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I cinesi costruiranno una maxi flotta per trasportare le auto di loro produzione


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Il sole24 ore pubblica oggi un articolo che riguarda "l'ivasione" delle auto cinesi nel mondo (ogni riferimento alla deindustrializzazione nostrana è facile)

https://24plus.ilsole24ore.com/art/auto-cosi-cina-progetta-maxi-flotta-navi-cargo-lo-sbarco-in-europa-AFItkRSD


Auto, la Cina progetta una maxi flotta di navi per lo sbarco in Europa
Shipping. Con 33 cargo il Paese è attualmente l’ottava forza mondiale: in progetto la costruzione di altre 47 navi mercantili per potenziare l’export
Alberto Annicchiarico

L’offensiva passa per i cantieri navali. Le case automobilistiche e gli spedizionieri cinesi mirano al record di cargo. Obiettivo: sostenere le esportazioni di automobili. Nel 2023 la Cina, con un +58% sull’anno precedente, ha superato il Giappone: quasi 5 milioni di veicoli contro 4,3. Soltanto quattro anni prima il conteggio si era fermato a 1 milione. Ecco allora che il sistema automotive di Pechino punta ad allestire la quarta flotta da trasporto più grande del mondo entro il 2028. Attualmente il Dragone si posiziona all’ottavo posto, con 33 navi per il trasporto di auto, secondo i dati della società di consulenza navale Veson Nautical.

Il Giappone ha ancora la flotta più grande, seguito da Norvegia e Corea del Sud. Ma i gruppi cinesi hanno ordinato già altre 47 navi, un quarto di tutti gli ordini a livello globale. Tra gli acquirenti figurano Saic Motor (il colosso statale che esporta un brand di successo come MG, più del 2% del mercato in Italia), Chery (partner dell’italiana DR Motors, quota del 2,86%) e il leader assoluto dei veicoli elettrici (a batteria più ibridi plug-in) BYD. Oltre a spedizionieri come il numero uno mondiale Cosco e China Merchants, per conto delle case costruttrici. Non tutto l’export Made in China verso l’Europa è cinese: la quota dei brand nazionali si attestava nella seconda metà del 2023 attorno al 63% (dati S&P Global Ratings), lasciando il 20% a Tesla e il resto alle big tedesche.

Nei primi due mesi dell’anno, in particolare febbraio per la lunga festività del Capodanno lunare, il mercato cinese dell’auto ha confermato il rallentamento da una crescita a due cifre a single digit. A marzo è ripartito (+9,9% contro il -19,9% di febbraio), soprattutto grazie alle elettriche (Nev, ovvero ibride plug-in e full electric): +35,3%. E le esportazioni hanno ritrovato un livello record, con un balzo del 39% a 406mila unità. Per i veicoli a nuova energia +71% nel mese, con Tesla che ha esportato 26.666 auto. Quanto a BYD, i piani sono di raddoppiare, quest’anno, passando da 240mila a mezzo milione di unità.

L’espansione per i produttori del Dragone è una scelta obbligata, visto l’evoluzione del mercato interno, che non può crescere indefinitamente ed è teatro di una competizione molto accesa, anche tra marchi locali. L’aumento dei costi di spedizione e il sostegno del governo locale hanno convinto le case ad agire. Entro la fine del 2023, la tariffa giornaliera per noleggiare una nave da 6.500 veicoli raggiungerà i 115mila dollari, più di sette volte la media del 2019, secondo i dati della società di consulenza navale Clarkson. BYD, quindi, ha programmato la sua flotta di 8 mercantili da 7mila automobili e ha già varato la BYD Explorer No. 1., che a fine febbraio ha scaricato le prime 3mila vetture a Bremerhaven, in Germania. Saic ha programmato 12 unità.

L’aumento vertiginoso delle esportazioni dalla Cina ha spinto i produttori occidentali ad accusare Pechino di cercare di gestire l’eccesso di capacità industriale inondando i loro mercati con prodotti a prezzi decisamente più bassi, grazie alla posizione di vantaggio che si basa su disponibilità infinita di materie prime e costi.

Bisognerà vedere se e come i piani di invasione saranno contrastati sia da una domanda piuttosto debole, soprattutto di elettriche, nel Vecchio continente (i principali porti sono diventati parcheggi per auto cinesi che aspettano anche molti mesi prima di essere vendute, ha scritto di recente il Financial Times), sia dalla risposta degli stessi costruttori europei. Ieri hanno parlato le tedesche. Volkswagen ha aumentato le vendite del 3% nel trimestre, andando in pareggio con il 2023 e cedendo sul versante delle auto a batteria (-24%), soprattutto a causa dello stop agli incentivi in Germania. Mercedes-Benz ha perso terreno (-6% ma -9% sulle elettriche). Solo Bmw ha visto aumentare nettamente le vendite di Ev (+28%) a fronte di un modesto incremento complessivo.

E sempre ieri si è tenuto un vertice fra i 13 leader dei principali produttori e fornitori europei di veicoli con il commissario europeo per l’azione per il clima, l’olandese Wopke Hoekstra. L’industria automobilistica, 7% del Pil continentale e 8% degli occupati nella manifattura, è alle prese con una trasformazione epocale in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Nel 2035, come deciso dal Parlamento di Strasburgo, dovrebbe terminare la produzione di motori a combustione interna nell’Unione, ma da mesi si rincorrono le voci di un rinvio. E paradossalmente sono proprio i conservatori tedeschi (Cdu), partito della presidente uscente, Ursula von der Leyen, a impegnarsi perché questo accada.

«Le case automobilistiche della Ue - ha dichiarato Luca de Meo, presidente dell’Acea, l’associazione dei costruttori, e ceo del gruppo Renault - sono fortemente impegnate nella decarbonizzazione, con investimenti per oltre 250 miliardi di euro nell’elettrificazione, ma non possono affrontare questa transizione da sole. L’Europa deve creare le condizioni per la competitività e la domanda di mercato di veicoli elettrici. Queste includono infrastrutture di ricarica, una fornitura sufficiente di materie prime critiche, un migliore accesso ai finanziamenti e incentivi di mercato».

Il ceo di Schaeffler Automotive e presidente di Clepa (associazione europea dei fornitori), Matthias Zink, ha sottolineato che «i produttori automobilistici europei guidano l’innovazione e la sostenibilità con 30 miliardi di euro di investimenti annuali in ricerca e sviluppo e 1,7 milioni di posti di lavoro diretti. Tuttavia, nel contesto di un contesto economico difficile, di un rallentamento nell’adozione dei veicoli elettrici e di una diminuzione dei profitti all’interno della catena di fornitura, il finanziamento della transizione diventa fondamentale. È quindi importante ridurre i rischi degli investimenti». Quanto al quadro normativo «deve rimanere ambizioso, ma flessibile per mantenere l’Europa competitiva».

 

 

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https://www.ilpost.it/2024/03/09/la-cina-fa-sempre-piu-navi/

 

Nel 2023, per la prima volta, la Cina ha costruito nei suoi cantieri più navi che tutto il resto del mondo messo assieme. La Cina è ormai da anni il paese che produce più navi al mondo, sia per uso civile sia militare, ma negli ultimi anni lo spostamento industriale verso la Cina si è andato approfondendo. La sua rilevanza nell’ambito dei commerci navali sta aumentando di pari passo con la sua rilevanza nell’ambito della marina militare, e questo preoccupa vari paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti.

 

L’industria cantieristica è oggi concentrata in pochi paesi al mondo, principalmente collocati in Asia orientale dove l’anno scorso sono state prodotte più del 90 per cento delle nuove navi consegnate. L’Occidente invece ha percentuali di mercato residuali: questo declino cantieristico, secondo molti esperti, potrebbe avere grosse conseguenze anche dal punto di vista militare.

 

Secondo i dati della società britannica Clarkson Research che si occupa di trasporti marittimi, con il 51 per cento della produzione di navi la Cina è il più importante attore della cantieristica a livello globale, seguita da Corea del Sud e Giappone che hanno rispettivamente il 24 per cento e il 15 per cento del mercato mondiale; l’Europa rappresenta solo il 5 per cento. La distribuzione geografica dell’industria è cambiata moltissimo nel corso degli ultimi due decenni: ancora nel 2002 la quota detenuta dalla Cina nel mercato cantieristico era molto contenuta, attorno all’8 per cento. L’Europa invece nello stesso anno deteneva il 24 per cento.

 

L’eccezionale aumento di produzione dei cantieri navali cinesi è avvenuto in concomitanza con l’affermazione della Cina come “fabbrica del mondo”, cioè come principale paese manifatturiero mondiale. A partire dal suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio nel dicembre 2001 l’industria cinese ha conosciuto un’espansione rapidissima che ha notevolmente accresciuto sia le esportazioni di prodotti finiti verso il resto del mondo, sia le importazioni di prodotti intermedi e materie prime. Il settore dei trasporti marittimi legato al paese è cresciuto in parallelo: perché la Cina, oltre a essere una potenza industriale, doveva diventare anche una potenza commerciale, capace di spostare in autonomia le merci che produceva.

 

Di questo fenomeno hanno beneficiato anche le aziende cinesi (spesso controllate statali del governo di Pechino), che hanno approfittato del loro posizionamento strategico per accaparrarsi una fetta sempre più grande del mercato cantieristico. Oggi le capacità produttive dell’industria si riflettono non solo nella produzione di navi, ma anche nelle dimensioni della flotta commerciale battente bandiera cinese che lo scorso agosto ha superato quella greca affermandosi per la prima volta come la più grande al mondo in termini di tonnellaggio lordo complessivo (cioè il volume complessivo di merci che è in grado di trasportare).

 
 

Dal punto di vista tecnologico però, la Cina rimane ancora indietro rispetto alla concorrenza e la sua produzione cantieristica si concentra soprattutto nel segmento delle imbarcazioni convenzionali a più basso costo, come le portacontainer, le portarinfuse usate per il trasporto di beni che non vanno nei container (come i prodotti cerealicoli e minerari) o le navi cisterne. La Corea del Sud, che col 26 per cento della produzione è la seconda potenza cantieristica al mondo, è invece avanti nei segmenti del mercato a più alto valore come nella costruzione di navi metaniere per il trasporto di gas liquefatto o di quelle da crociera.

 

La Cina tuttavia negli ultimi anni sta compiendo alcuni passi avanti in questo campo e lo scorso gennaio è entrata in attività la prima nave da crociera costruita da un cantiere cinese. La nave, chiamata Adora Magic City, è la prima prodotta dalla joint venture tra la China State Shipbuilding Corporation (CSSC), la più grande società cantieristica cinese, e la statunitense Carnival Corporation, leader mondiale nel settore della crocieristica.

 

Secondo esperti del settore, Adora Magic City si basa su una tecnologia già sviluppata in Europa. Tuttavia i cantieri cinesi possiedono un vantaggio notevole rispetto alla concorrenza quando si tratta di attrarre commesse: grazie ad ampie capacità infrastrutturali e industriali, le società cinesi sono in grado di ridurre significativamente i tempi di consegna, cosa che contribuisce ad attirare i clienti.

La questione militare
L’ascesa cantieristica della Cina riguarda però anche la sua potenza militare. Negli anni la Cina è riuscita ad attrarre ingenti commesse dalle principali società di trasporto marittimo di tutto il mondo, compresi paesi come Francia, Giappone e perfino Taiwan. Il successo commerciale dei cantieri navali cinesi ha consentito di espandere le proprie infrastrutture, ampliare le capacità industriali e formare una manodopera specializzata, che non si limita alla produzione cantieristica civile. CSSC, ad esempio, nel 2021 rappresentava da sola il 21 per cento di tutto il mercato cantieristico del mondo ma allo stesso tempo era anche il principale produttore delle navi in uso dalla Marina cinese.

Secondo quanto detto al Wall Street Journal da Matthew Funaiole, un ricercatore del Center for Strategic and International Studies di Washington che si occupa di Cina, ci sono segnali che indicano una crescente fusione tra le attività civili e militari dei cantieri cinesi.

 

L’impatto dell’espansione cantieristica della Cina sulle sue capacità militari è osservabile guardando i numeri della flotta dell’Esercito di Liberazione Popolare (ELP), le forze armate cinesi. Se nel 2005 le imbarcazioni ai comandi dell’ELP erano 216, nel 2022 erano diventate 351 e potrebbero arrivare a toccare quota 435 entro il 2030. Per confronto, in tutto questo periodo il numero di imbarcazioni a disposizione della Marina degli Stati Uniti è stato attorno alle 290 unità, e dovrebbe rimanere tale anche verso la fine di questo decennio.

Benché la flotta degli Stati Uniti sia ancora qualitativamente superiore a quella cinese, oggi i cantieri navali statunitensi si trovano in una condizione di declino. Oltre a percentuali minime della produzione cantieristica mondiale, i produttori statunitensi soffrono anche di ritardi cronici nella consegna delle navi. Il focus quasi esclusivo sulla produzione militare e la perdita di quote in quella civile ha compromesso lo stato di salute delle società cantieristiche che hanno consentito agli Stati Uniti di affermarsi come potenza marittima nel secolo scorso.

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Grazie delle interessanti informazioni, che confermano il trend in base al quale, sic stantibus rebus, la Cina è destinata a diventare la prima potenza commerciale mondiale nel giro dei prossimi dieci o quindici anni. E, poichè "E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende", conseguentemente diverrà anche la prima potenza militare mondiale

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Ogni tanto la Storia si ripete e dimostra la correttezza di qualche vecchio assioma.

Semplificando: costruisco una robusta flotta commerciale, sviluppo i commerci con l'estero (anche in dumping), acquisisco "clienti" stranieri, devo allora costruire una flotta militare per difendere i commerci che, incrementandosi, mi aiutano a rinnovare le industrie e le flotte mercantili e militari, così via in un circolo virtuoso. Fin quando qualcosa si inceppa e allora scoppia la prima guerra mondiale, oppure l'URSS fa il passo più lungo della gamba ed implode.

Non so come evolverà la situazione con la Cina, basta stare a vedere, per ora i postulati mahaniani ci sono. :) 

 

EDIT: i miei esempi si riferivano al percorso della Germania guglielmina e dell'URSS, ma abbiamo tanti altri esempi.

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Il 13/4/2024 at 19:26, Giuseppe Garufi ha scritto:

Ogni tanto la Storia si ripete e dimostra la correttezza di qualche vecchio assioma.

Semplificando: costruisco una robusta flotta commerciale, sviluppo i commerci con l'estero (anche in dumping), acquisisco "clienti" stranieri, devo allora costruire una flotta militare per difendere i commerci che, incrementandosi, mi aiutano a rinnovare le industrie e le flotte mercantili e militari, così via in un circolo virtuoso. Fin quando qualcosa si inceppa e allora scoppia la prima guerra mondiale, oppure l'URSS fa il passo più lungo della gamba ed implode.

Non so come evolverà la situazione con la Cina, basta stare a vedere, per ora i postulati mahaniani ci sono. :) 

 

EDIT: i miei esempi si riferivano al percorso della Germania guglielmina e dell'URSS, ma abbiamo tanti altri esempi.

 Bisogna però stare un po' attenti con le fascinazioni che la storia si ripete 😉

E' vero però che se uno vuole diventare una potenza globale deve esserlo anche sul mare

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  • 2 weeks later...
Il 13/4/2024 at 12:07, Leopard1 ha scritto:

Grazie delle interessanti informazioni, che confermano il trend in base al quale, sic stantibus rebus, la Cina è destinata a diventare la prima potenza commerciale mondiale nel giro dei prossimi dieci o quindici anni. E, poichè "E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende", conseguentemente diverrà anche la prima potenza militare mondiale

Nel frattempo in Cina è stata varata una nave portacontainer elettrica dal tonnellaggio spropositato

https://auto.hwupgrade.it/news/trasporti-elettrici/in-cina-stata-varata-una-nave-portacontainer-elettrica-da-oltre-10000-tonnellate-e-con-batteria-da-50000-kwh_126800.html

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