Faccio un esempio macroscopico: massacri dei campi di sterminio potrebbero essere solo fredde parole su documenti o oscuri edifici vuoti se non ci fossero le fotografie a documentare quegli orrori, smentendo chi vuole limitare il fenomeno o addirittura negarlo. Certo, oggi con la tecnica elettronica si possono fare dei falsi fotografici eccezionali, che farebbero l'invidia degli autori dei celebri falsi del XX secolo, ricordati da Alain Jaubert nel suo libro dal titolo orwelliano Commissariat aux archives.
La fotografia ha sempre fatto paura e destato la passione di tutte le dittature; ancora oggi nella società dell'immagine, nella quale però esiste un diffuso analfabetismo nella lettura delle fotografie e dei filmati (assurdo, ma è così), questo oggetto di comunicazione viene gestito senza scrupoli da qualunque potere, nonostante che studiosi come Camillo Bascialli lottino da anni per una "cultura dell'immagine".
Per quanto riguarda la storia navale, la fotografia ha finito con l'assumere una particolare rilevanza, dando origine a studi storici basati su di essa; il documento fotografico è assolutamente necessario, insieme ai disegni costruttivi e alle normative di costruzione, per la storia della tecnologia e della architettura navale; quando non si disponga di disegni o di relazioni, le fotografie possono essere l'unica testimonianza dell'esistenza di una nave e del suo aspetto, E' questo, per esempio, il caso dell'avviso torpediniere Pietro Micca, del quale esiste solo una foto conservata dal Musée de la Marine di Parigi.
Nata nel 1839, la fotografia ebbe subito una vasta diffusione nonostante la complessità e la lunghezza del suo procedimento, ottenuto prima con la dagherrotipia, la calcotipia, l'ambrotipia e altri sistemi, passando poi verso il 1849-1850 alle prime foto con negativo, riproducibili cioè in più esemplari. Le prime foto conosciute di navi risalgono al 1847-1848 e riproducono vascelli e fregate di nazionalità inglese, francese e nordamericana; durante gli anni fra il 1850 e il 1860 la fotografia navale si diffuse in Spagna, Germania, Russia e Austria e divenne "documento primario" durante la guerra civile statunitense: grazie a Matthew Brady e tanti altri fotografi si ebbe una visione pressoché totale degli uomini e delle navi che parteciparono alle varie azioni sui mari e sui fiumi. Si trattava perlopiù di foto di navi all'ancora o in bacino, oppure di gruppi di uomini in posa; la nave in moto o la fotografia d'azione erano ancora irrealizzabili per i lunghi tempi di posa necessari. Il passaggio importante si ebbe verso il 1880, quando il progresso fotografico consentì la realizzazione delle istantanee, a poco prezzo, con apparecchi maneggevoli e alla portata di tutti.
Lo sviluppo della fotografia navale era più ampio, come è ovvio, presso le nazioni tecnologicamente ed economicamente più evolute, che dedicavano grande interesse alla marina,come Francia o Gran Bretagna, dove nascevano anche ditte fotografiche che vendevano immagini di navi in tutto il mondo, come Marius Bar a Tolone, o Beken e Cribb a Portsmouth.
Uno sviluppo notevole, a livello ormai di foto d'azione, si ebbe nella guerra russo-giapponese e soprattutto nella Grande Guerra per arrivare poi, come documento di cronaca e storia, ad un enorme sviluppo nella seconda guerra mondiale. A questo momento gli autori di fotografie sono ormai agenzie di stampa, privati, fotografi di cantiere, servizi di propaganda; alcune ditte o aziende hanno ormai una certa rinomanza: Druppel, Renard e Schafer in Germania, Bar, Emery e Bougault in Francia, Wright & Logan in Gran Bretagna, Pavia a Malta, Apostoles in Russia, Alois Beer in Austria.
Nasceva anche l'esigenza di conservare una mole di materiale ormai notevole: mentre archivi di foto privati esistevano da tempo, nascevano i primi archivi pubblici, generalmente localizzati presso musei e biblioteche, come ad esempio l'Imperial War Museum e il National Maritime Museum di Londra, i National Archives di Washington, il Musée de la Marine e l'Etablissement photographique des Armées di Parigi, il Museo Centrale della Marina di San Pietroburgo e quello di Sebastopoli, tutte strutture ormai consolidate, certune bene attrezzate per la diffusione di documenti fotografici, quasi nessuna però bene organizzata per rendere noto il materiale fotografico. Alcuni di questi enti oggi mettono a disposizione degli elenchi selezionati di fotografie per argomento, oppure propongono una selezione di immagini sul web, però tutte indicative e senza informare sulla reale consistenza del fondo fotografico. Si sono inoltre sviluppati numerosi archivi aziendali, aperti agli studiosi. In ogni caso, all'estero la fotografia navale e il suo studio hanno un ruolo di primo piano nella storiografia navale.
E in Italia? Qui la situazione è difficile, perché a fronte di una notevole produzione fotografica navale si è avuta una distruzione e una dispersione di documenti impressionante, ma negli ultimi anni c'è stato un certo recupero e un'estensione della conoscenza, grazie anche a Internet.
Fra i primi fotografi navali ci fu probabilmente Alfonso Bernoud, con studi a Napoli e Livorno, assai attivo in tutti i campi della fotografia fin dall'epoca borbonica; la sua ditta venne poi rilevata da Achille Mauri. Da questi due professionisti viene la maggior parte delle foto del periodo 1860-1880. Altri fotografi attivi in campo navale, ma non in modo sistematico, furono Carlo Dietrich di Ancona, Giovanni Morotti di La Spezia, Alfredo Noack di Genova, Giorgio Sommer di Napoli e gli Alinari di Firenze.
Verso il 1880 nasceva lo studio De Liguori a Taranto e quello Conti-Vecchi a La Spezia, mentre qualcosa faceva pure il noto fotografo veneziano Naya; bisogna però ricordare anche gli importanti studi fotografici di Trieste, italiani dal 1918: Mioni, Pozzar e Circovich.
Agli inizi del secolo sparirono, in Italia almeno, gli studi di fotografia artistica quali produttori d'immagini navali e nasceva il fotografo che produceva cartoline postali e foto ricordo, e qui i nomi da ricordare sono Sciutto di Genova, Pucci e Servadei a La Spezia e molti a Taranto: De Siati, Priore, Cimpincio, Pignatelli, Jozzi nonché tanti altri, fotografi modesti ma essenziali per la storia navale, tutti attivi fino al 1945 e qualcuno anche dopo, come Jozzi e Pignatelli.
Nasceva e si sviluppava poi la fotografia amatoriale, di famiglia e di viaggio, spesso dedicata ad un soggetto navale, e nasce quindi il collezionista fotografo, cioè colui che oltre a comprare foto di navi per collezione le scatta in proprio: è il caso di Carlo Gaddoni di Ancona, Salvatore Li Virghi e Filippo de Rossi di Napoli, tutti attivi fra il 1910 e il 1940.
Nasceva anche l'archivio fotografico d'agenzia specializzato, come era quello di Luigi Alfieri, proprietario della casa editrice Alfieri & Lacroix di Milano, autore di centinaia di foto navali durante la Grande Guerra.
Negli anni fra le due guerre continuò la produzione dei fotografi locali di La Spezia e Taranto, cominciarono però a produrre anche altre ditte come la Fotocelere di Torino, Miniati di Livorno, Dino Falzone di Gaeta e lo studio fotografico Troncone di Napoli. Continuava anche la produzione dei già citati studi triestini, ai quali si aggiunsero la ditta Cividini e la foto Nadia di Monfalcone.
Per la produzione di foto navali o, più in generale, foto di cronaca con una tendenza verso l'aspetto militare, negli anni Venti nasceva l'Istituto Luce che, grazie ad una fitta rete di fotografi dipendenti, riusciva a coprire con ampi servizi l'attività della Regia Marina fino al 1943 e anche oltre, grazie al trasferimento a Venezia durante il periodo della Rsi.
Da ricordare anche la produzione anonima dei fotografi che lavoravano per i cantieri di costruzione, negli arsenali e negli uffici della Direzione delle costruzioni navali; notevole come qualità e quantità, ma quasi tutta distrutta.
Durante la seconda guerra mondiale fu il momento di maggior impegno dei fotografi navali, sia con l'Istituto Luce, sia con i fotografi della Marina, sia con centinaia di ufficiali e marinai che, più o meno di nascosto, riuscivano a fare tante fotografie di guerra; fra i migliori fotografi ricordiamo Aldo Fraccaroli, don Tarcisio Beltrame Quattrocchi, Marino Rubini, Luciano Giavina e Giovanni Sandrelli. Ancora adesso non è emerso tutto il materiale fotografico realizzato durante il conflitto e continuano ad essere scoperte nuove immagini sia in archivi privati sia pubblici, soprattutto stranieri.
Tutto il materiale fotografico navale realizzato in Italia fra gli anni 1850 e 1945 è stato tuttavia soggetto ad una distruzione e ad una dispersione difficilmente riscontrabili per altre fonti archivistiche. Il materiale fotografico era costituito da lastre fotografiche, da negativi e da fotografie stampate: le lastre sono state distrutte perché di fragile vetro o vendute a rigattieri che recuperavano quel po' di bromuro d'argento che contenevano, i negativi sono andati distrutti come le foto, finite come carta da macero.
Sono così spariti, fino a prova contraria, gli archivi Pucci, Bernoud, Dietrich, Sommer, Pignatelli e tante altri; sono andate distrutte quasi tutte le lastre della Direzione delle costruzioni navali che si trovavano a La Spezia e Taranto, l'Istituto Luce è stato abbondantemente saccheggiato sia di positivi sia di negativi, alla fine della guerra e dopo. Gli archivi privati sono stati venduti, mandati al macero o dispersi mano a mano che i loro proprietari lasciavano questo mondo. Grandi collezioni, come quella di Arrigo Barilli, sono state vendute all'estero, altre come quella di Pavia sono state disperse all'asta, solo quella di Elio Occhini è conservata alla biblioteca Angelo Maj di Bergamo, ma è "fossilizzata".
Qualcosa, e anche molto, è però rimasto: in primo luogo l'archivio fotografico dell'Ufficio storico della Marina. Esso conserva parecchie migliaia di foto (ancora adesso riceve donazioni di archivi fotografici privati), le lastre del fotografo Priore di Taranto ed una ricca documentazione relativa a tutti gli aspetti della storia navale italiana. Ha il difetto di non avere il materiale catalogato ed è in ogni caso di difficile accesso per i vincoli tuttora esistenti per l'Utilizzo del materiale dell'Ufficio Storico; solo da qualche anno si sta procedendo ad una catalogazione, grazie anche ai nuovi supporti informatici, delle foto conservate.
Un altro archivio è quello del Museo storico navale di Venezia, che conserva poche migliaia di foto, alcune però veramente notevoli in quanto si tratta di lastre provenienti dall'Archivio Mioni di Trieste e dall'archivio Bassan di Venezia. Anche questo Museo ha in progetto l'informatizzazione del materiale fotografico.
Un piccolo archivio, circa 2.000 foto, è presso il Civico Museo Navale Didattico di Milano, costituito con donazioni dei vecchi marinai dell'UMI (Unione Marinai d'Italia), ora ANMI, con una panoramica di foto, anche d'ambiente e d'azione, relativa perlopiù al periodo 1880-1945, ma con ottimo materiale anche più antico.
Altri piccoli archivi pubblici, o quasi, esistenti a Milano sono i seguenti: Touring Club Italiano (con vincoli commerciali della Alinari di Firenze), sezione fotografica della Civica raccolta stampe Achille Bertarelli, Museo della Scienza e della Tecnica (inesplorata), archivio commerciale Publifoto e Farabola. L'archivio del fotografo Federico Patellani, dopo essere passato alla 3M di Segrate, adesso dovrebbe essere presso il Museo della fotografia di Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo. L'archivio fotografico della Breda adesso è collocato all'ISEC di Sesto san Giovanni, ma non è catalogato. Alla biblioteca Angelo Maj di Bergamo è collocato l'archivio di Elio Occhini (circa 150.000 immagini), ma non è catalogato. La Fondazione Negri di Brescia ha un ottimo archivio catalogato con alcune foto di vecchie torpediniere sul Lago di Garda. Un archivio interessante, quello del fotografo Lino Pellegrini è stato venduto molti anni fa a Time-Life.
Presso la Presidenza dell'AIDMEN è collocata la collezione dell'Associazione (circa 10.000 fotografie) che dovranno essere catalogate quando sarà trovata la collocazione adatta: contatti sono in corso.
A Torino esistono alcune foto navali al Museo del cinema dove, in particolare, avrebbe dovuto essere conservato un album fotografico appartenuto all'ammiraglio conte Carlo Pellion di Persano, ma adesso pare sia introvabile. A Trieste esiste la collezione dell'Associazione marinara Aldebaran, delle foto nel fondo "congelato" del Museo Henriquez, alcune foto al Museo del Mare e una notevole raccolta con migliaia di lastre (non catalogate) dei fotografi Mioni e Cividini al Museo di Storia naturale. A Venezia, oltre al già citato archivio del Museo navale, esistono alcuni negativi navali presso la ditta Bohm (erede dal 1918 dell'archivio Naya), mentre i fondi Giacomelli e Scarabello sono stati acquisiti dall'Archivio fotografico di Venezia e ne è in corso la catalogazione.
A Genova, località abbastanza inesplorata, è noto l'archivio della Fondazione Ansaldo, fra cui vi sono delle rarissime foto a colori del 1915, qualcosa deve esistere al Museo del mare mentre il Comune di Genova ospita la collezione di Noack (circa 4.000 negativi), comprata nel 1926. A Camogli esiste qualcosa al Museo Gio Bono Ferrari, a La Spezia esiste il fondo fotografico del Museo tecnico navale, quello dell'archivio comunale (Archivi documentazione fotografica e multimediale, con il fondo Conti-Vecchi) e al Cantiere navale del Muggiano.
A Bologna, sparita la collezione Barilli, non esiste alcunché, eccetto alcune collezioni private. In Toscana vi sono molti archivi pubblici che possono avere foto navali, ma sono inesplorati sotto questo punto di vista. Esiste però l'archivio fotografico del Cantiere Orlando, congelato ma con vincolo della Sovrintendenza dopo la chiusura di quell'industria. Firenze è ancora inesplorata. Ma è probabile che vi sia qualcosa, specie presso l'archivio Alinari, oltre le poche foto già note.
Ad Ancona esiste un ottimo archivio presso il cantiere navale, mentre l'archivio Gaddoni, venduto anni fa, è attualmente diviso fra la biblioteca Angelo Maj di Bergamo (fondo Occhini) e un collezionista privato. A Bari esiste l'Associazione marinara Puglia che svolge una meritoria opera di raccolta di tutto il materiale fotografico che le capita tiro, a Taranto tutti gli archivi dei fotografi sono ufficialmente spariti meno quello De Siati che dovrebbe esser ancora in mano alla famiglia; forse un archivio fotografico si sta costituendo presso il Museo del sommergibile, ma non ho notizie.
Sono in crescita, come fonti di foto navali, città marinare quali Palermo, Messina, Cagliari e Napoli: a Palermo risultano alcuni fotografi con foto del porto, quali lo studio Interguglielmi, l'archivio Dante Cappellani e il nuovo Museo del mare, a Napoli esiste l'Archivio Fotografico Parisio che raccoglie le lastre, le pellicole e le stampe prodotte dagli anni Venti del Novecento dal fotografo Giulio Parisio e dai fratelli Troncone, quasi un milione di negativi, che sono vincolati dalla Soprintendenza Archivistica per la Campania. A Napoli esiste anche l'archivio della CGIL, che conserva delle foto interessanti, soprattutto della costruzione della corazzata Caracciolo.
E veniamo a Roma: qui, oltre all'Ufficio Storico della Marina, si può trovare qualcosa alla Fototeca nazionale, che conserva anche il fondo di Piero Becchetti, e all'Archivio Centrale dello Stato, ma è tutto materiale non catalogato, la cui ricerca è affidata al caso; ancora, ottimo materiale si trova all'Istituto Luce a Cinecittà e la catalogazione della parte navale (circa 8.000 immagini) sta avvenendo ad opera dell'autore di questo lavoro.
In tutti questi archivi, pubblici o semipubblici, esiste però, forse, una centesima parte del materiale fotonavale prodotto fra il 1850 e il 1945, se vi è qualcosa di più il merito è di pochi collezionisti e studiosi privati che in tanti anni, con una pazienza certosina a volte scambiata, non del tutto a torto, per monomania, hanno cercato, raccolto e catalogato decine di migliaia di foto dalle origini più disparate. Questi archivi, però, sono spesso in situazione precaria: i pubblici sono talvolta maltenuti o malconservati, quelli privati sono in una situazione instabile, affidati alla longevità del proprietario o alla buona volontà degli eredi. Vi sono poi tante città dove una ricerca capillare potrebbe portare alla scoperta di archivi sconosciuti ai più, e quindi assai interessanti.
Un altro settore che merita interesse è quello della fotografia subacquea: si tratta di foto di relitti navali eseguite da subacquei che, spesso, rischiano anche la vita per ottenere immagini delle navi affondate, documenti spesso molto interessanti per la storia marittima. E' ovvio che chi esegue le foto è proprietario delle immagini, ma sarebbe utile la compilazione di un "registro" almeno delle foto di navi già pubblicate su libri e riviste.
Un aspetto ormai da considerare è ormai quello dei diritti d'autore, una volta quasi inesistenti nel settore delle foto navali perché interessavano a quattro gatti. E' un argomento che necessita di un chiarimento, vista oggi la diffusione di foto su Internet e la sempre maggiore possibilità di furti o modifiche d'immagini (vedi Commissariat aux archives…).
Prima di concludere, un breve cenno alla cinematografia navale, un settore praticamente inesplorato. Recentemente l'Istituto Luce ha messo in rete quasi tutti i suoi filmati, compresi quelli navali; il problema è che l'identificazione è stata affidata ad archivisti e bibliotecari senza nessuna conoscenza navale per cui la scheda descrittiva è quasi sempre molto generica. Alla Rai esiste senz'altro materiale, ancora più probabile al Museo del Cinema di Torino e a quello di Milano (hanno il fondo di Luca Comerio), all'Ufficio Storico della Marina e presso due archivi commerciali di Milano.
E' tutto materiale di difficile accesso, anche per problemi tecnici, e in ogni caso quasi totalmente ignoto, male catalogato o male interpretato, meritevole però di una ricerca e di una maggiore divulgazione; all'estero esiste già un fiorente mercato di videocassette di cinematografia storica navale.
Per concludere questo percorso nel campo della fotografia navale ritengo utile esaminare alcuni casi nei quali questi documenti sono molto utili.
Ancona, agosto 1866. Questa foto è un esempio di interpretazione navale. Mi pervenne nel 1981 grazie ad Enzo Scalfarotto, non era stata identificata né come data, né come luogo né come autore: portava soltanto, scritto a matita "Arrivo del Re". Per prima cosa ho identificato la località, Ancona, poi la mia attenzione è caduta sulle navi, in particolare su due corazzate facilmente identificabili come Re di Portogallo e Affondatore. La presenza di quest'ultima e la mancanza della Re d'Italia, affondata a Lissa il 20 luglio 1866, ha ristretto la datazione al periodo fra il 21 luglio e il 4 agosto 1866, data nella quale l'Affondatore colò a picco per un fortunale. La presenza di un'altra nave sullo sfondo, il pirovascello Re Galantuomo, ha ristretto la datazione a quattro giorni, in quanto questa nave giunse ad Ancona il 31 luglio. Franco Bargoni sostiene che la data dovrebbe essere il 3 agosto 1866, domenica, per la totale assenza di movimento nel porto, ma questa è un'ipotesi, la foto potrebbe essere stata scatta nella "controra". Piero Becchetti non riuscì però ad identificare il fotografo che, secondo lui era un abile professionista, rimasto però sconosciuto. Questa foto resta, in ogni caso, un documento eccezionale sia per la possibilità d'identificare quasi tutte le navi presenti, sia per l'epoca e la circostanza, sia perché in essa vi praticamente tutta la flotta italiana dell'epoca.
Avviso torpediniere Pietro Micca. Proveniente dal Musée de la Marine di Parigi, è l'unica foto esistente di questa nave, una costruzione sperimentale del 1877 che anticipava in modo fallimentare il cacciatorpediniere.
Torpediniera Clio. Di questa nave esistevano solo stampe relative al periodo della sua presentazione all'esposizione di Torino del 1884. La sua notorietà deriva dal fatto che ne era previsto l'imbarco in un deposito allagabile della corazzata Duilio. Alcuni anni fa è però venuta alla luce questa foto.
Ufficiali della pirofregata Vittorio Emanuele. Foto scattata nel 1892, durante una campagna d'istruzione, è interessante per le divise degli ufficiali e dei marinai. La datazione è stata resa possibile dal fatto di far parte di una serie omogenea d'immagini, facilmente databili per la presenza di persone e circostanze note della nave.
Torrette di sommergibili. Durante la guerra le torrette dei sommergibili italiani furono soggette a parecchi cambiamenti; qui si vedono la fase iniziale e quella finale del sommergibile Brin. Da una forma voluminosa (foto in alto) si passa ad una forma più leggera e compatta, anche con cambiamenti nell'artiglieria (foto in basso). Questi cambiamenti, minori e non, nella struttura delle navi da guerra, spesso possono essere seguiti solo grazie alle fotografie, in quanto eseguiti in cantieri improvvisati o negli arsenali, dove spesso la documentazione tecnica è sparita.
Petroliere camuffate. In queste foto si vede una modifica della motocisterna Giulio Giordani: le era stato nascosto il fumaiolo a poppa e ne era stato messo uno finto a centro nave per farla apparire una nave da carico secco. Il motivo era dovuto al fatto che gli inglesi, quando attaccavano un convoglio, miravano soprattutto alle cisterne, prede assai ambite. Si sperava così di distrarre l'attenzione dell'avversario. Anche queste modifiche possono essere rese note, come le mimetizzazioni, quasi sempre solo dalle foto.
Mezzi da sbarco tedeschi. Questo piccolo mezzo da sbarco apparteneva al genio navale tedesco nella seconda guerra mondiale; ne vennero utilizzati a decine in Mediterraneo, sia come mezzi ausiliari nei porti, sia come traghetti, sia come mezzi da sbarco e da assalto. A tutt'oggi esiste solo un libro tedesco che tratta compiutamente la materia, ma quasi solo sotto il punto di vista tecnico, la fonte principale resta quella fotografica per documentarne l'attività.
Mezzi da sbarco italiani. A contrasto con l'unità precedente, qui si vede un bragozzo da sbarco italiano. I libri che narrano del progetto italiano di sbarco a Malta, parlano di mezzi improvvisati dalla Regia Marina. Niente più che il vederne uno rende l'idea della illusione e dell'improvvisazione che stava dietro a tale progetto.
Siluro San Bartolomeo. I mezzi d'assalto subacquei italiani, detti SLC o "maiali", ottennero durante l'ultima guerra notevoli successi e sono noti in molte foto; meno nota è la seconda versione di tali mezzi, denominata siluro San Bartolomeo e qui riprodotta in una foto scattata a Venezia nell'estate 1945 ed è conservata all'Imperial War Museum di Londra.
Affondamento della nave da battaglia Roma. In questa foto si vede il momento culminante dell'affondamento della corazzata Roma il 9settembre 1943: la nave, colpita dalle bombe tedesche e spezzata in due, sta sprofondando negli abissi. In questo caso la foto ha l'importante ruolo di rendere visibile un fatto storico, si fa cioè documento nel vero senso della parola.
Monfalcone alla fine della guerra. Questa è una foto della ricognizione aerea fatta su Monfalcone alla fine della guerra: gli scali sono distrutti e si vedono solo alcuni scafi in mare. La motonave rovesciata su un fianco, una motocisterna, due sommergibili da trasporto della classe "R". Vi è quindi una totale assenza di altre navi, in particolare non vi sono sommergibili in costruzione sugli scali distrutti, mentre dalle acque affiorano numerosi relitti. Sugli scali erano presenti solo alcune motozattere.
La portaerei Aquila a Genova nell'aprile 1945. Questa foto documenta l'ultima fase del recupero da parte degli inglesi della portaerei Aquila; in realtà la nave non era mai stata affondata, era solo sistemata come sbarramento fra l'avanporto e la darsena della lanterna, abbandonata lì dai tedeschi la mattina del 24 aprile 1945. Anche nel caso di questa nave tutta la sua storia dall'8 settembre 1943 all'aprile 1945 la si è potuta ricostruire solo grazie ad alcune fotografie di fonte inglese, tedesca e italiana perché i documenti esistenti sono tutti fuorvianti.
Recommended Comments
There are no comments to display.
Join the conversation
You can post now and register later. If you have an account, sign in now to post with your account.