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LE INESATTEZZE SULLA DIFESA DI ROMA DELL'8 SETTEMBRE


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Sto compilando un grosso saggio sullo sbarco a Salerno (Operazione Avalanche - Valanga) e di conseguenza sto consultando un vastissimo carteggio, che riguarda anche la difesa di Roma, da cui sono rimasto scioccato. I generali italiani che nel dopo guerra hanno scritto su questo argomento, e non voglio citarne i nomi che tutti conoscete, ci hanno riportato una sacco di notizie false. Secondo quanto io conoscevo, sui loro dati, quando ho scritto per l'USMM il libro, in due tomi, LA MARINA E L'8 SETTEMBRE, le due divisioni tedesche 2a Paracadutisti e 3a Granatieri Corazzati, non disponevano di più di 25.000 uomini, con un centinaio di mezzi da combattimento tra carri armati, cannoni d'assalto e cannoni semoventi, contro i nostri 75.000 uomini con circa 400 mezzi corazzati e una notevole superiorità in artiglierie. Quindi la superiorità di forze degli italiani, che sarebbe aumentata se poi arrivavano nel corso di quattro notti i 10.000 paracadutisti della 82a Divisione statunitense, rafforzata con l'arrivo dal mare di 16 carri armati e 100 pezzi controcarro con i relativi serventi, portava concludere che per i tedeschi non vi sarebbe stato molte possibilità di poterci sopraffare.

 

Mantenere Roma, con le sue vitali linee di comunicazione verso Salerno, significava la ritirata dal sud Italia del tedeschi e anche in fretta per non essere tagliati fuori dalle forze degli Alleati, sbarcate a Reggio Calabria, e che si apprestavano a  sbarcare a Taranto e  Salerno. Il ragionamento non faceva una piega, se nonché non si teneva conto di quanto forte fosse la difesa dei Comandi germanici. Le due divisioni tedesche, secondo quanto hanno rilevato i rapporti degli Alleati avevano un totale di 45.000 uomini, mentre a Frascati, vi erano 9.000 uomini  e 11 semoventi Marder, per la difesa dei Comandi che poi avrebbero sostenuto l'avanzata da Pratica di Mare delle loro 2a Divisione paracadutisti, che a sua volta avevano un armamento di tutto rispetto in artiglierie controcarro. In caso di bisogno, a Gaeta era pronta a marciare verso nord la 15a Panzergrenadier che difendeva quel tratto di costa, e che poi, cessato a Roma il pericolo,  successivamente fu spedita a Salerno.

 

Ora se con i reparti locali, in particolare quelli dell’artiglieria contraerea e costiera che si trovavano a difesa di Roma, Frascati e Fiumicino, e vari nuclei distribuiti nella Capitale, si aveva una massa di uomini pari a circa 55.000-60.000 uomini, ed essendo tedeschi assai rapidi nell’agire, conoscendo la forza del loro armamento sotto ogni punto di vista qualitativo e la loro combattività, mi chiedo come poteva essere possibile agli italiani di poter difendere la loro Capitale.

 

Fu per questo motivo che il generale Mario Roatta, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito è considerato il più intelligente degli Ufficiali italiani, che conosceva bene la situazione dei nostri Alleati, in un clima di paura da parte di tutti i membri del Governo e dei Capi di Stato Maggiore delle Forze Armate, e soprattutto del Re, s’impose a non difendere Roma, che avrebbe riportato immensi danni senza risparmiare il Vaticano, e senza portare ad alcun vantaggio. Il generale Giacomo Carboni, Comandante della difesa di Roma, e il maresciallo Badoglio, rifiutarono l’arrivo della Divisione paracadutisti statunitense sapendo bene di non poter difendere l’atterraggio degli aerei da trasporto (erano 135) negli aeroporti, inclusi 50 caccia Spifire britannici e 50 P.40 statunitensi che dovevano atterrare a Ciampino, né l’approdo dei mezzi navali alla foce del Tevere (1 LST e 3 LCT) per sbarcare i carri armati e i cannoni, e quindi assicurare l’incolumità degli stessi paracadutisti. A questo punto occorre chiederci, fece bene Roatta ed appoggio il trasferimento a sud del Re e dei codardi Capi Militari, che altrimenti sarebbero caduti in mano ai tedeschi?

 

Mi chiedo ancora, conoscendo il valore che veniva dato ai loro uomini, come si sarebbero comportati gli Alleati nei confronti degli italiani, se l’82a Divisione fosse andata al disastro, dopo che il generale Castellano aveva loro assicurato che la difesa di Roma era saldamente assicurata dalle sei divisioni del generale Giacomo Carboni, che poi per nascondersi si recò nella casa dell’amante, l’attrice Mariella Lotti.

 

C’è tutto da rifare!

 

Francesco Mattesini

 

8 Aprile 2020

Edited by Francesco Mattesini
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Sulla difesa di Roma, se non fosse già a tua conoscenza, ti segnalo il "Diario 6 settembre-31 dicembre 1943" di Mario Roatta che nelle prime pagine da la sua versione degli avvenimenti,

Allego la recensione del libro che ho mandato a Amazon.

Per capire come possa convivere una recensione entusiastica con una stroncatura, bisogna considerare che ci sono due tipi di diario.
Quelli scritti con l’idea di usarli in futuro come base per le proprie memorie, come quelli di Ciano e che vertono su argomenti politici, anche se a volte riportano vicende personali.
Quelli privati, essenzialmente una registrazione di fatti personali, come quelli di Roatta.
Scrive “sono andato da Badoglio” o “mi ha visitato il Principe Umberto”, più o meno come scrive “sono andato dal sarto”, “la scorsa notte ho dormito bene”.
Raramente riporta quanto detto in un colloquio, generalmente solo quando l’interlocutore importante dice qualcosa di lusinghiero nei suoi confronti.
Non fa mai ragionamenti filosofici, le rare concessioni ai sentimenti sono le preoccupazione per la moglie e il figlio rimasti al nord e qualche deprecazione per lo stato miserevole dell’Italia.
Il curatore Francesco Fochetti scrive che i diari coprono i periodi 1915-19, 1939-41, dal 6/09/43 fino all’arresto il 16/11/44 e periodi successivi; inoltre vi è un lunghissimo racconto sulla permanenza in Polonia come addetto militare dal 1926 al 1930.
Mancano quelli che ritengo i periodi più interessanti, la permanenza in Spagna 1936-39 e quella in Croazia gennaio 1942 – febbraio 1943, ma anche così la scelta fatta da Fochettti per la pubblicazione mi ha lasciato perplesso prima ancora di leggere il libro.
Giustificata per il periodo dal 6 settembre a 11 novembre 1943 quando era Capo di Stato Maggiore Esercito, ma il periodo successivo fino al 31 dicembre ’43 è di scarso interesse, come ammette anche il curatore e poteva essere tranquillamente condensato come per il periodo successivo al 1 gennaio 1944.
In pratica dopo la metà settembre ’43 non c’era più un esercito da comandare, si chiedeva agli alleati di poter combattere contro i tedeschi e gli alleati rispondevano che accettavano solo forze per presidiare il territorio, quindi nei diari non poteva esserci qualcosa di storicamente rilevante.
Fochetti è un bravo e scrupoloso archivista, non uno storico.
L’interesse rimane dal punto di vista della storia del costume, siamo riportati in un mondo in cui non esistevano vestiti preconfezionati, si comprava la stoffa e la si portava dal sarto, le auto si guastavano spesso e così via.
In un primo tempo mi è piaciuta la decisione del curatore di coprire con OMISSIS alcuni dati di natura privata e personale, ma ripensandoci ho trovato l’OMISSIS sui diari un po’ ridicolo; le persone che potrebbero offendersi sono magari morte da 50 anni!
Nei diari sono citate molte persone, generali e politici e le note per inquadrarle sono decisamente scarse, in questo caso il curatore è stato carente.
Dal punto di vista della documentazione delle figure minori è eccezionale “Lenin a Zurigo” di Solzenicyn; alla fine del libro ci sono 25 pagine di note biografiche su rivoluzionari ed altri personaggi redatte dall’autore.
Concludendo, i difetti del libro non sono colpa di Roatta.

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Per conoscere cosa veramente Roatta ha detto, non ho bisogno di leggere i libri, ma i documenti. Ho la copia della relazione di Roatta sulla difesa di Roma che é enorme. E' la sua copia ufficiale, e non quanto poi ha scritto in seguito per giustificarsi con chi polemizzava con lui. Inoltre ho copia dei verbali degli interrogatori della Commissione d'Inchiesta. Quanto al giudizio che gli Alleati a Brindisi danno su Roatta riconoscono che fra tutti é il più intelligente, ma dicono anche "un codardo nato". Probabilmente perché aveva indotto il Re a scappare da Roma.  Lo ho scritto nel Bollettino d'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare.

Edited by Francesco Mattesini
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Il diario è stato scritto immediatamente dopo gli avvenimenti ed è rimasto tra le sue carte, non è stato rimaneggiato per la pubblicazione.

Sicuramente è servito da base per la relazione ufficiale, non credo differisca in modo significativo, però non è privo di interesse.

Comunque, da quanto hai scritto nel tuo primo intervento, mi sembra che anche tu abbia forti dubbi che la difesa di Roma fosse possibile.

Nel suo diario più avanti Roatta osserva che non erano più i tempi in cui gli eserciti ubbidivano incondizionatamente ai sovrani.

Non si poteva più cambiare nemico da un giorno all'altro.

Io credo che se si fosse tentato seriamente di difendere Roma l'esercito italiano si sarebbe squagliato in pochi giorni.

E più per indecisione e fuga dei comandi che della truppa. 

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Rispondo in un solo rapido modo.

 

Tu hai perfettamente ragione, é quello che ho sempre pensato dopo le meschine figure di Pantelleria e Lampedusa e soprattutto dello squagliamento generale in Siciila dove, dopo un giorno di battaglia, Siracusa ed Augusta si sono consegnate agli inglesi, Patton a trovata aperta la strada per Palermo dal momento che le divisioni italiane, composte per lo più da siciliani, si erano volatilizzate, e gli unici che sono rimasti a combattere con i tedeschi, secondo loro comportandosi molto bene, sono stati alcuni nostri reggimenti d'artiglieria. Per il resto: a parte le motozattere della Marina che hanno agito bene e con coraggio nell'opera di evacuazione dell'Isola, un pianto!

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Dal mio Saggio in compilazione:

 

Sempre a Cassibile dopo la firma dell’armistizio del 3 settembre, tra Castellano e i rappresentanti Alleati, il piano dell’operazione “Giant 2”, lo sbarco da 135 aerei da trasporto da far atterrare, in quattro notti successive, sugli aeroporti romani, i 10.000 uomini della 82a Divisone aviotrasportata statunitense, a cui si sarebbero aggiunti con arrivo a Fiumicino, alla foce del Tevere, 16 carri armati e 100 cannoni anticarro, trasportati da una nave da sbarco LST e tre mezzi da sbarco LCT, partiti da Biserta.

 

Per aumentare la protezione aerea di Roma, che comprendeva, con tempestivi trasferimenti da altre basi aeree della penisola e della Sardegna, 162 velivoli da caccia (movimento giustificato con i tedeschi con la necessità di scortare le Forza Navali da Battaglia dell’ammiraglio Carlo Bergamini diretta ad attaccare il nemico al momento dello sbarco a Salerno), si sarebbero aggiunti 100 caccia alleati, metà P.40 statunitensi del 33° Gruppo e metà Spitfire britannici, con due bimotori Whitley della RAF che avrebbero trasportato i necessari apparati tecnici di comunicazione e guida caccia, compresi i radar.

 

Tutto questo movimento era già in attuazione, quando la sera del 7 settembre il generale Maxwell Taylor, Capo di Stato Maggiore della 2a Divisione Aviotrasportata e il colonnello William Tudor Gardiner, del Servizio Trasporti aerei dell’aviazione  statunitense (destinati a coordinare l’arrivo sugli aeroporti romani degli aerei e dei reparti aerotrasportati), arrivarono a Roma a Palazzo Caprara, sede del Ministero della Guerra, dopo essere stati portati a Gaeta dalla corvetta Ibis. Portando la notizia che l’indomani sarebbe stato il giorno dell’armistizio, e parlando prima con il generale Carboni e poi anche con il maresciallo Badoglio, si sentirono rispondere, quando già 700 navi erano in mare dirette alle spiagge di Salerno, che la dichiarazione dell’armistizio, e quindi anche lo sbarco a Salerno, andava rimandata di qualche giorno, perché le forze italiane non erano in grado di poter assicurare la protezione degli aeroporti.

 

Quando nel pomeriggio dell’8 Settembre arrivo l’ordine di sospendere la partenza dalla Sicilia dei 135 velivoli C.47 “Dakota” che trasportavano la prima aliquota dell’82a Divisione, il 504° Reggimento paracadutisti, la metà del C.47 erano già decollati e si stavano radunando per proseguire per Roma scortati dai caccia. Arrivato l'allarme di Taylor  essi furono richiamati all’ultimo momento, cosi come avvenne anche per le quattro unità da sbarco che trasportavano i carri armati, una LSL e tre LCT salpate in convoglio da Biserta, e che furono dirottate verso la zona di sbarco di Salerno. Almeno servirono a qualcosa.

 

Vi rendete conto che cosa avrebbe significato.

 

Nel fare il conto della serva i nostri illustri generali ci hanno raccontato che i tedeschi a Roma, con l'arrivo da nord della 3^ Panzergrenadier, erano solo 25.000, mentre invece erano moltissimi di più, anche senza arrivare ai 54.000 tra Frascati e le due divisioni tedesche.

 

Non si é mai tenuto conto che frammiste a tutte le batterie contraeree, e non soltanto di Roma, vi erano le batterie tedesche, con i relativi reparti d'impiego e di sorveglianza (Ossia truppe).

 

Sugli aeroporti italiani, dove stazionavano  i più di 1.000 velivoli della Luftwaffe, vi erano reparti di protezione, e lo stessa avveniva per molti depositi di munizioni e carburanti tedeschi  distribuiti presso le base aeree, navali e terrestri.

 

In questo condizioni, dato che a Ciampino vi era un gruppo di Bf.110, ed altri aerei tedeschi erano all'aeroporto del Littorio, mentre Centocelle non era usabile essendo praticamente in città, come si faceva ad assicurare l'atterraggio dei P.40 e degli Spitfire.

 

Differente erano gli aeroporti di Guidonia, Cerveteri e Furbara che erano completamente a disposizione degli italiani, e dove avrebbero dovuto sbarcare i paracadutisti. Ma servivano 400 autocarri per trasportarli a Tivoli, che Castellano aveva assicurato, mentre Carboni disse ai due americani che non erano disponibili, che mancava la benzina, e  che per i nostri carri armati e cannoni anticarro mancavano i proiettili da 47 mm, e non si sapeva dove andare a prenderli.

 

Ma che cosa Castellano aveva raccontato agli Alleati! Ha fatto tutto da solo. Io ne dubito!

 

Quindi, insisto, a questi signori, in particolare Castellano con l'autorizzazione di Ambrosio e Badoglio,  ci hanno raccontato un insieme di fregnacce, come si dice a Roma.

 

Un'ultima osservazione, come il feldmaresciallo Kesselring conobbe lo spostamento delle navi degli Alleati verso Salerno, precauzionalmente  ordinò che l’artiglieria contraerei disposta nei dintorni di Roma e le forze di aviazione tedesche in servizio a terra fossero tenute di riserva, per opporsi ad un eventuale sbarco nemico. Fiumicino era considerato un obiettivo di sbarco, e la prima cosa che i paracadutisti della 2^ Divisione fecero partendo da Pratica di Mare (il più importante aeroporto tedesco in Italia), appena si mossero la sera dell'8 settembre, occuparono tutto il tratto di costa da Ostia a Fiumicino disarmando le batterie costiere italiane.

 

I tedeschi sapevano cosa fare, gli italiani dormivano! Probabilmente non ci avevano pensato quando mandarono Castellano a trattare la resa con gli Alleati. Poi subentrò il panico.

 

Francesco Mattesini

 

 

N.B: Il piano operativo dell’operazione “Giant 2” prevedeva: nel corso della prima notte dell’aviosbarco doveva arrivare a Roma il 504° Reggimento di fanteria paracadutista (meno il 3° Battaglione) al comando del colonnello Reuben H. Tucker, e unità di supporto dotate di cannoni anticarro; nella seconda notte sarebbe arrivato il 505° Reggimento di fanteria aviotrasportata del colonnello James Gavin. I mezzi navali della spedizione via mare - a cui si aggiungeva il sommergibile britannico Simoon (tenente di vascello D.G.D.N. Miller), che era partito da Algeri il 3 settembre per dislocarsi al largo di Ostia con l’incarico di fare da radiofaro per guidare gli aerei con i paracadutisti  -   dovevano trasportare il 319° Battaglione aviotrasportato, una compagnia del 504° Reggimento di fanteria paracadutista, tre plotoni di carri armati dell’813° Battaglione, il tutto al comando del colonnello William H. Bertsch. In definitiva, prima sarebbero stati trasportati i paracadutisti, che avrebbero rinforzato le difese italiane degli aeroporti, quindi sarebbero arrivati gli aerei con i reparti aviotrasportati e, provenienti dal mare, i cannoni anticarro e i carri armati.

Edited by Francesco Mattesini
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Tornando al giudizio degli alleati su Roatta "Un codardo nato" da quanto scrivi è del tutto ingiustificato.

Probabilmente gli alleati, contando solo le forze sulla carta, pensavano che la difesa di Roma sarebbe stata possibile.

Agli aeroporti disponibili per gli italiani aggiungo l'Aeroporto dell'Urbe, dove mio padre si presentò in divisa il mattino del 9 settembre e gli fu detto di mettersi in borghese e andarsene.

Li i tedeschi non c'erano.

Comunque io critico la rinuncia all'operazione di sbarco aereo, o almeno il modo in cui è stato fatto.

Si doveva far presente onestamente agli ufficiali americani le difficoltà dell'operazione, ma chiedere che fosse eseguita egualmente.

Era un rischio, ma in guerra in certe circostanze bisogna rischiare.

Se la decisione di rinunciare fosse stata presa dagli americani almeno ci si sarebbe risparmiata l'accusa di codardia.

Effettuando lo sbarco, non si può sapere cosa sarebbe successo.

Poteva finire in un disastro, ma in fondo i tedeschi sono stati abbastanza incerti sul da farsi, avevano preso seriamente in considerazione l'idea di ritirarsi sulla linea gotica.

L'aviosbarco poteva spingerli a prendere la decisione sbagliata.

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Hitler e Mussolini intendevano evacuare la Sardegna e la Corsica, e ritirarsi dall’Italia centro-meridionale, portandosi dietro la linea di difesa Piombino, Arezzo, Pesaro. Kesseklring, che era più intelligente e miglior stratega di tutti e due (non sono il solo a consideralo il miglior generale della campagna d’Italia) aveva capito che ciò avrebbe portato gli Alleati quasi alle porte della Germania e con l’invasione nell’Alto Adriatico puntare direttamente verso l’Austria Per questo aveva bisogno di resistere a Cassino, in attesa di costituire una prima  linea di  difesa sul Volutrno, per poi passare dopo altre posizioni di resistenza alla cerniera del fronte di Cassino, avendo la Maiella a sinistra e i monti sopra Formia-Gaeta a sinistra. Inoltre contava sui fiumi Liri e Rapido.

 

Lo scopo era di guadagnare un lasso di tempo di 7 – 9 mesi prima che gli Alleati raggiungessero l’Appennino, secoda grande linea di difesa. Lasciare gli aeroporti dell’Italia centrale nelle mani degli anglo-americani sarebbe stato un suicidio, ed essendo anche un grande Comandante di Aviazione (il migliore che aveva Hitler come riferì a Mussolini) questo problema lo conosceva bene

 

Per fare questa resistenza prolungata, iniziata nel settembre 1943 e conclusa nell’ottobre 1944 egli guadagno ben 13 mesi. Per realizzarlo  aveva una sola possibilità, tenere a tutti i costi le linee stradali e ferroviarie che passano per la Capitale italiana. SS Appia e Casilina; ferrovie Roma Cassino Napoli e Roma Littoria Napoli. Ed è per questo motivo che egli difese il possesso di Roma nel modo migliore e con le forze che riteneva necessarie.

 

Gli italiani hanno chiesto l’armistizio agli Alleati senza dire nulla ai tedeschi, e dal dal tradimento non si scappa;  ma anche i tedeschi l’avevano capito che gli italiani, come sempre, sarebbero passati dalla parte del vincitore. Per questo, di fronte alle difficoltà che si ebbero dopo la caduta di Mussolini, Hitler aveva preparato un ultimatum (quindi corretto), per dare via libera alle forze tedesche in Italia nei loro spostamenti, che doveva essere consegnato il 12 settembre.

 

Gli italiani, non informati che lo sbarco a Salerno, obiettivo ben conosciuta  da Italiani e tedeschi, e poi  confermato a Castellano dagli Alleati a Cassibile, ritenevano che l’operazione si sarebbe verificata fra il giorno 12 e il 15 settembre, e su queste date contavano, per diramare gli ordini e rafforzare le loro posizioni con l’arrivo dalla Francia di due divisioni del 4° Corpo d’Armata.

 

Invece la data dell’Operazione Avalanche era stata stabilita da tempo, il 18 agosto, per la notte dell’8 settembre. Ma gli Alleati, non fidandosi, non lo dissero a Castellano, ma era evidente che si sarebbe verificata presto. Infatti la sera del 3 settembre, dopo la firma dell’armistizio, si svolse una riunione operativa in seguito alla quale Castellano, tramite il maggiore Marchesi, mandò a Roma i documenti dell’Operazione Giant Two, subito compilati, con le modalità che ho già riferito, sull’aviosbarco dal cielo e dal mare dei paracadutisti rinforzati e dei 100 aerei da caccia, il cui intervento serviva, assieme ai nostro 162 caccia, ad attaccare gli aerei tedeschi che avessero voluto bombardare la Capitale.

 

A questo punto, lo ripeto, scoppio il panico. Anche io sostengo la tesi di una difesa di Roma a tutti i costi, anche se dolorosi, ma non sarebbe servito a nulla. Gli Alleati erano già inchiodati a Salerno, e in cinque giorni, quelli che prevedevano di poter raggiungere Roma, non sarebbero arrivati neppure a Napoli.

 

 

Il  12, settembre, quando a Roma tutta la “resistenza” (è un nome che mi da fastidio perché conosco i fatti) era finita, in un solo giorno e mezzo la 3° Parzergrenadier da Orvieto era arrivata alla Storta, e i paracadutisti tedeschi erano al Colosseo, passando per la via Ardeatina  completamente sguarnita. A questo punto Kesselring poté cominciare a mandare a Gaeta una prima aliquota della 3a Divisione Granatieri Corazzati, che l’11 settembre andò a sostituire la 15a Divisione Granatieri Corazzati, spedita a Salerno.

 

Il Comando Supermo Italiano, rimasto senza Capi, si sciolse il 12 Settembre 1943, e il colonnello Montezemolo, chiamando tutto il personale disse loro di mettersi in borghese e di darsi alla macchia per opporsi ai tedeschi. Vi era anche mio padre, Capo disegnatore del SIM – Comando Supremo. Prima dei mettere tutti in liberta Montezemolo aveva fatto murare in alcuni edifici della Capitale tutti i documenti di guerra; così fecero anche i tre Stati Maggiori delle Forze Armate, ed è per questo motivo che, a differenza dei tedeschi, la nostra documentazione è rimasta intatta.

 

Francesco Mattesini

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