da battaglia Incrociatori Cacciatorpediniere nemici in gran numero a 14 miglia per 320 da voi Stop. Ora 11.40”. In seguito a ciò, “veniva comunicato alla nostra squadra”. “Ore 11.40 siete stati avvistati da aereo inglese. Vi trovate a quattordici miglia per 320 da flotta nemica”. “Cinque minuti dopo la stazione radio della Marina in Roma, manipolata dal Ministero, trasmetteva l’allarme alla Flotta”.

 

Tutto ciò è inequivocabilmente falso e falso nonché ingannevole e frutto di malafede, poiché la scoperta della Flotta britannica, in avvicinamento con rotta nord-ovest alla Flotta italiana che si stava riunendo nel Golfo di Squillace, avvenne a levante di Capo Spartivento soltanto alle 13.20 di quel giorno, a 50 miglia di distanza, per opera di un ricognitore Cant. Z. 506 della 142a Squadriglia della Ricognizione Marittima (pilota tenente Zezza - ufficiale osservatore sottotenente di vascello Mario Loffredo), che stava svolgendo un servizio antisommergibili a sud del Golfo di Taranto, lungo la congiungente con Bengasi; la notizia, che evitò di essere sorpresi dal nemico per il fallimento di tutto il servizio della nostra ricognizione aerea, arrivò al Comandante Superiore in Mare della Flotta italiana, ammiraglio Inigo Campion, alle 13.30.

 

Possibile che prima del sottoscritto, riportato nel mio libro La battaglia di Punta Stilo (1990), nessuno se ne sia accorto.  

 

Potrei continuare, ma per ora mi fermò qui.

 

Francesco Mattesini

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Sarà perchè sono ancora un dilettante in ricerca storica ma resto sempre più stupito nel leggere le analisi, rigorose, dello stimato Mattesini riguardo gli scritti di tale personaggio in argomento. Come molti, anch'io ho potuto leggere alcuni dei volumi del Carnuschi ed in effetti provare quella sensazione di "qualcosa non torna"  che aleggia tra le righe, benchè vengano esposti molti riferimenti bibliografici.

Avendo letto attentamente anche lo "scoop"  intitolato "Ultra, la fine di un mito", mi sono chiesto alla fine: "ma se gli italiani poterono essere così prestanti, molto più che la eccellente organizzazione britannica, perchè mai non seppero sfruttare ogni occasione per ottenere vittorie eclatanti, patendo malauguratamente cocenti sconfitte, tranne i  buoni successi di poche azioni (realmente) ben congeniate?

Se davvero i vertici MM si sono lasciati incantare, chissà poi per quale recondito motivo di autoelogio post-mortem dell'amministrazione, da siffatte teorie gratificatorie (ma che non spiegano i fallimenti), vi è da chiedersi come (ri)scriverà la Storia il prossimo andazzo a-la-mode.

Quando la Storia metterà al bando ufficialmente e pubblicamente  tali "impresari di confusione"?

 

Tiberio "sandokan" Riva

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         Fino a tre anni fa la Storia della Marina si scriveva in senso revisionistico, ossia tendendo a correggere errori ed emissioni che erano stati protagonisti sulle pubblicazioni ufficiali degli anni fra il 1945 e la fine degli anni 1980.

 

         Ho cominciato io con la “Battaglia di Punta Stilo”, che è stata molto apprezzata, e stampata in due edizioni esaurite. (*)

 

         Ma ora, in particolare per l’iniziativa dell’ex Capo … il sistema e cambiato, poiché egli ha imposto all’Ufficio Storico di scrivere soltanto sulle vittorie della Marina. Ma dove trovarle ?

 

        Dopo aver scritto libercoli per dimostrare vittorie a Creta, a Pantelleria, a Punta Stilo (battaglia che sarebbe finita ai punti perché, udite udite, abbiamo colpito la WARSPITE!), ora hanno la fiducia incondizionata dei capi e dei loro subalterni, tutti entusiasti dei nuovi "Storici", e possono scrivere quello che vogliono.

 

         Francesco Mattesini

 

(*) Nell’articolo Da Punta Stilo a Capo Teulada. Considerazioni di strategia marittima a cinquant’anni dagli avvenimenti, pubblicato dalla Rivista Marittima di marzo 1991, il capitano di vascello Pier Paolo Ramoini, che all’epoca insegnava all’Accademia Marittima di Livorno, ed era un apprezzato studioso di strategia della guerra sul mare, riguardo alle operazioni tra italiani e britannici del 1940, scrisse:

 

“Per quanto riguarda l’unica battaglia tra le due flotte, lo scontro di Punta Stilo, si rimanda al recentissimo e completo studio di Francesco Mattesini (4) che, a nostro parere, conclude in modo eccellente e definitivo decenni di dibattiti incentrati soprattutto sulle relazioni tra Marina e Aeronautica e sulle incomprensioni che tali relazioni avevano portato anche sul piano operativo”.

 

(4), F. Mattesini, La battaglia di Punta Stilo, USMM Roma, 1990.

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         Particolarmente inattendibile, e la ricostruzione di un presunto danno provocato all’incrociatore  britannico Orion, da parte di un siluro della torpediniera Lupo (capitano di fregata Francesco Mimbelli) che sarebbe esploso nei pressi dell’incrociatore; ricostruzione fatta da Errico Cernuschi nell’articolo “La notte del Lupo”, pubblicato in Rivista Marittima di novembre 1997.

 

         L’autore, riferendosi ad una pubblicazione del “Royal Corp of Naval Costructors” (reperita a Londra in una bancarella, ma che si può tranquillamente consultare al National Archives, al fondo ADM 234/44 – Pubblicazione Confidential declassificata C.B. 4273 - 52), ha posto l’attenzione su una serie di danni riportati dall’Orion il 21 maggio 1941 a nord di Creta, ed ha ritenuto di dubitare che un grosso squarcio sul fianco dell’incrociatore fosse stato causato da una bomba, come la pubblicazione chiaramente espone, perché, erroneamente, nella pubblicazione stessa si parla di danno causato da una bomba nel corso di un’azione notturna.

 

         Cernuschi, ha ritenuto di addebitare quell’avaria ad uno dei due siluri  lanciati dal Lupo, che sarebbe esploso ad una trentina di metri dall’incrociatore. A parte il fatto, conosciuto, che i siluri italiani esplodevano soltanto per contatto, è chiaramente accertato, senza alcun dubbio, che quello squarcio sul fianco dell’Orion  era stato determinato, alle ore 10.42 del 21 maggio, da bombe sganciate in un attacco in picchiata di aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.2 (capitano Hubertus Hitschold) ed esplose in vicinanza dello scafo dell’incrociatore. Questo, come riferì nella sua relazione il contrammiraglio Glennie Comandante della Forza D (cui l’Orion apparteneva), tra le avarie, per la violenza delle concussioni delle esplosioni delle bombe da 500 chili l’incrociatore riportò anche il distacco dell’affusto di un cannone, che tuttavia continuò a far fuoco. Poi, all’improvviso si verificò il distacco dell’affusto stesso, che uccise due uomini dell’equipaggio dell’Orion e ne ferì altri cinque.

 

         Questa doverosa precisazione va fatta, per la serietà della “Verità Storica”. Il riscontro del danno causato all’Orion si trova negli specchi di navigazione dell’incrociatore, conservati al National Archives al fondo Ships Logs ADM 53, in cui si parla chiaramente di bombe esplose vicino alla nave, alle 10.42 del 21 maggio.     

 

         Su un presunto danneggiamento del cacciatorpediniere britannico Kingston da parte di due proietti da 100 mm sparati dalla torpediniera Sagittario (tenente di vascello Giuseppe Cigala Fulgosi) il 22 maggio 1941, sempre a nord di Creta, vedi Jack Greene & Alessandro Massignani, The Naval War in the Mediterranean 1940-1943, Londra, Chatham, 1998, p. 170.

 

         Tuttavia, per un errore degli autori, il presunto danneggiamento del cacciatorpediniere è stato assegnato all’azione del Lupo invece che a quella del Sagittario. L’errore, che può portare a dei leciti dubbi sull’effettivo danneggiamento del Kingston, è stato rilevato, e inesattamente legittimato da Errico Cernuschi, in “La giornata del Sagittario”, Rivista Marittima, ottobre 2000, p. 128-129, assegnandone la convalida al  “Final Report of the Comander in Chief of the Mediterranean Fleet”, titolo che Green e Massignani hanno semplicemente inserito nell’elenco bibliografico del loro volume, assieme alla collocazione del PRO: fondo ADM 199/806.

 

         Ancora più fantasiosa (“Lettera al Direttore”, Rivista Marittima, Novembre 2000), e la ricostruzione del presunto danneggiamento dell’incrociatore Naiad, determinata, secondo Cernuschi, da un siluro del Sagittario che sarebbe esploso a qualche metro di distanza, dopo essere passato sotto la carena prodiera dell’incrociatore britannico (siluro trapanante ?). Il danno che causò un grosso foro allo scafo del Naiad fu causato da una bomba tedesca caduta vicino all’incrociatore, durante un attacco sud dell’isola Milos.

 

         Cio avvenne nel corso di una impressionante serie di attacchi aerei dei reparti dell’VIII Fliegerkorps, contrastati dal fuoco contraereo delle navi che abbatterono due Ju 88 della 2a e 3a Squadriglia del II./LG.1, con capi equipaggio il tenente Wolfgang, Schweickhardt e il sergente Heinrich Boecker.

 

         L’incrociatore Naiad, preso a bersaglio da dieci bombardieri in picchiata Ju 87 del I./St.G.2 al comando del capitano Hubertus Hitschold, fu danneggiato, alle 11.25, da bombe cadute nelle immediate vicinanze dello scafo, in lat. 36°10’N, long. 24°20’E. Due torri delle artiglierie principali da 133 mm furono messe fuori servizio, si allagarono diversi compartimenti e, per avarie alle macchine ausiliarie, la velocità della nave scese inizialmente a sedici nodi, per poi aumentare a diciannove. Raggiunse Alessandria, ma per riparalo ci vollero tre settimane di lavori.

 

            Davanti a queste prove non riesco a immaginare che cosa pensano gli estimatori di Cernuschi, militari e civili. Ma dovrebbero capire che non possiamo impossessarci dei successi degli altri, facendo ridere i polli, né  metterli in dubbio quando non esistono prove sicure. In definitiva occorre “Dare a Cesare quello che è di Cesare”.

 

         Francesco Mattesini

Edited by Francesco Mattesini
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Come si falsifica la Storia, e quanti ci hanno creduto. Dovrebbero cospargersi la testa di cenere!

 

         Particolarmente inattendibile, e la ricostruzione di un presunto danno provocato all’incrociatore Orion, da parte di un siluro della torpediniera Lupo che sarebbe esploso nei pressi dell’incrociatore; ricostruzione fatta da Errico Cernuschi nell’articolo “La notte del Lupo”, pubblicato in Rivista Marittima di novembre 1997.

 

         L’autore, riferendosi ad una pubblicazione del “Royal Corp of Naval Costructors” (reperita a Londra in una bancarella, ma che si può tranquillamente consultare al National Archives, al fondo ADM 234/44 – Pubblicazione Confidential declassificata C.B. 4273 - 52), ha posto l’attenzione su una serie di danni riportati dall’Orion il 21 maggio 1941 a nord di Creta, ed ha ritenuto di dubitare che un grosso squarcio sul fianco dell’incrociatore fosse stato causato da una bomba, come la pubblicazione chiaramente espone, perché, erroneamente, nella pubblicazione stessa si parla di danno causato da una bomba nel corso di un’azione notturna.

 

         Cernuschi, ha ritenuto di addebitare quell’avaria ad uno dei due siluri  lanciati dal Lupo, che sarebbe esploso ad una trentina di metri dall’incrociatore. A parte il fatto, conosciuto, che i siluri italiani esplodevano soltanto per contatto, è chiaramente accertato, senza alcun dubbio, che quello squarcio sul fianco dell’Orion  era stato determinato, alle ore 10.42 del 21 maggio, da bombe sganciate in un attacco in picchiata di una formazione di diciassette aerei tedeschi Ju. 87 del I./St.G.2 (capitano Hubertus Hitschold) ed esplose in vicinanza dello scafo dell’incrociatore. Questo, come riferì nella sua relazione il contrammiraglio Glennie Comandante della Forza D (cui l’Orion apparteneva), tra le avarie, per la violenza delle concussioni delle esplosioni delle bombe da 500 chili l’incrociatore riportò anche il distacco dell’affusto di un cannone, che tuttavia continuò a far fuoco. Poi, all’improvviso si verificò il distacco dell’affusto stesso, che uccise due uomini dell’equipaggio dell’Orion e ne ferì altri cinque.

 

         Questa doverosa precisazione va fatta, per la serietà della “Verità Storica”. Il riscontro del danno causato all’Orion si trova negli specchi di navigazione dell’incrociatore, conservati al National Archives al fondo Ships Logs ADM 53, in cui si parla chiaramente di bombe esplose vicino alla nave, alle 10.42 del 21 maggio.     

 

         Su un presunto danneggiamento del Kingston da parte di due proietti da 100 mm sparati dalla Sagittario il 22 maggio 1941, sempre a nord di Creta, vedi Jack Greene & Alessandro Massignani, The Naval War in the Mediterranean 1940-1943, Londra, Chatham, 1998, p. 170.

 

         Tuttavia, per un errore degli autori, il presunto danneggiamento del cacciatorpediniere è stato assegnato all’azione del Lupo invece che a quella del Sagittario. L’errore, che può portare a dei leciti dubbi sull’effettivo danneggiamento del Kingston, è stato rilevato, e inesattamente legittimato da Errico Cernuschi, in “La giornata del Sagittario”, Rivista Marittima, ottobre 2000, p. 128-129, assegnandone la convalida al  “Final Report of the Comander in Chief of the Mediterranean Fleet”, titolo che Green e Massignani hanno semplicemente inserito nell’elenco bibliografico del loro volume, assieme alla collocazione del PRO: fondo ADM 199/806.

 

         Ancora più fantasiosa (“Lettera al Direttore”, Rivista Marittima, Novembre 2000), e la ricostruzione del presunto danneggiamento dell’incrociatore Naiad, determinata, secondo Cernuschi, da un siluro del Sagittario che sarebbe esploso a qualche metro di distanza, dopo essere passato sotto la carena prodiera dell’incrociatore britannico (siluro trapanante ?). Il danno che causò un grosso foro allo scafo del Naiad fu causato da una bomba tedesca caduta vicino all’incrociatore, durante un attacco sud dell’isola Milos.

 

         Cio avvenne nel corso di una impressionante serie di attacchi aerei dei reparti dell’VIII Fliegerkorps, contrastati dal fuoco contraereo delle navi che abbatterono due Ju 88 della 2a e 3a Squadriglia del II./LG.1, con capi equipaggio il tenente Wolfgang, Schweickhardt e il sergente Heinrich Boecker.

 

         L’incrociatore Naiad, preso a bersaglio da dieci bombardieri in picchiata Ju 87 del I./St.G.2 al comando del capitano Hubertus Hitschold, fu danneggiato, alle 11.25, da bombe cadute nelle immediate vicinanze dello scafo, in lat. 36°10’N, long. 24°20’E. Due torri delle artiglierie principali da 133 mm furono messe fuori servizio, si allagarono diversi compartimenti e, per avarie alle macchine ausiliarie, la velocità della nave scese inizialmente a sedici nodi, per poi aumentare a diciannove. Raggiunse Alessandria, ma per riparalo ci vollero tre settimane di lavori.

 

            Davanti a queste prove non riesco a immaginare che cosa pensano gli estimatori di Cernuschi, militari e civili. Ma dovrebbero capire che non possiamo impossessare dei successi degli altri, facendo ridere i polli, né metterli in dubbio quando non esistono prove sicure.        

 

Francesco Mattesini

Edited by Luiz
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Direi che il problema non sono soltanto gli storici che definirei revanscisti (ci sono i negazionisti dell'Olocausto, i nostalgici della Rivista H, e via enumerando...) ma il supporto che un certo vertice della Marina gli offriva. È un poco come far scrivere la storia della Royal Navy a un irlandese (qualsiasi riferimento a Vincent P. O'Hara non è puramente casuale).

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