CARABINIERE Posted January 19, 2019 Report Share Posted January 19, 2019 STORIA NAVALE AL TEMPO DELLE SIRENE Soffermarsi a parlare di filosofia e storia può tediare il lettore avido di entrare nel vivo di argomenti navali ma ad un certo punto della passione (navale) occorre anche porsi dei quesiti, almeno dei distinguo; non si tratta di un esercizio fine a sé stesso.Quando si passa dall’ essere lettori avidi, dallo stupore della novità e delle notizie, schiudendo un mondo più complesso e variegato di quello che ci si aspettava, si entra in un mondo che impone un tipo di ragionamento multidisciplinare.La storia, e meno quella navale, non è sensazionalismo, non è la ricerca di uno scoop.La storia, come tale, ha tempi lunghi, impone decantazione e ricerche (comparate), tanta preparazione, da essere oggi in antitesi, agli antipodi, della frenesia del “tutto e subito” che ci forniscono i moderni sistemi di condivisione e consultazione.In questo caso forse non vale il “chiedilo a Google” ormai tipica risposta a chi pone un quesito La risposta rapida non sempre soddisfa le inquietudini né permette quella ricerca multidisciplinare che deve essere caratteristica del settore marittimo e navale. La forma è una necessità che si traduce anche nel lessico appropriato, che ha i suoi vantaggi, non è solo un rito, e lo storico deve tenerne conto, mentre alcuni moderni “scrittori” di cose navali non ne conoscono neppure le basi.Lo storico non produce testi di facile lettura, e questo purtroppo è un ostacolo nel momento in cui molti lettori privilegiano le buone penne alle buone idee; mi rifaccio, solo come esempio, ad un sito molto conosciuto e frequentato da appassionati navali, collegato ad una importante ed autorevole rivista, RID, dove un partecipante parlando di storia e storici interviene citando che … la differenza si nota già a partire dallo stile letterario e argomentativo: monotono e didascalico quello degli "accademici" quanto brillante e arioso di …, quasi giustificando in tal modo…..idee differenti, pose spregiudicate, deduzioni o considerazioni riconosciute forzate, azzardate, "borderline"…La storia non può scadere nel "borderline"…… e lo storico non è una di quelle figure delle canzoni di De Andrè che in via del Campo dovevano essere attraenti per attirare clienti, anche per vincere le loro ritrosie. Suggerirei a molti la pazienza, nel passare da entusiasti lettori ad appassionati del settore per poi tentare di accedere ad un livello di studio e conoscenza (che non ha mai fine …) di leggere alcuni interventi, attuali come guida ed approccio alla materia, di storici veri, non istrioni, che parlano di metodo, assicurano ed impongono vagli e serietà, citando come esempio autorevoli personaggi come i prof. Labanca, Ilari, De Ninno, anche per comprendere tutto il campo della storia militare e coprire una diversa e completa gamma generazionale di accademici impegnati. Sotto un altro punto di vista ed approccio, è accettato che 25/30 anni costituiscano un salto generazionale, e sembra giusto ed opportuno in questo lasso di tempo procedere ad una rilettura di testi storici scritti con altri mezzi e soprattutto con altri dati a disposizione: si deve trattare di una rilettura critica, di un aggiornamento ma non si può accettare una rottamazione tout-court, un revisionismo becero come ormai sembra prevalere in una copiosa produzione. Se si vuole parlare, anzi trattare, di storia militare nonché dell’ancora più complessa nicchia della storia marittima e navale è opportuno, per la crescita e la conoscenza, avvicinarsi e capirne i metodi ed adottarli.Lo storico lavora sul lungo periodo, ha visione e metodi strategici, punta alla ricerca –responsabile - se non della verità assoluta almeno della credibilità ed è sempre disponibile al confronto, quale forma e strumento di arricchimento ed integrazione del proprio lavoro.All’ estremo opposto ci sono “scrittori” che non rientrano nemmeno nella categoria dei giornalisti, professionisti del “tutto e subito”, generatori di una copiosa produzione a livello di instant books, certamente non servitori della verità ma sempre volti al protagonismo. Quando si confondono i ruoli e soprattutto si punta a conquistare il pubblico con la gradevolezza e “tanto” prodotto, magari compiacendo le tendenze od il potente di turno, gli scivoloni e gli errori diventano inevitabili. A lato degli storici, ed a volte (poche) dei giornalisti, si trovano analisti e tecnici.A loro compete trovare spiegazioni, cause ed effetti, entrare nei “come” e “perché”, senza scivolare nell’ opinionismo ma per fornire elementi di valutazione agli stessi storici ed eventualmente di decisione alla “politica” (in senso lato), ai “decision makers”; che siano essi governanti, amministratori, imprenditori, accademici alla fine poco importa.Il lavoro degli analisti, generalmente specialisti e tecnici, con i maggiori dettagli possibili, i necessari supporti anche sulla base di esperienze professionali e personali, la massima credibilità, fornisce materia agli storici, con interpretazioni, deduzioni che non sono né verità né spesso conclusioni, che gli storici stessi con il loro rigore possono trasformare in percorso alla verità, soprattutto utilizzare come tasselli di conoscenza. Il lavoro degli analisti può essere stimolo, più che provocazione, ma non riguarda la verità in assoluto.In questo caso, soprattutto il navale, il tanto, il bello, il tutto (con il tuttismo) sono nemici del “buono”, del corretto, del credibile.Per quanto riguarda il navale stiamo tornando alle “sirene”.Interpretando il “canto delle sirene” è facile scivolare nella propaganda, nella promozione personale, nella ricerca continua della visibilità.La storia non si misura con la fabbricazione di eroi, come propaggine e conseguenza della propaganda, ma se è possibile - e nel rispetto della verità – deve studiare ruoli e decisioni, non scivolare in requisitorie da p.m. nella ricerca di colpevoli, e quando sia riscontrato confermare che ciascuno e tutti abbiano fatto il proprio dovere, separando ed evidenziando i casi contrari.La storia serve per evitare il ripetersi di errori, non è il mezzo per nasconderli e giustificarli. La commistione tra ruoli e professioni nel mondo della diffusione immediata e non meditata né vagliata delle idee più che delle notizie, nel mondo delle soluzioni a “portata di click” porta a risultati disastrosi, alla perdita di credibilità per tutto il settore, alla moltiplicazione delle “fake news” ormai generalizzate e dilaganti.In questo prima degli storici servono, e devono intervenire, i tecnici, gli analisti, in grado di smontare partendo anche da minimi dettagli fantasiose ricostruzioni, interpretazioni pretestuose e di parte. Oggi la storia navale non è quella nicchia, quel “salotto” dove si sedevano – spesso neppure invitati– illustri personaggi a scrivere le proprie memorie e soprattutto giustificare i propri errori (l’ ha fatto, per esempio, molto egregiamente Churchill, l’ hanno ripetuto in tanti tra gli inetti ..., l’ hanno sfruttato ai propri fini innumerevoli complottisti).La storia navale non può essere lasciata scrivere da buone penne compiacenti.La storia, soprattutto navale, che concerne molto spesso persone e casi isolati, non riguarda solo la conoscenza ma è propedeutica ad evitare nuovi errori, deve servire a nuove generazioni non solo di militari ma di “decision makers” per i quali essere compiacenti, come oggi è diffuso, non solo è ridicolo ma diventa criminale. In tema di storia navale la corsa al “tanto”, al facile, traspare anche dalla perdita del lessico, si vede anche nella becera riedizione, al collage se non scopiazzature integrali, di autori del passato, indipendentemente dalla loro validità ma solo come opportunità in un mondo dove la memoria è corta.Una perdita di qualità rispetto alla quantità, che deriva proprio da coloro che rifiutano il confronto, ed utilizzando il precedente richiamo al sito già citato dell’importante ed autorevole rivista quale case study, suscitano perplessità alcuni passaggi … Insomma, con tutti i suoi difetti, limiti, eccentricità e anche presunzioni e sgarbatezze, …. siamo comunque di fronte a un vero outsider, capace di portare aria nuova nelle vecchie stanze e di smuovere come pochi altri certe stagnanti acque storiografiche, di aprire più vasti orizzonti e rileggere in modo diverso tante verità date per acquisite ...insomma, interpreto, una platea di lettura, di utenti, che previlegia il nuovo a tutti i costi, quasi giustificando, anzi assolvendo da deviazioni che sono una colpa con produzioni dagli effetti perduranti e devastanti. Proprio per la citazione precedente è opportuno aprire una parentesi per accennare ai numerosi siti e forum che ormai popolano “la rete”: qualsiasi mezzo di divulgazione è importante e benvenuto, ma bisogna anche considerare che la risposta rapida se non immediata, la discussione per assiomi, sono tra i nemici dell’ approfondimento e si può facilmente entrare in una deriva di manipolazioni, soprattutto nei casi in cui, per carenze dei gestori/amministratori/moderatori, prevale la saccenza invece che la condivisione del sapere.Bisogna poi stendere un velo pietoso su discussioni che per divergenza di opinioni, e mancanza di esperienza o peggio per compiacenza degli amministratori, invece di generare approfondimenti suscitano risse da tifoserie calcistiche, con toni più che accesi, intimidazioni che a volte provocano dei veri e propri “daspo” (per rimanere nella casistica da stadio). E’ interessante leggere e fare proprio uno studio di alcuni anni or sono del prof Nicola Labanca che tratteggia i diversi periodi dei recenti studi storici militari in Italia, Sviluppo e cambiamento nella storia militare dalla seconda guerra mondiale ad oggi(.https://www.academia.edu/34636418/NL-2013-283 _Sviluppo _e _cambiamento _nella _storia _militare _ dalla_seconda_guerra_mondiale_ad_oggi?email_work_card=title)Dopo una fase di attualità nell’ immediato dopoguerra, facilitata anche dalla collaborazione ed affiancamento di una generazione di giovani a coloro che la guerra l’ avevano sofferta e vissuta, con fenomeni di storia orale, seguita da una fase quasi di disinteresse e di nicchia, con i nuovi mezzi di diffusione e facile ricerca è esplosa una fase di ubriacatura e di entusiasmo, con appassionati, collezionisti, cultori, che hanno riscoperto il settore da vari angoli, dalla tecnica all’ architettura, dai giochi di guerra al modellismo, una fase che ha visto però anche la comparsa di sirene, di incantatori di serpenti incontenibili, aiutata se non promossa da chi aveva come obbiettivo la visibilità. Speriamo adesso di entrare in una fase più matura di valutazione e riflessione, dove non solo conti la novità a tutti i costi; per questo si ha bisogno di storici veri, preparati, di una generazione di rilievo” ( nei due sensi della parola) che imponga metodo ed assicuri credibilità, ed autorità, ad un intero settore che mai era caduto tanto in basso.Una caduta facilitata da una corsa al pressapochismo, alla superficialità, allo scoop ed alla presenza ad ogni evento (presenziare a dibattiti è più facile e più appagante che leggere un libro), ad emergere ad ogni costo.Una caduta che può essere frenata solo da un confronto franco, che non può essere quello delle intimidazioni o delle supposte primogeniture, delle minacciate querele da parte di cordate o schieramenti contrapposti, un confronto che deve essere omogeneizzazione di dati e tesi, ma per questo i dati devono esserci e condivisi, non devono essere enunciazioni di comodo. E’ qui che mancando quel contatto, quella trasmissione diretta di vita vissuta che ha contraddistinto la prima fase postbellica, quella curiosità propulsiva generata dalla condivisione tra generazioni, dal passaggio diretto delle informazioni, deve sopperire la cosiddetta Storia Circostanziale, quella che pur non potendosi basare solo su prove, ed in questo modo limitarsi, circoscriversi, è quella che sa e deve mettere insieme una serie di eventi plausibili lasciando agli storici valutazioni e conclusioni).La storia circostanzialevive di ipotesi, pone sotto osservazione correlazioni e sospetti e raggiunge delle conclusioni partendo da rapporti di causa ed effetto. La storia circostanzialeha bisogno di esperti, di abili investigatori, di analisti; prende in considerazione il materiale disponibile e le perplessità che esso a volte suscita, ma non prescinde dal lavoro e dall’ impegno degli storici, ed il prodotto torna comunque nelle loro mani.È il metodo da seguire per aprire nuovi campi di indagine, anche provocando (o meglio stimolando) partendo sempre da dati certi o credibili, ed è il metodo da seguire per proporre tesi innovative.Non è nulla di nuovo, è il sistema adottato dall’analista di intelligence: partendo da “pezzetti” – di ogni tipo di documento e reperto, collocandolo nella luce dell’esperienza – questo specialista cerca di unire i puntini di cui dispone per ricreare un disegno che non c’ è più, e lo fa unendo via via trattini, se necessario intuendo dove collocarli. Il risultato, nella migliore delle ipotesi, può divenire una certezza. L’ esempio classico della storia circostanziale è la scoperta dell’America, attribuita a Cristoforo Colombo: intorno all’anno 1492 le circostanze erano tali che la “scoperta” era comunque nell’aria. Non ci fosse stato Colombo, con ogni probabilità qualcun altro avrebbe “scoperto” il Nuovo Mondo, anche se abbiamo fondati motivi per credere – teoria sempre più condivisa – che molti altri lo abbiano preceduto ed alcuni, tra questi molti, abbiano lasciato tracce e probabilmente documenti.La storia circostanziale è il metodo tipico di analisi delle scoperte geografiche, ma non deve essere relegato a questo settore. In tempi più recenti, la storia circostanziale deve aiutare a rivisitare miti creati ad arte, per fini propagandistici od addirittura commerciali, valgano gli esempi di Marconi ed Edison: qui non esistono solo puntini, pezzettini con cui ricostruire in disegno, ci sono tracce evidenti, anche a partire da sentenze, magari un po’ tardive.Non a caso un grande filosofo spagnolo, Ortega y Gasset, richiamava “… yo y mis circunstancias …“ Queste mie divagazioni faranno certamente inorridire gli storici, quelli con la S maiuscola, categoria che ammiro e rispetto, il cui impegno e la cui funzione considero fondamentale, soprattutto per l’Istituzione a cui ho dedicato la vita, la marina Militare, che ha una lunga tradizione di instancabili e silenti ricercatori ed eccellenti docenti.Queste opinioni in libertà vogliono solo essere un contributo un riconoscimento a chi oggi si trova troppo spesso a confrontarsi, senza senso e non ad armi pari, con improvvisatori ed affabulatori che mirano alla popolarità e non alla verità. Qualche parola va infine spesa - come caso particolare - riguardo agli studi, ai percorsi ed alle pubblicazioni che negli ultimi anni hanno riguardato la Marina Militare Italiana.Per anni l’USMM era stato veicolo e aveva dato voce alla Storia navale italiana, mentre oggi vanno fatte alcune considerazioni sul suo ruolo, allo stesso tempo che negli ultimi decenni altri editori hanno pubblicato se non collane molti testi si storia navale, di autorevolezza e validità abbastanza opinabili; il vantaggio – solo iniziale – delle pubblicazioni dello USMM era costituito da una valutazione a monte dell’ attendibilità, non certo di censura, funzione che sembra venuta meno.Dopo decenni in cui la Marina Militare aveva saputo meditare su una sconfitta che nulla aveva tolto al suo onore, meditazione che passava attraversa una rigorosa revisione dei fatti ed una continua rincorsa a dati di archivio non sempre disponibili, con una serie di pubblicazioni accettate anche all' estero ed apprezzate, proprio con il "nuovo secolo", la situazione sembra sia cambiata.La maggiore se non completa accessibilità agli archivi, il facile accesso a supporti informatici, non è stata sfruttata mentre sembra essere risuscitato se non una sorta di MinCulPop certamente la moda e la voglia di rivisitare la storia e creare ancora una volta dei miti che non esistono.La facilità di assemblare rapidamente scritti, magari con buon corredo fotografico (qualche volta manipolandolo per riadattarlo alle tesi esposte, come è noto per foto stampate "a rovescio"), magari creando eroi ed attestati a chi ha fatto solo il proprio dovere, è consona all' attuale ricerca di popolarità e consenso, ma esattamente il contrario della ricerca storica.Sarebbe giusto ed opportuno rivedere ed aggiornare i testi scritti più di 20/30 anni or sono sulla base di dati unilaterali, una strada che iniziarono - solo per citarne uno - personaggi come Santoni, ma per molti educare alla ricerca significa "perdere tempo", dedicarsi a un lavoro certosino che non da visibilità, mentre è molto più facile rispolverare argomenti, peraltro interessanti, adattandoli alle "esigenze del momento", ad un pubblico che non ha vissuto gli avvenimenti né ha più molte radici con coloro che li hanno vissuti. Anche la storia è diventata consumismo, non si leggono libri ma si va alla presentazione di turno. Per esperienza personale posso dire che all' interno della Forza Armata - anche a livello formativo - per molto tempo è stata fatta una severa analisi di quanto accaduto, proprio per non ripetere errori, e questo ha avuto profondi riflessi nell' organizzazione che ha portato alla rinascita morale e materiale dell’Istituzione. Una severa analisi ed una formazione che hanno coinvolto militari e civili, saggisti e ricercatori che spiccavano anche a livello internazionale, capaci anche di rompere paradigmi che spesso risalivano alla propaganda pre-bellica. Negli ultimi anni si è invece assistito ad una sorta di terziarizzazione della storia e delle tradizioni navali italiane; colpevole non è chi troppo spesso ha scritto sciocchezze, incredibile è che sia mancato discernimento e scelta da parte di chi doveva accettarne la pubblicazione.Non si tratta quindi di chiedere ed effettuare censure, di limitare la libertà di espressione, esistono moltissimi strumenti e mezzi per esercitarla, ma di evitare - almeno in sedi autorevoli - cadute di credibilità e di stile che per gli esperti, anche fuori dai nostri confini, sfiorano il ridicolo.Sarebbe molto semplice, con qualche intervento di adeguata professionalità, evitare superficialità ed opportunismi - e si vede anche in certi temi trattati nelle pubblicazioni di Corpo – dove spesso sembra stranamente prevalere la convinzione che è meglio apparire che essere.Pubblicazioni di corpo a “due velocità”, anzi a filoni paralleli, dove ad autorevoli opinioni, a saggi inoppugnabili, di attualità e storia, si affiancano stridenti ricostruzioni del tutto inconsistenti, negative per il consenso che negli anni le FFAA ed in particolare la Marina hanno saputo raggiungere e consolidare. I fatti sono incontrovertibili, ed assodati per quanto riguarda la 2^ GM, le interpretazioni dei fatti potrebbero anche oscillare e le opinioni, come tali, sono discutibili ed oggetto di confronto e riunioni accademiche, come più facilmente gli innumerevoli siti (se non troppi) aperti sul tema navale dovrebbero servire anche a questo (l’ importante in questo caso è che vengano gestiti da moderatori equilibrati ed autorevoli nella materia).In un momento in cui si dispone di maggiori e diffusi mezzi di ricerca ed analisi sembrano rifiutarsi molte opportunità di verità, “rottamando” in un fascio tutti i ricercatori impegnati lontano dalle luci della ribalta. A costoro, oltre un ringraziamento a chi si è impegnato per anni in un encomiabile e certosino lavoro, va rivolto un amaro commento di gratitudine ed incoraggiamento: il consumismo passa, la verità (e la capacità) rimane, capacità e credibilità che non vengono né assegnate per concessione né regalate. Appassionati, cultori, collezionisti … ecco perché dobbiamo essere non solo riconoscenti ma anche solidali con gli storici, in particolare quando sia personalmente sia come categoria vengono ingiustamente attaccati, con l’intento di emarginarli, rottamarli, in una pretestuosa e ricorrente contesa tra il vecchio ed il nuovo: nella storia non esiste una contrapposizione generazionale, valgono solo la credibilità ed il carisma, non l’urlo del prepotente, non l’ intervento del difensore d’ ufficio o di una claque organizzata ed allineata, magari lo stesso prepotente che vorrebbe imporre una voce unica, un consenso totale ed incondizionato sul proprio lavoro. Francesco De Domenico and Incles 2 Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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