Francesco Mattesini Posted June 27, 2015 Report Share Posted June 27, 2015 (edited) LA RICONQUISTA DI TOBRUK: 20 GIUGNO 1942UN GRANDE SUCCESSO DELLE FORZE DELL’ASSE IN CIRENAICAdi Francesco Mattesini Lo sfondamento del fronte britannico ad Ain el-Gazala L’attacco dell’Asse alle posizioni britanniche dell’8a Armata (generale Neil Methuen Ritchie) in Cirenaica, condotto dalle divisioni del Deutesche Afrika Korps (DAK) e del 20° Corpo d’Armata italiano, riunite nell’Armata Corazzata (Panzerarmee Afrika) al comando del generale Erwin Rommel , ebbe inizio a Ain el-Gazala la notte del 26 maggio, alla luce della luna, e con un provvidenziale vento di Ghibli che inizialmente nascose alla ricognizione aerea britannica i movimenti del nemico.In quel momento da parte dell’Asse vi erano 90.000 uomini, 564 carri armati, dei quali 336 tedeschi (50 Panzer II, 242 Panzer III e 44 Panzer IV) e 228 italiani (M 13 e M 14 e semoventi M 41), a cui si aggiungevano in posizione arretrata altri 36 M 13 di un battaglione della Divisione Corazzata Littorio (un secondo battaglione era in arrivo da Homs), mentre le forze britanniche disponevano di 100.000 uomini, 849 carri armati (166 Valentine, 110 Matilda, 167 Grant, 257 Crusader e 149 Stuart). Da parte delle aviazioni dell’Asse vi erano 497 velivoli efficienti, mentre la RAF ne aveva 320 nella zona del combattimento, dei quali 190 efficienti. Alla superiore massa di carri armati britannici era opposta dagli italo-tedeschi una formidabile artiglieria controcarro che, con l’appoggio dei bombardieri in picchiata Ju 87, Ju 88 e Cr. 42, fecero la differenza nel corso di una battaglia dai risvolti inizialmente indecisi, permettendo una distruzione continua di mezzi corazzati nemici e ai carri armati dell’Asse di avanzare in Cirenaica in modo travolgente.L’offensiva di Rommel, denominata in codice Venedig (Venezia), si svolse con combattimenti manovrati aggiranti dalla parte meridionale del fronte nemico da parte delle forze mobili, le divisioni corazzate 15a e 21a, la divisione leggera 90a, la divisione corazzata italiana Ariete e la motorizzata Trieste, appoggiate dall’aviazione, mentre quattro divisioni italiane non motorizzate del 10° e 21° Corpo d’Armata (Brescia, Pavia – Trento, Sabratha) facevano manovra lungo la linea costiera di Gazala. Sebbene il movimento di oltre 10.000 automezzi impiegati nell’azione aggirante, che puntava su Bir Hacheim, non sfuggisse alla sorveglianza dei britannici, essi ritennero che i tedeschi avrebbero sferrato l’attacco nella parte centrale del fronte, e quindi le loro superiori forze corazzate entrarono in azione in modo frammentario; ragion per cui dovendo fronteggiare a sud la massa delle forze mobili nemiche in avanzata, la 7a Divisone corazzata del generale Frank Messervy, denominata “Desert Rats” (topi del deserto) fu travolta, e il comando catturato dalle truppe mobili tedesche del 33° Gruppo Esplorante. Perdite notevoli riportò anche la 22a Brigata della 1a Divisione Corazzata.Rommel, continuando nella manovra aggirante, intendeva raggiungere il più rapidamente possibile la costa, per imbottigliare le divisioni dell’8a Armata britannica attestate davanti a Ain el-Gazala, ma la 15a Panzer, che si trovava sul fianco destro della 21a, ebbe la sorpresa di trovarsi a imbattersi per la prima volta nei carri Grant, di costruzione statunitense, armati con cannoni fissi da 75 mm, capaci di colpire i carri tedeschi a distanza troppo grande perché potessero replicare. L’arresto fu superato dai tedeschi portando in linea i loro formidabili cannoni controcarro, tra cui tre batterie da 88 mm (trentasei pezzi), e aggirando i Grant degli Squadron B e C della 4a Brigata Corazzata con i loro più numerosi carri armati tipo III e IV in modo di colpirli di fianco e nel retro, dove minore era la protezione. Ciò permise alle divisioni corazzate di Rommel di riprendere la marcia, ma a sera, essendo avanzati per soli 5 chilometri a nord di Trigh Capuzzo, la pista che collegava El Mechili con la ridotta Capuzzo, la costa era ancora distante una trentina di chilometri; e questo, come scrisse Rommel nel suo Diario, significava che per l’intervento dei Grant e avendo perduto un terzo dei suoi carri armati, “Il nostro piano di travolgere le forze inglesi dietro la Linea di Gazala non ha avuto successo”.L’indomani il generale tedesco compì un nuovo sforzo per raggiungere il mare, ma con risultati scarsi e ulteriori forti perdite. Allora si rese conto che la sua speranza di ottenere una rapida vittoria era svanita, e che aveva mancato un’occasione favorevole che non si sarebbe più verificata, con i rifornimenti che per raggiungerlo dovevano fare un lunghissimo giro attorno al bastione difensivo di Bir Hacheim, con il costante rischio di essere intercettate dalle forze aeree e corazzate nemiche. Fortuna per lui che anche i comandanti britannici avevano fatto ben poco per approfittare della situazione di grave squilibrio il cui era venuto a trovarsi Rommel che, spingendosi avanti con la sua automobile per vedere da vicino come si presentava la situazione, corse il rischio di essere catturato.Il DAK aveva in quel momento ridotto le sue forze a non più di 150 carri armati in grado di combattere e il 20° Corpo italiano a circa 90, mentre invece i britannici ne avevano ancora a disposizione 420, e ciò costrinse Rommel, dopo un altro giorno di vani sforzi, a mettersi con le sue forze mobili in una posizione difensiva precaria alle spalle delle fortificazioni della linea di Gazala tenuta dai britannici, e che lo separava, con estesi campi minati, dalle altre forze dell’Asse. In questa posizione battezzata “il calderone” (cauldron) la RAF scatenò una serie di bombardamenti mentre l’8a Armata con l’operazione “Aberdeen”, iniziata il 5 giugno, attaccava con forze considerevoli. I giornali britannici, affermando con roboanti servizi che Rommel era ormai in trappola, lo davano per spacciato e tutti negli ambienti del fronte o nei Comandi arretrati erano convinti di avere tutto il tempo necessario per sferrare il colpo di grazia e costringerlo ad arrendersi.Ma la stella della “Volpe del Desero” non era ancora in declino, anzi si preparava a dare al nemico una lezione indimenticabile. Rommel, com’è stato scritto dagli storici britannici, non era “un grandissimo stratega”. Alcune sue decisioni, veri colpi di testa, facevano arrabbiare gli italiani, soprattutto al Comando Supremo, al Comando dell’Africa Settentrionale Italiana del generale Ettore Bastico, ed anche il feldemaresciallo Albert Kesselring, Comandante del Fronte Sud (OBS) e Comandante in Capo della 2a Squadra Aerea (2a Luftflotte) con sede a Taormina, da cui Rommel dipendeva. Kesselring, polemizzando con Rommel per la sua poca saggezza nell’attaccare senza curarsi dei rifornimenti, lo considerava al più un buon comandante di reggimento, con una visione strategica sul campo di battaglia di appena 5 chilometri per lato; ma in compenso, è sempre il parere dei britannici, Rommel, nonostante le sue lacune, si dimostrò “l’uomo giusto per combattere nel deserto”.L’operazione “Aberdeen” era stata impostata male e si concluse per i britannici con un fiasco irreparabile. Il piano d’azione era mal congeniato, e vi fu la mancanza di una sola autorità incaricata di manovrare gli attacchi delle brigate corazzate che portassero ad azioni coordinate con la fanteria, o almeno per dare il reciproco appoggio. Non mancarono gli errori di valutazione dei servizi segreti circa le reali posizioni tenute dalle forze di Rommel, e delle loro possibilità di reazione. Ne conseguì che quando attaccarono un nemico che si trovava con le sue forze corazzate più arretrato del previsto verso ovest, i carri britannici furono accolti da una grandine di proiettili di cannoni controcarro italiani e tedeschi, che seminarono la morte e la distruzione nei ranghi del 156 carri della 22a Brigata corazzata e annullando anche l’attacco del 13° Corpo d’Armata (generale William Gott) contro il ciglione Sildra.Approfittando della situazione Rommel nel pomeriggio di quello stesso giorno 5 giugno decise di sferrare il proprio attacco. I carri tedeschi abbandonarono le posizioni di retroguardia e uscirono dal Calderone dirigendo ad est, sgominando rapidamente due comandi tattici dei britannici, che da questo momento persero il controllo della situazione. Il contrattacco tanto atteso del generale Ritchie, e auspicato al Cairo e a Londra, era fallito completamente. Al calar dell’oscurità tutte le unità dell’8a Armata entrate nel Calderone, inclusi quattro reggimenti di artiglieria campale, erano in rotta, e i britannici avevano perduto 6.000 uomini e ingenti mezzi. Rommel, che aveva vinto un’altra mano della partita che si giocava alle spalle del fronte britannico, poté annunciare di aver fatto 4.000 prigionieri e di aver catturato circa 150 carri armati.Ma il vero successo, che avrebbe portato quasi all’annientamento dell’8a Armata britannica e alla riconquista di Tobruk, ebbe inizio con l’eliminazione del caposaldo meridionale di Bir Hakeim, difeso tenacemente dalla brigata francesi liberi del generale Marie-Pierre Koenig. Egli disponeva di un totale di 3.826 uomini appostati in oltre 1.200 fortini e con artiglieria campale e controcarro, nonché postazioni contraeree. Bir Hakeim fu attaccato per giorni senza successo dalla divisione corazzata Ariete, e poi anche dalla 90a leggera e dalla motorizzata Trieste, che l’8 giugno vennero pesantemente martellate dalla Desert Air Force che impiegò ben 500 velivoli. Quello stesso giorno Rommel inviò nella zona la 15a Panzer, e questa volta, agendo assieme a potenti bombardamenti aerei di Ju 88, Ju 87 e Cr. 42, nella notte tra il 10 e l’11, le divisioni dell’Asse costrinsero i francesi ad abbandonare quel caposaldo difensivo, con le truppe che ripiegarono ordinatamente su 90 autocarri per oltre 400 miglia, mentre si svolgeva un attacco diversivo dal 30° Corpo d’armata (generale Willoughby Norrie).[1]La tenace resistenza francese a Bir Hacheim e delle truppe britanniche attestate a Ein el-Gazala, e gli scontri fruenti tra i due opposti schieramenti di carri armati con un alternarsi di azioni e controazioni non risolutive, avevano allarmato il generale Cavallero, Capo del Comando Supremo italiano, che intendeva realizzare lo sbarco a Malta a metà luglio, con l’impiego di otto divisioni, millecento aerei e tutte le unità maggiori e sottili della flotta italiana. Egli, desiderando di far rientrare in tempo in Sicilia le forze aeree e navali che erano impegnate nelle operazioni in Cirenaica, si mostrò profondamente preoccupato per la durata della battaglia, temendo che si stesse trasformando in un’azione di logoramento di uomini e di mezzi, penosamente raccolti, influendo sui tempi dell’operazione C. 3.Di fronte a questa prospettiva, e dovendo constatare che i britannici mostravano grande determinazione nel mantenere le posizioni ed anche nel contrattaccare, Cavallero e il feldmaresciallo Kesselring cercarono di convincere Rommel di non oltrepassare il confine con l’Egitto, attestandosi nella Cirenaica orientale, e quindi in posizione di attesa, risparmiando le forze, il tempo necessario per portare a termine la C. 3. I due alti ufficiali erano convinti che soltanto la conquista di Malta poteva risolvere lo spinoso problema della libertà delle rotte di comunicazione marittime per la Libia. Il 10 giugno Cavallero telegrafo al generale Ettore Bastico, Comandante dell’Africa Settentrionale da cui Rommel almeno nominalmente dipendeva, informandolo che, dopo un colloquio con il Duce presente Kesselring, le direttive dell’offensive del Comando Supremo erano la conquista di Bir Acheim e di Ain el-Gazala. Ma quello stesso 10 giugno Rommel conquistò Bir Hacheim ponendo le basi per la conquista di Tobruk e per un’ulteriore avanzata in Egitto.A iniziare dalla conquista di Bir Hacheim la vittoria dell’Asse cominciò a delinearsi con un ritmo sempre più rapido, anche perché la difesa britannica, con la caduta di quella piazzaforte, restò completamente scoperta sul fianco sinistro. Di ciò approfittarono le divisioni corazzate di Rommel 15a, 21a e Ariete, che ottenuta libertà di manovra, agendo assieme all’artiglieria campale, controcarro e semovente impiegata a massa, e con gli attacchi incessanti dell’aviazione italo-tedesca, nella giornata del 13 giugno, approfittando del fatto che il generale Ritchie gettò nella battaglia le sue forze corazzate in modo frammentario, fecero letteralmente a pezzi i carri armati britannici che contrattaccavano. Quindi, gli attacchi di Rommel costrinsero l’indomani il generale Claude Auchinleck, Comandante in Capo del Medio Oriente, a ordinare a Ritchie di abbandonare la lotta per ritirare le sue forze superstiti dell’8a Armata verso la frontiera egiziana. Ciò significò per i britannici, con l’abbandono della posizione di El Adem, di lasciare aperta alle forze dell’Asse la strada per Tobruk, su cui convergevano le quattro divisioni italiane del 10° e 21° Corpo d’armata.Nell’annientamento del 13° Corpo d’Armata britannico del generale Gott, i cui resti si ritirarono verso Acroma, si era distinta al centro dello schieramento italo-tedesco la divisione Ariete del generale Giuseppe De Stefanis (con la sua manovrabile artiglieria più che per i deboli carri M 13 e M 14) occupando il 14 giugno l'importante posizione strategica denominata Knightsbridge. Ciò agevolò Rommel nel puntare verso i nuovi obiettivi: l'avanzata verso El Adem, la presa di Sidi Rezegh e l'eliminazione della sacca di Ain el-Gazala Tuttavia, quello stesso giorno 14 fallì l’intenzione di tagliare in tempo la strada costiera per impedire la ritirata di molti reparti dell’8a Armata. Ma in seguito alla perdita della ridotta Capuzzo, conquistata dalle avanguardie tedesche dopo un altro furioso combattimento di carri, che nuovamente causò ai britannici ingenti perdite di mezzi e di uomini in gran parte fatti prigionieri, l’intera guarnigione di Tobruk restò isolata.Allora Rommel memore per l’esperienza del 1941, decise di non perdere tempo a inseguire il nemico in ritirata oltre la frontiera egiziana e di investire Tobruk, per non lasciarsi ancora una volta alle spalle quel formidabile bastione. Per l’attacco principale scelse il settore sud-est del perimetro difensivo esterno, lo stesso che nel gennaio del 1941 era stato scelto dal generale Richard O’Connor nella prima vittoriosa offensiva britannica (operazione Compass) contro le divisioni del maresciallo Rodolfo Graziani, che furono letteralmente travolte e annientate. Rommel nel novembre 1941 aveva già scelto di attaccare in quel punto, ma non poté farlo perché fu preceduto dall’offensiva britannico (operazione Crusader) che portò alla perdita della Cirenaica. L'investimento di Tobruk Il 16 giugno anche il generale Cavallero ruppe ogni indugio e ordinò al generale Bastico, di impiegare nella battaglia la divisione corazzata Littorio che, nella sua intenzione di evitare un eccessivo logorio delle forze impegnate, era stata tenuta in retroguardia. Iniziava così per le forze di Rommel, il giorno 19, l’ultima fase di una meravigliosa battaglia manovrata.Lasciate al confine egiziano forze leggere per coprire il fronte avanzato, Rommel decise di impiegare nuovamente a massa le divisioni corazzate del DAK, 15a e 21a, assieme all’Ariete, appoggiate da altre tre divisioni italiane del 10° e 20° Corpo d’Armata, che nel frattempo, assieme alla 90a Divisione Leggera, da Ain el-Gazala erano affluite presso la vecchia cintura fortificata di Tobruk, costruita dagli italiani nell’anteguerra con opere in cemento armato, fortificazioni e fossati anticarro, a cui gli australiani nel 1941 avevano aggiunto un anello difensivo interno, a 2 miglia dal primo, conosciuto come Blue Line (Linea Blu), anch’esso fornito campi minati. La cinta esterna italiana aveva lo scopo di impedire che da un ciglione che sovrastava la piazzaforte, il Solaro, si potesse far fuoco sul porto e sulle navi che vi erano ancorate, mentre un secondo ciglione, il Pilastrino, passava poco più a nord del punto dove la strada per El Adem si staccava dalla strada costiera Balbia che conduceva a Bardia, chiamato dai britannici King’s Cross.A est del Ciglione Solaro, in un rifugio scavano nella roccia, si trovava il Comando britannico del generale Hendrik Klopper, comandante della 2a Divisione sudafricana e responsabile dal 14 maggio della difesa della piazzaforte. A sud di Tobruk, entro il perimetro difensivo, vi erano in larghe zone pianeggiante i due ex aeroporti italiani T 2 e T 5, che però il 14 giugno, per ordine del vice maresciallo dell’aria Arthur Coningham, Comandante della RAF nel Deserto Occidentale (Western Desert Air Force), erano stati necessariamente abbandonati dai caccia della difesa, trasferiti negli aeroporti di Sidi el Barrani, che erano al di fuori del raggio d’azione di Tobruk per poterlo protegge, ad eccezione del 250° Squadron i cui Kittyhawks erano dotati di serbatoi supplementari. Lo stesso trasferimento, con i tedeschi che avevano raggiunto El Aden, avvenne il 17 giugno anche per i caccia e i bombardieri di base a Gambut, situato tra Tobruk e Bardia, e successivamente, il giorno 19, per le piste di Sidi Azeiz.Per i britannici occorreva tenere Tobruk per usarla come perno di manovra della linea Tobruk-El Adem-Bir el Gobi e per proteggere la ritirata e il riassetto dei reparti dell’8a Armata da El Gazala alla frontiera egiziana. Vi erano scorte ingenti accumulate nella piazzaforte in vista di una programmata offensiva (da Rommel anticipata di qualche giorno) che occorreva spostare, assieme ad uomini e automezzi non necessari alla difesa della piazzaforte portandoli alla frontiera. A Tobruk, oltre alle ingenti scorte, vi era una guarnigione più numerosa e meglio equipaggiata di quella che aveva subito l’assedio del 1941.Il 15 giugno il generale Klopper ispezionò il perimetro difensivo, e l’indomani fu la volta del generale Gott che aveva portato il suo Comando del 13° Corpo proprio a Tobruk. Fu accompagnato nella visita dal generale Ritchie, al quale chiese di rimanere a comandare anche le forze di Tobruk, ma a questa proposta il Comandante dell’8a Armata si dimostrò contrario. Il generale Gott, era apparso soddisfatto dall’ispezione, perché la situazione appariva favorevole. Due giorni dopo le sue illusioni erano ormai cadute: la guarnigione era stata tagliata fuori dal resto dell’8a Armata e il suo compito principale restava quindi la difesa dall’esterno del perimetro della piazzaforte. Inoltre Gott non aveva fatto i conti con quelli che erano i progetti di Rommel, che non voleva farsi impastoiare in un nuovo lungo assedio.Difendevano Tobruk la 2a Divisione sudafricana (generale H. Klopper, su due brigate, la 32a Brigata corazzata (generale A.C. Willison) con sessantuno carri in quattro squadroni di Valentine e uno di Matilda (secondo Liddell Hart in The Tank, vi erano invece 71 carri, inclusi 5 Grant del 1° reggimento corazzato), la 201a Brigata Guardie (generale G.F. Johnson), l’11a Brigata di fanteria indiana (generale A. Andeson), tre reggimenti di artiglieria da campagna e due di artiglieria di medio calibro. I cannoni pesanti campali erano 24 (16 da 4,5 pollici e otto obici da 155 mm), i cannoni controcarro erano 69, mentre l’armamento contraereo disponeva di 40 pezzi da 40 mm. Complessivamente vi erano più di 35.000 uomini e più di 2.000 veicoli di ogni tipo. Le riserve disponibili erano ingenti perché in previsione dell’attacco preparato nella Cirenaica occidentale, che Rommel aveva anticipato, l’8a Armata britannica poteva contare su 1 milione e mezzo di libri di benzina, 130.000 cariche per i cannoni da 25 libbre, 7.000 tonnellate d’acqua, 3 milioni di razioni sufficienti per almeno tre mesi. Una parte debole risiedeva nel Comando.Il generale Klopper non possedeva un’esperienza particolare per la guerra nel deserto e non aveva neppure la fortuna di essere assistito da uno Stato Maggiore all’altezza della situazione. Inoltre ricevette dal generale Ritchie soltanto promesse nell’arrivo dei rinforzi che Klopper, con il nemico che si avvicinava a Tobruk, aveva richiesto con insistenza. Non vi era appoggio aereo, perché i velivoli da caccia avevano dovuto abbandonare gli aeroporti avanzati, in particolare il 17 giugno il T2 e T 5 (entro il perimetro difensivo di Tobruk), per ritirarsi fuori dal loro raggio d’azione per la difesa della piazzaforte, nella zona di Sidi el Barrani.Il 18 e il 19 giugno i britannici constatarono che le forze aeree dell’Asse erano insolitamente tranquille, ma non immaginavano che stavano risparmiandosi per fare uno sforzo molto speciale il giorno 20. Per disporre in Cirenaica durante l’attacco contro Tobruk di un maggiore appoggio aereo, richiesto del generale Rommel al feldmaresciallo Kesselring il 19 giugno il X Fliegerkorps trasferì a Derna da Eleusis (Grecia) e da Iraklion (Creta) gli Ju 88A del il 2° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (II./LG.1) e del 1° Gruppo del 54° Stormo Bombardamento (I./KG.54), mentre il 1° Gruppo del 1° Stormo Sperimentale (I./LG.1) forni l’indomani il suo contributo d’attacco partendo con i suoi Ju 88A direttamente da Iraklion.Il 20 giugno, senza considerare i rinforzi del X Fliegerkorps – forse al massimo una cinquantina di velivoli da bombardamento Ju 88 – erano disponibili in Libia, nel Comando Aereo Africa (Fliegerführer Afrika), altri 260 aerei tedeschi (145 efficienti) dei quali 9 caccia bombardieri Bf 109 delle Squadriglie Jabo JG.27 e JG.53 (5 efficienti), 24 distruttori Bf 110 del III./ZG.26 (15 efficienti), 20 ricognitori Bf. 109, Bf. 110 e Hs 126 della Squadriglia 4.(H)./12 (12 efficienti) 6 ricognitori stategici Ju 88D della Squadriglia 1.(F)/121 (3 efficienti), 11 bombardieri Ju 88A della Squadriglia 12./LG.1 (6 efficienti), 77 bombardieri in picchiata Ju 87 Stuka dello St.G.3 (34 efficienti), e 104 caccia Bf 109 dell’JG.27 e del III./JG.53 (65 efficienti). A queste forze aeree della Luftwaffe si aggiungevano quelle della Regia Aeronautica che, come risulta nel Diario Storico della 5a Squadra Aerea, quello stesso giorno 20 avevano bellicamente efficienti in Libia 390 velivoli: 17 bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 35° Stormo; 15 aerosiluranti S. 79 del 131° e 133° Gruppo; 65 caccia Mc. 202 del 4° Stormo; 69 caccia Mc. 200 del 2° Stormo e del 150° Gruppo Assalto; 37 tuffatori Cr. 42 del 50° e 160° Gruppo; 27 assaltatori G. 50 del 12° e 160° Gruppo, nonché 41 Ghibli e 9 Ca. 311, impiegati in vari usi e di collegamento. Il generale Auchinleck era dell’idea che Tobruk non dovesse essere di nuovo investito, ma non poteva neppure arrendersi al nemico. Pertanto ordinò al generale Ritchie che Rommel fosse fermato su una linea lungo il perimetro occidentale della piazzaforte, che si prolungava a sud. Il Comandante dell’8a Armata aveva già deciso altrimenti, emanando ordini secondo cui per difendere Tobruk le unità preposte alla difesa del caposaldo si sarebbero dovute riunire e organizzarsi al confine della Cirenaica e non nel mezzo della battaglia che si combatteva intorno a El Adem. Così Rommel fu messo in grado di occupare rapidamente da ogni lato la zona intorno a Tobruk e sferrò un violentissimo attacco da sud-est.Ciò avvenne con un magistrale dietro-fronte delle forze mobili in cui si riconosceva la genialità di Rommel nel campo tattico, per non dare sospetti al nemico che si aspettava che avrebbe continuato ad avanzare verso Bardia. Con una straordinaria marcia notturna di una cospicua massa di mezzi da combattimento e da trasporto in un terreno irregolare cosparso di relitti bellici di ogni tipo, all’alba del 20 giugno il DAK e il 20° Corpo d’Armata si portarono nella zona scelta per l’attacco, e soltanto allora i difensori, con la foschia del mattino che cominciava a diradarsi, si accorsero della minaccia. Secondo Michaell Carver in Tobruk (p. 302-303), “Gli artiglieri tedeschi furono particolarmente sorpresi nel constatare che le postazioni preparate e occupate per il progettato attacco del novembre 1941 erano non solo intatte ma con tutte le munizioni che vi erano state ammucchiate a quell’epoca”.La giornata del 20 fu decisiva per la rotta britannica. L’attacco tedesco e italiano ebbe inizio alle 06.30 circa, investendo pesantemente il perimetro difensivo di Tobruk (che misurava 48 km) nella zona sud-est tenuta dall’11a brigata indiana e dal britannico 2° Reggimento Queen's Own Cameron Highlanders, con l’artiglieria e con i velivoli dell’Aviazione impiegati a ondate successive, che attaccarono fino al tramonto.Allo sfondamento del fronte parteciparono sul fianco sinistro, partendo da ovest, le divisioni Panzer del DAK (generale Walter Nehring), 15a (generale Gustav von Vaerst) e 21a (generale Georg von Bismarck), che con i loro 113 carri disponibili quel giorno costituirono indubbiamente le punte di diamante dell’offensiva. Tra le due divisioni vi era la fanteria del Gruppo Menny sottratto alla 90a Divisione leggera. A sinistra della 15a Panzer vi erano le forze italiane: la divisione corazzata Ariete (generale Giuseppe De Stefanis) e la divisione motorizzata Trieste (generale Aranaldo Azzi) del 20° Corpo d’Armata (generale Ettore Baldassarre), con circa 70 carri armati. Seguiva, per ripulire il terreno, dietro il DAK e il XX Corpo d’Armata, la divisione di fanteria Brescia (generale Giacomo Lombardi) del 10° Corpo d’Armata (generale Benvenuto Gioda), mentre invece le divisioni del 21° Corpo d’Armata (generale Enea Navarini), Trento (generale Francesco Scotti) e Sabratha (generale Mario Soldarelli), svolgeva ad occidente del perimetro azione dimostrativa effettuando finti attacchi per trattenervi le forze nemiche.Infine, la 90a Divisione leggera (generale Ulrich Kleemann), meno naturalmente il Gruppo Menny, assieme alla 3a e 33a Unità da Ricognizione, stava proteggendo il fianco meridionale, in direzione di Bardia e Sidi Azeiz, contro qualsiasi incursione da parte delle forze mobili dell’8a Armata britannica. Più indietro, a sud del perimetro sud-orientale di Tobruk, vi erano pronte ad intervenire la divisione corazzata Littorio (generale Adolfo Infante), giunta di recente con organici molti ridotti, e la divisione di fanteria Pavia (generale Arturo Torriano) del 10° Corpo d’Armata.Apertosi un ampio varco con il bombardamento degli Stukas e dell’artiglieria (in cui furono tra l’altro impiegati cannoni pesanti tedeschi da 150, 170 e 210 mm, e italiani da 149 e da 152 mm), che come descrisse il tenente colonnello Friedrich Wilhem von Mellenthin capo ufficio operazione del DAK, “fu di potenza combinata terrificante”, intervennero i reparti genio pionieri del 900° Battaglione.[2] Sotto il fuoco delle mitragliatrici nemiche dei fanti del 2° battaglione del 5° Reggimento Maharattas, i genieri tedeschi gettando dei ponti sopra le fosse anticarro e, sminando il terreno, dettero modo alle forze corazzate del generale Nehring, strettamente supportati dalla fanteria della 15a Brigata Fucilieri, di avanzare tra i varchi e penetrare tra le ridotte fortificate, demolite dal pesante bombardamento, per poi dividersi. La 15a Panzer, che aveva chiesto l’appoggio dei pezzi da 88 della 13a Batteria dell’Ariete per demolire con tiro diretto fortini nemici, superato il perimetro difensivo alle 08.30 diresse verso sinistra per aggirare il fronte; la 21a Panzer, che segui subito dopo, essendo stata ritardata nell’attraversare un campo minato (per questo motivo il generale von Bismarck sostituì immediatamente il comandante del 900° Battaglione pionieri), punto a destra dirigendo sul ciglione Solaro, da dove si controllava il porto di Tobruk.Contemporaneamente più a ponente, ma con maggiori difficoltà di penetrazione nell’attaccare le tenaci difese del 2° Reggimento Cameron Highlanders, appoggiato dall’artiglieria, e poi sostenuto anche da uno squadrone di carri Valentine del 7° Reggimento Royal Tank (tenente colonnello Henry Bowreman Foote), avrebbero dovuto muovere (dopo l’apertura dei varchi da parte di due compagnie del 31° Battaglione pionieri del 21° Corpo d’Armata, con l’appoggio dei cannoni da 75, 88, 90 e da 100 mm) le forze italiane del 20° Corpo d’Armata, con i loro settanta carri armati della divisione corazzata Ariete (2 battaglioni) e della divisione motorizzata Trieste (11° Battaglione). Dovevano seguire i reparti di fanteria dalla divisione Brescia del 10° Corpo d’Armata, che accodata alle divisioni mobili era incaricata di rastrellare il terreno, dirigendo poi verso Pilastrino.Alle 10.00 le forze tedesche avevano superato per 3 km il primo sbarramento difensivo del 2° battaglione del 5° Reggimento Maharattas, ed avevano anche respinto il contrattacco de 7° Reggimento Gukhas, mentre purtroppo le fanterie italiane della Trieste e dell’Ariete, pur avendo l’ausilio dei carri M 13 e M 14 che avanzavano per dare appoggio immediato alla fanteria, non ebbero uguale successo. Il passaggio attraverso il reticolato del 12° battaglione dell’8° Reggimento bersaglieri dell’Ariete ebbe inizio intorno a mezzogiorno, seguito nelle prime ore del pomeriggio dal 5° battaglione, mentre i fanti della Trieste erano ancora immobilizzati sul terreno. Questa differenza di comportamento tra italiani e tedeschi nella realizzazione della rottura del perimetro difensivo nemico, è stata spiegata dal generale Mario Montanari, nella sua opera “Le operazioni in Africa Settentrionale”, (Vol. III, p. 325), “dall’iniziativa di ufficiali atedeschi … e dalla migliore organizzazione e dall’ottimo coordinamento fanteria-carri-artiglieria”.Alle 14.00 il porto di Tobruk cadde sotto il fuoco delle artiglierie. Alle ore 15.00, per la sempre più rapida avanzata delle forze tedesche verso l’interno del perimetro difensivo e verso il porto, la situazione dei difensori era disperata. I carri del 5° Reggimento della 15a Panzer fronteggiarono agevolmente un contrattacco di carri Valentine dello Squadrone del 7° Reggimento Royal Tank che era stato richiamato dal sostegno al 2° Reggimento Cameron Highlanders (il quale tenacemente continuava a rendere difficile l’avanzata del 20° Corpo d’Armata italiano) e dopo averlo annientato puntarono sul Forte Solaro.Poiché l’Ariete non si riusciva a superare, aprendo dei varchi, le posizioni del 2° Cameron, l’8° Reggimento bersaglieri, con manovra aggirante, conquistava alcuni fortini, mentre il 132° Reggimento carristi passò attraverso una breccia nella zona della 15a Panzer per attaccare il fianco difensivo del reggimento britannico e altre unità, e fu seguito dal 9° Reggimento bersaglieri, per poi raggiungere il bivio di Sidi Mahamud per proteggere sulla destra le unità del DAK. Successivamente, la divisione Trieste, che non riusciva a fare progressi nel suo settore, inviò all’Ariete una colonna mobile con un nucleo Comando (colonnello Gherardo Vaiarini), due battaglioni di fanteria e due gruppi di artiglieria, per poi restare con le restanti forze, poste sulla difensiva, nel settore del 20° Corpo, dove anche la Brescia, che doveva rastrellare il terreno dietro i carri armati, restò quasi immobilizzata dietro le posizioni della Trieste. Fu soltanto alle 13.00 che il 2° Battaglione del 20° Reggimento Fanteria, avendo conquistato due fortini, raggiunto dal 1° Battaglione del 19° Reggimento, cominciò l’allargamento della breccia.Nel frattempo, come programmato, durante il giorno si erano verificati, in appoggio all’offensiva del DAK, pesanti attacchi in picchiata di demolizione da parte degli aerei tedeschi, (bombardieri Ju 87 e Ju 88, distruttori Bf 110 e cacciabombardieri Bf 109), che batterono prevalentemente nel settore sud-est fortini e centri di resistenza per agevolare l’avanzata delle truppe. Contemporaneamente, da parte italiana i bombardieri in quota Cant. Z. 1007 bis del 35° Stormo attaccarono in rada obiettivi navali e impianti portuali (gli equipaggi ritennero di aver colpito due piroscafi uno dei quali saltato in aria), mentre i tuffatori Cr. 42 del 50° Stormo Assalto, i Mc. 200 del 150° Gruppo, martellarono con le bombe alari gli obiettivi sulla parte centrale della piazzaforte, in cui si trovavano concentramenti di artiglieria.[3]Da parte della RAF, quando fu conosciuta la grave situazione dei difensori, l’unico appoggio che fu dato per allentare la pressione del nemico su Tobruk fu quella di mandare nove bombardieri bimotori Boston, scortati da caccia Kittyhawks a lungo raggio del 250° Squadron, ad attaccare veicoli concentrati nei pressi del perimetro difensivo.Alle 13.00, secondo il rapporto del generale Auchinleck, tutti i carri armati britannici tipo “I” (Valentine) del 4° e 7° Reggimento della 32a Brigata corazzata che avevano contrattaccato (ricordiamo che i Valentine con i carri Matilda erano in tutto 61), scontrandosi tenacemente con la 15a Panzer, in parte con la 21a e un piccolo gruppo con l’Ariete, erano fuori combattimento. Alle 14.00 i carri armati tedeschi della 21a Panzer, continuando ad avanzare in direzione nord-ovest, distrussero l’artiglieria da campagna nelle sue posizioni difensive, “pezzo per pezzo”, per poi travolgere le artiglierie in seconda schiera nel settore orientale. Ne seguì che in breve tempo, superando altri concentramenti difensivi, quelli della Blue Line, le divisioni corazzate del DAK conquistarono tutte le posizioni della vasta piazzaforte, compreso l’aeroporto orientale T 2, raggiunto dalla 15a Panzer. E ciò avveniva mentre l’Ariete stava ancora cercando di raggiungere la strada di El Adem, la Trieste manteneva le sue posizioni, e la Brescia avanzava lentamente trovando opposizione nelle posizioni difensive britanniche.Nel frattempo la 90a Divisione leggera, (meno il Gruppo Menny), assieme alla 3a e 33a Unità da Ricognizione, fermava facilmente a oriente un tentativo del 13° Corpo d’Armata britannico del generale Gott di avanzare verso Sidi Rezegh, pur avendo una massa di forze costituita da una colonna mobile di 66 carri armati e 116 cannoni.Alle 17.00 i carri armati tedeschi della 21a Panzer del generale Georg von Bismarck, cui lo stesso Rommel recatosi al crocevia di King’s Cross aveva ordinato di puntare su Tobruk invece di insistere nel conquistare la scarpata Solaro, presero posizione sul ciglione sopra il porto. Alle 17.45 il capitano di vascello Philip Norman Walter, Comandante della Divisione Costiera (Inshore Squadron), riferì al Comando dell’8a Armata che i carri tedeschi si stavano avvicinando alla città, che le demolizioni sarebbero state ordinate da un momento all’altro, e che egli stava per far allontanare le sue navi.Alle 18.30 i carri della 21a Panzer, tipo III e IV, scendendo da King’s Cross, erano in grado di sparare sul porto con i loro cannoni a canna lunga da 50 e 75 mm. A quell’ora Tobruk fu tagliato fuori dal resto della piazzaforte, e alle 19.00 i carri tedeschi, avendo richiesto all’artiglieria di cessare di sparare sulla città, poterono avanzare rombando per le strade urbane dirigendo verso il porto, dove i difensori compivano frenetici tentativi di demolizione degli impianti. Nello stesso tempo la 15a Panzer, che proteggendo il fianco sinistro della 21a doveva conquistare Forte Solaro, diresse invece ad ovest sopra il ciglione Pilastrino.Frattanto, per ordine del generale Klopper, che aveva lasciata la sua sede nel minacciato ciglione Solaro per aggregarsi al Comando della 6a Brigata sudafricana situato nell’angolo nord-ovest delle difese, si stavano distruggendo tutti i documenti, i cifrari, i codici, il centralino telefonico e l’apparecchiatura radio, in pratica tutti i mezzi per poter continuare l’azione di comando. Da parte del Comando dell’8a Armata arrivò la sollecitazione che, se la situazione non fosse migliorata, la distruzione dei depositi della benzina era vitale. Il generale Klopper annunciò che in serata avrebbe fatto un contrattacco, e alle 02.00 del 21 giugno riferì al generale Ritchie che non avendo più artiglieria e mezzi di trasporto avrebbe combattuto fino all’ultimo uomo. Ma si trattò di una Chimera, perche Klopper si rese conto che prolungare la resistenza sarebbe stato un elemento trascurabile nella capitolazione di Tobruk, e non avrebbe giustificato la perdita di uomini che si sarebbe verificata. Gli ultimi ad arrendersi furono i fucilieri Gurkha e gli indomiti Highlanders Cameron, e ciò avvenne dopo la minaccia di fucilazioni se avessero persistito nel trascurare la capitolazione.Sempre nella serata del 20 giugno le due divisioni corazzate tedesche, con una piccola aliquota dell’Ariete, avevano compiuto una profonda ma stretta penetrazione che andava dal varco aperto nel perimetro difensivo fin dentro Tobruk, e nelle prime ore del 21 il Comando della guarnigione britannica mandò parlamentari ad arrendersi presso le divisioni 15a e Trento. Alle 09.30 Rommel incontrò Klopper a 6 km ad ovest di Tobruk accettando la resa, e ciò portò all’Asse un bottino straordinario: sette generali, 33.000 uomini (dei quali 19.000 britannici è il resto delle colonie), 2.000 tonnellate di carburante non andato distrutto, 2.000 veicoli efficienti, 30 carri di ripristinabile efficienza, 5.000 tonnellate di viveri e ingenti quantità di munizioni e di altro materiale bellico. A questo successo si aggiungevano i circa 20.000 uomini perduti in precedenza dai britannici, in una battaglia che era costata loro la perdita del 50% delle sue forze, quantificabili in 1.188 carri armati, (con i 61 che difendevano Tobruk), 800 cannoni, 5000 automezzi, mentre l’aviazione italo tedesca si accreditò l’abbattimento di 130 aerei nemici, perdendone soltanto 33.Da parte tedesca, secondo quanto segnalato il 24 giugno dall’OKW, il Quartier Generale della Wermacht, le perdite riportate nella Battaglia di Ain el-Gazala e di Tobruk furono approssimativamente di 3.360 uomini, di cui ben 300 ufficiali, 570 sottufficiali e 2.490 di altri ranghi. Si trattava del 15% delle forze impiegate, mentre raggiunse ben il 70% tra gli ufficiali carristi e di fanteria. Non conosciamo l’esatto numero delle perdite da parte italiana. Comunque tedeschi e italiani persero nel corso della battaglia circa 400 carri armati.Purtroppo, come vedremo, sul fronte marittimo si ebbe nel corso della battaglia il solo appoggio di sei motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia che contribuirono ai successi delle forze terrestri e aeree affondando diverse unità navali britanniche che tentavano di allontanarsi da Tobruk. E’ questo per la Regia Marina, che aveva rifiutato la richiesta di Rommel di appoggiare l’offensiva dal mare (anche con bombardamento navale), con la sempre stucchevole giustificazione che le grandi unità servivano per proteggere i convogli, mentre in realtà si tendeva a combattere al risparmio per non perdere o aver danneggiate le navi, rappresentò indubbiamente una delle sue tante perdite di prestigio, che in Italia, di fronte alla vittoria terrestre di Ain el-Gazala - Tobruk, si è voluto ignorare. L’evacuazione di Tobruk La completa mancanza di conoscenza della situazione che si stava sviluppando negativamente per i britannici da parte del comandante locale dell'Esercito, il generale Klopper, del comandante responsabile del porto di Tobruk, capitano di vascello Frank Montem Smith, e del comandante del famoso Inshore Squadron, capitano di vascello Philip Norman Walter, non portarono ai risultati che da loro si attendevano. Di conseguenza le programmate demolizioni navali, che riguardavano i depositi di combustibile e oli minerali, furono svolte in modo incompleto e soltanto qualche piccola imbarcazione, per di più mezzi da sbarco, carichi di uomini da evacuare, poté scappare in tempo alla distruzione o alla cattura. E questo grazie anche all’iniziativa del comandante della motosilurante MTB.260 e della 10a Squadriglia, tenente di vascello Martin Solomon, che stendendo una cortina di fumo permise a molte piccole imbarcazioni di uscire dal porto sotto un bombardamento continuo. Una ventina d’imbarcazioni di vario tipo, in parte colpite da cannoni e mitragliatrici, andarono perdute nel porto; le altre, in parte leggermente danneggiate, poterono salpare. Non restavano in rada navi mercantili poiché il 17 giugno avevano ricevuto l’ordine di lasciare Tobruk.Pertanto, le perdite navali di mezzi minori non erano da considerarsi gravi. I capitani di vascello Smith e Walter, che si trovavano entrambi nella sede del Comando Marina circondato dai carri armati tedeschi, dopo essersi allontanati e aver contribuito con il primo aiutante della base, capitano di corvetta W.G. Harris, a fissare cariche di demolizione in depositi di combustibile, s’imbarcarono al molo n. 6 su un mezzo da sbarco “Z” lighter, l’unico disponibile ancora in porto. Esso però, mentre muoveva, fu preso sotto il tiro dei carri armati e di un cannone da 88 mm, che sparava dall’estremità superiore della baia. Il mezzo da sbarco fu colpito in pieno dai carri armati e prese fuoco nella sala macchina e vi furono degli ustionati gravi. L’incendio si spense dopo pochi secondi, mentre invece i due motori restarono immobilizzati e il mezzo andò alla deriva. I comandanti Smith e Walter furono entrambi feriti. Smith, ebbe un braccio reciso, e in seguito a questa grave ferita decedette, mentre Walter, fatto prigioniero, fu portato l’indomani nell’ospedale di Tobruk.Il dragamine di squadra Aberdale (capitano di corvetta William Harold Brittain), la più importante nave da guerra presente a Tobruk, fu una delle ultime unità a lasciare il porto trasportando più di un centinaio di militari. Un’altra delle navi partite per ultime fu il whaler sudafricano Parktown del (tenente di vascello Leslie James Jagger) che a Tobruk, assieme all’altro whaler sudafricano Bever (tenente di vascello Peter Allan North), ebbe il compito di mantenere aperti dalle mine i canali di sicurezza per le navi in arrivo nel porto.Quando, poco prima delle ore 18.00, fu chiaro che i tedeschi avendo superato il perimetro difensivo della piazzaforte e avanzando stavano puntando su Tobruk, al Parktown, al Bever e ad altre piccole navi che si trovavano nel porto fu ordinato di imbarcare gli uomini che si apprestavano ad evacuare la piazzaforte. L’arrivo dei carri armati tedeschi della 21a Divisione Panzer, che seguiti da fanteria erano entrati dall'estremità occidentale della città, alle 20.00 raggiunsero il porto, scatenando l’inferno.La rapidità dell'attacco provocò grande confusione, tuttavia diverse navi, imbarcati la maggior parte degli uomini assegnati per l’evacuazione, compresi anche quelli che si erano avvicinati a nuoto (il Parktowon prese a bordo un totale di circa 60 uomini), riuscirono ad uscire dal porto inseguite dal tiro dei cannoni tedeschi. Il Parktown, che fu colpito da granate non gravemente, rispose sparando con le sue mitragliatrici, mentre si allontanava alla massima velocità. Un solo uomo, un sottufficiale dell’Esercito, resto ucciso. Anche il Bever fu colpito in pieno da un proiettile che uccise un uomo, ma il whaler riuscì a raggiungere Marsa Matruch. Non poté salvarsi la LCT 117 (sottotenente di vascello Eric Davies), che con altri tre mezzi da sbarco per carri armati era arrivata a Tobruk da Alessandria a metà pomeriggio del 20 giugno 1942. Una volta attraccata al punto segnalato aveva cominciato a scaricare su una spiaggia a fianco di un molo, dove più tardi ricevette l’ordine di imbarcare del personale che doveva essere evacuato da Tobruk, e che cominciò ad arrivare con gruppi sbandati mentre continuava il tiro dell’artiglieria nemica e l’attacco degli aerei da bombardamento italiani Cant. Z. 1007 bis del 35° Stormo.Poi carri armati tipo III e IV della 21a Divisione Panzer del generale von Bismarck apparvero sulla scarpata orientale sovrastante il porto, e in quel momento la motosilurante MTB 260 del tenente di vascello Martin Salomon cominciò coraggiosamente a stendere una cortina di nebbia sebbene inquadrata dai cannoni tedeschi. Approfittando della copertura fumogena stesa dalla MTB 260, che era sotto il tiro nemico, la LCT 117 cominciò a muovere verso l’imboccatura del porto ma in quel momento il mezzo da sbarco fu colpito in pieno sul ponte, con forte proiezione di schegge, che ferirono alcuni uomini in particolare i serventi del cannone contraereo pom pom da 40 mm. Inoltre fu messa fuori uso la sala macchine, e furono distrutti il ponte di comando e le abitazioni degli ufficiali, che erano completamente in fiamme. Il colpo era risultato mortale e l’equipaggio e i passeggeri della LCT 117, con la nave ormai perduta, saltarono in acqua con barche e gommoni e raggiunsero la riva che si trovava poco distante, per poi cadere prigionieri.La stessa fine fece la LCT 119 che, comandata temporaneamente dai tenente meccanico Tommy Edmond, alle 08.44 dl 15 giugno era stata attaccata presso Tobruk con il cannone dal sommergibile tedesco U 431 (tenente di vascello Wilhelm Dommes) è danneggiata da esplosione di proiettili. Raggiunse Tobruk, ma non potendo muovere per problemi al motore, il 20 giugno fu presa di mira dai sopraggiungenti carri armati della 21a Panzer e ripetutamente colpita da cannoni e mitragliatrici si arrese. Recuperata dai tedeschi fu chiamata Moritz.Anche la motolancia difesa porti della 101a Flottiglia HDML 1069 (capitano di corvetta A.G. Brooks), rimasta indietro con il compito di continuare a prendere parte alle demolizioni di Tobruk, mentre tentava di uscire dal porto fu colpita dal proiettile di un carro armato tedesco, e dovette tornare al molo, dove fu ancora colpita. Il comandante, tutti gli ufficiali e i sottufficiali e cinque uomini dell’equipaggio furono uccisi, e la HDML 1069 fu poi catturata dai tedeschi. Tuttavia, i cinque uomini d’equipaggio superstiti furono raccolti dalla motolancia ML 355 che, anch’essa impegnata nell’opera di demolizione, nonostante la presenza di un carro armato tedesco a circa 300 yards di distanza, riuscì ad uscire dal porto prendendo il largo. Lo stesso fecero l’HDML 1046 e la l’HDML 1048, mentre invece non vi riuscì la ML 1039 che rimase completamente immobilizzata dopo che erano stati uccisi il comandante, tenente di vascello Lionel Pierce Douglas, tutti gli ufficiali, i sottufficiali, e cinque marinai. Un'altra nave che non ebbe scampo fu il drifter Higland Queen, che essendo stato gravemente danneggiato da attacchi aerei nella rada di Tobruk, quel 20 giugno fu autoaffondato in porto dai britannici. L'attacco delle motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia Dopo la partenza da Tobruk le navi che erano riuscite in tempo ad uscire dal porto, evitando la cattura e la distruzione, si costituirono in un convoglio, che comprendeva, secondo Dudley Pope nel suo libro “Flag 4” (p. 51) i whalers sudafricani Parktown e Bever, le motosiluranti della 10a e 15a Flottiglia MTB 61, 260, 262, 267, 309 e 311 (al comando dei tenenti di vascello Martin Solomon e Charles Coles), le motolance difesa porti HDML 1046 e HDML 1048, la motolancia ML 355, tre rimorchiatori, due mezzi da sbarco per carri armati [LCT], un LCA (assalto) e un LCP (personale). Mancano da questa lista il grosso dragamine di squadra Aberdale e la nave difesa locale Magnet e probabilmente altre piccole navi.Nel buio, trovandosi al largo del porto, il Parktown andò in aiuto del piccolo rimorchiatore C 307 in avaria e affollato di uomini. Lo prese a rimorchio, ma essendo il Parktown in grado di sviluppare soltanto una velocità di 5 nodi, non fu in grado di seguire la formazione delle altre navi, e rimase scaduto avendo vicino il rimorchiatore ausiliario Alaisia, che anch’esso procedeva a bassa velocità.Nel frattempo, alle 20.45 del 20 giugno, erano salpate da Derna le motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia S 36, S 54, S 55, S 56, S 58 e S 59, al comando del tenente di vascello Friedrich Kemnade, con il compito di scortare a Ras Azzaz i moto dragamine della 6a Flottiglia (capitano di corvetta Peter Reischauer), che dovevano posarvi uno sbarramento di mine.[4] Il 20 giugno erano nella 6a Flottiglia i moto dragamine R 9, R 10, R 11, R 12, R 13 e R 16 che, dopo aver realizzato il loro sbarramento minato a Ras Azzaz (altra prova tedesca di apprezzabile iniziativa), furono le prime unità dell’Asse ad entrare l’indomani a Tobruk. Le motosiluranti alle 22.55 ricevettero per radio la notizia che la Città e il porto di Tobruk erano in mano tedesca dalle ore 18.44. Occorreva approfittarne subito cercando di intercettare ogni unità navale che fosse uscita dal porto.[5] Per risparmiare benzina, le motosiluranti proseguirono la marcia per una profondità di 15 miglia.Il comandante Kemnade comunicò che le ultime unità britanniche erano uscite al più tardi verso le 18.00, e con una velocità presunta stimata in 9 nodi dovevano essere passate tra le 23.00 e le 24.00 da Ras Azzaz. Conseguentemente le possibilità di trovare le navi nemiche apparivano ormai scarse, per cui Kemnade, che alle 01.00 del 21 giugno aveva fatto aumentare la velocità delle motosiluranti a 26 nodi, portò con la radio a conoscenza della sua valutazione il comandante di zona. Questi rispose alle 02.30: "La missione di sicurezza resta valida". Trascorsero più di due ore poi, finalmente, alle 04.45, la S 58 (sottotenente di vascello Eberhard Geiger), trovandosi in terza posizione nella linea di fila delle motosiluranti, avvistò per nord-est tre piccole navi nemiche e attacco assieme alla S 54 e S 56, dando inizio ad una serie di brillanti e aspri combattimenti svoltisi a distanza ravvicinata tra le 05.00 e le 13.00 del 21, a circa 45 miglia a nord-nordovest di Sidi el Barrani.Dall’altra parte, all'alba avendo percorso sole 50 miglia da Tobruk e trovandosi a una distanza di 14 miglia dalla costa che era in vista, nell’avvicinarsi a un banco di nebbia alquanto spesso, il Parktown, sempre con il dragamine ausiliario C 307 a rimorchio, individuò una piccola imbarcazione che erroneamente fu ritenuta per una motosilurante italiana. Il Parktown cambiando rotta diresse verso il banco di nebbia per nascondersi, ma vide che si stavano avvicinando altre quattro motosiluranti che, suddividendosi in varie direzioni, aprirono il fuoco.La S 54 (sottotenente di vascello Klaus-Degenhard Schmidt) mise in fiamme il rimorchiatore Alaisia, ex cipriota di 72 tsl, mentre le altre due motosiluranti, S 58 e S 56, diressero contro il Parktown e il rimorchiarore C 307 sempre a rimorchio.Il Parktown rispose le sue armi e fu ritenuto che una o due motosiluranti fossero gravemente raggiunte dai proiettili. In effetti nel corso dell’azione contro la nave sudafricana, che era armata con un cannone da 57 mm e con un complesso quadrinato Vickers da 12,7 mm (sembra disponesse in più di un cannoncino Oerlikon da 20 mm), anche la S 58 fu colpita da circa venticinque proiettili (altra fonte parla di quattro colpi) ed ebbe ucciso il comandante Geiger, e feriti il medico di bordo dottor Mehnen e sei membri dell’equipaggio.Ma ancora più seriamente era stato colpito dalle mitragliere tedesche il Parktown che, in una battaglia durata dieci minuti, ebbe anch’esso ucciso il comandante, tenente di vascello Jagger, il timoniere e un ufficiale della Royal Navy, uno degli uomini che erano stati imbarcati a Tobruk. L'ufficiale superstite, sottotenente di vascello Ernest Rowland Frances, egli stesso gravemente ferito, resosi conto che l’armamento era ormai fuori uso e che un incendio si stava diffondendo rapidamente, prese il comando e ordino l’abbandono nave.Su un equipaggio di ventuno uomini il Parktown lamento la perdita di quattro uomini, un disperso e otto feriti gravi. I quarantasette superstiti, comprendendo i soldati, trascorsero il resto della giornata in acqua, sostenuti a un solo galleggiante Carley, ad alcuni salvagenti e a rottami di legno, furono raccolti dopo qualche tempo dalla motosilurante britannica MTB 266 (sottotenente di vascello F.R. Smith), ex US PT 17, dopo di che l’unità, abbandonata, fu finita con cariche esplosive. Gli uomini salvati dalla MTB 266 furono sbarcati a Marsa Matruch ove, a venti ore dall’affondamento, poterono ricevere le prime cure mediche. Anche la motosilurante MTB 260 del tenente di vascello Salomon che scortava il nucleo principale del convoglio, torno indietro per dare soccorso ai naufraghi delle navi affondate, recuperandone centoventi. Si salvò il rimorchiatore C 307 che pur danneggiato e con feriti a bordo riuscì a raggiungere Marsa Matruch, preceduto dal rimorchiatore dell’Esercito Vivian salpato da Tobruk con a bordo tre soldati.Nel combattimento contro il Parktown sudafricano due motori principali della S 58 avevano cessarono di funzionare. Per darle soccorso la S 54 si portò al fianco della S 58, imbarcandovi il tenente di vascello Johannes Backhaus come nuovo comandante. La S 56, che aveva affondato un mezzo da sbarco e una motobarca e reso inutilizzabile un altro mezzo da sbarco, prese a bordo i feriti e, assieme alla S 36, diresse alla massima velocità verso Derna per portarli all’infermeria. Fu anche sbarcata la salma del tenente di vascello Geiger che fu sepolta nel cimitero della città. Sulla loro strada per Derna la S 36 fu involontariamente preso di mira da due caccia tedeschi Bf 109 dell’JG.27, e nel mitragliamento due uomini della motosiluranti furono feriti gravemente. A questo mitragliamento assistettero anche alcune unità britanniche, e fu ritenuto che i tedeschi, per errato riconoscimento, avessero attaccato un Mas italiano.Nella giornata del 21 giugno le motosiluranti furono protette da tredici Bf. 109 dell’JG.27, che però non ebbero occasione d’intervenire tanta era la mancanza della RAF in quel tratto di mare, essendo impegnata a contrastare l’avanzata tedesca nella Cirenaica orientale.Nel frattempo la pur menomata S 58, al comando del tenente di vascello Backhaus, si rese anche protagonista del siluramento di un piroscafo, all’epoca ritenuti di 5.000 tonnellate, e che oggi sappiamo essere l’olandese Ageetkerk, di 6.818 tsl. Esso era stato portato ad incagliare a Tobruk, ed abbandonato, essendo stato colpito da tre bombe dagli Ju 87 del II./St.G.3 (maggiore pilota Kurt Kuhlmey) il 14 giugno nel corso dell’operazione “Vigorous”. Il carico della nave consisteva ancora in 5.000 tonnellate di combustibili liquidi. La S 58 catturò anche un piccolo mezzo da sbarco facendo prigionieri dodici uomini.Intanto, dopo aver attaccato il rimorchiatore Alaisia, abbandonandolo in fiamme, alle 12.09 la S 54 del sottotenente di vascello Klaus-Degenhard Schmidt aveva affondato il motoveliero ausiliario (schooner) a due alberi Kheir-el-Dine, di 150 tonnellate, che esplose e si capovolse in lat. 32°08'M, long. 25°05'E. Preso sotto tiro, l'equipaggio del motoveliero aveva alzato bandiera bianca e si era gettato in mare. Ma uno degli uomini, che chiaramente non sapeva nuotare, stava per affogare: Fu visto annaspare con le braccia e udito gridare. Nessuno dei suoi compagni lo aiutò, perciò il sottufficiale Thenhausen si tuffò dalla S 54 e lo portò in salvo sulla motosilurante, dove fuirono accolti anche gli altri 40 membri dell'equipaggio delKheir-el-Dine, fatti prigionierti. La S 54 registrò anche l'affomndamento di un natante <a motore, forse la goletta dell'Esercito Eskimo Nell.La S 55 (sottotenente di vascello Horst Weber), dopo aver conseguito successi su due piccoli mezzi da sbarco veloci carichi di soldati, gli LCM 145 e LCM 146, che furono catturati, mise in fiamme il grosso mezzo da sbarco LCT 150, che aveva a bordo tre veicoli e un trattore cingolato, e lo catturo per poi, estinte le fiamme, prenderlo a rimorchio portandolo a Tobruk assieme a 108 prigionieri. Alla cattura da parte di una motosilurante tedesca dell’LCT 150 (che già nel porto di Tobruk era stata colpita dalle cannonate dei carri armati tedeschi ed era in precarie condizioni di navigabilità), assistette da alcune miglia di distanza l'equipaggio della LCT 104 (tenente di vascello Sidney Henry), anch’essa facente parte del convoglio, e che riuscì a salvarsi raggiungendo Marsa Matruch. Impiegata come garage per i camion dei pompieri, la LCT 150 fu distrutta da un incendio durante l’evacuazione e la demolizione di Tobruk l’11 novembre 1942.Nel frattempo la motosilurante S 56 aveva affondato un mezzo da sbarco e una motobarca, e reso inutilizzabile un altro mezzo da sbarco, dei quali catturò cinque uomini, tre ufficiali, un ufficiale medico e un marinaio, quest’ultimo ferito assieme a un sottotenente. E’ possibile che una delle navi, catturata, fosse il rimorchiatore JTA 1, mentre lo schooner salvataggio Lars Risdahl (119 tonn), attaccato da un’altra motosilurante fu abbandonato dall’equipaggio. Recuperato dai tedeschi e rinominato Alexander, venne impiegato a Tobruk quale nave deposito della 6^ Flottiglia motodragamine tedesca, per poi essere distrutto da una bomba incendiaria in un attacco aereo degli Alleati del 7 ottobre 1942.In effetti, nell’attacco al convoglio le motosiluranti tedesche dettero una straordinaria dimostrazione di efficienza. In totale esse incendiarono il rimorchiatore Alaisia (che fu poi catturato e portato a Tobruk e successivamente assegnato quale preda bellica agli italiani), affondarono il trawler Parktown e i motoveliero Kheir-el-Dine e Eskimo Nell, silurarono il piroscafo incagliato Ageetkerk, e catturarono il rimorchiatore JTA 1, la nave salvataggio Lars Risdahl, i mezzi da sbarco LCT 150, LCM 145 e LCM 146.[6]Risulta poi che i rimorchiatori Vixen e C 307, il secondo sebbene danneggiato dalla S. 54, sfuggirono alla cattura raggiungendo Marsa Matruch, ma di essi il Vixen, per un guasto, fu abbandonato in costa il 24 giugno 1942. Anche il mezzo da sbarco LCT 4 (shipper George Turrell), che aveva assistito alla cattura della LCT 150, riuscì a salvarsi. Con feriti a bordo si portò all’incaglio a Marsa Matruch, dove furono contati sullo scafo e sulle sovrastrutture ben 140 fori di proiettili di mitragliere. Poterono sottrarsi alla distruzione anche altre navi del convoglio che non furono attaccate, e tra queste il grosso dragamine di squadra Aberdale e la nave difesa locale Magnet.Secondo Dudley Pope (p. 51), oltre al Parktown, andarono perduti, per affondamento o cattura, le motolancie difesa porti HDML 1039 e HDML 1069 [che però era rimasta a Tobruk], tre rimorchiatori, tre motovelieri incluso uno da salvataggio, un LCA, cinque LCM, un LCP e altri sette mezzi da sbarco minori. Tra le piccole navi affondate dalle motosiluranti vi era un piccolo famoso mestierante del porto di Tobruk, la goletta Eslimo Nell. Le poche navi superstiti del convoglio partito da Tobruk, con tutte le sei motosiluranti, raggiunsero Marsa Matruh per poi trasferirsi adAlessandria.Tuttavia, per alcuni dei mezzi riportati perduti nell’attacco delle motosiluranti affondati o catturati a Tobruk, che secondo il Diario dell’Ammiragliato furono 24, vi è ancora parecchia incertezza, che forse non sarà mai chiarita. Questa incertezza riguarda la perdita dei piccoli mezzi da sbarco LCA 193, LCM 110, 113, 148, LCP (L) 64 (recuperato dai tedeschi e impiegato come N 64), LCS (M) 4, 6, 15 (recuperato dai tedeschi e mandato a riparare in Italia per poi essere impiegato nella 2a Flottiglia da sbarco), 18, 19, 22 (recuperato dai tedeschi e utilizzato della 3a Flottiglia Motosiluranti), e i rimorchiatori J.T.A.7, e 14.[7] *** La Seekriegsleitung (SKL) l’organo operativo dell Alto Comando della Kriegsmarine (OKM), ricevuto il rapporto sull’azione delle motosiluranti dal vice ammiraglio Eberhard Weichold, Comandante della Marina Tedesca in Italia, in cui si esaltava l’azione delle motosiluranti in un combattimento “spesso amaro e da distanza ravvicinata contro navi nemiche che erano dotate di armi automatiche” e che avevano colpito più volte tutte le navi e danneggiando gravemente la S 58 che ebbe ucciso il suo comandante e causando sei feriti, trasmise alla 3a Flottiglia motosiluranti il seguente elogio con il telegramma n. 23053 del 22 giugno: “Si concorda pienamente con il parere espresso dall’Ammiraglio Comandante Navale tedesco in l'Italia sul fatto che i realizzati successi sono dovuti alla grinta aggressiva della flottiglia, del suo comandante, e dei capitani delle singole unità”. La SKL apprezzò anche quanto fatto dai motodragamine della 6a Flottiglia che fin dal 21 giugno cominciò senza indugio a perlustrare l'ingresso della baia di Tobruk, con le operazioni di bonifica dalle mine, allo scopo di preparare4 il porto e le strutture, come moli e banchine, allo scarico delle navi..Lo stesso giorno fu subito disposto dal vice ammiraglio Weichold che un ufficiale di Marina del Comando Navale tedesco in Nord Africa andasse a Tobruk, per impiantarvi un comando germanico. A Weichold, per sua esplicita richiesta, fin dal 17 maggio 1942 era stato affidato da Supermarina il compito di rifornire direttamente la linea del fronte tedesco oltre Bengasi con le sue motozattere, proteggendole con le sue poche motosiluranti e moto dragamine. In seguito, dovendo spingere le sue piccole navi fino a Marsa Matruh, che era stata conquista dalle forze dell’Asse, Weichold si lamentò di non aveva i mezzi necessari per farlo. Pertanto sollecitò gli italiani a impegnarsi nei rifornimenti costieri con maggiore vigore, e in effetti Supermarina organizzo un servizio di proprie motozattere protette da motosiluranti dislocate in quella località dell’Egitto. L’ufficiale tedesco arrivo a Tobruk il 22 giugno e la sera dello stesso giorno assumeva il comando, proprio mentre gli italiani si apprestavano a fare lo stesso; naturalmente, pur non avendo fatto nulla, essi pretesero, senza alcuna opposizione da parte tedesca, che l’effettivo Comando della base di Tobruk, in attesa di raggiungere e insediarsi come speravano, illudendosi, nel porto di Alessandria, fosse assegnato a un loro Ammiraglio. Conclusione. Le conseguenze della caduta di Tobruk. La resa della piazzaforte di Tobruk, che aveva resistito per otto mesi all’assedio del 1941, fu un colpo inaspettato e durissimo per i britannici, tanto che contro Churchill fu presentata una mozione di sfiducia alla Camera dei Comuni, che poteva portare a Londra ad una crisi politica. Ma la rapida conquista di Tobruk, che indusse il Ministero della Marina britannica ad avvertire il Primo Lord del Mare, ammiraglio Dudley Pound “a prepararsi per il peggio”, cioè alla perdita di Alessandria, generò anche sorpresa a Roma e a Berlino, dal momento che, prevedendo una lunga campagna, nessuno si aspettava che quel caposaldo nemico sarebbe caduto così presto.[8]Fu allora necessario prendere una decisione, fermarsi alla frontiera egiziana per permettere di riportare in sicilia le forze aeree tedesche del II Fliegerkorps e le unità navali della Kriegsmarine in modo da realizzare, come previsto, la conquista di Malta (Operazione C. 3), oppure sfruttare il successo, come voleva Rommel, per raggiungere la Valle del Nilo e conquistare il Canale di Suez. In seguito all’intervento di Hitler, che scrisse a Mussolini di non lasciarsi sfuggire quell’occasione, fu deciso di avanzare in Egitto verso Alessandria, che però non fu raggiunta perche alla fine di giugno le armate italo - tedesche dovettero fermarsi sulle fatali dune di El Alamein.Molti storici hanno considerato un fatale errore l’avanzata di Rommel, che dopo la presa di Tobruk fu nominato da Hitler feldmaresciallo; ma come si faceva a non rendersi conto che se l’offensiva in Egitto, che si svolgeva travolgente, fosse riuscita, portando alla conquista di Alessandria e del Canale di Suez, era come aver vinto la guerra nel Mediterraneo. Malta sarebbe caduta subito dopo. La perdita di Tobruk si verificò il giorno del 58° compleanno del generale Auchinleck, il quale dovette dare la notizia al Primo Ministro britannico, Winston Churchill, che il mattino del giorno 21 giugno si trovava a Washington, alla Casa Bianca, nello studio del Presidente Frank Delano Roosevelt. Quest’ultimo presentò a Churchill un telegramma nel quale si comunicava “Tobruk si è arresa. Il nemico ha catturato 25.000 prigionieri”. Immediatamente il Primo Ministro chiese al generale Hasting Lionel Ismay, Segretario Generale del Gabinetto di Guerra britannico, di telefonare a Londra per controllare la tremenda notizia, che arrivò poco dopo.Fu un colpo terribile per Churchill, ma che in parte fu alleviato dalla generosa decisione di Roosevelt e del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito statunitense generale George Catlett Marshall, di ordinare che i 300 nuovi carri armati Sherman, attesi con ansia dalle unità corazzate statunitensi, fossero invece inviati immediatamente nel Medio Oriente. Un mese dopo gli Sherman, che erano di qualità superiore ai carri armati dell’Asse per protezione, mobilità e armamento (tranne il tipo IV tedesco con cannone lungo da 75 mm), arrivarono a Suez, ed impegnati nella battaglia di El Alamein contribuirono in modo determinante alla vittoria britannica, restituendo a Rommel lo spietato colpo da lui inferto a Tobruk. BIBLIOGRAFIA Nella compilazione di questo Articolo sono state consultate (oltre le numerosissime fonti di Archivio degli Uffici Storici Italiani, dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, e notizie in Internet ritenute attendibili), le seguenti pubblicazioni principali: - Michael Carver, Tobruk, Baldini & Castoldi, Milano, 1966. - J. A. I. Agar-Hamilton e L. C. F. Turner, Crisis in the Desert, May to July 1942 (Oxford University Press, London and Cape Town, 1952), volume della collana Union War Histories. - Friedrich Kemnade, Die Afrika Flottille (attività e bilancio della 3a Flottiglia Motosiluranti tedesca), Stuttgart, 1978. - B.H. Liddell Hart, Storia Militare della Seconda Guerra Mondiale, Mondadori, Milano, 1970. - Giuseppe Santoro, L’Aeronautica Italiana nella Seconda Guerra mondiale, Volume Secondo, Esse, Milano-Roma, 1957. - Mario Montanari, Le operazioni in Africa Settentrionale, Vol. II, Alamein, Gennaio – Novembre 1942, Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico, Roma, 1989. - I.S.O. Playfair e altri, The Mediterranean and Middle East, Volume III, HMSO, Londra, 1960. - Stephen W. Roskill, The war at sea, Volume II, HMSO, Londra, 1956. - Jürgen Rohwer – Gerhard Hummelchen, Cronology of the War at Sea 1939 – 1945, Volume I, Londra, 1972. - Peter Taghon, Die Geschichte des Lehrgeschwaders 1, Volume I, Germany, 2004.Stato Maggiore dell’Esercito Ufficio Storico, Diario Storico del Comando Supremo, Volume VII (1.5. 1942 – 31.8.1942), Tomo I Diario, a cura di Antonello Biagini e Fernando Frattolillo, Roma, 1997. - Erwin Rommel, Guerra senza odio, Milano,1952. - Alberto Santoni - Francesco Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945), Roma 1980. Seconda edizione, collana Storia Militare, Parma 2005. A parte la parte politica che è di Santoni, la parte militare statistica e iconografica è stata compilata da Mattesini. - Francesco Mattesini, Navi da guerra e mercantili della Gran Bretagna e nazioni alleate affondate e danneggiate in Mediterraneo (19 giugno 1940 – 5 maggio 1945), in Archivio Ufficio Storico Marina Militare, monografie e saggi storici, cartella XI, fascicolo 9. - Francesco Mattesini, Navi Militari delle Marine Alleate affondate nel Mediterraneo durante la Seconda Guerra Mondiale (Giugno 1940 – Maggio 1945), Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare (in sei puntate), Giugno 2001 – Settembre 2002. NOTE[1] Il 10 giugno 1942 vi erano in Libia a disposizione del Fliegerführer Afrika 25 ricognitori Bf 109 e Bf 110 nella 4.(H)12; 12 ricognitori strategici Ju 88D e un Bf. 109 nella 1.(F)/121; 15 bombardieri Ju 88 A nella 12./LG.1; 89 tuffatori Ju 87 nello Stab, I, II, III./St.G.3; 124 caccia Bf 109 nello Stab, I. II, III./JG.27 e III./JG.53; 19 cacciabombardieri (Jabo) del JG.27 e JG.53. In una situazione che cambiava giornalmente, durante l’offensiva di Aim el-Gazala e di Tobruk, potevano appoggiare le operazioni terrestri dalla Grecia e da Creta: 13 ricognitori stategici Ju 88D della 2.(F)/123, 20 bombardieri He 111 del II./KG.100 (impiegati nei bombardamenti notturni in Nord Africa); 85 bombardieri Ju 88 A dello Stab, I. e II./LG.1 e del I./KG.54. [2] Secondo Karl Gundelach, in “Die deutsche Luftwaffe in Mittelmeer 1940-1945”, Volume 1° (p. 377), la 2a Luftflotte aveva in carico alla data del 20 giugno 1942 un totale di 656 velivoli dei quali 380 operativi. Di questi velivoli 180 (105 efficienti) erano nel II Fliegerkorps (Sicilia); 129 (82 efficienti) nel X Fliegerkorps (Grecia e Creta); e 260 (145 efficienti) nel Fliegerführer Afrika (Libia). [3] Occorre dire che la vicinanza delle piste di volo di Ain el-Gazala e di El Adem, permise agli aerei dell’asse di realizzare una spola continua di velivoli, fino agli obiettivi di Tobruk e ritorno. Secondo una valutazione britannica si ritiene che fossero stati disponibili per questa attività circa 80-85 bombardieri, 21 bombardieri in picchiata e 40-50 distruttori e caccia-bombardieri, la maggior parte tedeschi. Vi era quindi un totale di circa 150 aerei da combattimento, con circa 50 caccia tedeschi e altrettanti italiani disponibile per scorta e caccia libera. Secondo il bollettino n. 206 dell’OBS diramato a Superaereo il 24 giugno, soltanto da parte della 2a Luftflotte si svolsero contro Tobruk nella giornata del 20 giugno 542 missioni in 21 ondate, delle quali 129 con bombardieri Ju 88 [circa 30 partiti da Creta], 189 con bombardieri in picchiata Ju 87, 17 con distruttori Bf 110, 24 con cacciabombardieri Bf 109 e 186 con caccia Bf 109, questi ultimi impiegati nelle scorte e missioni di caccia libera. In totale furono sganciate 302650 bombe [tonnellate ?] e 60 cassette di bombe incendiarie. Le perdite riportate furono di 3 Ju 88, 3 Ju 87 [2 dei quali del I./St.G. 3 che danneggiati entrarono in collisione precipitando] e 1 Bf 109. Quanto alla 5a Squadra Aerea i suoi velivoli svolsero 177 missioni, con sgancio di circa 65 tonnellate di bombe, senza subire alcuna perdita, in parte su obiettivi al di fuori del perimetro difensivo di Tobruk. Parteciparono agli attacchi nel porto in tre ondate 29 bombardieri Cant. Z. 1007 bis del 35° Stormo, scortati da 43 caccia Mc. 202 del 4° Stormo, e contro gli altri obiettivi, con attacchi in picchiata o a volo radente con bombe alari 42 Cr. 42 del 50° Stormo e 20 Mc. 200 del 2° Stormo, con sgancio complessivo di 316 bombe per 27 ½ tonnellate. Infine si ebbero 43 missione di Mc. 205 del 4° Stormo in caccia libera. In totale tedeschi e italiani effettuarono 719 missioni velivolo, ossia un numero che si avvicina a quello di 800 indicato dal generale Santoro, nella sua opera “L’Aeronautica Italiana nella Seconda Guerra Mondiale”, vol. II, p. 314, in cui evidentemente è stata inclusa anche l’attività di ricognizione, collegamento, ecc. [4] Le motosiluranti tedesche della 3a Flottiglia (S-boote), che possedevano due tubi di lancio e una dotazione di quattro siluri, ed erano armate con un cannoncino contraereo da 20 mm, essendo state richieste insistentemente dall’ammiraglio Arturo Riccardi, raggiunsero il Mediterraneo attraverso i canali della Francia, per essere poi trasferite in Sicilia, nel dicembre 1941. Furono poi seguite, sempre su richiesta del Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, da otto moto dragamine (R-boote) che, anch’essi inizialmente dislocati in Sicilia, andarono a costituire la 6^ Flottiglia. Essendo dotati di ecogoniometro e armati con bombe di profondità, i motodragamine si dimostrarono molto utili nella protezione dei convogli contro i sommergibili britannici, vigilando presso i porti di arrivo e di partenza, Tripoli in particolare. Nel periodo fino al 17 maggio 1942, agendo da Augusta e da Porto Empedocle in gruppi di tre o quattro unità per notte, le motosiluranti della 3a Flottiglia (tenente di vascello Friedrich Kemnade) posarono nelle acque prospicienti a Malta ben ventiquattro sbarramenti con quasi seicento mine, che poi, fino all’inizio di giugno, portarono all’affondamento del cacciatorpediniere Southwold, del sommergibile britannico Olympus e di una decina di unità ausiliarie che erano impiegate per uso locale, in particolare come dragamine magnetici. Inoltre, la notte del 10 maggio, le motosiluranti S-54, S-31 e S-61 immobilizzarono con le mitragliere la motolancia britannica ML-130. Prima di affondarla alcuni uomini, saliti a bordo, catturarono carte nautiche che, portate a conoscenza di Supermarina, si dimostratesi poi preziose per conoscere la rotta seguita dai convogli britannici avviati a Malta da Gibilterra, e per predisporre l’intervento delle navi di superficie e gli agguati delle unità insidiose, come sarebbe accaduto nelle battaglie di mezzo giugno e di mezzo agosto. Infine, nel corso del contrasto all’operazione Vigorous, la notte del 14-15 giugno 1942, le motosiluranti tedesche attaccarono il convoglio diretto a Malta, che però non poté raggiungere la destinazione, tornando indietro per la minaccia della flotta italiana. Nel corso dell’attacco la S 56 (tenente di vascello Siegfried Wuppermann) e la S 55 (sottotenente di vascello Horst Weber) rispettivamente silurarono e danneggiarono gravemente il Newcastle, nave ammiraglia della 4a Divisione Incrociatori, e affondarono l’Hasty, uno dei cacciatorpediniere di squadra della scorta. [5] Alle 09.22 la ricognizione aerea tedesca aveva avvistato nel porto di Tobruk 7 vedette, 1 nave costiera, 3 navi ausiliarie, 3 piccole navi da guerra. Alle 23.20, in lat. 38°30’N, long.24°30’E, furono avvistate da un ricognitore notturno molte unità con rotta 120°, probabilmente uscite da Tobruk. Bollettino n. 206 dell’OBS. [6] Secondo il comandante Friedrich Kemnade, nel suo libro “Die Afrika Flottille” (p. 289-291), le sue motosiluranti affondarono: 5 mezzi da sbarco di circa 40 t; 1 motovedetta di circa 400 t (Parktown); 1 rimorchiatore di circa 100 t; 1 motoscafo, 1 motoveliero di circa 150 t. Inoltre catturarono un grosso mezzo da sbarco [LCT 150] e due mezzi da sbarco minori [LCM 145 e LCM 146]. E’ questa certamente la valutazione dei successi più attendibile, confermata anche nel Diario della Seekriegsleitung (SKL) del 22 giugno 1942, l’organo operativo dell’Alto Comando Navale tedesco (OKM), nel quale si aggiunse: che la battaglia ebbe inizio alle ore 05.00 e terminò alle 13.00 con il probabile l’affondamento di tutte le navi attaccate, che furono fatti 175 prigionieri ed altri ancora potevano essere recuperati dalle navi affondate, e che tutte le motosiluranti furono raggiunte più volte da numerosi colpi e due di esse per i danni subiti costrette a temporanei lavori di riparazione. [7] Per la versione tedesca, nel volume “Chronik des Seekrieges 1939-45”, di J. Rohwer e G. Hummelchen, e riportato che per l’attacco delle motosiluranti tedesche fu affondato il whaler Parktown, affondati o catturati un motoveliero, sei LC e due motolance, e catturata la LCT 150. Quindi la cattura di gran parte del naviglio minore fatta da Hummelchen, a cui aggiunge il siluramento del piroscafo Ageetkerk incagliato e con a bordo 5,000 tonn di benzina, deve essere rivista. Molti dei mezzi minori, come abbiamo visto, sono stati affondati o immobilizzati a Tobruk dai carri armati tedeschi, entrati nel porto mentre si svolgeva l’evacuazione, e altri fatti saltare dagli stessi equipaggi. Pertanto, secondo la mia opinione, occorre rivedere, almeno in parte, l’azioni delle motosiluranti, ma sarà possibile assegnare ad esse con sicurezza i vari successi ? [8] Ha scritto il grande storico britannico Stephen Roskill nella sua monumentale opera The War at Sea (volume II): “Il 24 [giugno] fu evacuata Sollum e l’Esercito del Nilo si ritirò a Marsa Matruh. Il possesso da parte del nemico degli aeroporti mise in pericolo la base navale di Alessandria, che poteva ora essere attaccata da bombardieri scortati da caccia. L’Ammiraglio Harwood [Comandante della Mediterranean Fleet] perciò inviò tutte le navi da guerra e navi mercantili non indispensabili a sud del Canale di Suez … Il resto della flotta [senza nessuna corazzata e portaerei dal dicembre 1941 indisponibili] fu suddiviso fra Haifa e Porto Said eccetto la 1a Flottiglia sommergibili che si trasferì a Beirut. Deve notarsi che ove noi non avessimo posseduto l’uso delle basi di retroguardia in Egitto, Palestina e Siria in questa difficile congiuntura non avrebbe potuto esserci alcun altra alternativa se non di ritirare, attraverso il Canale, l’intera flotta. Il possesso di queste basi ci dette asilo, quantunque lo spazio molto piccolo, in cui mantenere i nostri tenui punti di appoggio nel bacino del Medio Oriente". La Regia Marina, per l’eccessiva prudenza dei suoi Capi sempre restii ad effettuare operazioni di carattere offensivo, non seppe approfittare di questo svantaggio del nemico, sebbene possedesse ancora una Flotta formidabile per numero di navi e potenzialità. Edited June 30, 2015 by Corto Maltese Formattato il testo - Aggiunti TAG Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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